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L’uso degli erbicidi aumenta dell’85% il rischio melanoma

 










L’uso degli erbicidi è stato trovato associato ad un aumento dell’85% il rischio melanoma, a prescindere dal tipo di esposizione. A lanciare l’allarme è l’Intergruppo Melanoma Italiano (IMI) che ha condotto una meta-analisi su 184.389 persone arruolate in 9 studi indipendenti sul rischio di tumore della pelle. Scopo della ricerca: individuare un possibile collegamento tra il melanoma e l’esposizione ai pesticidi ed indagare l’eventuale classe di pesticidi maggiormente implicati. Visti i preoccupanti dati preliminari emersi, l’Associazione scientifica non-profit lancia un appello al mondo della ricerca sollecitando nuove indagini che valutino in maniera più mirata la correlazione.

I fattori di rischio ambientale

Ad oggi il melanoma ha una incidenza in costante aumento, soprattutto per quanto riguarda quelli sottili, ossia quelli nella prima fase di sviluppo.
“Ma se da un lato le persone si controllano di più, facendo registrare un l’incremento dei casi – spiega il presidente IMI, Ignazio Stanganelli, direttore della Skin Cancer Unit IRCCS IRST Romagna Cancer Institute – i numeri sono comunque troppo elevati per essere spiegati con una maggiore attenzione alla diagnosi precoce e i fattori di rischio ambientale attualmente noti.”

Sostanze cancerogene e melanoma

Lo Iarc (International Agency for Re-search on Cancer) ha stilato una lista di pesticidi che negli anni si sono dimostrati alla base dell’insorgenza di diverse forme di tumori maligni come quelli del sangue, del colon, della prostata. Questo è stato il motivo che ha portato ad analizzare anche il rischio tra tumori della pelle e l’esposizione a pesticidi, insetticidi ed erbicidi. È stata così condotta una revisione delle ricerche scientifiche fino a settembre 2018. Dallo studio, pubblicato su Journal of the European Academy of Dermatology and Venereology (JEADV), è emersa una chiara correlazione tra l’uso di qualsiasi tipo di erbicidi e l’incidenza del melanoma indipendente-mente dal tipo di esposizione.

“Qualunque uso di erbicidi – sottolinea Sara Gandini, direttrice dell’unità “Molecular and Pharmaco-Epidemiology” dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano – sembra associato ad un aumentato rischio di melanoma cutaneo con un SRR (Summary Relative Risk) di 1.85 indipendentemente dal tipo di esposizione, che corrisponde ad un 85% di rischio in più rispetto a chi non li usa. Questo risulto però andrà confermato da ulteriori studi che tengano presenti di tutte le possibili fonti di distorsione come ad esempio la quantificazione dell’esposizione solare”. Al contrario, non sembra esserci un aumento del rischio di questa forma di tumore della pelle e l’utilizzo di pesticidi o insetticidi. Le categorie più esposte sono agricoltori, vivaisti, appassionati di giardinaggio, tutti coloro che utilizzano questi prodotti per professione o nel tempo libero.

L’interazione con fattori ambientali

“Il meccanismo che conduce a questo tumore maligno altamente aggressivo – continua Stanganelli – non è ancora completamente noto, anche se è molto probabile che l’esposizione ai raggi UV possa associarsi o addirittura potenziare il ruolo di queste sostanze chimiche. Gli agricoltori passano molto tempo all’aperto e l’aumento della temperatura cutanea dovuta alla esposizione al sole potrebbe incrementare ulteriormente l’assorbimento di queste molecole attraverso la pelle. Tra l’altro ancora non è noto come tali sostanze possano venire alterate dall’esposizione ai raggi solari e dalla temperatura e se generano intermedi tossici che inducono il cancro.”

Il ruolo del biossido di titanio

Un altro aspetto da considerare è che alcuni filtri solari, contenenti biossido di titanio o l’ossido di zinco, aumenterebbero l’assorbimento attraverso la pelle del parathion, un insetticida altamente tossico anche per l’uomo. Alla base del meccanismo, ipotizzano gli esperti Imi, potrebbero esserci stress ossidativo, danno del Dna, aberrazione cromosomica e infiammazione cronica, così come avviene per le diverse categorie professionali a contatto con il benzene e suoi derivati, per i lavoratori nelle fabbriche di petrolati, nelle aziende di materiale elettrico o elettronico e i grafici; con la diossina per i lavoratori della carta o con il tricloroetilene per coloro che lavorano nelle industrie di chimica o metalli, personale biomedico. Per queste categorie è già stato riscontrato un aumentato rischio di melanoma cutaneo.

Servono ulteriori studi

Di qui l’auspicio della messa a punto di un sistema di sorveglianza e di prevenzione rivolta ai lavoratori esposti a pesticidi, erbicidi e insetticidi affinché siano posti dei programmi di prevenzione sanitaria, d’informazione professionale e di regolamentazione per l’uso di queste sostanze potenzialmente nocive. “Sono necessari ulteriori studi – conclude Stanganelli – che possano chiarire la correlazione tra fattori ambientali e alcune sostanze chimiche in relazione all’aumento dell’incidenza del melanoma.”

fonte: ilsalvagente.it


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Glifosato: nuovi risultati dell’Istituto Ramazzini su equilibrio ormonale e sviluppo riproduttivo nei topi. Intervista a Mantovani dell’Iss

















L’esposizione a basse dosi di glifosato – o, soprattutto, di erbicidi a base di glifosato come il famoso Roundup – si associa, nei topi, a una serie di piccole ma significative alterazioni dell’equilibrio endocrino e dello sviluppo riproduttivo, visibili sia nei maschi sia nelle femmine. È questa la conclusione di uno studio pilota coordinato da ricercatori dell’Istituto Ramazzini di Bologna, con la partecipazione anche dell’Istituto superiore di sanità (Iss), dell’Università di Bologna e di centri di ricerca esteri.
“Uno studio che, pur senza allarmismi, dovrebbe essere di stimolo a una revisione dello stato regolatorio del glifosato, attualmente non collocato tra gli interferenti endocrini da organismi ufficiali come l’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare”. Parola di Alberto Mantovani, tossicologo dell’Iss e coautore dello studio, al quale Il Fatto Alimentare ha chiesto di fare chiarezza sui risultati e sulle loro possibili implicazioni nell’intricata controversia relativa alla sicurezza del glifosato.
Alberto Mantovani tossicologo dell’Istituto superiore di sanità
Dottor Mantovani: perché occuparsi ancora di glifosato, considerato che secondo un parere dell’Efsa non ci sono prove che possa determinare effetti endocrini?
Facciamo intanto un passo indietro, per ricordare che sul glifosato esistono massicce preoccupazioni da parte del pubblico, dovute a conclusioni contrastanti di varie agenzie internazionali in particolare riguardo al rischio di cancerogenicità. Secondo la Iarc, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, questa sostanza potrebbe essere “probabilmente cancerogena”, mentre al contrario secondo l’Efsa e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) è improbabile che possa avere effetti cancerogeni. C’è stato molto dibattito su questo tema, con argomenti non sempre convincenti e spesso senza considerare che Efsa ed Echa, come da mandato, hanno valutato la sostanza attiva in sé (glifosato puro), mentre la Iarc si è concentrata sui prodotti. Pertanto, un gruppo internazionale di ricercatori, guidati dall’Istituto Ramazzini, ha deciso di accantonare le polemiche e provare a raccogliere nuovi dati per rispondere in modo più solido alle preoccupazioni del pubblico, colmando anche alcune incertezze emerse dalle ricerche precedenti. Anche l’Istituto superiore di sanità ha ritenuto utile e importante partecipare a questa nuova raccolta dati.
Quanto al fatto che l’Efsa abbia già emesso un parere che non considera il glifosato come interferente endocrino, bisogna anche sottolineare che si tratta di un parere rilasciato nel 2017, cioè prima che venissero definiti, con il contributo di Efsa stessa, nuovi criteri più stringenti sull’interferenza endocrina di biocidi e pesticidi. Per questo non trovo affatto fuori luogo che si torni sulla questione.
Il glifosato attualmente non è collocato tra gli interferenti endocrini da organismi ufficiali come l’EFSA
Lei ha parlato sia di cancerogenicità sia di interferenza endocrina, cioè alterazioni sull’equilibrio ormonale: che rapporto c’è tra i due ambiti?
Ci sono molti casi nei quali la cancerogenicità non è provocata in modo diretto da una sostanza, ma in modo indiretto, mediato da altri effetti tra i quali sono importanti gli squilibri ormonali dovuti a interferenza endocrina. Il glifosato potrebbe ricadere in questa situazione, ed ecco perché vale la pena concentrarsi sugli eventuali effetti endocrini.
Lo studio ha confrontato lo sviluppo riproduttivo ed endocrino di due gruppi di topolini: alcuni esposti dalla gravidanza all’età adulta a basse dosi sia di glifosato puro sia di Roundup, un erbicida a base di glifosato, altri non esposti a questa sostanza. Quali sono i risultati che avete ottenuto?
Per cominciare mi lasci sottolineare l’importanza dell’esposizione a basse dosi di glifosato, che può essere considerata uno dei punti di forza dello studio, insieme al fatto che gli effetti sullo sviluppo sono stati valutati anche a lungo termine, durante la vita adulta degli animali. Una delle critiche avanzate a molti studi eseguiti con gli animali sul glifosato riguarda l’esposizione a dosi molto elevate della sostanza, che nulla hanno a che vedere con quella che potrebbe accadere nell’uomo. Ecco perché abbiamo deciso di concentrarci sulla dose per chilogrammo di peso corporeo che l’Epa, Agenzia di protezione ambientale degli Stati Uniti, considera come sicura per l’essere umano anche in caso di esposizione cronica, pari a 1,75 milligrami per kg al giorno.
Quello che abbiamo osservato negli individui (sia maschi sia femmine) esposti al glifosato è un aumento della distanza ano-genitale rispetto agli individui non esposti. Si tratta di un parametro che la comunità scientifica considera un valido indicatore di disturbi dello sviluppo riproduttivo. Non solo: nelle femmine è stato osservato anche un ritardo nella comparsa del primo estro (la pubertà), altro indicatore di possibili ripercussioni negative sulla vita riproduttiva. Infine, in entrambi i sessi abbiamo registrati squilibri nel sistema ormonale, come un aumento dei livelli di testosterone e alterazioni – anche se meno chiare – dei livelli di ormoni tiroidei. Ma soprattutto abbiamo osservato che questi effetti sono decisamente più significativi con l’erbicida commerciale rispetto al glifosato puro.
glifosato
EfsaAed Echa hanno valutato la sostanza attiva in sé (glifosato puro)
Da cosa potrebbe dipendere questa differenza?
Non lo sappiamo ancora: potrebbe dipendere dalla presenza di particolari additivi che non conosciamo (la composizione dettagliata del prodotto utilizzato è coperta da segreto commerciale), dalla presenza di impurezze o dal fatto che nel prodotto derivato il glifosato è assorbito o metabolizzato in modo differente. In ogni caso si tratta di uno degli aspetti che dovrebbero essere oggetto di ulteriori indagini sull’argomento.
Quindi la ricerca non dovrebbe fermarsi qui?
Assolutamente no. Questo è uno studio pilota, che fornisce indicazioni sull’opportunità di proseguire le indagini, ma non porta di per sé a conclusioni definitive. Certo, se non avessimo osservato alcun effetto, tanto sarebbe bastato per confermare il parere di Efsa ed Echa e chiudere la questione, ma così non è stato. Abbiamo al contrario visto effetti che non dovrebbero esserci a una dose considerata sicura. Certo, trattandosi di uno studio con modelli animali non significa che i risultati siano immediatamente trasferibili all’essere umano, ma riteniamo che siano comunque meritevoli di approfondimento. Tra l’altro, bisogna anche capire se c’è una gradazione nelle risposte in seguito all’esposizione a dosi differenti e individuare, se c’è, una dose senza effetti osservabili.
pesticidi erbicidi campi agricoltura 1
Si sono osservati effetti che non dovrebbero esserci a una dose considerata sicura
Che cosa auspicate dunque a questo punto?
Che appunto la ricerca continui e che la situazione regolatoria del glifosato sia rivista uscendo dalla diatriba cancerogeno sì/cancerogeno no, ma guardando invece a queste nuove prove relative al rischio di interferenza endocrina, anche alla luce dei nuovi criteri per la definizione del rischio. Ci sono delle lacune conoscitive che vanno colmate e le Agenzie regolatorie dovrebbero tenerne conto. Poi, se a colmarle vuole essere l’industria per me non ci sono problemi, a patto che conduca studi seri e verificabili. Parliamo di una sostanza sicuramente utile e importante in l’agricoltura, che l’industria ha tutto il diritto di difendere, però deve produrre dati davvero in grado di farlo.
Per chiudere, cosa pensa del tanto contestato rinnovo dell’autorizzazione al commercio del glifosato votata nel 2017 dall’Unione europea?
Che nel momento in cui, sulla base dei criteri e dei dati disponibili fino al 2017, Efsa ed Echa avevano definito una sicurezza d’uso di questa sostanza, non ci fossero motivi solidi per evitare un rinnovo, anche se ovviamente il legislatore avrebbe tutto il diritto di applicare il principio di precauzione, laddove lo ritenga opportuno. Allo stesso tempo, però, penso che ora l’Efsa debba considerare i nuovi dati a disposizione. D’altra parte, il compito della comunità scientifica non è certo quello di insolentire le autorità regolatorie (che non possono produrre dati), ma di fornirne di nuovi e aggiornati, dove esistono manchevolezze, per permettere decisioni più accurate.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

25 Novembre: Giornata Internazionale dei Medici per l’Ambiente


























Il 25 Novembre 1990 si costituiva l’International Society of Doctors for the Environment – ISDE.

Da allora l’ISDE ha svolto una rilevante attività di formazione ed informazione in tema di ambiente e salute, ha contribuito all’approfondimento culturale e scientifico di molti aspetti di questo rapporto complesso ed indissolubile, in particolare in collaborazione FNOMCeO (Federazione Nazionale Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri), Società Medico-Scientifiche, Istituzioni, organizzazioni non governative e più in generale cittadini.


ISDE è stata ed è punto di riferimento per coloro, non solo medici, che vivono con responsabilità e coraggio ogni giorno quanto ben sintetizzato e testimoniato da Lorenzo Tomatis, medico, già Direttore dell’Agenzia Internazionale di Ricerca sul cancro (I.A.R.C.) dal 1981 al 1994 e primo Presidente del Comitato Scientifico Internazionale dell’ISDE ovvero che: “Tutti gli uomini sono responsabili dell’ambiente, i medici lo sono due volte”.

E’ con l’eredità morale e scientifica di Lorenzo Tomatis e con l’impegno di tutti gli iscritti che ISDE Italia promuove la Giornata Internazionale dei Medici per l’Ambiente con varie iniziative locali che si svolgeranno il 25 Novembre o in date contigue e che avranno come tema per l’anno 2018: “Cambiamenti climatici, salute, agricoltura e alimentazione” (di cui al recente Position Paper ISDE Italia , che puoi trovare QUI )

Ecco le principali iniziative locali:

CAMPOBASSO
Tipo evento: Incontro con i cittadini
Titolo evento: Cambiamenti climatici – Salute, agricoltura, Territorio
Data: 12 dicembre 2018
Orario: ore 17.00
Luogo: Sala Convegni del Dopolavoro Ferroviario (Stazione ferroviaria)

Locandina Evento Campobasso

CASTROVILLARI (CS)
Tipo evento: Incontro-dibattito
Titolo evento: Cambiamenti climatici, salute, agricoltura e alimentazione
Data: 1 dicembre 2018
Orario: 17.30
Luogo: CENTRO EFAL – Via Ettore Gallo, Castrovillari (CS)
In collaborazione con Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali

TARANTO
Tipo Evento: Convegno ISDE Sezione Taranto, 29 anni di ISDE
Titolo Evento: La plastica avvelena il clima
Data: 27 Novembre 2018
Ora: 8,30-13
Luogo: Centro congressi Università LUMSA, Piazza Santa Rita, Taranto
In collaborazione con: ISDE Nazionale, Ordine dei Medici Taranto

Locandina Evento Taranto


TREVISO
Tipo evento: Corso di Aggiornamento
Titolo evento: L’ambiente è salute
Data: 24 novembre 2018
Orario: 8,15
Luogo: Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Treviso
In collaborazione con l’ordine dei medici Chirurghi e Odontoiatri di Treviso

Locandina Evento Treviso

fonte: http://www.isde.it

Monsanto porta lo Iarc in tribunale: il glifosato non è cancerogeno
















Monsanto passa al contrattacco. La società americana invita ad indagare sullo Iarc e l'Oms che nel 2015 segnalarono il glifosato come sostanza potenzialmente cancerogena.
L'erbicida "Roundup" a base di glifosato è il prodotto più controverso di Monsanto. In attesa del rinnovo della licenza da parte dell'UE, la società sta cercando di screditare l'Organizzazione mondiale della sanità, che ha collegato l'erbicida al cancro negli esseri umani.
Ricordiamo che dall'Oms, in collaborazione con l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), arrivano diverse segnalazioni su alcuni pesticidi classificati come probabili o possibili agenti cancerogeni per l'uomo, tra cui il glifosato.  

La decisione fu un duro colpo per Monsanto. A seguito della decisione dello IARC, l'Unione europea cominciò a considerare il divieto totale del prodotto, privando potenzialmente Monsanto di un flusso significativo di entrate. Dal canto suo la società, che sta cercando di ottenere il rinnovo della licenza chimica dell'UE per i prossimi 10 anni, ha optato per un'altra mossa: portare in tribunale l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro e le sue indicazioni di due anni fa.
A suo favore, Monsanto porta il fatto che lo IARC non avrebbe preso in considerazione due studi che secondo la società dimostrerebbero la sicurezza del glifosato per la nostra salute.
Il primo è stato condotto dall'Istituto federale per la valutazione dei rischi (BfR) tedesco, secondo cui “è improbabile che il glifosato sia cancerogeno per gli esseri umani”. Il secondo è stato realizzato dallo scienziato tedesco indipendente Helmut Greim, che ha condotto una meta-analisi e ha scoperto che “il potenziale cancerogeno del glifosato è estremamente basso o inesistente”. 
Monsanto si è dunque aggrappata a queste due ricerche per screditare l'opinione dello Iarc, sostenendo che l'Agenzia non avrebbe tenuto in considerazione i due studi, che mostrano un parere diverso sull'esposizione al glifosato e il rischio di cancro. Pare però che entrambi gli studi siano stati finanziati da Monsanto.   

La mancata inclusione di questi due ricerche, secondo il vicepresidente di Monsanto, Scott Partridge, dimostra che nello IARC qualcuno è stato corrotto, motivo per cui invita a portare avanti un'indagine esterna sui funzionamenti dell'agenzia e della sua leadership.
“Lo IARC ha trascurato decenni di analisi approfondite e scientifiche da parte delle agenzie di controllo in tutto il mondo e ha interpretato selettivamente i dati per arrivare alla propria classificazione del glifosato. Nessuna agenzia di regolamentazione nel mondo considera il glifosato cancerogeno” ribadisce Monsanto.
L'ennesimo tentativo, da parte della società, di convincere gli enti regolatori e i governi che il suo prodotto di punta sia sicuro e non un pericolo per la salute umana e ambientale.
È ancora possibile firmare la petizione ICE (che3 ha già superato il milione di firme) e chiedere all'Europa di vietare il glifosato.
Per firmare la petizione clicca qui

fonte: www.greenme.it


Raggiunto il milione di firme contro il glifosato

L’Iniziativa dei cittadini europei supera la soglia generale e i quorum nazionali in ben 11 paesi membri. Ora Bruxelles dovrà rispondere alla richiesta di vietare il glifosato
















La Commissione europea sarà chiamata a rispondere e a tenere in considerazione le richieste dei cittadini europei quando ragionerà sulla nuova approvazione del glifosato. Ieri infatti il contatore dell’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) #StopGlifosato ha raggiunto il suo obiettivo legale: un milione di firme almeno 7 paesi membri. Questo strumento consente alle persone di proporre un indirizzo all’esecutivo comunitario, ed è l’unico strumento di democrazia diretta dell’Unione Europea. Da quando è stata introdotta – era il 2012 – nessuna ICE ha raggiunto il suo target così rapidamente. Sono bastati appena 5 mesi, con il coordinamento di 100 ONG di tutta europa e molte altre a livello locale, per sfondare il quorum in 11 paesi e raggiungere il milione di adesioni. La richiesta era semplice e largamente condivisa nel continente: vietare il glifosato, riformare il processo di approvazione dei pesticidi in UE e fissare obiettivi obbligatori per ridurne l’uso


L’ICE proseguirà fino al 30 giugno, poi all’inizio di luglio le firme verranno consegnate a Bruxelles con la richiesta di rispondere prima di concludere il processo di rinnovo della autorizzazione per il glifosato. Qualunque sarà la replica, il percorso è pieno di insidie: la Commissione ha recentemente annunciato la sua intenzione di dare il via libera al diserbante più odiato del mondo per altri dieci anni. Una proposta formale verrà presentata ai rappresentanti dei governi europei, riuniti nell’opaco Comitato fitosanitario permanente, il 19-20 luglio. Il voto arriverà dopo l’estate e, a seconda dell’esito, l’esecutivo UE prenderà una decisione definitiva entro la fine dell’anno.
Dopo che nel 2015 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha dichiarato il glifosato “probabilmente cancerogeno”, l’opinione pubblica si è progressivamente sollevata contro l’uso di questo diserbante ideato da Monsanto e oggi largamente utilizzato non solo in agricoltura. Nonostante l’Agenzia per la sicurezza alimentare europea (EFSA) abbia valutato in modo opposto la sostanza, resta grande preoccupazione in tutto il continente. Sotto accusa è la stessa credibilità del processo di autorizzazione europeo che, contrariamente a quello della IARC, utilizza anche studi condotti dall’industria e mai resi pubblici. Inoltre, l’ombra del conflitto di interessi si staglia su molti esperti e centri di ricerca in Europa che partecipano alla valutazione di pesticidi come il glifosato.

fonte: www.rinnovabili.it

Follia europea: via libera al glifosato con l'ok di lobby, multinazionali e Germania













Oggi abbiamo appreso dalle istituzioni europee e dalle sue inutili, innumerevoli e costosissime agenzie che lo IARC - l'agenzia che da oltre 50 anni analizza, conduce e coordina la ricerca sulle cause del cancro e sui meccanismi della carcinogenesi - è inutile. Anzi, peggio: che le sue ricerche sono trascurabili se non addirittura false. Come per il glifosato, che oggi è stato classificato come "non cancerogeno" dall'ECHA, l'agenzia europea per le sostanze chimiche.
Questa sentenza era attesa dal legislatore europeo, ovvero la Commissione, dopo che la telenovela sul pesticida più celebre del mondo era arrivata al culmine con pareri discordanti all'interno del Parlamento europeo e dei comitati tecnici. La storia ve l'abbiamo già ampiamente raccontata.
Ebbene, al parere dell'altra agenzia europea EFSA (che giudicò il pesticida come "non cancerogeno" avendo utilizzato solo i dati delle aziende produttrici) si aggiunge la tegola finale, il lasciapassare che tutti attendevano per fare un favore alla Monsanto e permettere a Juncker, appunto, di (ri)autorizzare il glifosato per altri 15 anni.
Naturalmente ad essere presi per il naso non ci sono soltanto gli scienziati dello IARC e quelli di centinaia di esperti che decisero d'indirizzare una lettera alla Commissione per contestare il parere dell'agenzia. Ci sono anche e soprattutto i cittadini, che in appena due mesi - quasi in mezzo milione - hanno firmato una petizione per bandire l'utilizzo di questa sostanza dal commercio. E quindi dai loro piatti, bevande e tutto il settore agricolo (essendo il glifosato della Monsanto il pesticida più utilizzato al mondo).
Sull'ECHA si è anche allungata l'ombra lunga del conflitto d'interessi, emerso nei mesi scorsi su tutta la stampa internazionale. Il presidente del comitato che ha fatto la valutazione, Tim Bowmer, ha lavorato in passato per società di consulenza nel settore chimico. Parliamo di una carriera ventennale. Come avvenuto per il parere dell'EFSA, anche la valutazione dell'ECHA è stata preparata sulla base di un dossier iniziale redatto dall'Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi.
A brindare saranno quindi i soliti noti: i lobbysti, le multinazionali produttrici del principio attivo e degli OGM resistenti e, immancabilmente, la Germania. Esatto, perché proprio i tedeschi della Bayer hanno "casualmente" acquisito la Monsanto lo scorso settembre, dando vita a un mostruoso leviatano multimiliardario che produrrà farmaci, pesticidi e OGM.
L'unica speranza sono i cittadini. Siamo noi. Il Movimento 5 Stelle così come molte associazioni e organizzazioni ambientaliste chiede non solo di vietare il glifosato, ma anche di riformare il processo di approvazione dei pesticidi e fissare obiettivi vincolanti per ridurne l'uso in Europa.
Ci uniamo inoltre alla coalizione Stop Glifosato nel chiedere al Governo Italiano e alle istituzioni europee di applicare il principio di precauzione in nome della tutela della salute pubblica, vietando definitivamente e in maniera permanente la produzione, la commercializzazione e l'uso di tutti i prodotti fitosanitari a base dell'erbicida.
Chiediamo anche alle Regioni la rimozione del glifosato da tutti i disciplinari di produzione che lo prevedano e l'esclusione dai premi dei Piani di Sviluppo Rurale delle aziende che ne facciano uso, evitando l'insensatezza di premiare con fondi pubblici l'utilizzo di un prodotto cancerogeno. Così come già stanno facendo Calabria e Toscana.
Infine, chiediamo a tutti voi di firmare questa petizione. Per arrivare all'attenzione della Commissione, la petizione deve raccogliere almeno un milione di firme entro un anno dal suo avvio. Potete firmare online a questo indirizzo oppure su carta, ai banchetti presenti in numerose città italiane ed europee.
Fra un anno, se sarà stato raccolto almeno un milione di firme proveniente da almeno 7 Stati membri, la Commissione Europea dovrà dare una risposta formale alle richieste. Si tratta di un segnale forte da parte di cittadini sempre più informati e consapevoli di quanto nello loro mani ci sia la possibilità di cambiare davvero la politica nazionale e comunitaria.
Se stiamo fermi non cambierà mai nulla, se aspettiamo loro sarà troppo tardi, se facciamo da soli non sarà abbastanza, ma se combattiamo insieme possiamo davvero farcela.

MoVimento 5 Stelle Europa

Glifosato, niente autorizzazione. Esulta la società civile

Non ci sono i numeri per una maggioranza qualificata nel Comitato fitosanitario dell’Ue. Stati membri divisi sul glifosato, che ora è in scadenza


Glifosato niente autorizzazione Esulta la società civile
Nuovamente rinviata la decisione sul glifosato. Per la seconda volta in due mesi manca la maggioranza qualificata tra gli esperti nominati dagli Stati membri nel Comitato fitosanitario permanente dell’Unione europea. L’incontro a porte chiuse, iniziato ieri, avrebbe dovuto portare il rinnovo dell’autorizzazione per la sostanza attiva base di centinaia di erbicidi e considerata cancerogena dall’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro. La vasta opposizione pubblica, guidata dalle associazioni ambientaliste e dalla società civile, ha portato alcuni Stati membri a rivedere la propria posizione nonostante i tentativi delle lobby di influenzare il dibattito tramite la pressione sulle grandi agenzie di regolamentazione mondiali.
A quanto è dato sapere, Francia e Italia sarebbero contrarie (come avvenne a marzo) a un rinnovo per altri 9 anni del glifosato, mentre Germania (per il veto dell’SPD), Svezia, Slovenia e Portogallo sarebbero intenzionati ad astenersi, così come l’Olanda.
Tanto basta per far saltare il banco anche stavolta. La prossima riunione del gruppo di esperti è prevista per l’11-12 luglio, secondo il calendario ottenuto da Rinnovabili.it. Ma per allora l’autorizzazione attuale all’uso de alla commercializzazione del glifosato sarà già scaduta da un mese. Dunque, a meno di nuovi vertici straordinari, si tratta di una indiretta bocciatura per la sostanza alla base del business di molte grandi aziende multinazionali dell’agrochimica, Monsanto su tutte.

La Germania ipocrita verso l'astensione sul glifosato 3 
La Ministra dell’Ecologia francese, Ségolène Royal, ha twittato la sua soddisfazione per quella che ha definito una «buona notizia».
A meno di colpi di mano – che non si possono escludere – il glifosato potrà essere acquistato per un periodo transitorio di sei mesi. Poi, l’utilizzo del prodotto sarà consentito per un altro anno prima del definitivo calo del sipario.
Sarebbe una pesante battuta d’arresto anche per la Bayer, colosso chimico di Leverkusen che ha lanciato un’OPA su Monsanto, offrendo 40 miliardi di dollari per rilevare la più odiata compagnia del mondo.
«Questa è la seconda volta che la Commissione non riesce ad ottenere l’appoggio di governi dell’Ue per la ri-approvazione del glifosato – ha esultato Greenpeace in una nota – Non è una sorpresa, dal momento che ha continuato ad ignorare le preoccupazioni di scienziati indipendenti, deputati e cittadini europei. È il momento di cambiare rotta».

fonte: www.rinnovabili.it

Glifosato, l’Istituto Ramazzini di Bologna avvierà una ricerca indipendente a maggio

pesticidi
BOLOGNA – Una ricerca indipendente sul glifosato: la avvierà da maggio il Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini di Bologna. L’annuncio è stato dato dalla direttrice del Centro, Fiorella Belpoggi. L’erbicida, tra i più diffusi a livelli mondiale, la cui produzione sfiora il milione di tonnellate/anno, è accusato di favorire l’insorgenza dei tumori. L’Agenzia di ricerca sul cancro dell’Oms (Iarc) lo ha classificato come probabile cancerogeno, mentre l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti, sostiene che le prove non sarebbero ancora sufficienti per dichiararne con sicurezza la cancerogenicità. È in questa situazione che la Commissione europea ha deciso di posticipare la decisione sul rinnovo dell’autorizzazione per l’utilizzo del glifosato per altri 15 anni, rinnovo che vede l’Italia e altri paesi decisamente contrari. “Vista l’incertezza, è comunque necessario applicare il principio di precauzione e limitare al massimo l’esposizione a questa sostanza per evitare danni alla salute- afferma lo staff del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni- al tempo stesso è fondamentale comprendere appieno se esistano davvero effetti cronici di questa sostanza, oltre al cancro. L’incertezza scientifica produce solo confusione, dispendio di energie e di denari e nessun beneficio in termini di salute pubblica. Se una sostanza è cancerogena, solo il bando globale può evitare l’esposizione”.
Le maggiori preoccupazioni riguardano i bambini, esposti durante la gestazione attraverso la placenta, alla nascita attraverso il latte materno, e durante la crescita possono poi venire a contatto ogni giorno con cibo, aria e acqua contaminati che alterano il normale sviluppo del sistema endocrino; queste esposizioni precoci possono provocare malattie degenerative di vario tipo (infertilità, diabete, eccetera, fino al cancro). “Per superare la situazione di incertezza scientifica riguardante il glifosato- annuncia la direttrice del Centro, Fiorella Belpoggi- l’Istituto Ramazzini dal maggio prossimo comincerà uno studio sperimentale in vivo per validare il metodo di dosaggio nelle matrici biologiche quali sangue, urine e tessuti, valutare effetti tossici sugli organi bersaglio; definire dosi e metodi da adottare nello studio di cancerogenicità il cui inizio è programmato per il 2017″. L’Istituto si sta occupando del glifosato da 4 anni: scienziati di tutto il mondo hanno collaborato alla stesura del protocollo che permetterà di valutare e identificare con un unico esperimento e un evidente risparmio di animali sperimentali (ratti), i rischi correlati al glifosato a dosi paragonabili a quelle attualmente ammesse nell’uomo sia negli Usa che in Europa (dosi oggi considerate senza rischio).
Verrà utilizzato un modello uomo equivalente dove l’esposizione inizierà durante la gestazione delle madri; saranno valutati gli effetti tossici anche in termini di espressione genica e i parametri relativi alla fertilità, ai difetti dello sviluppo, ai trend di crescita. Ed infine saranno valutate le eventuali differenze dell’incidenza dei tumori correlate al trattamento con glifosato. “Qualunque sia il risultato dello studio – sottolinea la direttrice del Centro, Fiorella Belpoggi- Iarc ed Efsa avranno a disposizione risultati solidi e indipendenti su cui basare un’adeguata valutazione del rischio”. Questo studio “potrà essere avviato grazie all’impegno dei 27.000 soci della Cooperativa sociale Onlus Istituto Ramazzini- dichiara il presidente del Ramazzini, Simone Gamberini- si può affermare che la cooperazione italiana in questo caso si prenda in carico la soluzione di un problema globale. Oltre a quelle dell’Istituto Ramazzini, altre forze dovranno scendere in campo. Il richiamo alla raccolta di fondi per concludere questa ricerca è rivolto a tutti: istituzioni pubbliche, imprese, associazioni e singoli cittadini”.

fonte: www.dire.it

Glifosato: troppe contestazioni, slitta il rinnovo

Il Comitato fitosanitario di esperti europei dovrebbe rinviare la decisione sulla nuova approvazione per il glifosato. Troppi Stati contrari


Glifosato troppe contestazioni, slitta il rinnovo

Non ci sarà nessun rinnovo di autorizzazione per il glifosato. Almeno non oggi. L’Unione europea, secondo conferme ottenute da Reuters da due fonti anonime, ha deciso di rinviare la decisione sulla contestatissima sostanza, base di centinaia di erbicidi utilizzati in tutto il mondo.
La decisione doveva essere presa in seno al Comitato fitosanitario permanente, un tavolo tecnico i cui partecipanti – esperti nominati dagli Stati membri – non sono identificabili. Qualche giorno fa era trapelata una comunicazione interna della Commissione europea, in cui sembrava ormai chiara la linea da seguire: sì al glifosato fino al 2031. Ma la pressione della società civile e delle organizzazioni ambientaliste, preoccupate per i probabili effetti cancerogeni di questa sostanza, ha indotto alcuni Stati a tirarsi indietro. Prima fra tutti la Francia, che la scorsa settimana ha annunciato il voto contrario del suo esperto nel Comitato. Svezia e Paesi Bassi si sono accodati, chiedendo nuovi studi per accertare la sicurezza dell’erbicida. Poi anche l’Italia, ieri, con due tweet dei Ministri Martina, Lorenzin e Galletti ha dichiarato la sua opposizione. La via d’uscita proposta dai nostri ministeri, tuttavia, è pericolosissima. Propongono di abbandonare il glifosato nel 2020, estendendo nei fatti l’autorizzazione all’uso e al commercio per altri 4 anni.
Nel frattempo, è girata la voce che la Germania si sarebbe astenuta. Nonostante la maggioranza rimanesse ampia, le posizioni di Francia e Germania hanno indotto la Commissione a prendere tempo.

Glifosato troppe contestazioni, slitta il rinnovo 2 
La riunione del tavolo tecnico fitosanitario, iniziata ieri, oggi doveva giungere ad un verdetto favorevole. Ma la decisione sarebbe andata in diretto contrasto con il parere della IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS. Lo scorso anno, di questi tempi, gli esperti internazionali avevano definito il glifosato «probabilmente cancerogeno per l’uomo», suscitando la reazione rabbiosa dei colossi della chimica e dell’agribusiness, in particolare Monsanto. L’azienda, produttrice del Roundup (diserbante a base di glifosato), su questa sostanza ha costruito un giro d’affari da 5 miliardi di dollari l’anno.
Lo studio-bomba della IARC avrebbe potuto colpire al cuore un business tanto redditizio, ma l’Agenzia per la sicurezza alimentare europea è venuta in soccorso delle aziende. Lo scorso novembre ha pubblicato il suo parere sul glifosato, definendolo «probabilmente non cancerogeno». Ne è seguita una levata di scudi  da parte del mondo scientifico, dei consumatori e degli ambientalisti, tutti uniti nel denunciare la metodologia niente affatto scientifica con cui è stato raggiunto questo verdetto. In effetti, non è facile fidarsi di chi usa gli studi prodotti dall’industria e non li pubblica nemmeno, perché coperti da segreto commerciale. Quando c’è in gioco la vita, non è proprio l’ideale credere sulla parola ad esperti il cui panel è stato più volte infiltrato da personalità pagate dalle aziende.
«Le pressioni pubbliche hanno raggiunto un primo risultato – dichiara Vincenzo Vizioli, presidente di AIAB – Anche l’Italia, dopo un lungo periodo di silenzio, è stata costretta ad annunciare il parere negativo. Ma non è accettabile la via d’uscita proposta dai ministri di Agricoltura e Salute: non si può regalare altri 4 anni alle multinazionali che vendono una sostanza pericolosa per la salute pubblica. Dobbiamo smettere di utilizzare il glifosato. Adesso».

fonte: www.rinnovabili.it

Stop glifosato, le associazioni europee lanciano una petizione per bandire l’erbicida

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Stop al glifosato prima che sia troppo tardi. Un gruppo di associazioni hanno lanciato una petizione per chiedere alla Commissione europea di non rinnovare l'autorizzazione all'uso dell'erbicida.
Il 7 marzo la Commissione europea dovrà decidere se autorizzare o meno l’utilizzo del glifosato, uno degli erbicidi più usati al mondo e sdoganato negli anni Settanta dalla multinazionale Monsanto. La bozza di documento attualmente al vaglio di Bruxelles sembra propendere verso un rinnovo dell’autorizzazione per altri quindici anni, secondo quanto riportato dal quotidiano britannico Guardian che l’ha visionata.

Firma la petizione per chiedere il bando del glifosato

Tutto questo nonostante l’International agency for research on cancer (Iarc), l’organismo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che ha svolto una lunga ricerca su tutti gli studi scientifici pubblicati finora, abbia definito il glifosato “probabilmente cancerogeno per gli esseri umani”, lo scorso anno.

roundup, monsanto
L’erbicida Roundup della Monsanto © Brent Stirton/Getty Images

Per cambiare questo finale, sono diverse le associazioni, i gruppi e i movimenti che si sono uniti per chiedere il bando dell’erbicida, non solo in nome del principio di precauzione. In Italia è stato lanciato il manifesto Stop glifosato promosso dall’Associazione italiana agricoltura biologica (Aiab) e dalla Federazione italiana per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica (Firab) a cui hanno aderito 32 realtà quali Legambiente, Federbio. Il manifesto chiede al governo italiano di schierarsi per il divieto.



A livello europeo, è stata la campagna Stop glyphosate lanciata una petizione No all’erbicida cancerogeno rivolta, oltre alla Commissione europea, anche al commissario per la Sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis e ai ministri responsabili dei rispettivi stati europei. L’obiettivo è raggiungere 200mila firme prima del 7 marzo. A questa petizione hanno aderito, tra le altre associazioni, anche Slow Food. Il fondatore dell’associazione Carlo Petrini si era espresso così sull’editoriale pubblicato dal quotidiano Repubblica il 26 febbraio:

Come per il Ddt di un tempo, è attualmente in corso un acceso dibattito sull’innocuità o pericolosità di questa sostanza le cui tracce sono state individuate negli ortaggi e nei frutti, in prodotti a base di cereali, nel mais e nella soia ogm che compongono i mangimi animali. […] Nei prossimi giorni, la Commissione europea dovrà rinnovare o revocare l’autorizzazione all’uso del glifosato nelle campagne europee. La valutazione della Commissione dovrà mettere a confronto due approcci completamente diversi. Da un lato quella delle corporation, che sostengono che il glifosato abbia incrementato i raccolti, garantisca l’alimentazione a livello globale, salvi vite umane dalla fame. Dall’altro quella della società civile, che perora la causa della messa al bando del glifosato e la necessità di un’agricoltura che si affranchi il più possibile dalle sostanze chimiche. Bisognerà decidere se il futuro del cibo è in mano all’industria chimica o a una politica che abbia a cuore la salute dei consumatori, il benessere ambientale e una primavera vera, sempre meno silenziosa.
 fonte: www.lifegate.it