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Riciclo di rifiuti ingombranti, a Genova Amiu prepara un mercatino online














Un market place per il riciclo dei rifiuti ingombranti. Si tratta del progetto Efficacity che Amiu sta mettendo a punto, insieme a diversi partner, con un budget di due milioni di euro per metà finanziati da Regione Liguria con fondi europei. Con 6 partner (Algowatt, Camelot, Gter, Circle, Colouree, Flairbit) Amiu sta mettendo a punto il software che permetterà ai cittadini di fotografare il rifiuto da dare via e immetterlo nel mercato virtuale: da lì, potrà prendere la via del riuso, e Amiu non interverrà, oppure del riciclo, con i canali di ritiro dell’azienda dei rifiuti.

Il software è in via di elaborazione, il progetto dovrebbe partire all’inizio del 2022 per una durata, sperimentale, di 18 mesi.

“La Regione ha investito un milione di euro in questa iniziativa in cui crediamo – ha detto l’assessore allo Sviluppo economico, Andrea Benveduti – I nostri nonni prima di dismettere un oggetto ci pensavano a lungo: lo portavano in campagna, lo passavano a un vicino. Oggi si butta via tutto appena si rompe e non si aggiusta più nulla”.
Il presidente di AMIU, Pietro Pongiglione, osserva: “Questo progetto è un esempio di prevenzione e collaborazione specie per gli ingombranti che sono più difficili da smaltire, ma anche più semplici da rielaborare dal punto di vista delle potenzialità. Poi c’è la collaborazione, tra pubblico e privato. Infine, l’aspetto ecologico che precorre i tempi della transizione ecologica”.

Tiziana Merlino, direttrice operativa: “Un anno fa abbiamo fatto il primo brain storming sul progetto e siamo stati in qualche modo precursori della transizione ecologica, non è solo un riciclo ma, anche, un riuso”.

Fonte: il Secolo XIX


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TERNI: PRENDE VITA “FACCIAMO A CAMBIO?”, MERCATINO DEL BARATTO PER BAMBINI E BAMBINE




TERNI – Martedì primo giugno il Co-working Bloom Spazio Condiviso e Illustrastorie organizzano “Facciamo a cambio?” il mercatino del baratto per i bambini e le bambine. L’evento si svolgerà a via Galvani, in pieno centro, nel rispetto delle attuali normative. Giulia Ceccarani, illustratrice che è l’artefice del progetto Illustrastorie, sottolinea che “l’evento sarà organizzato come quando si facevano i mercatini sotto casa, dove ci si scambiava i giochi e gli oggetti più vari.” Un evento per tornare a far stare insieme i più piccoli, che con la pandemia hanno avuto sempre meno occasioni di socialità.

L’organizzazione metterà a disposizione dei tappeti dove i bambini potranno allestire la propria postazione. Per info e prenotazioni si può contattare lo 0744/1984085 oppure scrivere una mail a:
bloomcoworking2020@gmail.com
illustrastorie@gmail.com

fonte: www.vivoumbria.it


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“L’usato sconta un problema culturale che la politica deve affrontare”. Conversazione con Alessandro Stillo di Rete Onu

L'usato vive un problema culturale che deve diventare un problema politico, per realizzare fino in fondo la transizione ecologica di cui tanto si parla.














Il mondo dell’usato e i centri del riuso scontano un problema culturale, che fa affrontato a livello politico se vogliamo veramente dar vita ad una transizione ecologica. Cosa serve per liberare le potenzialità ambientali ed economiche di questa filiera? I centri dell’usato, poi, come abbiamo visto, ad oggi fanno riferimento a modelli diversi: questa diversità è un limite? Ne parliamo con Alessandro Stillo, presidente di Rete ONU che – dai mercatini delle pulci ai negozi conto terzi – raccoglie circa 13 mila operatori dell’usato.

Gravitano tutti intorno all’allungamento della vita dei beni, siete insomma dalla stessa parte della barricata: che rapporto c’è tra i centri del riuso e gli operatori usato?

I centri del riuso sono iniziative che noi operatori dell’usato guardiamo con estrema attenzione, anche perché alcune cooperative sociali dentro Rete ONU li praticano e lo hanno praticati. Seguiamo i centri del riuso con molta attenzione anche se hanno evidentemente dei nodi irrisolti.

Ce ne parli.

Dal mio osservatorio non posso non notare l’enorme sproporzione quantitativa tra operatori dell’usato nei mercatini, nei negozi di robivecchi, in quelli dei contoterzisti, e i centri del riuso. Qualsiasi mercatino dell’usato, per capirci, tratta alcune decine di tonnellate di merce ogni anno. A Torino, per fare un esempio, se guardiamo solo a chi vende usato conto terzi, ci sono alcune decine di negozi, mentre di centri del riuso ce ne sono due. Il confronto ci dice che ricoprono un ruolo fondamentale per la valorizzazione dell’usato, fondamentale ma per ora marginale.

Qual è secondo lei il problema dei centri del riuso?

Mi sembra che oggi siano in difficoltà, come peraltro ha evidenziato dal progetto Prisca, per motivi in parte legati alla normativa: che non ha mai approfondito l’end of waste e che è ancora un po’ in bilico su vari decreti attuativi. Ma i centri del riuso sono in bilico in particolare dal punto di vista del modello: si va da quelli solidaristici, di volontariato, in cui le merci vengono donate, fino a modelli in cui si cerca una sostenibilità economica con la vendita delle merci.

La diversità di modelli secondo lei è un limite?

La diversità è sempre ricchezza, per noi. Dall’altra parte è evidente che senza abbracciare un modello tutto è più complesso. I centri del riuso che vivono con la solidarietà hanno il nodo da sciogliere della sostenibilità economica, se a monte non c’è chi garantisce. Questa mi pare che oggi, in tempi di vacche magre, sia una difficoltà da tenere in assoluta considerazione. Soprattutto per i centri del riuso, che hanno bisogno di spazi per lo stoccaggio, la cernita e la vendita. Se questa questione fosse risolta, in Italia sarebbero nati tanti altri centri. Il problema, credo, non è tanto la raccolta ma lo sbocco.

Dice che i centri del riuso non riescono a raggiungere il pubblico, come invece gli operatori dell’usato?

La vera difficoltà, nonostante i lodevoli sforzi, è proprio che manca il contatto col pubblico, che invece in altre situazioni c’è. Bisognerebbe fare in modo che i centri del riuso fossero luogo di raccolta e poi luogo di approvvigionamento non solo del cittadino ma anche degli operatori dell’usato, ovviamente attraverso il rispetto di regole precise. Insomma il mondo dei centri del riuso dovrebbe interfacciarsi molto di più con gli operatori dell’usato.

Ci parlava anche di limiti normativi.

Il settore del riutilizzo in Italia non è regolamentato nel suo complesso, questo fa sì che ci siano enormi zone grigie. Le faccio un esempio. Nel milanese, chi ha negozi di vendita dell’usato in conto terzi viene assimilato alle agenzie immobiliari. Per cui chi vuole aprire un negozio dell’usato deve fare il corso da agente immobiliare. Basta pensare al Pnrr: nel Piano di ripresa e resilienza il riuso è negletto, eppure è essenziale per la riduzione dei rifiuti, lo dicono anche le direttive europee.

La causa di questa sottovalutazione?

I motivi sono tanti. Fondamentalmente c’è un tema culturale. Alcune ricerche di Mercatopoli e Università di Padova ci dicono che se da un lato utilizziamo continuamente cose usate – dalle auto, a letti e lenzuola in hotel, alle tazzine nei bar – dall’altro acquistare nuovo è “in”, acquistare usato no – a meno che non sia vintage. Una cultura figlia del boom economico per cui si fa fatica ad avvicinarsi all’usato. Ma il problema culturale deve trasformarsi in una questione politica: non esiste economia circolare senza riuso, lo dice la Ue. E, a parole, lo dicono tutti, ma nei fatti nel Pnrr non ci sono poste destinate al riutilizzo.

Cosa vorreste leggere nel Pnrr quando il governo lo avrà aggiornato?

Come Rete Onu stiamo costruendo una serie di proposte. Dall’esenzione dell’Iva, per evitare di ri-pagarla per beni usati per i quali è stata già pagata alla fonte; all’esenzione del pagamento raccolta dei rifiuti per negozi che i rifiuti li distraggono e non li producono: i negozi del riuso sono parametrati ai supermercati. E poi la possibilità da parte enti locali di aprire quante più possibili aree di libero scambio dove i cittadini possano mettere in vendita i propri beni usati: in Italia ce ne sono solo due, a Torino e Palermo.

fonte: economiacircolare.com/


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A Berlino si sperimenta il department store del futuro: è dedicato tutto all’usato

Un intero piano di uno storico negozio della capitale offre abbigliamento, arredi ed elettronica recuperati. Lo shopping d’avanguardia oggi si ispira a sostenibilità, responsabilità e condivisione










Comprare il vecchio per soddisfare il desiderio di nuovo: può sembrare un paradosso, ma c’è molta verità, e grandi numeri, nello shopping del “second hand”, più prosaicamente l’usato. La dimostrazione più recente del grande successo di questo segmento è il risultato della quotazione a Wall Street, il 15 gennaio, di Poshmark, piattaforma di reselling di abbigliamento con sede in California: fondata nel 2011, con un fatturato di 192 milioni di dollari e con alle spalle una crescita di quasi il 28% medio all’anno, ha raccolto 277,2 milioni di dollari, una cifra enorme e persino superiore di 20 milioni a quanto sperato.

Numeri in linea con le previsioni di GlobalData, per cui il mercato globale del resale passerà da 28 miliardi del 2019 a 64 miliardi nel 2024, con una crescita annua media del 39%. Alle spalle di questo incremento c’è anche quello del desiderio di sostenibilità da parte dei consumatori, soprattutto dei più giovani, che spesso si rivolgono alle piattaforme online come Poshmark, ma anche Vestiarie Collective o The RealReal, perché i negozi fisici di reselling scarseggiano, per non dire che non esistono.




Le previsioni di crescita del mercato del Second Hand fra 2019 e 2024 (GlobalData)

Se questa mancanza nel prossimo futuro verrà colmata, dovremo ringraziare non un marchio, ma un'amministrazione pubblica: lo scorso settembre quella di Berlino ha inaugurato uno spazio totalmente dedicato all’usato al terzo piano dello storico department store Karstadt, parte della catena Galeria Karstadt Kaufhof, sulla bella Herrmannplatz, luogo iconico dello shopping della capitale tedesca. Si chiama B-Wa(h)renhaus (che in tedesco crea un gioco di parole, poiché unisce il termine department store a quello di luogo per preservare, conservare), si estende su 650 metri quadri e vende merce usata, soprattutto abbigliamento, arredi, telefoni e altra elettronica di consumo.

Presentando il progetto, un pop-up prolungato visto che sarà aperto fino a tutto il mese di febbraio (Covid permettendo), l’amministrazione della città ha sottolineato di aver scelto appositamente quella location, cuore del quartiere nevralgico e multiculturale di Kreuzburg, per darle risalto. L’obiettivo è aprire anche altri store come quello, uno per ogni quartiere della città.

Molti degli oggetti in vendita sono stati recuperati dal sistema di riciclo dei rifiuti urbani e nel caso dell’abbigliamento anche dall’invenduto delle piattaforme, spesso anche resi che non possono essere rimessi in commercio. Un aspetto ancor più interessante del progetto è che trascende la mera attività di shopping per elevarsi a hub aperto alla città e alle sue esigenze: sul tetto dell’edificio si organizzano eventi e laboratori dedicati al riciclo e al riuso, e due volte al mese apre un “repair café” dove si può trovare aiuto per riparare un oggetto o dargli un nuova vita. Da settembre a oggi oltre 10mila persone hanno visitato il nuovo spazio.



Karstadt negli anni Trenta

Il complesso di Karstadt, infatti, è al centro di un ambizioso progetto che vuole trasformarlo nel department store, sviluppato secondo nuovi principi, più politici che commerciali: la sostenibilità, la condivisione, il senso di appartenenza a una comunità. il progetto della riqualificazione dell’edificio (costruito nel 1929 e che ospitava uno dei più grandi negozi del suo tempo, distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale e ricostruito nel 1950) non prevede un aumento dello spazio commerciale, oggi di circa 30mila metri quadri, anche per non recare danno ai piccoli negozi del quartiere. Molto spazio sarà riservato a centri per i bambini, studi per artista, aree per lo sport e per le associazioni locali, i servizi sociali ed educativi. E ci sarà anche un parcheggio per 600 biciclette.


Uno store in store di ThredUp da Jc Penney

Il nuovo modello di Berlino potrebbe fare da apriprista anche per altri department store, alle prese con una profonda crisi d’identità (e di vendite). In realtà c’è già chi lo sta sperimentando: nel 2019 Macy’s e JC Penney hanno firmato un accordo con la piattaforma di resale ThredUp, che li ha portati ad aprire dei pop up dedicati all’usato in alcuni dei loro negozi. Neiman Marcus ha rilevato una quota di Fashionphile, piattaforma di reselling di accessori griffati, e ha aperto degli spazi in alcuni negozi dove i clienti possono vendere, ma non acquistare, accessoti usati a Fashionphile. L'anno scorso si è unito anche Nordstrom, con gli spazi “See You Tomorrow”, dove si possono trovare creazioni di Burberry, Thom Browne, Isabel Marant, Off-White e Adidas.


Il progetto di riqualificazione di Karstadt

In ogni caso, e questo accade anche a Berlino, il salto evolutivo dell’usato è chiaro anche nel design degli spazi di vendita, che si allontanando drasticamente dalle logiche da mercato delle pulci, dall’aroma un po’ muffoso, che era legato al concetto di usato. Gli spazi per il second hand sono pensati ad hoc, con design piacevoli e totalmente coerenti con il resto degli spazi di vendita, che propongono ai clienti allestimenti innovativi e interessanti. Proprio quello che serve per riportare le persone in negozio, insieme alla consapevolezza di dare un concreto contributo alla sostenibilità mentre si fanno acquisti. Una visione ben interpretata dalla scritta che accoglie i visitatori della B-Wa(h)renhaus: «Fare shopping e salvare il mondo».

fonte: www.ilsole24ore.com


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I negozi dell’usato ai tempi del Covid. Intervista ad Alessandro Giuliani

Tra confusioni normative e cali di fatturato, il fondatore di Leotron Alessandro Giuliani spiega le drammatiche conseguenze del lockdown nel mondo dei negozi dell'usato, ma racconta anche i segnali di ripresa e i successi del second hand di nuova concezione



Ho iniziato a frequentare assiduamente i negozi dell’usato circa 10 anni fa, quando notai che alcuni erano davvero ben organizzati in una modalità distante anni luce dall’immaginario di robivecchi, rigattieri e mercatini di chincaglierie. Ci misi un po’ a capire cosa era cambiato negli ultimi anni. Ad aprirmi gli occhi fu Alessandro Giuliani, fondatore di Leotron ovvero di Mercatopoli e Babybazar, due modelli assolutamente virtuosi.

Il segreto? Puntare su qualità, cura dell’esposizione, trasparenza, sul rapporto umano e sul far emergere i valori legati alla sostenibilità e all’economia circolare. I punti vendita sono infatti impostati come un qualsiasi negozio – dai mobili all’abbigliamento, dall’oggettistica alle librerie – avendo particolare cura sull’esperienza del potenziale acquirente. Abbiamo raggiunto Giuliani per chiedergli se e cosa sia cambiato con il Coronavirus e il lockdown.

Alessandro Giuliani, quali sono state le conseguenze del lockdown sui negozi second hand?

La ripartenza è stata davvero caotica e su basi incerte. Vi è innanzitutto una cosa da specificare. La nostra tipologia di attività dei negozi dell’usato, in base ai codici ATECO, opera nell’ambito della prevenzione dei rifiuti e, per legge, avrebbe potuto rimanere sempre operativa anche durante il lockdown. Ma in molti casi, Prefetture e polizia municipale hanno dato una differente interpretazione ai DCPM impedendo l’apertura a molti negozi dell’usato, anche dopo il 4 maggio – come testimoniato da alcuni nostri affiliati – quando il decreto aveva dato il via libera ai negozi di abbigliamento per bambini ritenendo che i negozi dell’usato baby non rappresentassero veri e propri negozi al dettaglio ma erano appunto organizzati come procacciatori d’affari (anch’essi peraltro inclusi tra coloro che avrebbero potuto riaprire!), sebbene poi molti comuni li tassino – per i rifiuti – come negozi.

Vi sono poi state delle ordinanze che avevano addirittura vietato la vendita al mercato di oggetti usati e molti hanno pensato che riguardasse anche i negozi. Peraltro non vi era un problema di sicurezza e gestione dei beni dell’usato diversa dagli altri. Insomma, disparità e caos…ma alla fine – sebbene alcuni in ritardo – si è potuto finalmente ripartire.
Come è stata la riapertura?

Innanzitutto, si è ripartiti registrando il drammatico crollo del fatturato dei periodi del lockdown. Anche chi ha provato a investire nell’online non ha avuto grandi ritorni. Quando si parla di comprare usato, le persone vogliono accertarsi dal vivo dello stato d’uso. La pubblicità delle ordinanze che vietavano la vendita di oggetti usati in mercati e fiere non ha sicuramente aiutato. Quindi la prima cosa che è stata fatta è stata una campagna di comunicazione per tranquillizzare la clientela in merito a tutte le misure di sicurezza prese, in conformità alla normativa e per proteggere clienti e personale: barriere, gel, strumenti per igienizzare oggetti e capi.

I nostri negozi però vendono oggetti che vengono portati da altre persone e spesso hanno una valenza stagionale (pensiamo ai vestiti, ma non solo!). Mentre eravamo chiusi abbiamo sfruttato i canali di comunicazione per dare indicazioni ai nostri clienti: “siete a casa e non potete uscire? È il momento giusto per vedere cosa si ha in cantina, in soffitta e negli armadi che effettivamente non serve, preparatelo per portarcelo alla riapertura”. Molti negozianti permettono poi di fare una prima cernita facendosi mandare foto via whatsapp o tramite i social network. Strumenti fondamentali di contatto e, in questo caso, per velocizzare le operazioni, in maniera ordinata, alla riapertura.

Il messaggio è stato recepito da molti e uno dei “segreti” del successo dei negozi è avere una varietà di prodotti di qualità, a prezzi low cost. Grazie a questa offerta la ripartenza è stata spesso molto positiva.
Quindi all’offerta ha corrisposto una domanda altrettanto buona?

Dall’osservatorio del nostro network, che registra i dati dei negozi Mercatopoli e Babybazar, ma anche degli autonomi che si sono affiliati e che ci hanno inviato le loro stime, abbiamo registrato una notevole crescita in termini di fatturato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questo vale soprattutto per i punti vendita che si sono più strutturati in maniera più simile ai negozi. Il discorso cambia per quei mercatini dell’usato che hanno ancora gli oggetti ammassati, un modello che peraltro non funziona più.
Come sono i negozi dell’usato “di nuova concezione”?

Si ispirano agli elementi di successo nel retail: la cura delle vetrine, l’ordine, la garanzia che il prodotto sia funzionante, che sia pulito. Ma anche la scontistica. Ad esempio nei negozi Babybazar abbiamo previsto che chi avesse acquistato in alcuni giorni di settembre, avrebbe avuto un buono pari al 20% da usare nel mese successivo. Abbiamo delle fidelity card che danno una serie di vantaggi.

Inoltre sono fondamentali i servizi collaterali come la consegna, il trasporto, ma anche fare un bonifico per i pagamenti di chi vende gli oggetti, se non possono più passare in negozio (immaginate chi svuota casa e si trasferisce). In più, nei nostri punti vendita si da il diritto al ripensamento entro 7 giorni, in cambio si riceve un buono. Una cosa è importante sottolineare: un cliente soddisfatto è una persona che ritorna!
E ora una domanda per chi non vi ha mai messo piede: perché la gente dovrebbe venire in un negozio second hand?

Se vedete la fila in una pizzeria, probabilmente vi fermerete a mangiare o prenoterete perché penserete che se c’è la fila ne vale la pena. Per entrare nei negozi dell’usato ad oggi c’è la fila! Io entrerei per scoprire il perché.

Letizia Palmisano

fonte: economiacircolare.com

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L’economia dell’usato in Italia vale 24 miliardi di euro

Osservatorio Second Hand Economy condotto da BVA Doxa per Subito: la compravendita dell'usato si conferma un comportamento sempre più diffuso e virtuoso, in grado di incidere positivamente sul futuro delle persone, del Paese e del pianeta.


















A poche settimane dall'inizio della fase due nel nostro Paese, dopo mesi in cui le persone si sono dovute fermare ripensando il proprio presente e futuro, diventa quanto mai importante ripartire facendo leva su comportamenti virtuosi che incidano positivamente sulla ripresa. In questa direzione si inserisce la second hand economy, una forma di economia circolare sempre più rilevante, che può rappresentare una risposta concreta non solo per le persone, ma anche per il Paese e per il pianeta, generando valore reale in modo sostenibile.
La conferma arriva dalla sesta edizione dell'Osservatorio Second Hand Economy condotto da BVA Doxa per Subito, piattaforma n.1 in Italia per vendere e comprare con oltre 13 milioni di utenti unici mensili**, che ha evidenziato come il valore generato dalla compravendita dell'usato nel 2019 sia di 24 miliardi di euro, pari all'1,3% del PIL italiano, in costante aumento grazie soprattutto all'online, che pesa 10,5 miliardi di euro, ovvero il 45% del totale.
Highlight Osservatorio Second Hand Economy 2019
La Second Hand Economy nel 2019 vale 24 miliardi di €, pari all'1,3% del PIL italiano (vs € 23 miliardi del 2018), con una crescita del 33% in 5 anni
L'online continua a crescere e pesa per il 45%, ovvero € 10,5 miliardi (+55% rispetto al 2015)
1 italiano su 2 ha venduto e/o comprato usato, 21 milioni l'hanno fatto nel 2019, il 58% l'ha fatto online
Il 66% degli Italiani che fanno second hand ha comprato e/o venduto almeno una volta ogni 6 mesi
I settori più importanti in termini di valore sono Motori (€ 11,9 mld), Casa&Persona (€ 5,5 mld, settore con la maggiore crescita vs 2018 che era 3,8mld), Elettronica (€ 3,3 mld), Sports&Hobby (€ 2,7 mld)
Le regioni in cui l'economia dell'usato genera più valore sono Lombardia (€ 3,1 mld), Lazio (€ 2,9 mld) e Campania (€ 2,4 mld)
Nel 2019 chi ha venduto oggetti usati ha guadagnato in media € 1.087 all'anno, ma in ben 5 regioni si registra un dato più alto: le prime regioni per guadagno medio pro-capite sono Marche (€ 1.493), Toscana (€ 1.286), Sardegna (€ 1.258), Lazio (€ 1.179) e Veneto (€ 1.159)

"L'emergenza che abbiamo vissuto in questi mesi ci ha obbligati a fermarci e a ripensare il nostro modo di vivere, dandoci l'opportunità di ripartire migliori di prima", dichiara Giuseppe Pasceri, CEO di Subito. "I dati dell'Osservatorio Second Hand Economy ci dicono che l'economia dell'usato può essere una vera e propria leva per ripartire: per il Paese, perché è una forma di economia partecipativa che produce valore e mette in circolo risorse; per le persone, cui fornisce un beneficio economico tangibile; ma anche per il pianeta. Covid-19 ci ha fatto sentire tutta la nostra fragilità, ma anche il potere di fare la differenza con i nostri comportamenti. Comprare e vendere usato è un gesto semplice, immediato, alla portata di tutti e con un impatto diretto e misurabile sul cambiamento climatico. Lo scorso anno ad esempio grazie ai 18 milioni di oggetti venduti su Subito abbiamo risparmiato 5 milioni di tonnellate di CO2, come aver bloccato il traffico di Roma per 1 anno!".

Comprare e vendere usato si conferma al quarto posto tra i comportamenti sostenibili più diffusi degli italiani (49%), subito dopo la raccolta differenziata (95%), l'acquisto di lampadine a LED (77%) e di prodotti a km 0 (56%). In linea con quanto registrato lo scorso anno, continua a crescere l'importanza che viene data all'aspetto valoriale nella decisione di fare second hand, perché porta vantaggi non solo a livello personale, ma anche ambientale e sociale. L'economia dell'usato è quindi sempre di più una scelta sostenibile (44%), intelligente e attuale(40%), ma anche un modo per dare valore alle cose (37%).
Tra chi acquista scende leggermente la percentuale di chi fa second hand per risparmiare (59%), che rimane tuttavia rilevante, confermando la possibilità di fare un buon affare come condizione essenziale nella compravendita dell'usato. Cresce la volontà di trovare pezzi unici o vintage (51%) e di contribuire all'abbattimento degli sprechi e al benessere ambientale attraverso il riutilizzo (48%), che insieme a chi lo considera un modo di intelligente di fare economia (39%), avvalora la tesi dell'economia dell'usato come un circolo virtuoso grazie al quale gli oggetti che hanno vissuto una prima vita, ne possono vivere una seconda, ma anche una terza o una quarta. Il 33% di chi acquista usa l'oggetto e poi lo regala quando non serve più, il 19% lo colleziona e il 9% prova a rivenderlo.
Tra le ragioni che spingono invece alla vendita, il primo driver resta sempre la voglia di decluttering e la necessità di liberarsi del superfluo(76%), mentre il 42% vende perché crede nel riuso ed è contro gli sprechi, il 37% per guadagnare e il 16% perché desidera reinvestire il guadagno per comprare oggetti nuovi o usati. Esistono poi delle occasioni che favoriscono la vendita, come l'inutilizzo prolungato (73%), la voglia di passare a un modello superiore (32%), cambiamenti di tipo famigliare (22%) oppure un trasloco (18%). Tendenze che vengono confermate anche dall'uso che viene fatto dei soldi guadagnati dalla vendita, che vengono per lo più conservati per l'economia di casa (47%) ma utilizzati anche per acquistare altri oggetti usati (20%) oppure nuovi (17%).

fonte: www.greencity.it

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Libero scambio a Palermo. Stillo (Rete Onu): ‘C’è una richiesta di regolamentazione da parte dei partecipanti’














Alessandro Stillo, presidente di Rete Onu, commenta così l’inizio della sperimentazione di un “Mercato dell’usato e del libero scambio nel quartiere Albergheria” a Palermo
05 luglio, 2019
“È il segno della necessita di una regolamentazione che dia modo di far emergere, a certe condizioni, i protagonisti di questo settore”. Alessandro Stillo, presidente di Rete Onu, commenta così l’inizio della sperimentazione di un “Mercato dell’usato e del libero scambio nel quartiere Albergheria” a Palermo.
“L’iniziativa – prosegue Stillo – è il segno che se si vuole governare un territorio bisogna cercare di far emergere in modo positivo queste esperienze, che dal punto di vista ambientale sono sicuramente positive. Un mercato come quello di Palermo, rispetto ad esempio a quello di Torino, si traduce in alcune migliaia di tonnellate annue di merce sottratte ai rifiuti” (il mercato palermitano si svolge tutti i giorni mentre quello di Torino si svolge sabato e domenica NdA).
“Da un altro lato, si tratta di sistematizzare un’esperienza storica, quella del mercato di Ballarò, per quanto riguarda l’usato. Un’esperienza da sempre esistita che viene in qualche modo riconosciuta, regolamentata. Una testimonianza del fatto che in questo settore è chiaro ed evidente che c’è una richiesta di regolamentazione da parte dei partecipanti” ha concluso il presidente di Rete Onu.
fonte: http://www.reteonu.it

Umbertide: Svita & Ricicla ** SOFFITTA IN PIAZZA ** - Domenica 28 Maggio 2017

Soffitta in Piazza, evento umbertidese a sostegno dei terremotati della Valnerina




Una giornata di solidarietà e di raccolta fondi a favore dei terremotati della Valnerina quella che abbraccerà tutto il centro storico di Umbertide domenica 28 maggio, dalle 10 di mattina fino a tarda sera. L’evento ‘Soffitta in Piazza’, promosso dall’associazione La Pantera tramite il suo progetto eco-solidale “Svita & Ricicla” (raccolta tappi), ed organizzato insieme alle associazioni umbertidesi che operano nel sociale ed in ambito sportivo. Tutto il “volontariato” umbertidese si unirà per un progetto comune, che coinvolgerà dalle scuole elementari al mondo sportivo, dalla musica alle moto ed auto, dal teatro alla gastronomia, dall’atletica al judo, insomma un intero “paese” si ritroverà coinvolto e per un giorno invaderà tutto il centro storico di Umbertide mettendo in mostra se stesso. Tutto è stato possibile grazie alla disponibilità dell’Amministrazione Comunale di Umbertide ed alla disponibilità dei tanti volontari che già sono al lavoro per la preparazione dell’intero programma della giornata.
Soffitta in Piazza prevede un mercatino con oggetti vari, usati e nuovi, a cura delle associazioni umbertidesi e non solo. Manifestazioni e dimostrazioni delle società sportive umbertidesi con giochi a disposizione dei bambini avranno luogo in piazza XXV Aprile, mentre la Rocca farà da cornice ad un’esposizione di auto d’epoca, vespe e moto in piazza del Mercato. Una piacevole giornata tra musica dal vivo e sketch teatrali resa ancora più gustosa a pranzo e cena dalle taverne della ‘Fratta di Fine Ottocento’ che con i loro prodotti tipici allieteranno, straordinariamente in primavera, i palati degli avventori in piazza Matteotti ed in via Cibo grazie ai sapori della celebre rievocazione storica di fine estate. ‘Soffitta in Piazza’ non è quindi solo un mercatino ma un punto d’incontro ed un’occasione concreta per dimostrare vicinanza e sostegno alle popolazioni colpite dal recente sisma, ai quali andrà l’intero ricavato della giornata.       
  
Per contatti:  Gaetana 3335303236 - Lucia 3398881824  coordinatrici del progetto Svita&Ricicla.​
Svita & Ricicla

Umbertide: Svita & Ricicla ** SOFFITTA IN PIAZZA **

Domenica 28 Maggio 2017 vi aspettiamo in Piazza Matteotti ad Umbertide (PG) per il mercatino dell'usato organizzato dalle associazioni umbertidesi. Tutto il ricavato andrà a favore delle popolazione terremotate. 

A breve maggiori info!!!



Svita & Ricicla