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Adottati i criteri ambientali minimi per forniture e noleggio di prodotti tessili



Pubblicato nella G.U. del 30 giugno 2021 il Decreto del Ministero della Transizione ecologica (MiTE) "Adozione dei criteri ambientali minimi per forniture e noleggio di prodotti tessili, ivi inclusi mascherine filtranti, dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale nonché ...

Nasce la banca dati sul ciclo di vita di prodotti e servizi

Frutto del progetto Arcadia, lo strumento copre 15 filiere nazionali e supporta le PA nella preparazione dei bandi di acquisto e nella valutazione delle offerte



Nasce prima la banca dati italiana sul ciclo di vita di prodotti e servizi. Uno strumento innovativo messo a disposizione di pubbliche amministrazioni, associazioni di categoria e imprese per facilitare la transizione circolare. A realizzarla, i partner di Arcadia, progetto avviato il 27 settembre 2019, sotto il coordinamento dell’Enea.

L’iniziativa di ricerca, che si concluderà nel 2023, ha un preciso obiettivo: rafforzare le competenze delle PA al fine di integrare correttamente la metodologia LCA (Life Cycle Assessment) a livello economico e ambientale nella definizione di bandi per appalti pubblici. Dopo un’analisi preliminare dello stato dell’arte e la valutazione delle ultime normative in tema di Green Public Procurement (GPP) e Criteri Ambientali Minimi (CAM), il progetto ha rilasciato la nuova banca dati.

“Abbiamo costruito una rete di relazioni con PA, associazioni di categoria, aziende, enti certificatori, enti ricerca, università e istituzioni di ricerca per arrivare a produrre una banca dati LCA di qualità e rappresentativa del tessuto produttivo italiano”, sottolinea Simona Scalbi, ricercatrice del Dipartimento ENEA di Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali e responsabile tecnico-scientifico del progetto.

Lo strumento offre informazioni sul ciclo di vita di prodotti e servizi in 15 filiere, con l’obiettivo di facilitare la diffusione della metodologia LCA a livello nazionale. E nel contempo di promuovere iniziative di mitigazione degli impatti. “Abbiamo rivolto la prima iniziativa pubblica di Arcadia al settore delle costruzioni che risulta strategico nell’ambito del Green Public Procurement. In futuro, auspichiamo che sempre più aziende siano disposte a dare un contributo allo sviluppo della banca dati, in particolare nei settori delle pietre ornamentali, aggregati riciclati e naturali, cemento, calcestruzzo, infissi e serramenti, demolizione e impianti di riciclo”, conclude Simona Scalbi.

fonte: www.rinnovabili.it


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Fotovoltaico in micro reti: il caso del comune di Serrenti





Le esperienze di alcune aree rurali dove le Pubbliche Amministrazioni hanno mantenuto strutture interne di gestione e manutenzione dei propri sistemi energetici potrebbero dimostrare una migliore resilienza di fronte a stress economici ed energetici.

Un progetto di sviluppo energetico – sia esso una comunità energetica, smart grid, smart city – può nascere da un’idea, un gruppo di persone, un’opportunità economica, una ricerca.

Oppure può crescere e progredire nel tempo come esito della cura, del quotidiano osservare, manutenere, monitorare le singole componenti fino a integrarle in un sistema energetico moderno ed efficiente.

È questo il caso del Comune di Serrenti – 4.725 abitanti nel Medio Campidano, in Sardegna – che dal 2010 ha realizzato con il proprio personale interno piccoli ma sistematici interventi di efficientamento energetico che hanno ridotto i consumi energetici e liberato risorse economiche pubbliche che sono state investite in altri settori.

“Si possono fare progetti di elevato costo o di elevato valore – ci dice Maurizio Musio, tecnico manutentore del Comune – e il nostro sistema energetico si è evoluto insieme al maturare della tecnologia, dando i suoi buoni frutti con le poche risorse economiche disponibili.”

I consumi elettrici annui della pubblica illuminazione e degli edifici comunali sono passati rispettivamente da 475 MWh a 332 MWh e da 259 MWh a 161 MWh (media del periodo 2008/2010 vs media 2011/2018) con riduzione dei consumi, rispettivamente, del 30 e 40%.

Prendendo come riferimento la media del triennio 2008/2010, dal 2011 al 2018 il consumo totale di energia elettrica degli edifici pubblici è diminuito di 787 MWh con un risparmio di 180.000 € (riduzione di CO2 emessa di 315 t), mentre i consumi energetici dell’illuminazione pubblica sono diminuiti di 1.142 MWh con un risparmio di 263.000 € (minori emissioni di CO2 per 457 t).

Con Maurizio Musio abbiamo ricostruito il percorso energetico del Comune di Serrenti dal 2010, reso possibile principalmente dalla proattività dell’Ufficio Tecnico e dalla relativa libertà di azione concessa dalle amministrazioni che si sono succedute nel tempo.

Come avete tagliato i consumi energetici della illuminazione pubblica a Serrenti?

«Nell’ambito del progetto ‘Illuminamente’ abbiamo attuato una costante manutenzione della pubblica illuminazione nella sua configurazione del 2010. Abbiamo lavorato sui regolatori di flusso già presenti per una buona parte degli impianti stradali: per ogni 10v di tensione ridotta si ottiene un risparmio del 6%. Dalla sola riduzione della tensione per la stabilizzazione di rete da 240 a 220v abbiamo avuto un risparmio del 12%. Nelle ore notturne, dove anni fa veniva spenta una lampada in modo alternato, riduciamo l’intensità dell’illuminazione con un risparmio di energia ben superiore del 35%, garantendo più sicurezza ed evitando zone d’ombra».

Che tipo dispositivi e soluzioni avete adottato?

«Dal 2010-2012 ci siamo dotati di timer astronomici che sulla base delle coordinate geografiche consentono l’accensione e lo spegnimento dell’illuminazione in maniera puntuale rispetto alla luce naturale. Abbiamo ridotto le dispersioni di corrente nei quadri dell’illuminazione, conseguendo maggiore sicurezza e minori perdite di energia in rete e provveduto al sezionamento delle linee con interruttori dedicati per intervenire sulla zona che si vuole accendere senza attivare l’intero quadro. Abbiamo ancora un sistema di monitoraggio per quadro e non punto punto che tuttavia garantisce efficienza e interventi celeri sulle anomalie del sistema ed elevata qualità del servizio reso».

Sebbene abbiate ottenuto significativi risparmi non avete ancora installato lampade a LED, come mai? Non potreste ottenere ulteriori benefici affidandovi a una ESCo?

«Naturalmente negli anni ci hanno proposto di passare al LED, ma in passato abbiamo valutato che si trattava di tecnologia non matura, anche se oggi è decisamente migliorata. Nel 2010 non sarebbe stato un buon investimento. Oggi vorremmo procedere con l’installazione di lampade a LED, ma inserendole in un progetto che consenta di interfacciarsi con la futura Smart City. Un intervento con una ESCo? Consideri che noi, con il sistema a scarica di gas, abbiamo un costo a punto di luce di 60 € contro i circa 110 € degli altri comuni. Un intervento di una ESCo ci farebbe spendere di più».

Come avete ridotto i costi energetici degli edifici?

«Abbiamo sostituito le lampade lineari tri-fosforo con quelle a tecnologia LED, con l’installazione nei bagni e nelle zone di passaggio di sensoristiche di presenza e movimento. Abbiamo la visibilità in real-time del consumo elettrico di vari edifici, con termostati e valvole termostatiche wifi per controllare da remoto la temperatura degli ambienti, risparmiando così anche sulla componente termica».

Ma il risparmio più consistente l’avete conseguito dall’accorpamento di più edifici con la riduzione dei POD. Quando avete installato gli impianti FV e iniziato a collegare tra loro gli edifici?

«Come per l’illuminazione abbiamo fatto per primi gli interventi che potevamo permetterci con le risorse disponibili. Per questo agli impianti FV abbiamo fatto precedere l’ottimizzazione. Con il progetto S.E.I. (Sistema Energetico Intelligente) abbiamo lavorato a monte dell’impianto elettrico, riducendo le potenze contrattuali e incentivando l’autoconsumo da FV sugli impianti via via che li abbiamo realizzati».

E le micro reti?

«Il progetto, che è nato nel 2010, ha portato a realizzare quattro micro-reti in tre macro-aree comunali. Le micro-reti collegano gli edifici comunali dotati di impianto FV a quelli adiacenti e con servizi similari che ne sono sprovvisti. Tutti gli edifici connessi fanno capo al contatore principale, mentre gli altri contatori vengono dismessi. Si ottiene in questo modo una maggiore quota di autoconsumo e la riduzione delle spese fisse in bolletta. A conclusione dei lavori il progetto dovrebbe garantire la cessazione del 50% dei contatori elettrici statici allacciati e la riduzione del 30% della restante potenza contrattuale».

Microreti, accorpamenti degli edifici e produzione FV

Nel 2010 sono stati accorpati l’edificio della scuola media e quello del teatro comunale ed è stato realizzato l’impianto fotovoltaico sulla copertura delle scuole (19,8 kWp).

Nel 2017, con il progetto “La Casa dell’energia”, finanziato con il POR FESR Sardegna 2014-2020, è stato installato un sistema di accumulo ibrido trifase da 43 kWh che consente di distribuire nelle ore serali l’energia accumulata di giorno. La Casa dell’energia contiene inoltre tutti gli apparati dell’impianto FV, inverter ibridi, e il sistema di gestione della micro-rete. Questi apparati sono stati collocati in uno spazio dedicato esterno alla scuola, evitando eventuali problematiche connesse con il certificato di prevenzione incendi.

Nel 2012 sono stati accorpati l’edificio della scuola elementare e quello della materna, dotato di un impianto FV da 19,3 kWp. Nel 2015 al contatore del municipio – sulla cui copertura è ubicato un impianto FV da 17,1 kWp – è stato accorpato l’edificio della Caserma e la casa Corda (sede di uffici comunali distaccati). Accanto alla Scuola materna sorgerà la seconda Casa dell’energia grazie a un secondo finanziamento del POR FESR Sardegna 2014-2020.

Nel 2012 si è collegato il contatore del Parco comunale a quello dell’edificio Vetrina Espositiva (dove ha sede l’orto botanico e negli appositi spazi si tengono sagre, corsi e laboratori didattici) e nel 2017 si è installato un impianto FV da 19,8 kWp. Altri 10 kWp di FV sono installati sul tetto della Casa dei Nonni, mentre 7 kWp sono al servizio del mercato di recente ristrutturazione e prossima apertura.

A breve a questa micro-rete sarà connesso l’impianto elettrico del cimitero. In prospettiva e norme permettendo, una terza casa dell’energia potrebbe alimentare questo micro-polo a cui sarà collegata anche la piscina comunale dotata di un impianto FV da 19,8 kWp.

Nel 2017 è stato installato sul Centro Polivalente un impianto da 19,8 kWp a cui in futuro saranno connessi una piazza e un secondo edificio. L’impianto FV da 10 kWp installato sull’ex asilo nido (ex-esmas) sarà collegato ad un nuovo parco ecosostenibile. (foto Zona A, Zona B, Zona C)

Ingegner Musio, con l’accorpamento degli edifici avete conseguito risparmi sia energetici sia economici importanti, ma con quali costi?

«L’accorpamento del municipio, ad esempio, è costato 12.000 € e ha determinato un risparmio per minori spese fisse in bolletta di 1.300 €/anno, oltre a circa 7.000 € di minori costi per il maggior autoconsumo e la riduzione delle potenze degli edifici. Un costo che si ammortizza in meno di 18 mesi».

Quali sono stati gli impatti di questi interventi sulla cittadinanza?

«C’è stato un generale aumento della conoscenza e della consapevolezza in materia di energia. Nel 2019 nella Sala Polivalente e nella Casa dell’energia abbiamo ospitato il corso teorico pratico di formazione professionale finanziato da Regione Sardegna sulle attività green & blue economy per inoccupati e disoccupati dove sono stati formati 15 persone come tecnico delle micro e smart grid. Altri corsi svolti in altre comunità hanno sfruttato la Casa dell’energia per la parte pratica, portando nel paese anche un piccolo indotto economico oltre alla soddisfazione di ospitare corsi di formazione. Il progetto ‘Casa dell’Energia’ ha favorito diverse altre attività didattiche e di sensibilizzazione sul tema dello sviluppo sostenibile. Noi dell’Ufficio tecnico comunale abbiamo organizzato un laboratorio energetico con le classi primarie della scuola che abbiamo coinvolto con attività ludiche basate su tecnologia e robotica».

Il Comune di Serrenti è stato premiato con il premio ANCI nel 2018 e nel 2019 aggiudicandosi i premi impresa Cresco Award Comuni Sostenibili e Agenda 2030.

Nel 2019 per la Casa dell’Energia ha ricevuto il Premio 3×3, un contest per la sostenibilità al Sud promosso dal Forum PA come uno dei migliori progetti di economia circolare nel mezzogiorno.

Il progetto è stato presentato sulla Piattaforma Energie rinnovabili di Sardegna Ricerche, nell’ambito di un ciclo di seminari divulgativi (disponibili materiali).Potrebbe interessarti anche:
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fonte: https://parolelibere.blog


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E-VAI, il car-sharing tra Comune e cittadini

In provincia di Bergamo, a Dalmine, nasce un nuovo modello di condivisione: auto elettriche con autonomia di 400 km usate dall’amministrazione comunale saranno condivisibili dai cittadini. L’intento è anche quello di facilitare gli studenti universitari















Un modello nuovo e innovativo di car sharing che prevede l’ utilizzo condiviso di veicoli elettrici di ultima generazione tra amministrazione comunale e cittadinanza, in fasce orarie differenti e compatibili tra loro.

È il servizio E-Vai PUBLIC, che nasce dalla collaborazione tra la societ à di car sharing del Gruppo FNM e il Comune di Dalmine, Bergamo, nell’ambito del progetto europeo I-SharE LIFE, dedicato alla sperimentazione di nuovi modelli di car-sharing e che vede Dalmine come primo comune incluso nel progetto a ricevere le auto del servizio.
E-Vai PUBLIC è una soluzione di mobilità sostenibile adottabile da tutte le amministrazioni interessate a una gestione più efficiente della flotta comunale e a una riduzione del parco autovetture circolante sul territorio
AUTO IN CONDIVISIONE
Il Comune di Dalmine si è dotato di due veicoli completamente elettrici, con autonomia di 400 chilometri, messo a disposizione del proprio personale per svolgere le attività lavorative dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 17.30.
Al di fuori di questi orari i veicoli saranno invece noleggiabili dai cittadini, ritirandoli e riconsegnandoli nelle postazioni che il Comune sta realizzando in piazza Matteotti, nei pressi della biblioteca comunale. Queste postazioni entreranno a far parte degli oltre 100 E-Vai point presenti in Regione Lombardia. Il servizio di condivisione con la cittadinanza sarà attivato al completamento dei lavori di realizzazione delle colonnine di ricarica.
Per Augusto De Castro, Consigliere delegato di E-Vai: «Si tratta di una soluzione che risponde in modo innovativo all’esigenza di mobilità sostenibile in forte crescita in tutto il territorio lombardo. Grazie alla collaborazione delle amministrazioni comunali, come Dalmine, il car sharing può arrivare anche in realtà locali non raggiunte dai grandi operatori, riducendo il ricorso all’auto privata da parte dei cittadini e rendendo più efficiente e sostenibile la gestione del parco vetture del comune. Ci fa inoltre particolare piacere la scelta del Comune di Dalmine perché permetterà anche collegamenti diretti con i 3 E-Vai point già presenti nella città di Bergamo, sedi di importanti enti e istituzioni per il territorio come l’Università».
VANTAGGI PER TUTTI
Il modello E-Vai PUBLICoffre vantaggi sia per i Comuni sia per la cittadinanza.
L’amministrazione comunale raggiunge l’obiettivo di adottare un parco macchine ecologicoabbattendo l’impatto ambientale della propria flotta, grazie alla condivisione di auto elettriche tra i propri dipendenti e offre al contempo un servizio aggiuntivo alla cittadinanza, con la presenza di un car sharing in territori non raggiunti da altri operatori del settore.
Il cittadino ovviamente può usufruire della comodità di disporre di un autoveicolo elettrico per le proprie esigenze di mobilità senza assumersi gli oneri della proprietà di un mezzo.
«La nostra amministrazione – dichiara Il Sindaco Lorella Alessio – con questa iniziativa, oltre che alla prossima installazione di ulteriori 6 colonnine di ricarica elettrica, crede fortemente nella mobilità elettrica come una delle soluzioni per ridurre l’inquinamento delle nostre città. Il car sharing è certamente una delle soluzioni che potrà limitare gli accessi di veicoli diretti anche verso la nostra Università. Questa nostra iniziativa nasce anche con lo scopo di voler agevolare quegli studenti che si spostano con le linee ferroviarie e che, ci auguriamo, potranno trovare presto delle auto elettriche in prossimità delle stazioni ferroviarie e raggiungere il Polo Universitario».
fonte: www.lastampa.it

Quanto è circolare l’economia? In quella italiana l’uso di materiali riciclati è fermo al 18,5% sul totale

Come migliorare? Fluttero: «Iva agevolata, diffusione del Gpp e corretta informazione dei consumatori»





















L’Ispra informa che nel 2016 per i rifiuti urbani in Italia «la percentuale di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio si attesta al 47,7%», mentre per i rifiuti speciali il recupero di materia è al 65%. Eppure per Eurostat (2014) il “circular material use rate” è ancora al 18,5%. Cosa significa, e come si spiega quest’ampio divario?
«Si tratta di indicatori diversi, anche se in qualche modo collegati. Il tasso di circolarità nell’uso di materia elaborato da Eurostat misura la quota di materiale recuperato e reimmesso nell’economia ed è parametrato all’uso complessivo della materia. Esso, quindi, misura l’impiego di materiale riciclato, che va a sostituire la materia prima vergine o naturale, rispetto a tutta la materia impiegata. In alcuni settori, ad esempio quelli della produzione di imballaggi in carta, vetro o alluminio, tale tasso è molto alto, e può raggiungere picchi dell’80/90%, ma evidentemente ci sono altri settori in cui è molto basso o quasi nullo.
Diverso è invece il tasso di riciclaggio o di preparazione per il riutilizzo, calcolati sul peso complessivo dei rifiuti raccolti. Essi misurano le quote di rifiuti avviati a riciclo o preparazione per il riutilizzo; la nuova metodologia europea appena adottata precisa che occorre considerare i rifiuti che entrano nell’impianto di riciclo o che hanno subito una prima selezione».
Secondo l’ultimo sondaggio condotto da Lorien Consulting per Legambiente e Conou il 58% degli italiani si ritiene ben informato su “la raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti”, eppure solo per il 46% dello stesso campione intervistato il rifiuto differenziato dovrebbe essere avviato a riciclo. Come pensa sia nata questa percezione distorta, e quali i possibili interventi per sanarla?
«Considero più preoccupante che il 42% degli intervistati non si ritenga ben informato sulla raccolta differenziata perché questa e la parte del ciclo di gestione dei rifiuti che riguarda direttamente i cittadini. La percezione legata all’avvio al riciclo è importante ma l’operatività riguarda maggiormente istituzioni pubbliche e settore della imprese private».
Su quali strumenti economici e fiscali crede sarebbe più opportuno fare leva per favorire in Italia l’effettiva applicazione della gerarchia per un corretto ciclo integrato dei rifiuti, e dunque anche una più efficiente economia circolare?
«In primis, IVA agevolata per prodotti che contengono una quota minima di riciclato, in modo da rendere competitivo il costo tra questi ultimi rispetto ai prodotti realizzati esclusivamente con materiale vergine; poi contributi ambientali differenziati per i prodotti più facilmente riciclabili, o che contengono materiale riciclato, o che sono riparabili, o facilmente disassemblabili in parti costituite da uno o più materiali, in modo da facilitare il riciclo. Occorrerebbe comunque eliminare i sussidi ambientalmente dannosi, che ammontano, secondo le stime contenute nel catalogo del Ministero dell’ambiente, a 16,2 miliardi di euro (a fronte dei 15,7 miliardi di euro dei sussidi ambientalmente favorevoli). Un ruolo importante lo gioca anche la diffusione del GPP e l’applicazione dei CAM, ovvero dei criteri minimi ambientali negli appalti e negli acquisti pubblici. Più in generale, occorre favorire una corretta informazione di utenti e consumatori anche attraverso la certificazione ambientale di prodotto, che ha lo scopo di verificare specifiche caratteristiche di sostenibilità, ad es. la durabilità oppure il contenuto di materiale riciclato».
E per quanto riguarda invece gli strumenti normativi?

«La definizione di criteri End of Waste per i principali flussi di rifiuti recuperabili; l’introduzione di percentuali minime obbligatorie di materiale riciclato, ove tecnicamente fattibile, nei beni o manufatti acquistati dalle stazioni appaltanti. In generale, la semplificazione amministrativa degli adempimenti a carico delle imprese “circolari”, soprattutto quelle piccole e medie».

fonte: www.greenreport.it

Riduzione rifiuti organici, Enea lancia "Compostino"



















Enea ha presentato "Compostino" il dispositivo intelligente per il monitoraggio, la
sicurezza e l'igienicità del compostaggio. Utile per imprese costruttrici di macchine compostatrici, nonché per le Pubbliche Amministrazioni che gestiscono gli impianti, "compostino" è interamente realizzato da Enea, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile. Il dispositivo si compone di un sistema hardware realizzato tramite la piattaforma open source "Arduino", un network di sensori di controllo e monitoraggio dei parametri del compost, un sistema di sonde costruite con stampanti 3D e una rete di trasmissione e alimentazione wireless dei dati.
Tramite il sistema di sensori, il dispositivo acquisisce dati quali temperatura, emissioni
(CO2 e ammoniaca), ma anche umidità e PH del compost e li trasmette via bluetooth
allo smartphone o a un database remoto. Enea in occasione della settimana europea di
riduzione dei rifiuti ha anche diffuso le "8 buone pratiche per la riduzione dei
rifiuti", rivolte a cittadini e P.A., ma anche all'industria. L'idea è quella di andare oltre i
concetti di raccolta differenziata e riciclo, per affrontare le sfide del re-design dell'intero
ciclo di vita e di utilizzo dei prodotti, dell'eco-innovazione di prodotto e di processo,
dell'uso e gestione efficiente delle risorse e della simbiosi industriale con l'obiettivo
della chiusura dei cicli sul territorio e nei sistemi produttivi.




fonte: www.reteambiente.it

Littering: Linee guida per campagne di comunicazione ambientale


















Le linee guida presentate in questo volume rappresentano un valido supporto alle amministrazioni locali per organizzare campagne di comunicazione e sensibilizzazione per arginare il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti. Un fenomeno purtroppo molto diffuso del quale sempre più si conoscono gli impatti, ma molto poco è stato fatto per comprenderne le origini. Sempre più ricerche negli ultimi anni sono state condotte per contabilizzare le quantità di rifiuti che annualmente raggiungono i nostri mari, ricerche sulla degradabilità dei materiali nell’ambiente, ricerche su come e quanto tali materiali entrano nella catena biotica fino a raggiungere l’uomo, ma praticamente nessuno studio, nessuna analisi è stata condotta per cercare di intercettare i motivi per cui i rifiuti vengono abbandonati.Troppo semplice archiviare la questione addossando la responsabilità ad un gruppo indefinito di persone che buttano i rifiuti a terra, una sorta di denuncia contro ignoti che ha il solo scopo di liberarci la coscienza. La realtà è molto più complessa. 

Download in formato pdf

fonte: www.edizioniambiente.it

Gli Appalti Verdi dopo il decreto correttivo n.56/2017



































Il decreto correttivo n.56/2017, che stabilisce l’obbligatorietà dell’adozione dei Criteri Ambientali Minimi per gli acquisti della Pubblica Amministrazione, pone l’Italia tra i Paesi più attenti allo sviluppo sostenibile e ambientale.
 
Il 18 settembre a Milano, Metropolitana Milanese MMacademy con il supporto scientifico di Nonsoloambiente, vi invita a un momento di confronto con un parterre di relatori istituzionali e associativi, volto a incoraggiare un dialogo dove le varie voci possano contribuire attivamente alla condivisione delle idee.
 
Il dibattito pubblico che desideriamo realizzare ha tra le finalità la creazione di una coscienza sostenibile anche nella Pubblica Amministrazione, con la speranza che i criteri di sostenibilità, etica e trasparenza diventino sempre più elementi imprescindibili.


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fonte: nonsoloambiente.it  

Riciclo delle plastiche eterogenee tra difficoltà e prospettive: intervista a Rossano Ercolini

Rossano Ercolini, Zero Waste Europe Foundation: “Con il progetto Eco-Pulplast abbiamo dimostrato che dalle plastiche eterogenee è possibile produrre prodotti di qualità. E ciò che rappresenta un problema, lo scarto di pulper che va in discarica o incenerito, diventa un’opportunità” 

















Il riciclo delle plastiche eterogenee è ancora difficile. Per quale motivo? Lo abbiamo chiesto a Rossano Ercolini, Zero Waste Europe Foundation: “Da punto di vista tecnico perché suppone processi di additivazione. A differenza dei polimeri omogenei, le plastiche eterogenee non legano tra di loro e hanno quindi bisogno di leganti”. Ma ciò impedisce di fabbricare nuovi prodotti? No. “Una volta che abbiamo presente qual è il manufatto da produrre esistono ricette, prodotto per prodotto, che permettono di aggiungere i polimeri essenziali per dar vita a un prodotto di plastica seconda vita. Questo tipo di produzione presuppone un processo di estrusione integrato con lo stampaggio. La novità importante è infatti connettere le linee di estrusione con lo stampaggio finale in base a quello che si vuole produrre”. Se volessimo fare un paragone culinario, come ogni piatto ha i suoi ingredienti, ogni prodotto ha la sua additivazione.
Ci sono poi le difficoltà di mercato. Ercolini ricorda le forme di “incentivazione dell’industria del plasmix” che permetterebbero di avere un mercato per questi manufatti “Andrebbe applicata la legislazione sugli acquisti verdi da parte della pubblica amministrazione. In questo modo verrebbe fornita una sorta di corsia preferenziale al mercato dei prodotti in plastica seconda vita. Gli appalti pubblici, che pesano il 7% del PIL italiano, dovrebbero prevedere l’utilizzo per almeno il 30% di prodotti ottenuti con materiali da riciclo. Gli enti pubblici che non applicano questa norma dovrebbero essere sanzionati, cosa che invece non avviene” sottolinea Ercolini che si appella all’associazione dei Comuni: “L’Anci deve chiedere che si rispetti il green public procurement e si dia più cogenza alla normativa vigente per obbligare ad acquistare verde. Da solo questo mercato, salvo eccezioni, ha difficoltà a superare la fase di start up iniziale”.
Nonostante le difficoltà richiamate sopra, questi prodotti stanno diventando sempre più interessanti. È il caso dell’arredo di parchi e giardini dove la funzionalità dei prodotti in plastica eterogenea si fa preferire in sostituzione del legno. Una testimonianza di riciclo delle plastiche eterogenee arriva poi dalla zona di Lucca dove nel 2015 ha preso vita il progetto Life Eco-Pulplast per il riciclo degli scarti plastici di cartiera. Capofila del progetto è Selene, tra le aziende leader in Italia nel settore degli imballaggi flessibili in plastica. Gli altri partner sono Lucense, organismo di ricerca e soggetto gestore del Polo di Innovazione di Regione Toscana per il settore cartario, Serv.eco., consorzio delle cartiere del Distretto Cartario lucchese e Zero Waste Europe Foundation.
Già segnalato sul sito del Ministero dell’Ambiente come “progetto del mese” lo scorso giugno, il progetto Eco-Pulplast ha portato all’ubicazione nell’azienda Selene di un impianto in grado di trasformare lo scarto di pulper che proviene dalle cartiere. Questo scarto è formato principalmente dalla frazione plastica che impropriamente finisce nei maceri della raccolta differenziata della carta. Si tratta di plastica eterogenea: bustine, poliaccoppiati, sacchetti, etc. Grazie al progetto questo scarto oggi si trasforma in centinaia di nuovi pallet prodotti con plastica seconda vita. “L’obiettivo - afferma Ercolini - è produrre milioni di pezzi in un anno sostituendo il ricorso ai pallet in legno con pallet seconda vita. Dal punto di vista tecnico abbiamo visto che è possibile. Il prodotto finale è esteticamente bello, scomponibile e può essere soggetto a nuovo riciclo quando non è più riparabile”.
“Si tratta certo di un progetto pilota ma abbiamo dimostrato che dalle plastiche eterogenee è possibile produrre prodotti di qualità. E ciò che rappresenta un problema, lo scarto di pulper che oggi va in discarica o viene incenerito, diventa un’opportunità. Mi auguro che i soggetti interessati inizino a prendere in considerazione il recupero del plasmix sotto forma di materia e non di energia. Sullo sfondo - conclude Ercolini - rimane tuttavia la troppa plastica in circolazione, soprattutto usa e getta. Cominciamo a ridurne il ricorso così liberistico e irrazionale che ne viene fatto. Il problema della qualità ambientale e la tutela della biodiversità marina ci impongono una pausa di riflessione su questo tema per investire di più sulla salute dei mari e sulla riduzione delle plastiche”.

fonte: www.ecodallecitta.it

Parte dalla Toscana la nuova proposta di legge per incentivare (davvero) il riciclo in Italia

La Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti al lavoro su una pdl in grado di sostenere «il riacquisto di beni realizzati con materiale riciclato»



















È inutile scorrere le oltre 400 pagine del primo Catalogo dei sussidi ambientali pubblicato dal ministero dell’Ambiente in cerca di incentivi nazionali al riciclo: in Italia non esistono. Mentre le conferenze sull’economia circolare si moltiplicano a ritmo incalzante, tra le pieghe degli (almeno) 15,7 miliardi di euro che lo Stato spende ogni anno in sussidi favorevoli all’ambiente – a loro volta affiancati da (almeno) 16,1 miliardi di euro in sussidi dannosi – nemmeno un euro è stanziato a favore del riciclo. Nel lungo elenco figurano gli incentivi rivolti al mondo dell’agricoltura, a quello dell’energia o a quello dei trasporti, le aliquote Iva agevolate. Per una qualche paradossale logica in Italia si incentiva la raccolta differenziata come anche la termovalorizzazione, ma non quanto d’importante sta nel mezzo: il riciclo.
Una prospettiva che dopo anni d’ignavia potrebbe presto registrare un sussulto. Ieri il ministro dell’Ambiente è arrivato in Toscana, a Pontedera: da una parte per celebrare l’inizio dei lavori necessari a realizzare un importante impianto di trattamento dell’organico (20 milioni di euro finanziati dall’azienda locale Geofor, 44.000 le tonnellate/anno di rifiuti organici che potrà gestire), dall’altra per visitare un’eccellenza di livello internazionale in fatto di economia circolare, Revet.
Proprio in questi giorni – comunicano dall’azienda – il ministero dell’Ambiente ha deciso di portare l’esperienza di Revet in Cina, per rappresentare l’economia circolare made in Italy all’International expo di Shanghai, dove Revet è presente con un proprio stand e con i propri vertici aziendali all’interno del padiglione italiano. Ieri, a fare gli onori di casa con il ministro ci hanno pensato il direttore dello stabilimento Massimo Rossi insieme al presidente e all’amministratore delegato di Alia Spa – l’azienda nata dalla fusione dei gestori dell’Ato Centro, che ora rappresenta il principale azionista di Revet – rispettivamente Paolo Regini e Livio Giannotti (nella foto).
Qui 170 dipendenti si occupano ogni anno di 160mila tonnellate di rifiuti, ovvero le raccolte differenziate di plastica, vetro alluminio, acciaio e tetrapak provenienti dall’80% della Toscana, che Revet valorizza e avvia a riciclo. Il fiore all’occhiello dell’azienda è l’attività di riciclo del plasmix, operata nell’impianto di Revet Recycling, dove quegli imballaggi di plastica “difficili” (che non sono né bottiglie né flaconi) vengono riciclati e trasformati in granuli con i quali si stampano nuovi oggetti di plastica. Un riciclo a km zero che rappresenta ormai un punto di riferimento in Italia e un modello di buone pratiche nell’ambito del ciclo integrato dei rifiuti: già nel 2013 lo stabilimento di Pontedera era stato visitato dall’allora ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, mentre nel febbraio scorso ha ospitato la Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti che adesso «sta lavorando – hanno anticipato ieri in Revet – a una proposta di legge per incentivare il riciclo e soprattutto il riacquisto di beni realizzati con materiale riciclato».
Un grande merito per la Commissione, anche se tutto dipenderà da quali saranno gli strumenti messi in campo nella proposta di legge. Le opportunità che meriterebbero di essere esplorate non mancano: detrazioni fiscali per mezzo del credito di imposta sull’acquisto di prodotti e arredi in materiale riciclato post consumo sono un esempio, ma un grande passo in avanti sarebbe anche solo rendere effettiva la legge vigente. Dal 2002 la Pubblica amministrazione avrebbe l’obbligo di compiere per almeno il 30% acquisti verdi (Gpp), obbligo rincarato nel 2015 con il Collegato ambientale approvato dall’attuale governo, ma i controlli e le conseguenti sanzioni non ci sono. E gli acquisti verdi rimangono al palo, con conseguenze fortemente limitanti soprattutto su quei rifiuti – come il plasmix, che da solo arriva a rappresentare oltre il 50% di tutti gli imballaggi in plastica raccolti in modo differenziato – che comportano costi industriali maggiori rispetto alla lavorazione della materia vergine per essere riciclati, oltre a un mercato di sbocco ancora embrionale che frena le possibili economia di scala.
Come ormai dovrebbe insegnare la più che decennale esperienza con le energie rinnovabili, perché anche la materia possa diventare rinnovabile è indispensabile una politica industriale coerente e di largo respiro (il che significa non esaminare soltanto la coda del problema, i rifiuti, ma l’intera catena produttiva a partire dalla miniera dove vengono estratte le materie prime), con risorse economiche dedicate. A guadagnarci non sarebbe “solo” l’ambiente in cui tutti viviamo, ma la competitività di tutto il sistema socio-economico italiano: quello di un forte Paese manifatturiero, senza però materie prime.

fonte: www.greenreport.it

Sardegna, bando da 3,9 milioni di euro per micro reti intelligenti




 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il contributo regionale copre le spese sostenute dai Comuni per la realizzazione di micro reti elettriche che, grazie all'utilizzo di sistemi di accumulo e di gestione, realizzino l’integrazione tra produzione, accumulo e consumo.
Il Bando è rivolto ai Comuni della Sardegna che sono in possesso di un edificio già dotato di un impianto fotovoltaico in esercizio e asservito alle utenze della Pubblica Amministrazione.
Il contributo va a finanziare il 100% delle spese ammissibili sostenute per realizzare micro reti elettriche intelligenti, attraverso l'installazione – presso l’edificio comunale dotato di impianto fotovoltaico - di un sistema di accumulo elettrochimico opportunamente dimensionato e del relativo sistema di gestione.
Il massimo erogabile è di 150.000 euro, IVA esclusa, per ciascun progetto. La dotazione complessiva del bando ammonta a 3.900.000 euro.
La domanda, completa di utti i dati richiesti, deve essere trasmessa dalle ore 9.00 del 20 aprile 2017 alle ore 14.00 del 20 luglio 2017, all’indirizzo di posta elettronica certificata: industria@pec.regione.sardegna.it.
Per maggiori informazioni, invitiamo i lettori a consultare la pagina di Nextville.it dedicata al bando e consultabile nei riferimenti in basso.

fonte: http://www.nextville.it

Il ruolo dei servizi pubblici locali per raggiungere gli obiettivi Onu di sviluppo sostenibile

Giovannini (Asvis): «Preoccuparsi del bene comune è un obbligo. Elemento discriminante non solo per le imprese ma per il mondo»
servizi pubblici locali
L’Italia è molto indietro nel percorso che dovrà portarla a raggiungere i 17 obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile al 2030 che anche il nostro Paese ha sottoscritto un anno fa. Secondo il rapporto recentemente pubblicato dall’Asvis, in questo percorso, l’Italia risulta infatti in «26esima posizione sui 34 paesi Ocse». È necessario accelerare, e una buona spinta potrà arrivare dalle imprese di servizi pubblici locali.
È quanto sostenuto da Enrico Giovannini, ex ministro e ora portavoce di Asvis, nel corso del convegno promosso ieri a Roma da Utilitalia, associazione che riunisce i soggetti operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas. «Preoccuparsi del bene comune è un obbligo. È un elemento discriminante non solo per le imprese – ha rilevato  Giovannini – ma per il mondo. Oggi o cambiamo il mondo o al 2030 il Pianeta collasserà. Abbiamo 17 obiettivi sullo sviluppo sostenibile. Tra questi – ad esempio –  il fatto che entro il 2020 tutte le città dovranno dotarsi di strumenti per la resilienza. È nell’ambito locale che le imprese di servizi pubblici hanno un ruolo fondamentale. Coinvolgere i cittadini in un programma di educazione per lo sviluppo sostenibile».
Non a caso anche Utilitalia contribuisce a formare la compagine Asvis. «Non c’è futuro per l’impresa che non si preoccupi del miglioramento della società – ha dichiarato il presidente Utilitalia, Giovanni Valotti – Tutela dell’ambiente, attenzione alle persone, solidarietà, creazione di opportunità per i meritevoli, sono i pilastri irrinunciabili di un’impresa moderna e responsabile. L’unica che possa sopravvivere nel lungo periodo».
Secondo Utilitalia nei piani industriali delle imprese queste politiche possono svolgere un ruolo centrale, sia per la crescita sostenibile del Paese che per il raggiungimento degli obiettivi di Agenda 2030, i 17 obiettivi di sviluppo sostenibili (SDGs  – Sustainable Development Goals) votati dalle Nazioni Unite nel settembre 2015. Nello studio della Fondazione Utilitatis – analisi di benchmarking sulla sostenibilità come leva di qualità e di sviluppo delle utilities  – emerge infatti che il 75% delle aziende di servizi pubblici del panel analizzato, redige il bilancio di sostenibilità e che nel 65% dei casi questo viene approvato dal consiglio di amministrazione. Aziende che agiscono sulle economie territoriali impiegando il 52% della spesa per fornitori locali. Realtà d’impresa che producono il 44% dell’energia con fonti rinnovabili e i cui termovalorizzatori – tanto per fare un esempio – hanno emissioni molto al di sotto dei limiti stabiliti per legge (85% in meno del limite stabilito).
«C’è tanta retorica della sostenibilità e qualche pregevole documento ma le imprese competitive hanno la responsabilità sociale quale componente essenziale e valore guida della proprio strategia – ha concluso Vallotti – Sullo sfondo emerge una nuova concezione di impresa, fondata sulla ricerca di un profitto di qualità, capace di generare valore per tutti i portatori di interesse, a partire dai cittadini. È tutto ancor più vero se ci si occupa di servizi di pubblica utilità. L’orizzonte a cui tendere è quello di imprese che fanno bene, facendo del bene. Tra queste, sempre più, nei prossimi anni troveremo le public utilities meglio gestite e più competitive».

fonte: www.greenreport.it

La dematerializzazione della Pubblica amministrazione in cifre, e che cifre!

Pian pianino la pubblica amministrazione dello Stato sta abbandonando la carta per passare al digitale. Una transizione lenta ma inesorabile, che ogni anno fa risparmiare non solo denaro ma che contribuisce a notevoli vantaggi ambientali. Insomma, la dematerializzazione conviene.
Ma quanto ammonterebbe il risparmio della pubblica amministrazione?
Calcolarlo non è facile ma FPA, l’azienda che da 26 anni organizza il Forum della Pubblica Amministrazione, ha provato a calcolarla analizzando i risparmi reali e potenziali in cinque settori chiave: fatturazione elettronica, ricette mediche elettroniche, certificati medici online, fascicolo sanitario elettronico e processi telematici.
Il primo dato che emerge è il risparmio di carta, sembrerebbe qualcosa di ovvio ma i dati sono davvero impressionanti. Se si mettessero l’uno sull’altro i fogli di carta risparmiati, stiamo parlando di 1 miliardo e 935 milioni di fogli, si otterrebbe una pila alta 812 chilometri che arriverebbe nella esosfera terrestre, la zona dove normalmente orbitano i satelliti delle telecomunicazioni.
satellite
Il peso dei quasi due miliardi di fogli risparmiati, valgono circa 8.700 tonnellate pari alla produzione giornaliera di rifiuti di Bangkok oppure uguale a tutta la produzione di fragole della Svizzera! Si perché in Svizzera si producono le fragole. Mentre se proviamo ad immaginare lo spazio necessario per immagazzinare tutta questa carta, servirebbero circa 144 chilometri, come la distanza tra Milano e Genova.
archivio storico palermo
Ma il risparmio, quello vero, riguarda gli alberi e le foreste che non devono essere abbattute per produrre tutta questa carta. Se per assurdo, tutta la carta necessaria alla pubblica amministrazione venga prodotta da fonti non rinnovabili (e questo non avviene perché l’80% della carta prodotta in Italia proviene dalla raccolta differenziata) verrebbero risparmiati circa 87mila alberi. Un numero enorme. Inoltre non utilizzando tutta quella carta, si risparmierebbero circa 9.570 tonnellate di CO2 equivalente immesse in atmosfera.
foresta
Ultimo dato, forse quello più tangibile perché tocca direttamente le nostre tasche e i nostri portafogli, è quello relativo al risparmio economico che è stato valutato pari a 3 miliardi e 200 milioni di euro all’anno, e con quei soldi liberati nell’economia italiana si potrebbero fare tantissime cose.
“La pubblica amministrazione digitale non è più un mito, ma ancora non è neppure realtà – ha detto Carlo Mochi Sismondi, presidente di Forum Pa – Una pubblica amministrazione dematerializzata garantisce non solo una migliore reperibilità delle informazioni altrimenti perse in archivi in tutta Italia, ma anche un efficace monitoraggio di alcuni numeri chiave per l’economia pubblica”.

fonte: http://www.menorifiuti.org