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Strade dei veleni: tonnellate di rifiuti tossici interrati nell'asfalto nel Nordest

Nelle strade di 19 comuni del Polesine, in Veneto, sarebbero state interrate quasi 9mila tonnellate di veleni e rifiuti tossici, nella campagna tra le cittadine di Trecenta e Giacciano con Baruchella.
















È quano  emerge dall'indagine partita con un maxi sequestro nel Milanese, a seguito di un incendio avvenuto il 14 ottobre scorso a Milano, che richiese l’intervento di 172 equipaggi dei Vigili del fuoco.
L'inchiesta ha coinvolto due aziende della Bassa Veronese accusate di ricevere, trasportare e gestire abusivamente ingenti quantità di rifiuti, tra cui scorie e ceneri pesanti. Queste sostanze sono state usate per realizzare strade interpoderali in Veneto, Emilia Romagna e Lombardia.
Sono 15 le persone finora arrestate, 8 in carcere, 4 agli arresti domiciliari e 3 con l’obbligo di dimora. Tra loro ci sono imprenditori, amministratori e gestori di società del settore dello stoccaggio e smaltimento dei rifiuti, intermediari e responsabili dei trasporti.
Riporta il Corriere che secondo quanto si legge nell’ordinanza del gip Giusy Barbara, uno degli autisti incaricati "del trasporto illecito dei rifiuti" avrebbe detto a un interlocutore, qualche giorno prima del rogo, che "andava tutto bene e che avrebbero fatto il botto". Il teste ha raccontato di aver conosciuto l’autista nella primavera del 2018, periodo in cui lo aveva informato "di essere alla ricerca di magazzini da adibire a deposito di rifiuti (..)".

Quelle strade avvelenate

I rifiuti tossici contenenti nichel, cromo, piombo e cloruro, sarebbero stati interrati nelle strade di ben 19 Comuni polesani. A finire sotto accusa è stato il materiale noto come “concrete green”.
Secondo i documenti della Dda, vi è stato “il conferimento” di questo materiale a Corbottolo di Trecenta, località sulla sponda sinistra del Canalbianco: qui tra il 27 febbraio e il 17 marzo 2014 ne arrivarono ben 7.732 tonnellate. Stessa cosa è accaduta a Barchetta nel febbraio del 2014, dove ne sarebbero state consegnate altre 900 tonnellate. A rischio poi le strade di comuni come Arquà, Badia, Bergantino, Canaro, Canda, Castelmassa, Castelnovo Bariano, Costa di Rovigo, Fratta, Gaiba, Melara, Occhiobello, Pincara, Salara, San Martino, Stienta e Villadose, oltre che di Trecenta e Giacciano.
“Nell'escalation di notizie inerenti gli illeciti in materia di rifiuti ci conforta e dà sicurezza il lavoro eccezionale e sempre puntuale degli inquirenti, ai quali confermiamo sempre la nostra massima collaborazione nella lotta agli illeciti” ha detto l’assessore regionale alla Difesa del Suolo e Protezione Civile Gianpaolo Bottacin.
Una vera e propria banda per fortuna sgominata ma adesso si teme per le conseguenze legate alla salute dei cittadini che vivono nelle cittadine del Polesine.
fonte: www.greenme.it

Il traffico di rifiuti cambia rotta: da Sud a Nord per seppellirli o bruciarli. Coinvolti i dirigenti dei colossi Hera, A2A Ambiente e Aral.












Inchiesta dei carabinieri del Noe di Milano con la Direzione distrettuale antimafia di Brescia. Per la prima volta emerge che un flusso di immondiziasmaltita illegalmente arriva da Campania e Lazio per finire non trattata anzi interrata o bruciata in Piemonte e Lombardia. Traffico illecito e associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti. Indagate 26 persone dei colossi Herambiente (gruppo Hera) e A2A Ambiente e della Aral di proprietà dei Comuni della provincia di Alessandria. La custodia cautelare è subito scattata per l’imprenditore lombardo dei rifiuti Paolo Bonacina e per il responsabile tecnico di Aral, Giuseppe Esposito. Ma l’inchiesta è destinata ad allargarsi. Bonacina era il fulcro del sistema che ha fruttato almeno 10 milioni di euro, coinvolgendo sindaci, intermediari, responsabili commerciali, trasportatori, gestori di inceneritori e discariche, nonché provocando inquinamento ambientale, alterazione del mercato, danni alle casse pubbliche.

Clicca qui tutti i particolari nel servizio di 
Veronica Ulivieri.

Tra le ripercussioni, per lo stop dei conferimenti all’impianto di smaltimento Aral di Castelceriolo: allarme emergenza rifiuti per 148 Comuni della provincia di Alessandria. Dove si è già dimesso l’indagato presidente-direttore Aral, 
Fulvio De Lucchi, “l’uomo banda”. Chieste anche le dimissioni da consigliere e capogruppo PD dell’ex sindaca di Alessandria (non rieletta il mese scorso) Rita Rossa, essendo il marito Ezio Guerci (già vicesindaco) indagato per aver ricevuto mazzetta (un Suv) quale “consulente” Aral, A2a e inceneritore di Acerra. Il “conflitto di interessi” era determinato dal fatto che Aral è posseduta al 93,52% dal Comune di Alessandria. Il Comune ora rischia un secondo dissesto.


fonte: www.ilfattoquotidiano.it

Scandalo rifiuti, «no all’indagine»

Herambiente, dopo gli avvisi per truffa e gestione illecita a Modena respinta la richiesta di una commissione per indagare sui controlli e su tutti i siti analoghi in Regione


MODENA. Un impianto che a massimo regime e lavorando per 24 ore al giorno non avrebbe comunque mai potuto arrivare alla quantità di rifiuti dichiarati “lavorati” e poi conferiti in discarica pagando solo il 20% dell’ecotassa.
Il bunker. Un impianto blindato, dove ancora oggi è difficile avvicinarsi, anche per le forze dell’ordine, senza sentirsi annunciare azioni legali e altre amenità.

Bastava leggere i numeri? Non ci sarebbe stato bisogno della Direzione Distrettuale Antimafia, nè del Corpo Forestale dello Stato, se solo la ex Provincia, le cui competenze ora sono assorbite da Arpae, avesse verificato i termini della propria autorizzazione, e magari i dati dichiarati dall’impianto, per poter prontamente “sospettare” che qualcosa non funzionava.
La stessa gestione Herambiente. Il problema è che l’impianto (parliamo di quello di Herambiente in via Caruso, nel bel mezzo dell’ex discarica chiusa), è gestito, governato, controllato dalle stesse persone - tutte indagate - che gestivano, governavano e controllavano altrettanti impianti sparsi per la Regione, e anche oltre. Impianti tutti oggi di Herambiente, con ruoli di vertice affidati a persone conosciute, in un caso con parenti importanti nella storia del colosso multiutility, che a sua volta gestisce le discariche che ricevono i rifiuti. E che per l’appunto consentono gli sconti dell’ecotassa, che si traducono in tasse per i cittadini.

L'ecotassa la pagano... i cittadini. Anche perché la legge (31 del 1996) specifica che una quota dei proventi dell’ecotassa - i pagamenti per conferire in discarica i rifiuti - vanno destinati anche alla bonifica di siti inquinati, alla maggiore efficenza della gestione dei rifiuti, alla creazione di aree protette... Calcolati dal Corpo Forestale, solo per il caso di Modena, sul quale si erano concentrate le indagini, sono 800mila euro, per il periodo appunto oggetto di indagine. Che parte dalla gestione della società Akron (comunque partecipata al 57% da Herambiente) a quella della stessa Herambiente (che ha assorbito e sostituito Akron). L’inchiesta parla di grossolane taroccature dei codici, e di controlli eufemisticamente” insufficienti.
Il rifiuto di indagare. È evidente che si tratta di un tema scottante, sul piano investigativo - nei giorni scorsi sono stati notificati i sei avvisi di fine indagine - ma anche sul piano politico amministrativo, visto che quei conti è possibile tentarli, senza bisogno di consultare gli atti della magistratura. Eppure il tema non appassiona il Consiglio regionale, che ha appena approvato il piano rifiuti. Con il voto contrario dei consiglieri Pd, l’astensione di Sel, Lega Nord, Fi, Fdi-An e il voto a favore del Movimento 5 Stelle, l’Assemblea legislativa ha infatti respinto la richiesta di istituire una commissione speciale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulla sua gestione, proposta dalla consigliere M5s, Giulia Gibertoni. La richiesta era motivata dalle intercettazioni telefoniche e ambientali raccolte dal Corpo Forestale, nell’inchiesta coordinata dalla Dda di Bologna con l’accusa di false attestazioni e truffa ai danni della Regione. A motivare le ragioni del no alla commissione il consigliere regionale del Pd Sabattini, che tra l’altro si è prudenzialmente rimesso alle indagini.

Gibertoni: "Atto gravissimo". «Il rifiuto è gravissimo e dimostra come certa politica voglia sempre e comunque delegare alla magistratura il potere di controllo su temi importanti. Sentire poi il consigliere Sabattini giustificare il loro no con il fatto che il Pd sia stufo di parlare di rifiuti dopo l’approvazione del piano regionale è francamente desolante - replica Giulia Gibertoni - Secondo il Pd questo di Akron sarebbe un caso isolato e per questo privo di effetti sulla gestione complessiva dei rifiuti in regione. Si tratta di un’analisi approssimativa e priva di ogni fondamento. Parliamo di 125mila tonnellate di rifiuti, che potrebbero essere state smaltite in modo irregolare falsando i dati e la relativa documentazione, ma soprattutto questa indagine riguarda una delle aziende più grandi che gestiscono il ciclo dei rifiuti in Emilia-Romagna, tra l’altro assorbita nel 2015 da Herambiente. Il Pd può già escludere con tanta sicurezza che gli stessi schemi non siano stati messi in atto in tutti gli impianti ex Akron della regione? Per il Pd sembra che tutto sia regolare, non c’è nulla da verificare da monitorare», chiude Gibertoni. Sul tema pendono anche due interrogazioni, che da questa mattina sono tre. A quelle della stessa Gibertoni (M5S) e di Giovanni Alleva (L'Altra Emilia Romagna), si aggiunge in extremis quella di Galeazzo Bignami (Forza Italia). (ase)

fonte: http://m.gazzettadimodena.gelocal.it




Rifiuti, sotto c’è una montagna di polizze false. Da Brescia allerta a tutte le Procure

Dovrebbero garantire le amministrazioni da danni e fallimenti delle imprese appaltatrici, ma sono solo carta straccia. Un'inchiesta della Dda di Brescia su traffico illecito di rifiuti fa emergere un giro di polizze assicurative false e prive di reale copertura. Vengono emesse nei Paesi dell'Est ma l'epicentro è in Campania. Ad avvantaggiarsene anche grandi società quotate del settore servizi ambientali. Allerta estesa a tutta Italia
Rifiuti, sotto c’è una montagna di polizze false. Da Brescia allerta a tutte le Procure

Polizze assicurative false, poste a garanzia di impianti industriali e appalti pubblici. Assicurazioni e fidejussioni – che dovrebbero garantire la collettività contro eventuali danni causati da un’attività produttiva o dal fallimento di un’impresa – in realtà fasulle e prive di reale copertura finanziaria. Un fenomeno esteso in tutta Italia che investe quasi tutti i settori dell’economia, dal trattamento e smaltimento dei rifiuti, agli stabilimenti industriali, alle grandi opere.
È quanto emerge da un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Brescia, coordinata dal procuratore aggiunto Sandro Raimondi, su cui la Procura bresciana ha mantenuto finora il più stretto riserbo e di cui non sono ancora noti gli indagati. Un’indagine partita dal settore dei servizi ambientali, inseguendo movimenti di rifiuti e di capitali intorno a un presunto traffico illecito organizzato di rifiuti in Lombardia, che coinvolgerebbe grandi aziende del settore quotate in borsa. Ma che ha presto intercettato diversi altri ambiti dell’economia e della finanza che sono in contatto con il mondo dello smaltimento dei rifiuti. A coordinare l’inchiesta è stato applicato anche il magistrato Roberto Pennisi, sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia, che avrebbe collaborato con gli inquirenti per creare una squadra di investigatori specializzati formata dalla Dna di via Giulia.


L’allarme sulle false assicurazioni – che a quanto si apprende avrebbero sede nei nuovi Paesi dell’Ue come la Bulgaria e la Romania – si sta estendendo a tutto il territorio nazionale. La Dna ha inviato infatti una nota a tutte le Procure d’Italia, come confermato dal Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti: “Da un’indagine in materia di rifiuti condotta dalla Procura di Brescia – ha spiegato il procuratore lo scorso 17 novembre, durante un convegno della Commissione rifiuti alla Camera dei deputati – è emerso un fenomeno di false polizze offerte in garanzia fidejussoria negli appalti per quanto riguarda lo smaltimento di rifiuti. Sono polizze disseminate praticamente in tutta Italia, per cui siamo stati costretti ad avvisare quasi tutte le Procure d’Italia di stare attenti perché le polizze che circolano possono essere, e spesso sono, materialmente false”.
Fonti della Direzione nazionale antimafia riferiscono che il giro di false polizze, “gestito da una famiglia camorristica campana”, sarebbe esteso a tutti gli appalti pubblici e non solo al campo del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti. Il codice degli appalti prevede infatti che, a garanzia di un’offerta e dell’esecuzione di un’opera, venga stipulata una polizza assicurativa che tenga indenni le stazioni appaltanti da tutti i rischi di esecuzione e dai danni che possono essere causati nel corso dello svolgimento dei lavori. L’importanza della garanzia fidejussoria è ancora più evidente nel settore dello smaltimento rifiuti, dove per ottenere l’autorizzazione a trattare scorie o a gestire una discarica è necessario mettere a disposizione degli enti pubblici una somma di denaro, a parziale copertura di una futura bonifica o, quantomeno, di una messa in sicurezza in emergenza del sito. Ma se l’assicurazione presentata è fasulla, tutto il danno alla fine resterà a carico della collettività. L’organizzazione criminale “con epicentro in Campania” che si occupa delle false polizze offrirebbe dunque, secondo gli inquirenti, un servizio utile a molte imprese. Soprattutto nel settore dei rifiuti, nel quale – si apprende da fonti della Dna – “le compagnie assicurative serie in Italia tendono a non assicurare praticamente nulla”.
Le assicurazioni false, secondo quanto emerge dall’inchiesta della Dda di Brescia, sarebbero di due tipologie: polizze “fasulle”, cioè società assicurative vere e proprie con sede in Romania e Bulgaria, dietro cui però non esiste una reale copertura finanziaria; e polizze “false”, i cui documenti ingannevoli e creati ad arte proverrebbero da “antichi e prestigiosi Paesi dell’Unione Europea”. Soltanto in rari casi le polizze sospette sarebbero state rigettate dagli enti pubblici grazie al diligente lavoro di controllo e accertamento dei funzionari, ma questa circostanza – fanno sapere gli inquirenti – si sarebbe verificata solo in alcune province del sud e quasi mai a opera nelle amministrazioni del nord Italia.

fonte: www.ilfattoquotidiano.it


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IN UMBRIA LA PEGGIOR GESTIONE DEI RIFIUTI IN ITALIA?


La situazione umbra sui rifiuti si fa ogni giorno più pesante. Vediamo di fare una breve storia.
Il 12 ottobre una cinquantina di agenti del Corpo Forestale, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia, effettuano un blitz negli uffici di Gesenu (Perugia), Negli uffici di Tsa (Magione), nella discarica di Pietramelina (Perugia) e nella discarica di Borgogiglione (Magione) acquisendo documenti sulla gestione dei rifiuti. Gli accusati sono dodici per traffico illecito di rifiuti ed avvelenamento colposo di acque, mentre per otto di loro c’è anche l’accusa di associazione a delinquere. Tra di essi manager e tecnici di Gesenu e Tsa.
Cominciano a trapelare le prime notizie: sembra che il percolato è penetrato il terreno sottostante la discarica di Pietramelina. Il danno ambientale è praticamente certo. Inoltre sui campioni di compost prelevato all’impianto di Pietramelina risulterebbe che ci sono cose che non dovrebbero esserci (forse anche nocive).
L’inchiesta sembra fermarsi qui ma all’improvviso c’è un’accelerazione: Gesenu subisce un’interdittiva antimafia e viene posta sotto sequestro una parte di discarica, una parte di bosco ed una parte del torrente che scorre sotto la discarica. Si comincia a parlare di una possibile truffa, dello smaltimento di percolato non corretto e di traffici illeciti di rifiuti speciali.
Tutti pensano che siamo alla fine ma al peggio non c’è mai fine. Arriva una seconda interdittiva antimafia per Ecoimpianti (una controllata sarda) ed una terza interdittiva a Gest (che ha vinto l’appalto per la gestione dei rifiuti dell’Ati 2 Umbria).
L’ultima notizia è che sembra ci siano indagini perché, dopo i rapporti con Cosa Nostra, ci sarebbero stati rapporti anche con la Camorra.
Se solo un terzo di tutte queste indagini fossero vero ci troveremmo di fronte alla peggior gestione dei rifiuti in Italia.


Umbria verso Rifiuti Zero