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“L’usato sconta un problema culturale che la politica deve affrontare”. Conversazione con Alessandro Stillo di Rete Onu

L'usato vive un problema culturale che deve diventare un problema politico, per realizzare fino in fondo la transizione ecologica di cui tanto si parla.














Il mondo dell’usato e i centri del riuso scontano un problema culturale, che fa affrontato a livello politico se vogliamo veramente dar vita ad una transizione ecologica. Cosa serve per liberare le potenzialità ambientali ed economiche di questa filiera? I centri dell’usato, poi, come abbiamo visto, ad oggi fanno riferimento a modelli diversi: questa diversità è un limite? Ne parliamo con Alessandro Stillo, presidente di Rete ONU che – dai mercatini delle pulci ai negozi conto terzi – raccoglie circa 13 mila operatori dell’usato.

Gravitano tutti intorno all’allungamento della vita dei beni, siete insomma dalla stessa parte della barricata: che rapporto c’è tra i centri del riuso e gli operatori usato?

I centri del riuso sono iniziative che noi operatori dell’usato guardiamo con estrema attenzione, anche perché alcune cooperative sociali dentro Rete ONU li praticano e lo hanno praticati. Seguiamo i centri del riuso con molta attenzione anche se hanno evidentemente dei nodi irrisolti.

Ce ne parli.

Dal mio osservatorio non posso non notare l’enorme sproporzione quantitativa tra operatori dell’usato nei mercatini, nei negozi di robivecchi, in quelli dei contoterzisti, e i centri del riuso. Qualsiasi mercatino dell’usato, per capirci, tratta alcune decine di tonnellate di merce ogni anno. A Torino, per fare un esempio, se guardiamo solo a chi vende usato conto terzi, ci sono alcune decine di negozi, mentre di centri del riuso ce ne sono due. Il confronto ci dice che ricoprono un ruolo fondamentale per la valorizzazione dell’usato, fondamentale ma per ora marginale.

Qual è secondo lei il problema dei centri del riuso?

Mi sembra che oggi siano in difficoltà, come peraltro ha evidenziato dal progetto Prisca, per motivi in parte legati alla normativa: che non ha mai approfondito l’end of waste e che è ancora un po’ in bilico su vari decreti attuativi. Ma i centri del riuso sono in bilico in particolare dal punto di vista del modello: si va da quelli solidaristici, di volontariato, in cui le merci vengono donate, fino a modelli in cui si cerca una sostenibilità economica con la vendita delle merci.

La diversità di modelli secondo lei è un limite?

La diversità è sempre ricchezza, per noi. Dall’altra parte è evidente che senza abbracciare un modello tutto è più complesso. I centri del riuso che vivono con la solidarietà hanno il nodo da sciogliere della sostenibilità economica, se a monte non c’è chi garantisce. Questa mi pare che oggi, in tempi di vacche magre, sia una difficoltà da tenere in assoluta considerazione. Soprattutto per i centri del riuso, che hanno bisogno di spazi per lo stoccaggio, la cernita e la vendita. Se questa questione fosse risolta, in Italia sarebbero nati tanti altri centri. Il problema, credo, non è tanto la raccolta ma lo sbocco.

Dice che i centri del riuso non riescono a raggiungere il pubblico, come invece gli operatori dell’usato?

La vera difficoltà, nonostante i lodevoli sforzi, è proprio che manca il contatto col pubblico, che invece in altre situazioni c’è. Bisognerebbe fare in modo che i centri del riuso fossero luogo di raccolta e poi luogo di approvvigionamento non solo del cittadino ma anche degli operatori dell’usato, ovviamente attraverso il rispetto di regole precise. Insomma il mondo dei centri del riuso dovrebbe interfacciarsi molto di più con gli operatori dell’usato.

Ci parlava anche di limiti normativi.

Il settore del riutilizzo in Italia non è regolamentato nel suo complesso, questo fa sì che ci siano enormi zone grigie. Le faccio un esempio. Nel milanese, chi ha negozi di vendita dell’usato in conto terzi viene assimilato alle agenzie immobiliari. Per cui chi vuole aprire un negozio dell’usato deve fare il corso da agente immobiliare. Basta pensare al Pnrr: nel Piano di ripresa e resilienza il riuso è negletto, eppure è essenziale per la riduzione dei rifiuti, lo dicono anche le direttive europee.

La causa di questa sottovalutazione?

I motivi sono tanti. Fondamentalmente c’è un tema culturale. Alcune ricerche di Mercatopoli e Università di Padova ci dicono che se da un lato utilizziamo continuamente cose usate – dalle auto, a letti e lenzuola in hotel, alle tazzine nei bar – dall’altro acquistare nuovo è “in”, acquistare usato no – a meno che non sia vintage. Una cultura figlia del boom economico per cui si fa fatica ad avvicinarsi all’usato. Ma il problema culturale deve trasformarsi in una questione politica: non esiste economia circolare senza riuso, lo dice la Ue. E, a parole, lo dicono tutti, ma nei fatti nel Pnrr non ci sono poste destinate al riutilizzo.

Cosa vorreste leggere nel Pnrr quando il governo lo avrà aggiornato?

Come Rete Onu stiamo costruendo una serie di proposte. Dall’esenzione dell’Iva, per evitare di ri-pagarla per beni usati per i quali è stata già pagata alla fonte; all’esenzione del pagamento raccolta dei rifiuti per negozi che i rifiuti li distraggono e non li producono: i negozi del riuso sono parametrati ai supermercati. E poi la possibilità da parte enti locali di aprire quante più possibili aree di libero scambio dove i cittadini possano mettere in vendita i propri beni usati: in Italia ce ne sono solo due, a Torino e Palermo.

fonte: economiacircolare.com/


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IKEA di San Giuliano inaugura il primo Circular Hub d’Italia

Con un progetto pilota l’attuale “Angolo delle occasioni” si trasforma in un vero e proprio “laboratorio della circolarità” per ispirare e guidare la maggioranza delle persone a compiere scelte più sostenibili nella vita di tutti i giorni



L’ambizione di IKEA è diventare entro il 2030 un’Azienda circolare in ogni suo aspetto e con un impatto positivo sulle Persone e sul Pianeta: la sfida è produrre e utilizzare i prodotti in maniera sostenibile, dando una seconda vita a quelli già usati e sviluppando soluzioni per un futuro più pulito e più green.

Per questo nello store IKEA di San Giuliano prende vita il primo Circular Hub d’Italia: con un progetto pilota l’attuale “Angolo delle occasioni” si trasforma in un vero e proprio “laboratorio della circolarità” per ispirare e guidare la maggioranza delle persone a compiere scelte più sostenibili nella vita di tutti i giorni.

L’obiettivo è prolungare la vita dei prodotti – mobili di seconda mano, prodotti che si danneggiano durante la movimentazione, resi dei clienti, prodotti dell’esposizione – permettendo ai clienti di acquistarli a prezzi accessibili. Quando un prodotto è irreparabilmente danneggiato, è comunque possibile recuperarne alcune componenti da utilizzare per riparare altri mobili e prolungare così la vita dei prodotti.

“Trasformare IKEA in un business circolare è una delle nostre maggiori ambizioni e, al tempo stesso, una grande sfida per il futuro.” dichiara Ylenia Tommasato, Country Sustainability Manager di IKEA Italia. “Sviluppare nuovi prodotti seguendo i nostri principi di design circolare, ovvero utilizzando materiali rinnovabili o riciclati e dare una seconda vita a quelli già usati, ci permette di sviluppare soluzioni per un futuro più sostenibile. Siamo orgogliosi di testare in Italia un nuovo progetto che accompagni i nostri clienti ad essere parte attiva di un cambiamento positivo per un consumo sempre più consapevole, proseguendo le azioni messe in campo come quello del servizio di riacquisto dei prodotti usati attivo da anni in tutti i nostri store o il più recente Buy Back Friday”.

A caratterizzare il nuovo Hub, oltre all’esperienza maturata con l’Angolo Occasioni, ci saranno una selezione ancora più ampia di mobili recuperati e di seconda mano a prezzi accessibili a tutti e una nuova area Learn&Share, in cui sarà favorita l’interazione con i clienti e la collaborazione con le comunità locali sui temi di sostenibilità. Il Circular Hub, diventerà così un vero e proprio punto di riferimento per tutti coloro che vorrano scoprire come prolungare la vita dei prodotti IKEA attraverso consigli e suggerimenti per riparare i propri mobili.

All’interno del nuovo spazio, grazie ad un rinnovato layout, IKEA mostrerà per la prima volta ai visitatori le varie fasi del processo circolare che portano al riconfezionamento dei prodotti: dal recupero allo stoccaggio delle componenti di ricambio dei mobili che consentono di prolungarne la vita.

Saranno così gli stessi co-worker IKEA a raccontare attraverso le loro azioni concrete l’impegno di IKEA per avere un impatto positivo sulle Persone e sul Pianeta.

fonte: www.rinnovabili.it


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I negozi dell’usato ai tempi del Covid. Intervista ad Alessandro Giuliani

Tra confusioni normative e cali di fatturato, il fondatore di Leotron Alessandro Giuliani spiega le drammatiche conseguenze del lockdown nel mondo dei negozi dell'usato, ma racconta anche i segnali di ripresa e i successi del second hand di nuova concezione



Ho iniziato a frequentare assiduamente i negozi dell’usato circa 10 anni fa, quando notai che alcuni erano davvero ben organizzati in una modalità distante anni luce dall’immaginario di robivecchi, rigattieri e mercatini di chincaglierie. Ci misi un po’ a capire cosa era cambiato negli ultimi anni. Ad aprirmi gli occhi fu Alessandro Giuliani, fondatore di Leotron ovvero di Mercatopoli e Babybazar, due modelli assolutamente virtuosi.

Il segreto? Puntare su qualità, cura dell’esposizione, trasparenza, sul rapporto umano e sul far emergere i valori legati alla sostenibilità e all’economia circolare. I punti vendita sono infatti impostati come un qualsiasi negozio – dai mobili all’abbigliamento, dall’oggettistica alle librerie – avendo particolare cura sull’esperienza del potenziale acquirente. Abbiamo raggiunto Giuliani per chiedergli se e cosa sia cambiato con il Coronavirus e il lockdown.

Alessandro Giuliani, quali sono state le conseguenze del lockdown sui negozi second hand?

La ripartenza è stata davvero caotica e su basi incerte. Vi è innanzitutto una cosa da specificare. La nostra tipologia di attività dei negozi dell’usato, in base ai codici ATECO, opera nell’ambito della prevenzione dei rifiuti e, per legge, avrebbe potuto rimanere sempre operativa anche durante il lockdown. Ma in molti casi, Prefetture e polizia municipale hanno dato una differente interpretazione ai DCPM impedendo l’apertura a molti negozi dell’usato, anche dopo il 4 maggio – come testimoniato da alcuni nostri affiliati – quando il decreto aveva dato il via libera ai negozi di abbigliamento per bambini ritenendo che i negozi dell’usato baby non rappresentassero veri e propri negozi al dettaglio ma erano appunto organizzati come procacciatori d’affari (anch’essi peraltro inclusi tra coloro che avrebbero potuto riaprire!), sebbene poi molti comuni li tassino – per i rifiuti – come negozi.

Vi sono poi state delle ordinanze che avevano addirittura vietato la vendita al mercato di oggetti usati e molti hanno pensato che riguardasse anche i negozi. Peraltro non vi era un problema di sicurezza e gestione dei beni dell’usato diversa dagli altri. Insomma, disparità e caos…ma alla fine – sebbene alcuni in ritardo – si è potuto finalmente ripartire.
Come è stata la riapertura?

Innanzitutto, si è ripartiti registrando il drammatico crollo del fatturato dei periodi del lockdown. Anche chi ha provato a investire nell’online non ha avuto grandi ritorni. Quando si parla di comprare usato, le persone vogliono accertarsi dal vivo dello stato d’uso. La pubblicità delle ordinanze che vietavano la vendita di oggetti usati in mercati e fiere non ha sicuramente aiutato. Quindi la prima cosa che è stata fatta è stata una campagna di comunicazione per tranquillizzare la clientela in merito a tutte le misure di sicurezza prese, in conformità alla normativa e per proteggere clienti e personale: barriere, gel, strumenti per igienizzare oggetti e capi.

I nostri negozi però vendono oggetti che vengono portati da altre persone e spesso hanno una valenza stagionale (pensiamo ai vestiti, ma non solo!). Mentre eravamo chiusi abbiamo sfruttato i canali di comunicazione per dare indicazioni ai nostri clienti: “siete a casa e non potete uscire? È il momento giusto per vedere cosa si ha in cantina, in soffitta e negli armadi che effettivamente non serve, preparatelo per portarcelo alla riapertura”. Molti negozianti permettono poi di fare una prima cernita facendosi mandare foto via whatsapp o tramite i social network. Strumenti fondamentali di contatto e, in questo caso, per velocizzare le operazioni, in maniera ordinata, alla riapertura.

Il messaggio è stato recepito da molti e uno dei “segreti” del successo dei negozi è avere una varietà di prodotti di qualità, a prezzi low cost. Grazie a questa offerta la ripartenza è stata spesso molto positiva.
Quindi all’offerta ha corrisposto una domanda altrettanto buona?

Dall’osservatorio del nostro network, che registra i dati dei negozi Mercatopoli e Babybazar, ma anche degli autonomi che si sono affiliati e che ci hanno inviato le loro stime, abbiamo registrato una notevole crescita in termini di fatturato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questo vale soprattutto per i punti vendita che si sono più strutturati in maniera più simile ai negozi. Il discorso cambia per quei mercatini dell’usato che hanno ancora gli oggetti ammassati, un modello che peraltro non funziona più.
Come sono i negozi dell’usato “di nuova concezione”?

Si ispirano agli elementi di successo nel retail: la cura delle vetrine, l’ordine, la garanzia che il prodotto sia funzionante, che sia pulito. Ma anche la scontistica. Ad esempio nei negozi Babybazar abbiamo previsto che chi avesse acquistato in alcuni giorni di settembre, avrebbe avuto un buono pari al 20% da usare nel mese successivo. Abbiamo delle fidelity card che danno una serie di vantaggi.

Inoltre sono fondamentali i servizi collaterali come la consegna, il trasporto, ma anche fare un bonifico per i pagamenti di chi vende gli oggetti, se non possono più passare in negozio (immaginate chi svuota casa e si trasferisce). In più, nei nostri punti vendita si da il diritto al ripensamento entro 7 giorni, in cambio si riceve un buono. Una cosa è importante sottolineare: un cliente soddisfatto è una persona che ritorna!
E ora una domanda per chi non vi ha mai messo piede: perché la gente dovrebbe venire in un negozio second hand?

Se vedete la fila in una pizzeria, probabilmente vi fermerete a mangiare o prenoterete perché penserete che se c’è la fila ne vale la pena. Per entrare nei negozi dell’usato ad oggi c’è la fila! Io entrerei per scoprire il perché.

Letizia Palmisano

fonte: economiacircolare.com

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L’economia dell’usato in Italia vale 24 miliardi di euro

Osservatorio Second Hand Economy condotto da BVA Doxa per Subito: la compravendita dell'usato si conferma un comportamento sempre più diffuso e virtuoso, in grado di incidere positivamente sul futuro delle persone, del Paese e del pianeta.


















A poche settimane dall'inizio della fase due nel nostro Paese, dopo mesi in cui le persone si sono dovute fermare ripensando il proprio presente e futuro, diventa quanto mai importante ripartire facendo leva su comportamenti virtuosi che incidano positivamente sulla ripresa. In questa direzione si inserisce la second hand economy, una forma di economia circolare sempre più rilevante, che può rappresentare una risposta concreta non solo per le persone, ma anche per il Paese e per il pianeta, generando valore reale in modo sostenibile.
La conferma arriva dalla sesta edizione dell'Osservatorio Second Hand Economy condotto da BVA Doxa per Subito, piattaforma n.1 in Italia per vendere e comprare con oltre 13 milioni di utenti unici mensili**, che ha evidenziato come il valore generato dalla compravendita dell'usato nel 2019 sia di 24 miliardi di euro, pari all'1,3% del PIL italiano, in costante aumento grazie soprattutto all'online, che pesa 10,5 miliardi di euro, ovvero il 45% del totale.
Highlight Osservatorio Second Hand Economy 2019
La Second Hand Economy nel 2019 vale 24 miliardi di €, pari all'1,3% del PIL italiano (vs € 23 miliardi del 2018), con una crescita del 33% in 5 anni
L'online continua a crescere e pesa per il 45%, ovvero € 10,5 miliardi (+55% rispetto al 2015)
1 italiano su 2 ha venduto e/o comprato usato, 21 milioni l'hanno fatto nel 2019, il 58% l'ha fatto online
Il 66% degli Italiani che fanno second hand ha comprato e/o venduto almeno una volta ogni 6 mesi
I settori più importanti in termini di valore sono Motori (€ 11,9 mld), Casa&Persona (€ 5,5 mld, settore con la maggiore crescita vs 2018 che era 3,8mld), Elettronica (€ 3,3 mld), Sports&Hobby (€ 2,7 mld)
Le regioni in cui l'economia dell'usato genera più valore sono Lombardia (€ 3,1 mld), Lazio (€ 2,9 mld) e Campania (€ 2,4 mld)
Nel 2019 chi ha venduto oggetti usati ha guadagnato in media € 1.087 all'anno, ma in ben 5 regioni si registra un dato più alto: le prime regioni per guadagno medio pro-capite sono Marche (€ 1.493), Toscana (€ 1.286), Sardegna (€ 1.258), Lazio (€ 1.179) e Veneto (€ 1.159)

"L'emergenza che abbiamo vissuto in questi mesi ci ha obbligati a fermarci e a ripensare il nostro modo di vivere, dandoci l'opportunità di ripartire migliori di prima", dichiara Giuseppe Pasceri, CEO di Subito. "I dati dell'Osservatorio Second Hand Economy ci dicono che l'economia dell'usato può essere una vera e propria leva per ripartire: per il Paese, perché è una forma di economia partecipativa che produce valore e mette in circolo risorse; per le persone, cui fornisce un beneficio economico tangibile; ma anche per il pianeta. Covid-19 ci ha fatto sentire tutta la nostra fragilità, ma anche il potere di fare la differenza con i nostri comportamenti. Comprare e vendere usato è un gesto semplice, immediato, alla portata di tutti e con un impatto diretto e misurabile sul cambiamento climatico. Lo scorso anno ad esempio grazie ai 18 milioni di oggetti venduti su Subito abbiamo risparmiato 5 milioni di tonnellate di CO2, come aver bloccato il traffico di Roma per 1 anno!".

Comprare e vendere usato si conferma al quarto posto tra i comportamenti sostenibili più diffusi degli italiani (49%), subito dopo la raccolta differenziata (95%), l'acquisto di lampadine a LED (77%) e di prodotti a km 0 (56%). In linea con quanto registrato lo scorso anno, continua a crescere l'importanza che viene data all'aspetto valoriale nella decisione di fare second hand, perché porta vantaggi non solo a livello personale, ma anche ambientale e sociale. L'economia dell'usato è quindi sempre di più una scelta sostenibile (44%), intelligente e attuale(40%), ma anche un modo per dare valore alle cose (37%).
Tra chi acquista scende leggermente la percentuale di chi fa second hand per risparmiare (59%), che rimane tuttavia rilevante, confermando la possibilità di fare un buon affare come condizione essenziale nella compravendita dell'usato. Cresce la volontà di trovare pezzi unici o vintage (51%) e di contribuire all'abbattimento degli sprechi e al benessere ambientale attraverso il riutilizzo (48%), che insieme a chi lo considera un modo di intelligente di fare economia (39%), avvalora la tesi dell'economia dell'usato come un circolo virtuoso grazie al quale gli oggetti che hanno vissuto una prima vita, ne possono vivere una seconda, ma anche una terza o una quarta. Il 33% di chi acquista usa l'oggetto e poi lo regala quando non serve più, il 19% lo colleziona e il 9% prova a rivenderlo.
Tra le ragioni che spingono invece alla vendita, il primo driver resta sempre la voglia di decluttering e la necessità di liberarsi del superfluo(76%), mentre il 42% vende perché crede nel riuso ed è contro gli sprechi, il 37% per guadagnare e il 16% perché desidera reinvestire il guadagno per comprare oggetti nuovi o usati. Esistono poi delle occasioni che favoriscono la vendita, come l'inutilizzo prolungato (73%), la voglia di passare a un modello superiore (32%), cambiamenti di tipo famigliare (22%) oppure un trasloco (18%). Tendenze che vengono confermate anche dall'uso che viene fatto dei soldi guadagnati dalla vendita, che vengono per lo più conservati per l'economia di casa (47%) ma utilizzati anche per acquistare altri oggetti usati (20%) oppure nuovi (17%).

fonte: www.greencity.it

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Armadio Verde, il recommerce di abbigliamento Made in Italy, lancia la collezione uomo



















Dopo un anno dall'introduzione della collezione femminile, Armadio Verde, il recommerce che permette di ridare valore ai capi di abbigliamento facendo leva sull'economia circolare, presenta la linea uomo che si aggiunge agli articoli donna e bambino. Da oggi, gli utenti avranno la possibilità di accedere al vasto assortimento maschile disponibile sul sito e acquistare giacche, jeans, pantaloni, maglie e camicie per dare una svolta al proprio guardaroba. Nata con l'idea di dare nuova vita ai capi d'abbigliamento, puntando sull'economia circolare per creare un mercato sostenibile dell'usato, Armadio Verde espande la propria collezione andando ad aggiungere la linea maschile per rispondere anche alle necessità degli uomini. Negli anni, la piattaforma ha integrato e aggiunto articoli per tutti, dai vestitini per i più piccoli, all'abbigliamento femminile, abiti e accessori, tra cui scarpe e borse. 
"Armadio Verde nasce con l'obiettivo di rimettere in circolo capi d'abbigliamento e accessori che non si utilizzano più, azzerando gli sprechi legati all'acquisto di nuovi vestiti e riducendo in questo modo i consumi e l'impatto sull'ambiente", commenta Eleonora Dellera, Founder, Communication & Brand Manager di Armadio Verde. "Nella nostra epoca siamo costantemente alla ricerca di qualcosa di nuovo che purtroppo usiamo sempre meno. Ciò che amiamo oggi è molto probabile non possa trovare il nostro gusto domani. Da qui la volontà di permettere a tutti – uomini, donne e bambini - di rinfrescare il proprio guardaroba a costi bassi e in maniera sostenibile, evitando di buttare via articoli nuovi ma semplicemente mettendoli a disposizione di altri utenti". 
Armadio Verde crea infatti un circolo virtuoso che vede lo scambio alla base del rinnovo. L'assortimento disponibile online è infatti alimentato da capi in ottime condizioni che gli utenti inviano alla piattaforma, permettendo loro di scegliere altri abiti presenti sul sito e rispondendo alle moderne esigenze dei consumatori. 
Scegliere e acquistare sul recommerce è semplice e veloce: 

  • Basta registrarsi sul sito Armadio Verde e prenotare il ritiro dei vestiti;
  • Riempire una scatola con gli articoli (abbigliamento e accessori) che si vogliono rimettere in circolo e l'azienda si occuperà del ritiro gratuitamente direttamente all'indirizzo indicato;
  • Una volta consegnato il pacco presso il magazzino di Armadio Verde, un team dedicato al controllo qualità verificherà attentamente ogni capo e, per ogni articolo approvato, verranno attribuite un numero di Stelline - la moneta virtuale alla base di ogni 'scambio' utilizzabile per gli acquisti sul sito. Le Stelline sono assegnate nello stesso modo a seconda di marca, taglie e tipologia del capo. I vestiti vengono messi così in collezione online mantenendo lo stesso valore in Stelline;
  • A questo punto, è possibile utilizzare le proprie Stelline per acquistare altri articoli, aggiungendo una cifra in euro.

fonte: https://www.greencity.it

Abbigliamento, prospettive boom per il riuso ma resta minaccia del mercato nero

Secondo una ricerca britannica, nei prossimi 5 anni il settore è destinato a raddoppiare il proprio valore, arrivando a 46 miliardi di euro. Ma gli operatori autorizzati sono minacciati da chi opera nell’illegalità






















Gli abiti di seconda mano avranno un boom nei prossimi anni. A dirlo è un recente rapporto britannico, commissionato dal retailer online Thred Up. Secondo l’indagine, l’industria dell’usato, solo nel settore tessile, è destinata a raddoppiare il proprio valore nei prossimi cinque anni, fino ad arrivare a 46 miliardi di euro.
Numeri che sembrano dare fiato a un settore, quello dell’abbigliamento usato e della raccolta dei tessuti, che stenta a decollare e che attualmente sta attraversando qualche difficoltà dal punto di vista economico.

In Gran Bretagna un importante “charity shop collector”, un negozio che raccoglie vestiti per beneficenza, ha dovuto chiudere i battenti ad aprile, anche se ci sono dubbi su come questo tipo di impresa fosse gestita, visto che lavorava sotto la stessa insegna delle sue passate gestioni e che era stata dichiarata insolvente nel 2017, lasciando una scia di debiti. Ma ci sono tante altre realtà affermate che stanno lottando e sono al limite delle loro possibilità e forze. Una battuta d’arresto, anche piccola, potrebbe essere fatale.
È anche vero che negli ultimi anni molti stilisti hanno iniziato a utilizzare materiali provenienti dal riuso e dal riciclo. Uno degli esempi è costituito dagli outfit surreali di Victor & Rolf nel 2016.

Quel che è certo è che la domanda proveniente dall’Africa resta ancora sostenuta, mentre la richiesta di più alta qualità rende le cose più difficili quando si parla di entrare nel mercato con dei profitti più significativi.
A complicare le cose è la competizione tra i raccoglitori, selezionatori ed esportatori autorizzati con chi opera nel mercato nero, senza alcuna forma di licenza o permesso nella gestione dei rifiuti. Spesso poi la concorrenza sleale di chi opera nell’illegalità si estende anche al costo e alle condizioni di lavoro dei loro dipendenti, ai salari minimi e alle tasse.
Un aspetto che dovrà necessariamente essere affrontato dalle autorità competenti: è necessario combattere il mercato nero per dare prospettive migliori a chi opera nella legalità e creare un’economia sana, basata sul rispetto delle regole e che possa davvero essere un ingranaggio fondamentale dell’economia circolare.

fonte: www.rinnovabili.it

Ikea alla prova della circular economy: parte il ritiro dei mobili usati

La multinazionale svedese Ikea inaugura la sua campagna triennale “Un mondo migliore inizia a casa” con due novità: la vendita di pannelli solari e il riacquisto dei mobili in buono stato.


Ha scelto la vigilia dell’Overshoot day dell’Europa per lanciare la sua nuova campagna “Un mondo migliore inizia a casa”. Stiamo parlando di Ikea Italia, che il 9 maggio, a Milano, nell’iconica location di Cascina Cuccagna ha ospitato una mattinata di riflessione sui temi della sostenibilità, moderata da LifeGate. ”In Ikea siamo convinti che dalle piccole azioni nelle nostre case può iniziare un mondo migliore – aggiunge Alessandro Aquilio, country communication and sustainability manager Ikea Italia -. E proprio su questi gesti si basa la nostra campagna, che avrà una durata triennale”.

Cambio di prospettiva: la nostra casa vista dallo spazio

Da sinistra Alessandro Aquilio (Ikea), Simone Molteni (LifeGate), Emanuela Taverna (moderatrice), Ida La Camera (condominio San Gregorio), Elena Clara Maria Rossetti (blogger)
Il gruppo di relatori che hanno partecipato al lancio della campagna internazionale “Un mondo migliore inizia a casa” di Ikea Italia
Per ricordare a tutti i presenti l’importanza di proteggere la nostra casa comune, Ikea ha scelto un punto di vista molto particolare: l’astronauta Maurizio Cheli ha infatti mostrato alcune foto della sua missione nello spazio che, dopo aver suscitato stupore e meraviglia per la bellezza del nostro pianeta, rivelano anche gli effetti concreti dell’azione dannosa dell’uomo: inquinamento, siccità e disboscamento. “Da questa prospettiva – ha spiegato Cheli – molti concetti astratti diventano immagini concrete. Allora ti rendi conto che è il momento di iniziare a proteggere il tuo pianeta”.

Gli stili di vita sostenibili escono dalla nicchia

Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate
Gli italiani interessati alla sostenibilità sono 43 milioni.
Concetti che, come dimostra l’Osservatorio nazionale sugli stili di vita sostenibili di LifeGate, sono ormai ben presenti nella mente degli italiani. “Negli ultimi 15 anni – ha commentato Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate – è avvenuto un cambiamento radicale: gli interessati ai temi della sostenibilità da una nicchia sono diventati la maggioranza della popolazione. Plastica nel maremobilitàenergia alimentazione bio sono i temi più sentiti”. L’Osservatorio riporta anche i risultati relativi alla casa del futuro, che per gli italiani deve essere costruita con materiali sostenibili, efficiente, deve produrre da sé energia e cibo ed essere sempre più domotica.
La vendita di pannelli solari in alcuni negozi Ikea e online – grazie all’inizio della collaborazione con Wölmann e con la consulenza di esperti – sembra avvicinarsi sempre di più a questa casa futuristica. “Da anni ci impegniamo a utilizzare solo energia rinnovabile per i nostri negozi – spiega Aquilio di Ikea -, la stessa energia che oggi abbiamo reso più accessibile grazie alla vendita dei pannelli solari. Una casa sostenibile è un investimento per il futuro”.

Via Gregorio 59, la sostenibilità abita qui

L'esempio del condominio di via San Gregorio è stato illustrato da Ida La Camera
Il condominio di via San Gregorio a Milano ha attuato nuove pratiche di vicinato
Un esempio concreto di caseggiato green è venuto da Ida La Camera, residente del condominio di via San Gregorio 59 a Milano, che dal 2012 mette in atto nuove pratiche virtuose di vicinato.
“Abbiamo ottenuto molti risultati concreti – ha illustrato La Camera – per esempio nel 2014 abbiamo installato una centrale termica all’avanguardia che ha consentito il 30 per cento di risparmio. Sono stati recuperati più di 160 kg di olio esausto alimentare, 220 kg di Raee e cinque sacchi da 10 litri di pile”. Il condominio ha anche allestito una stanza dello scambio con macchina del pane, affettatrice, gelatiera, trapano, aspirapolvere professionale, ferro da stiro, vaporiera, macchina per pasta fresca, formine per biscotti, libri da cucina a disposizione di tutti i condomini. In cortile si è creato uno spazio di ritrovo dove si svolgono le feste condominiali e di gioco per i bambini. Ospita panchine e rastrelliere per le bici, piante e alberi in vaso (limone, ulivo, cornioli, camelia, sambuco e ficus) e un angolo dedicato agli aromi.

I social amplificano la consapevolezza

I social media possono essere amplificatori delle buone pratiche
La blogger ha 22mila follower su Instagram, dove parla di stili di vita sostenibili
L’impegno comune, infatti, può produrre un risultato che va al di là della somma delle singole azioni. Ne è convinta Elena Maria Clara Rossetti – blogger e influencer con 22mila follower su Instagram, ma anche studente di fisica – che ricorre all’analogia dei ‘sistemi complessi’, nei quali le interrelazioni tra i vari elementi giocano un ruolo fondamentale. “I social media amplificano le relazioni – ha spiegato Rossetti – e possono aiutare a creare un’onda verde per diffondere comportamenti più consapevoli e sostenibili”.

Il ruolo delle aziende: essere leader by example. Ikea raccoglie la sfida

Alessandro Aquilio, communication and sustainability manager di Ikea Italia
Alessandro Aquilio ha presentato la nuova campagna triennale “Un mondo migliore inizia a casa”
Un quadro in cui le aziende possono giocare un ruolo di driver, come veri agenti di cambiamento. “Le soluzioni ci sono e possono essere applicate facilmente, ma solo i grandi brand hanno le dimensioni, la capacità, la rapidità e la determinazione per fare da esempio globale e favorirne la diffusione in tempo utile – spiega Molteni -. Le grandi aziende hanno l’occasione di diventare ‘leader by example’, ovvero essere le prime a guidare i nuovi modelli di business sostenibile generando un circolo virtuoso nel loro settore”. E Ikea pare aver colto questa sfida, annunciando un’ulteriore novità sul fronte dell’economia circolare. In particolare, è partita l’iniziativa “Dai una seconda vita ai tuoi mobili usati Ikea”, un progetto che dà la possibilità ai clienti di riconsegnare un mobile ancora in buono stato in cambio di un voucher d’acquisto da spendere nei negozi. Da luglio, il servizio sarà ampliato e i clienti, attraverso una sezione dedicata sul sito di Ikea, potranno seguire tutorial online con istruzioni e consigli su come riparare e personalizzare i mobili, potranno scegliere di donare i prodotti a organizzazioni non profit presenti nei loro comuni oppure inviare a riciclo gli articoli che non si possono più recuperare.
Infine, da settembre il servizio sarà interamente digitalizzato, sia per la fase di valutazione e ritiro dei mobili usati, sia per le opzioni di donazione. Nello stesso periodo, Ikea Italia darà vita a seminari per accompagnare i clienti al riutilizzo dei mobili Ikea.

fonte: https://www.lifegate.it

riCompro - una Startup Italiana green che aiuta l’ambiente acquistando smartphone e tablet rotti e usati











riCompro Srl (www.ricompro.it) è una Startup Italiana green che aiuta l’ambiente acquistando smartphone e tablet rotti e usati per la rivendita dopo il ricondizionamento.  L’azienda nasce nel 2016 dalla volontà di ridurre i rifiuti elettronici in Italia, che rappresentano il 12% del totale europeo. riCompro ritira gratuitamente i dispositivi presso il domicilio dei proprietari, i quali ricevono una valutazione economica del cellulare che viene pagata entro 48 ore dal ritiro. Gli smartphone e i tablet vengono riparati da tecnici certificati che ne attestano il pieno funzionamento e vengono rivenduti online all’utente finale a prezzi scontati che arrivano fino al 50% del prezzo originale con garanzia di 12 mesi. riCompro fa parte del gruppo Milky Way Ventures, un nuovo tipo di incubatore focalizzato sulla creazione di aziende e-commerce fondato in Italia da Fabian Thobe, Gaetano Romeo, Roberto Marani, Salvatore Iuzzolini e Alessandro Faccin. I soci vantano esperienze internazionali di successo come Groupon e Delivery Hero e in aziende di consulenza come McKinsey e BCG.
  • fonte: www.ricompro.it