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Senza natura non c'è vita: quanto la stiamo conservando?

Nel mondo compiuti notevoli progressi verso il raggiungimento di molti obiettivi della strategia globale per la conservazione delle piante, ma la natura in Europa è ancora in grave e continuo declino












Il funzionamento del pianeta e la nostra sopravvivenza dipendono dalle specie vegetali. La strategia globale per la conservazione delle piante mira ad arrestare la perdita di diversità vegetale, a contribuire alla riduzione della povertà e allo sviluppo sostenibile e a promuovere la condivisione dei benefici derivanti dall'uso delle risorse genetiche delle piante.

A livello mondiale, i paesi hanno compiuto notevoli progressi verso il raggiungimento di molti degli obiettivi previsti dalla strategia, anche se è ancora lontano il raggiungimento di tutti e 16 gli obiettivi previsto per il 2020. I progressi fatti riguardano soprattutto nuove iniziative sviluppate specificamente per affrontare gli obiettivi della strategia, come
la creazione di un World Flora Online, un portale che offre un accesso libero alle 350.000 specie mondiali di piante
l’istituzione di un Global Tree Assessment, che mira a completare le valutazioni sullo stato di conservazione di tutte le specie vegetali conosciute

I progressi verso i 16 obiettivi sono stati variabili, anche tra paesi. Gli obiettivi 7 (conservazione in situ), 10 (specie invasive) e 12 (uso sostenibile) sono quelli che hanno visto meno miglioramenti.

Strumenti preziosi per misurare i progressi verso l’obiettivo 12 provengono da un’altra iniziativa importante, ovvero il lancio dello standard FairWild, utilizzato da un numero crescente di aziende per attestare che i prodotti che utilizzano le piante spontanee e altri materiali selvatici sono stati realizzati nel pieno rispetto della natura e delle popolazioni che vivono in quel territorio.

I programmi di educazione e sensibilizzazione in tema di piante stanno raggiungendo un numero sempre maggiore di persone, soprattutto attraverso la crescente partecipazione del pubblico a programmi di citizen science e attraverso l'uso dei social media, contribuendo così al raggiungimento del Goal 1.

Molti dei paesi più ricchi di biodiversità del mondo (tra cui Cina, Messico e Sud Africa) hanno sviluppato strategie nazionali di conservazione delle piante in risposta alla strategia, per promuovere la conservazione delle piante e riunire le parti interessate. Complessivamente, questi paesi ospitano entro i loro confini oltre il 50% delle specie vegetali del mondo e, nel caso del Messico e della Cina, sono stati fissati obiettivi che si estendono oltre il 2020.

Ma in Europa, come siamo messi? Secondo l'Agenzia europea per l'ambiente la natura dell'Europa è in grave e continuo declino e l'agricoltura e la silvicoltura non sostenibili, l'espansione urbana incontrollata e l'inquinamento sarebbero le principali pressioni da incolpare per un drastico calo della biodiversità, che minaccia la sopravvivenza di migliaia di specie animali e habitat.



Inoltre, le direttive sulla natura dell'Unione europea e altre leggi ambientali mancano ancora di attuazione da parte degli Stati membri.

Secondo l'Agenzia europea la maggior parte delle specie protette avranno un futuro incerto, a meno che non si faccia di più con urgenza per invertire la situazione.

Ci sono però anche sviluppi positivi negli sforzi di conservazione: sia il numero che l'area dei siti protetti nell'ambito della rete Natura 2000 sono aumentati negli ultimi 6 anni e l'UE ha raggiunto gli obiettivi globali con circa il 18% della sua superficie terrestre e quasi il 10% dell'area marina protetta.

Tuttavia, il progresso complessivo non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi della strategia dell'UE sulla biodiversità fino al 2020. La maggior parte degli habitat e delle specie protette presenta uno stato di conservazione scadente o negativo e molti di loro continuano a diminuire.

"La nostra valutazione mostra che la salvaguardia della salute e della resilienza della natura europea e del benessere delle persone richiede cambiamenti fondamentali nel modo in cui produciamo e consumiamo cibo, gestiamo e utilizziamo le foreste e costruiamo città. Questi sforzi devono essere associati a una migliore attuazione e applicazione delle politiche di conservazione, un focus sul ripristino della natura, nonché un'azione per il clima sempre più ambiziosa, in particolare nel settore dei trasporti e dell'energia ", ha affermato Hans Bruyninckx, Direttore esecutivo dell'EEA.

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La strategia globale per la conservazione delle piante (GSPC) è stata originariamente adottata dalla Conferenza delle parti della Convenzione sulla diversità biologica (CBD) nel 2002. Gli obiettivi sono stati poi aggiornati nel 2010, in vista del 2020, includendo la strategia nel più ampio quadro del Piano strategico per la biodiversità 2011-2020. Il cuore della strategia sono 5 goal, espressi in un totale di 16 obiettivi:

Goal 1: Comprendere e documentare la diversità delle piante (1 Creare un elenco ampiamente accessibile delle specie di piante conosciute, come primo passo verso una conoscenza completa della flora mondiale, 2 Valutare preliminarmente lo stato di conservazione di tutte le specie vegetali conosciute, a livello nazionale, regionale e internazionale, 3 Sviluppare modelli con protocolli per la conservazione delle piante e l’uso sostenibile, basati sulla ricerca e sull’esperienza pratica)

Goal 2: Conservare la diversità vegetale (4 Tutelare effettivamente almeno il 15% di ciascuna delle regioni ecologiche mondiali, 5 Assicurare la protezione del 75% delle aree più importanti per la diversità vegetale (Important Plant Areas) per conservare piante e loro diversità genetica, 6 Gestire almeno il 75% delle terre produttive in modo compatibile con la conservazione della diversità vegetale, 7 Conservare almeno il 75% delle specie vegetali minacciate in tutto il mondo in situ, 8 Rendere accessibile almeno il 75% delle specie vegetali minacciate in collezioni ex situ, preferibilmente nel paese di origine e 20% di queste incluso in programmi di recupero e ripristino, 9 Conservare il 70% della diversità genetica delle colture e delle altre specie vegetali di principale valore socioeconomico mantenendo gli usi e la conoscenza locale tradizionale, 10 Predisporre piani di gestione per principali specie aliene che minacciano le piante, le comunità vegetali, gli habitat e gli ecosistemi associati)

Goal 3: Utilizzare in modo sostenibile ed equo la diversità vegetale (11 Nessuna specie di flora selvatica deve essere minacciata di estinzione dal commercio internazionale, 12 Tutti i prodotti a base di piante selvatiche deve essere ottenuto in modo sostenibile, 13 Arrestare il declino delle risorse vegetali e delle relative conoscenze, innovazioni e pratiche indigene e locali che supportano mezzi di sostentamento sostenibile e garantiscono la sicurezza alimentare locale e l’assistenza sanitaria)

Goal 4: Promuovere l’educazione e la sensibilizzazione sulla diversità vegetale (14 Inserire in programmi di comunicazione, di educazione e di sensibilizzazione del pubblico l’importanza della diversità vegetale e la necessità della sua conservazione)

Goal 5: Costruire le competenze per la conservazione della diversità vegetale (15 Incrementare il numero di persone formate che lavorano con strutture adeguate in materia di conservazione delle specie vegetali, secondo le esigenze nazionali, per conseguire gli obiettivi della strategia, 16 Istituire o rafforzare reti a livello nazionale, regionale e internazionale impegnate in attività di conservazione delle specie vegetali)

fonte: www.arpat.toscana.it


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A due anni dalla tempesta Vaia, Ikea riqualifica un’area boschiva in Alto Adige

Grazie al progetto “Effetto VAIA” di Ikea Italia, oltre 4000 nuovi alberi saranno restituiti al territorio di Corvara (BZ), una delle aree più colpite dalla tempesta.









16 milioni di alberi e 41mila ettari di bosco che non esistono più: la tempesta VAIA che si è abbattuta sul territorio al confine fra Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia, nella notte tra il 28 e il 29 ottobre 2018 ha messo in grave pericolo il patrimonio boschivo e la biodiversità del nostro Paese, modificando il paesaggio e l’immagine stessa del territorio.
A due anni da quell’evento drammatico che ha causato l’abbattimento di 1 milione e 500 mila metri cubi di legname solo in Alto Adige, IKEA dà vita ad “Effetto Vaia”, un circolo virtuoso che restituisce una nuova speranza al territorio colpito dalla tempesta. Il legno delle foreste di Corvara (BZ) è infatti stato utilizzato per realizzare 20.000 librerie BILLY e 5.000 ante TRÄARBETARE, in edizione limitata, il cui acquisto contribuisce a sostenere il progetto per la riqualificazione e il rimboschimento delle aree coinvolte.
Grazie al progetto “Effetto VAIA” IKEA Italia ha quindi avviato un progetto di riqualificazione e rimboschimento nel comune altoatesino: 3.000 nuovi alberi e 1.000 da rinnovazione naturale, una tecnica che mira a salvaguardare l’ecosistema del bosco, andranno a ricucire la ferita inferta ai boschi da Vaia. L’attività rientra nell'ambito della campagna “Mosaico Verde”, un grande progetto nazionale di forestazione ideato e promosso da AzzeroCO2 e Legambiente.
La piantumazione e la gestione dei nuovi alberi avverranno in aree boschive già certificate secondo i principi del Forest Stewardship Council (FSC), con cui IKEA Italia collabora da sempre per garantire i massimi standard in merito alla gestione responsabile delle foreste e della trasformazione del legno.

fonte: www.greencity.it


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Dalle “macerie” della tempesta Vaia nasce l’edificio in legno più alto d’Italia

Parte degli alberi abbattuti dalla violenta tempesta del 2018 hanno iniziato un processo di rinascita e trasformazione. Una seconda vita che oggi assume anche le forme di un nuovo progetto edilizio verde dedicato al social housing
















A volte la sostenibilità riesce ad mettere radici anche nella distruzione. Ne è un esempio l’edificio in legno più alto d’Italia, progetto di greenbuilding nato dalle “macerie” della tempesta Vaia. Quando nel 2018, il maltempo ha investito il Triveneto con venti di scirocco che soffiavano a 200 km/h, l’impatto sull’ambiente è stato devastante. L’evento meteorologico ha provocato la distruzione di 42.500 ettari di foreste e lo schianto al suolo di milioni di alberi. In un panorama naturale completamente stravolto, uno dei problemi emersi nel post disastro è stato riuscire a gestire gli oltre 9 milioni di metri cubici di legname abbattuto.

Secondo gli esperti ci vorranno anni per rimuovere dai boschi tutto il legno caduto, ma è importante operare al massimo della velocità perché il materiale tende a deteriorarsi e a non essere più utilizzabile. Ma soprattutto rischia di divenire coltura per nuove infezioni parassitarie. Come quella del bostrico (Ips typographus L), minuscolo insetto che si sviluppa sulle piante deperienti ma è in grado di attaccare anche quelle sane, aumentando ulteriormente il danno forestale.

In realtà, molto si è già fatto. Attualmente spiega PEFC Italia, organismo garante della certificazione di gestione sostenibile del patrimonio forestale, quasi la metà di questo legname è stato esboscato. Nel dettaglio, circa il 60% del legno è stata recuperato e venduto e i lavori procedono a pieno ritmo. Ritmo tenuto alto grazie anche ad una serie di progetti virtuosi che puntano a sostenere le zone colpite

Un cuore sociale per l’edificio in legno più alto d’Italia

Tra questi rientra a pieno titolo anche l’edificio in legno più alto d’Italia, realizzato al 100% proprio con gli alberi abbattuti dalla tempesta Vaia. La costruzione sorgerà a Rovereto nell’area ex Marangoni Meccanica e sarà destinata all’edilizia sociale. Con i suoi 9 piani per 29 metri d’altezza, una volta completato l’immobile si guadagnerà di diritto il record nazionale. Il progetto comprende anche un altro edificio di 5 piani, realizzato allo steso modo con legname recuperato, previa ingegnerizzazione ad opera di X-Lam Dolomiti.

Entrambe le costruzioni portano la firma di Ri-Legno a cui è stata commissionata l’opera da Rovim Srl e Finint nell’ambito di un progetto di social housing. La scelta del materiale ha permesso di ridurre drasticamente l’impronta climatica dei due edifici, sia perché il legno ha un costo energetico di produzione e smaltimento molto più basso rispetto il calcestruzzo, sia perché costituisce un pozzo naturale di carbonio.

“Il risparmio di emissioni rispetto all’edilizia tradizionale è dell’ordine del 50-70%”, spiega Francesco Dellagiacoma, neo eletto presidente del PEFC Italia. “Quella che abbiamo di fronte è il futuro dell’edilizia; un elemento centrale del green deal cui l’Italia è chiamata a partecipare per contribuire all’obiettivo di ridurre le emissioni del 55% e contenere gli effetti della crisi climatica, come indicato dall’UE”. L’effetto climatico complessivo (stoccaggio + riduzione delle emissioni) è di 3.700 tonnellate di CO2 in meno; pari alle emissioni di 3 anni di tutte le persone che abiteranno nel complesso. Oltre al buon record verde, l’edificio in legno più alto d’Italia sarà caratterizzato anche da un importante valore aggiunto dal punto di vista sociale. Insieme al secondo palazzo ospiterà 68 famiglie, offrendo alloggi e servizi abitativi a prezzi contenuti.

fonte: www.rinnovabili.it


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Si puo' stoppare il cambiamento climatico piantando un trilione di alberi? Gli scienziati dicono che e' parecchio piu' complicato.

Al confronto con tagliare i combustibili fossili, piantare alberi 
giocherebbe soltanto un ruolo piccolo nel combattere la crisi climatica.



















In sintesi, in questo articolo scritto da Bob Berwyn, pubblicato su 
InsideClimate News in data 27 maggio 2020 spiegano che l'idea è 
semplice: se piantiamo un numero abbastanza elevato di alberi essi con 
la fotosintesi assorbono tutta la CO2 emessa quando usiamo/bruciamo 
combustibili fossili, quindi potremmo scordarci il problema del 
riscaldamento globale e potremmo continuare come prima. Questa progetto 
era piaciuto anche a trump quindi era diventato una proposta di legge 
per arrivare a PIANTARE UN TRILIONE DI ALBERI, era una proposta anche 
sostenuta da varie organizzazioni ambientaliste ad esempio il WWF. 
Tuttavia gli scienziati esperti di foreste sostengono che se si vuole 
fare la lotta al riscaldamento globale sarebbe molto più importante 
TAGLIARE LE EMISSIONI DEI COMBUSTIBILI FOSSILI   E CHE SAREBBE PIU' 
UTILE CONCENTRARSI NEL PRESERVARE E RINFORZARE LE FORESTE CHE GIA' ABBIAMO.

Nell'articolo raccontano che ogni anno le emissioni di CO2 dovute alle 
combustioni di combustibili fossili, agli incendi boschivi ammontano a 
circa 11 giga tonnellate/ le foreste, i campi, le praterie e gli oceani 
ne assorbono circa 6 giga tonnellate/ quindi in atmosfera ci finiscono 
circa 5 giga tonnellate di CO2/ molti paesi firmatari dell'accordo di 
Parigi del 2015 che hanno promesso di ridurre le loro emissioni del gas 
serra CO2 progettano di farlo mediante l'espansione delle loro foreste/ 
vengono citati vari studi dell'IPCC e fornito il link di uno studio 
svizzero del 2019 secondo cui  sarebbe possibile aumentare le coperture 
forestali globali del 25%. Importante sarebbe proteggere foreste come 
quella amazzonica ecc.

Gli esperti del clima ribadiscono che l'unica vera soluzione per la 
crisi climatica è di azzerare le nostre emissioni di gas serra e solo 
dopo detto azzeramento progettare delle riforestazioni, ma come  parte 
di un piano a lungo termine. L'ecologa Carla Staver afferma che il 
nostro obiettivo primario dev'essere di ridurre la nostra dipendenza dai 
combustibili fossili, aggiungendo che qualunque tentativo plausibile di 
limitare il riscaldamento globale nell'arco delle nostre vite deve anche 
includere la protezione delle foreste e riforestazioni. Però è 
estremamente chiaro non potremo risolvere l'emergenza climatico in atto 
limitandoci soltanto a piantare alberi.

A febbraio una coalizione di 95 gruppi ambientalisti ha inviato una 
lettera  al Congresso per opporsi alla proposta di legge di piantare un 
trilione di alberi,  scrivono che sarebbe il peggior tipo di 
greenwashing e distrarebbe completamente dalle urgentemente necessarie 
riduzioni di combustibili fossili inquinanti. La legge citata 
considererebbe i biocombustibili da foreste come neutre per le emissioni 
di CO2, un'affermazione contestata da scienziati del clima. Tutti 
vorrebbero una soluzione semplice per risolvere la crisi climatica e 
sono pronti ad ascoltare messaggi positivi, una magia! Avverte Scott 
Denning uno scienziato dell'Università dello stato del Colorado che non 
tornano i numeri del progetto un trilione di alberi.

A lungo termine gli alberi potranno aiutarci dicono gli scienziati, ma 
prima dobbiamo salvarli. Il riscaldamento globale aggrava le siccità, 
gli incendi boschivi e fa aumentare gli insetti dannosi, le foreste 
mondiali sono in crisi.

https://insideclimatenews.org/news/26052020/trillion-trees-climate-change

Nadia Simonini

Rete Nazionale Rifiuti Zero




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Gli alberi vengono riciclati e diventano opere d’arte. Succede a Caserta

La natura risorge nella Reggia di Caserta in forma inedita e artistica
















Succede, a volte, che la natura risorga, esattamente come la fenice dalle sue ceneri. E se a rendere possibile questo piccolo miracolo è la mano dell’uomo, il risultato non può che renderci orgogliosi del nostro operato nel mondo. E questo è un po’ quello che è accaduto all’interno della Reggia di Caserta, che si prepara all’imminente riapertura, più bella che mai.
Ma facciamo un passo indietro per comprendere meglio la situazione, e torniamo a dicembre 2019 quando, con l’arrivo del cattivo tempo, moltissimi alberi del parco e del giardino della Reggia di Caserta sono stati abbattuti, una ferita molto importante per il Complesso vanvitelliano.
Ma la natura non poteva morire in questo modo, ecco quindi che attraverso un avviso pubblico è stato istituito un progetto per la cessione del materiale con l’obiettivo di recuperare e valorizzare ciò che non doveva andare perduto, una sorta di riciclo creativo totalmente naturale.
L’arrivo di Covid-19 però, ha cambiato tutti i piani e il procedimento è stato sospeso, almeno fino ai giorni scorsi, quando i lavori sono finalmente ripartiti. Così gli alberi della Reggia sono stati riciclati e abbigliati in una forma assolutamente inedita.
Il legname degli alberi storici infatti, è stato utilizzato per realizzare oggetti di artigianato artistico che si potranno acquistare a Caserta e a Napoli. L’altra parte di materiale invece, sarà utilizzato per produrre energia pulita, mediante la gassificazione di scarti organici, destinata all’intero complesso della Reggia.
Si tratta di un progetto sperimentale che prevede il riutilizzo di materiali, nell’ottica dello sviluppo di una filiera territoriale etica e ecosostenibile, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030, che nello specifico riguardano salute e benessere, energia pulita e accessibile, consumo e produzioni responsabili per preservare il clima e la vita sulla Terra.
E quale occasione migliore, se non quella della riapertura, per raccontare i primi progressi di questo straordinario progetto? Dopo tre mesi di chiusura forzata per l’emergenza da Coronavirus infatti, il 2 giugno lo straordinario Parco reale aprirà ai visitatori che potranno godere di una vera e propria immersione in un patrimonio naturalistico, paesaggistico e architettonico incredibile, uno dei più belli del nostro Paese e del mondo.
fonte: https://siviaggia.it

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M'illumino di meno: giornata del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili



Venerdì 6 Marzo 2020 si celebra la giornata "M'illumino di meno", lanciata nel 2005, da Caterpillar e Rai Radio2, per chiedere agli ascoltatori di spegnere le luci non indispensabili e ripensare i consumi. 

Ecco il decalogo dell'iniziativa: 

1. Spegnere le luci quando non servono.
2. Spegnere e non lasciare in stand by gli apparecchi elettronici.
3. Sbrinare frequentemente il frigorifero; tenere la serpentina pulita e distanziata dal muro in modo che possa circolare l’aria.
4. Mettere il coperchio sulle pentole quando si bolle l’acqua ed evitare sempre che la fiamma sia più ampia del fondo della pentola.
5. Se si ha troppo caldo abbassare i termosifoni invece di aprire le finestre.
6. Ridurre gli spifferi degli infissi riempiendoli di materiale che non lascia passare aria.
7. Utilizzare le tende per creare intercapedini davanti ai vetri, gli infissi, le porte esterne.
8. Non lasciare tende chiuse davanti ai termosifoni.
9. Inserire apposite pellicole isolanti e riflettenti tra i muri esterni e i termosifoni.
10. Utilizzare l’automobile il meno possibile, condividerla con chi fa lo stesso tragitto. Utilizzare la bicicletta per gli spostamenti in città.
+1 Pianta un albero o una pianta 

👉 "Spegniamo le luci e piantiamo un albero. Un albero fa luce"

Questo l'obiettivo dell'edizione 2020. 

Una bellissima iniziativa che condividiamo molto volentieri e speriamo facciate lo stesso con i vostri amici. 

 Per seguire l'iniziativa: 
➡ M'illumino di Meno Radio2

Foreste in città? Sì, grazie!

La città ha mille potenzialità, ma anche forti limiti per la qualità della vita. Per favorire il superamento di tali limiti, diverse amministrazioni stanno investendo in quelle che vengono chiamate "infrastrutture verdi". Vediamo cosa sono.




Le città rappresentano grandi catalizzatori di idee, cultura, produttività, commercio e sviluppo sociale e offrono ai cittadini diverse opportunità di occupazione, educazione e nuovi stili di vita. Il potenziale delle città è però minacciato da una crescita urbana senza precedenti e da un aumento esponenziale della popolazione urbana su scala globale. In molte città nel mondo, il benessere delle comunità è a rischio con l’aumento dell’inquinamento, del degrado ambientale, della domanda di acqua, cibo ed energia, e della disoccupazione, oltre alla mancanza di spazi pubblici di qualità per la socializzazione e il tempo libero.


Molte amministrazioni locali stanno lottando per cercare di rispondere adeguatamente alle loro crescenti popolazioni, in particolare nei paesi a reddito medio-basso dove la popolazione urbana cresce spesso non in sintonia con il proprio sviluppo socio-economico. La mancanza di capacità nell’affrontare queste sfide poste da una crescita incontrollata della popolazione urbana produce povertà e fame, esacerbando l’esclusione sociale e aumentando il divario tra poveri e ricchi. Ciò è stato riconosciuto anche dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che nell’obiettivo per lo sviluppo sostenibile numero 11 (SDG 11) invita “a rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili”. E’ una sfida giornaliera quella che urbanisti e decisori politici mettono in atto al fine di mantenere un determinato livello di benessere per i cittadini, includendo l’accesso ad una alimentazione sicura, acqua pulita e potabile, energia, spazi verdi e condivisi e affrontando continuamente i conflitti di interesse legati all’utilizzo del territorio.


Le soluzioni sono a portata di mano, basta volerlo. Negli ultimi decenni, diverse città hanno iniziato una vera e propria transizione verso città più verdi, più sostenibili e adottando un modello di sviluppo urbano più resiliente.Stanno investendo in foreste, zone umide e altri spazi verdi - denominati nel complesso “infrastrutture verdi” – per risolvere tematiche precedentemente affrontate con soluzioni ingegneristiche che spesso includono cemento, asfalto ed acciaio. Opportunatamente pianificate, le infrastrutture verdi possono risultare più economiche e, al contempo, generare reddito ed occupazione, e aumentare anche la qualità dell’ambiente urbano. Se pienamente integrati nella pianificazione e gestione urbana locale, alberi e foreste possono aiutare a trasformare le città in luoghi più sostenibili, resilienti, salutari, equi e piacevoli in cui vivere.


Come contributo alla discussione e aumentare la consapevolezza del ruolo delle foreste nelle città, lo scorso anno la FAO, in occasione della Giornata Internazionale delle Foreste, ha invitato 15 sindaci di città di diverse regioni a livello mondiale a presentare le proprie esperienze e i risultati raggiunti. La pubblicazione che ne è nata (“Forests and sustainable cities – Inspiring stories from around the world”) testimonia come, spesso sottostimati, gli alberi possono essere potenti strumenti per affrontare molte delle moderne sfide urbane, incrementando il benessere delle comunità coinvolte. Gli alberi migliorano la qualità dell’aria rimuovendone gli inquinanti; assorbono l’anidride carbonica dando un notevole contributo alla lotta al cambiamento climatico; ombreggiando strade e palazzi, essi raffrescano le città, riducendo il consumo di energia e facendo quindi risparmiare soldi; molti alberi producono frutti commestibili per l’uomo, contribuendo quindi alla sicurezza alimentare; infine, piantare alberi in spazi pubblici accresce il senso estetico dei quartieri e, di conseguenza, il valore economico delle abitazioni.


Sebbene ogni singolo albero fornisca un concreto contributo alla qualità della vita in città, è la loro integrazione nelle diverse reti di spazi verdi a massimizzarne i benefici. Ad esempio, foreste urbane e peri-urbane ben pianificate e gestite aiutano la regolazione dei flussi idrici nelle città, intercettando e assorbendo le piogge; creano un ambiente favorevole per gli animali e le piante, contribuendo quindi alla conservazione della biodiversità; forniscono spazi ideali per l’esercizio fisico e la ricreazione, aumentando quindi il benessere e la coesione sociale delle comunità urbane. Foreste ben gestite intorno alla città garantiscono ai cittadini la fornitura di acqua di buona qualità e prevengono i fenomeni di erosione e degrado del territorio.


Ecco alcuni esempi di risultati raggiunti in città in diverse parti del mondo:


- a Pechino (Cina) sono stati piantati oltre 54 milioni di alberi tra il 2012 e il 2016;


- a Bangkok (Thailandia) a partire dal 2014 sono stati creati 10 nuovi parchi, dando priorità alle specie vegetali locali;


- a Phoenix (Arizona – USA) gli oltre 3 milioni di alberi forniscono benefici stimati in oltre 40 milioni di dollari all’anno;


- a Lubiana (Slovenia) sono stati definiti 1.150 ettari di foresta naturale per scopi ricreativi;


- a Vitoria-Gasteiz (Spagna) sono stati creati 6 nuovi parchi per un totale di 800 ettari;


- a Moreland (area metropolitana di Melbourne – Australia), a seguito di consultazione pubblica, i fondi per le foreste urbane sono stati incrementati del 50%.


Sono solo alcuni esempi che, insieme a tutti gli altri che si possono approfondire nella pubblicazione sopra richiamata, rappresentano certamente una fonte di ispirazione per i decisori politici locali che quotidianamente si trovano a lottare contro gli effetti avversi del cambiamento climatico.


E in Italia? Cosa si fa nel nostro Paese, e in particolare nelle nostre città, per mitigare gli effetti, purtroppo già evidenti del clima che cambia? In molte città sono partiti interessanti programmi di riforestazione urbana ma oggi qui ci concentriamo sulla capitale, la città di Roma.


Roma Capitale ha aderito al Patto dei Sindaci per il Clima e l’Energia ed entro il mese di novembre di quest’anno dovrà presentare il proprio Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC) nel quale evidenziare le azioni che concorreranno alla riduzione delle emissioni climalteranti della città di almeno il 40% entro il 2030. Una parte del PAESC di Roma Capitale, annunciata in diverse occasioni pubbliche, è dedicata alle aree forestali urbane che, questo era l’obiettivo dichiarato, avrebbero raddoppiato il numero di alberi presenti nella città entro il 2030. Stiamo parlando di circa 25-30.000 alberi da mettere a dimora ogni anno nei prossimi dieci anni. Cifre molto lontane dalla realtà odierna, laddove l’Amministrazione capitolina ha evidenziato molte carenze già nel solo mantenimento degli alberi attualmente presenti. In attesa di sapere in che modo l’Amministrazione capitolina affronterà questa sfida, credo molto utile, proprio come fonte di ispirazione, far conoscere un’iniziativa molto interessante già lanciata a Roma, in collaborazione proprio con l’Amministrazione locale nell’ambito delle iniziative PAESC: si tratta del progetto ReTree Porta Metronia.


Il progetto nasce da un’idea di un cittadino residente nel quartiere di Porta Metronia che ha presentato l’idea progettuale al Comune di Roma, dopo aver già messo in atto alcune azioni propedeutiche per il successo dell’iniziativa. Al fine di coinvolgere maggiormente la popolazione residente, il progetto è stato condiviso con il Comitato Mura Latine, storico comitato di quartiere attivo da anni sul territorio. Si tratta quindi di un progetto partecipato con l’obiettivo di ripiantare gli alberi dove non ci sono più. La zona di Porta Metronia ha visto negli ultimi anni una continua perdita di alberi senza una conseguente e pianificata azione di ripiantumazione.


ReTree Porta Metronia si propone come progetto ad alto grado di replicabilità e con un duplice obiettivo: da una parte, rivalorizzare l’area, reinserendo gli alberi negli spazi già destinati a tale modalità, ridando vita e vigore al verde della zona e, dall’altra, coinvolgere gli abitanti aumentandone la consapevolezza rispetto all’importanza del tema ambientale e di cura del verde. Il progetto si sviluppa in diverse fasi: l’analisi territoriale, il finanziamento, la scelta delle specie da piantumare, l’eliminazione delle ceppaie e la piantumazione di nuovi alberi. Dall’analisi territoriale è emerso che nell’area si contano al momento un totale di 229 tazze con alberi mancanti, specificatamente categorizzate in 122 spazi liberi da ceppaie, 18 occupati da ceppaie piccole, 29 occupati da ceppaie medie, 53 occupati da ceppaie grandi e 7 occupate da piante abusive.


Il finanziamento avverrà in due modalità distinte e complementari: a livello territoriale, attivando dei punti di raccolta fondi nella zona e in rete, attivando una campagna di crowdfunding per i cittadini e per le imprese. Modalità che sono già operative e che hanno portato ad oggi alla raccolta di oltre 6.000 euro a fronte di un costo totale del progetto stimato in circa 41.000 euro. Questi primi fondi raccolti sono stati subito impiegati per l’acquisto e la piantumazione di alberi in alcune strade del quartiere. Per quanto riguarda la selezione delle specie di alberi da piantumare si è fatto tesoro delle esperienze provenienti dal progetto GAIA del Comune di Bologna e da quelle del comitato di quartiere Monteverde Attiva, altro comitato di quartiere storico attivo a Roma.


Per il progetto ReTree Porta Metronia si è giunti, anche in sinergia con le indicazioni ricevute dal Servizio Giardini di Roma Capitale, alla selezione di sette specie adatte alla conformazione delle strade dell’area di riferimento. Il Servizio Giardini di Roma Capitale si occuperà direttamente dell’eliminazione delle vecchie ceppaie e del coordinamento delle azioni di ripiantumazione. Una prima analisi ha stimato che le nuove piantumazioni consentiranno l’assorbimento di circa 6.700 kg di CO2 all’anno. Per maggiori informazioni e rimanere aggiornati sul progetto: https://it.ulule.com/retree-porta-metronia/


ReTree Porta Metronia è un piccolo ma grande progetto. Piccolo nelle dimensioni ma grande nelle prospettive. Cittadini, associazioni ed imprese locali e amministrazione locale: solo se si lavorerà insieme per il bene comune si avrà successo. E ReTree Porta Metronia può essere un ottimo esempio. E’ necessario adesso che l’Amministrazione Capitolina creda fortemente in progetti di questa natura e li faciliti al massimo, magari destinando anche delle risorse economiche adeguate, al pari di quanto fatto da altre capitali nel mondo.


fonte: www.ilcambiamento.it