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Biometano, la produzione agricola potrebbe coprire il 12% dei consumi italiani di gas


















In Italia il gas ricopre un ruolo rilevante con il 34,6% di contributo al consumo interno lordo: 70.914 milioni di metri cubi distribuiti principalmente tra il settore residenziale (con il 40,7% dei consumi), industriale (20,4%) e quello dei trasporti (1,5%).
Eppure la produzione di biometano – un biocombustibile che si ottiene sia dagli scarti di biomasse di origine agricola, sia dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani derivante dalla raccolta differenziata – nel solo settore agricolo potrebbe coprire il 12% dei consumi attuali di gas in Italia con evidenti vantaggi ambientali e economici.

Il biometano è un anello fondamentale per il corretto trattamento dei rifiuti biodegradabili nell’ambito del nuovo scenario dell’economia circolare a livello nazionale, a partire dalle regioni del centro sud, ed europeo. Può avere, inoltre, un ruolo fondamentale nella strategia energetica del nostro Paese, per ridurre l’inquinamento atmosferico e nella lotta ai cambiamenti climatici. Secondo il Comitato Termotecnico Italiano il biometano è in grado, infatti, di evitare l’immissione di gas serra di almeno il 75% rispetto a quelle dei combustibili fossili, un contributo fondamentale all'obiettivo di contenimento del surriscaldamento del pianeta entro 1,5 gradi centigradi come recentemente auspicato dal Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC). L’intero processo, oltre alla produzione di energia verde, permette inoltre di avere come risultato finale un ammendante utile a ridare fertilità ai suoli impoveriti dall'agricoltura intensiva. Senza dimenticare che il biometano "fatto bene” è una grande opportunità economica per i territori, anche in relazione alla creazione di nuovi posti di lavoro.
Sono tutti temi di cui si è discusso oggi nel corso della seconda conferenza nazionale L’era del biometano, promossa da Legambiente a Bologna, per raccontare non solo lo stato dell’arte in Italia, ma anche per rendere sempre più concrete le opportunità per aziende e territori, partendo proprio da quelle esperienze imprenditoriali già attive e di successo. Anche perché il 2018 è stato l’anno di approvazione del tanto atteso decreto per la promozione dell’uso del biometano nel settore dei trasporti. Una misura che, insieme alla definitiva approvazione del nuovo pacchetto di direttive europee sull’economia circolare, che pone tra gli altri l’obbligo della raccolta separata dell’organico a livello europeo, deve accelerare la transizione verso un modello di consumo più sostenibile. Con lo stesso decreto si aprono nuovi e importanti scenari, a partire dai 4,7 miliardi di euro messi in bilancio dallo Stato fino al 2022 per i nuovi impianti per la produzione di biometano e biocarburi da rifiuti. Un incentivo che mira a sostenere i maggiori costi nella produzione di biocarburanti, rendendoli così competitivi con quelli dei combustibili fossili nel settore dei trasporti.
«Il biometano non solo si presta ad essere e a diventare un fonte energetica sempre più strategica nel settore dei trasporti e dei consumi domestici, ma siamo convinti giocherà un ruolo fondamentale nella transizione energetica, offrendo importanti occasioni di rilancio per le imprese, soprattutto agricole, oltre che uno strumento fondamentale per la lotta ai cambiamenti climatici e nella gestione dei rifiuti – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente –. In particolare su quest’ultimo punto non possiamo più aspettare. Occorre partire con la realizzazione di nuovi impianti di digestione anaerobica per la produzione di biometano per il trattamento della frazione organica, a partire dalle regioni del centro sud Italia che oggi ne sono carenti, nonostante l’umido rappresenta il 30-40% del totale dei rifiuti prodotti, e affiancare con questa tecnologia anche gli impianti di compostaggio aerobici esistenti, per ottimizzare il processo. Per questo è necessario da subito individuare necessità e creare sinergie per favorire lo sviluppo di un sistema integrato e soprattutto "fatto bene”, sostenendo l’impegno di istituzioni e imprese e coinvolgendo i cittadini sulla strategicità, i vantaggi ambientali ed economici e garantendone la partecipazione con strumenti che integrino il normale iter autorizzativo, fornendo un’informazione corretta e trasparente».
Al di là di superare le carenze normative ancora presenti nel nostro paese (prime fra tutte quelle sulla distinzione tra "sottoprodotto” e "rifiuto” e i limiti all’utilizzo agronomico del digestato previsti dal Decreto Mipaaf 5046), è oggi infatti necessario accompagnare la necessaria realizzazione di nuovi impianti con processi partecipativi e di coinvolgimento della cittadinanza, sulla base di esperienze già in essere nel nostro Paese, con l’obiettivo di dare ai territori garanzie di impianti ben fatti e trasparenza nei processi. A tal proposito utile ricordare che, secondo l’Osservatorio Media Permanente Nimby Forum, nel 2016, sono state 359 le attività di opposizione contro opere di utilità pubblica o contro progetti di nuovi impianti, con un aumento del 5% dei contenziosi rispetto all’anno precedente. Di questi il 56,7% ha riguardato il settore energetico (75,4% fonti rinnovabili) e il 37,4% quello dei rifiuti.
I ritardi nella normativa hanno, inoltre, aperto a interpretazioni controverse, a procedure burocratico-amministrative di autorizzazione diverse da Regione a Regione e prodotto scarsa conoscenza della materia da parte di molte amministrazioni e amministratori, il tutto a ritardare la nascita di biometano "fatto bene”. Conoscenze, informazione, trasparenza, dialogo, negoziazione e partecipazione alla base dello sviluppo degli impianti nei territori.
La conferenza nazionale promossa da Legambiente è stata un’occasione per valorizzare il ruolo del biometano nella copertura dei fabbisogni energetici del paese a partire dal suo ruolo nei trasporti urbani e pesante, ma anche nella gestione sostenibile delle frazioni biodegradabili (organico da raccolta differenziata, scarti agricoli, rifiuti agroindustriali, fanghi di depurazione, etc), per confrontarsi con i decisori istituzionali e gli stakeholders del settore della produzione e della distribuzione, affrontando criticità, normative e tecniche della filiera
fonte: www.oggigreen.it

Quale alternativa ai vecchi impianti di incenerimento?













Un'alternativa più moderna e meno impattante potrebbero essere le cosiddette "Fabbriche dei materiali". Le fabbriche dei materiali sono in grado, grazie a nuove tecnologie, di separare sempre più i rifiuti indifferenziati, permettendo di rigenerare nuovi materia. A questo proposito vi riporto una descrizione di questa tipologia di impianti che mi è stata fornita recentemente da Enzo Favoino della Scuola Agraria del Parco di Monza: «Un impianto di recupero di materia dal rifiuto residuo (RUR) è costituito da due sezioni parallele di trattamento: in una viene lavorata la frazione residua (sottovaglio) che contiene ancora componenti fermentescibili. Questa viene resa “inerte” attraverso un processo di “stabilizzazione” (del tutto analogo al compostaggio) in modo da minimizzarne gli impatti relativi alla collocazione a discarica. Nell’altra sezione (che tratta il sopravvallo) viene fatto invece il recupero dei materiali, attraverso una combinazione di varie separazioni sequenziali (ad esempio separatori balistici, magnetici, lettori ottici) analogamente a quanto avviene nelle piattaforme di selezione dei materiali da raccolta differenziata. E’ immediato accorgersi che un impianto di questo tipo, è perfettamente adattabile all'aumentare della raccolta differenziata: si aumenterà la lavorazione del rifiuto differenziato (compostaggio dell’organico e selezione delle frazioni CONAI) e si diminuirà parallelamente il trattamento del residuo, lavorando su diverse linee o diversi turni». 

Rete Nazionale dei Comitati Rifiuti Zero

Il Parlamento Europeo discute del pacchetto rifiuti

Tra pochi giorni saranno messe al voto, a Strasburgo, le proposte di modifica al pacchetto rifiuti 


















In occasione della sessione plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo, il prossimo 13-16 marzo 2017, le proposte del pacchetto rifiuti saranno messe al voto; i parlamentari europei sostengono, in particolare:
  • la spinta al riciclaggio,
  • il taglio dei rifiuti smaltiti in discarica,
  • il freno allo spreco alimentare.
Nella discussione sugli emendamenti al progetto UE, cosiddetto "pacchetto rifiuti", è emersa la necessità di elevare la quota di rifiuti da riciclare, che dovrebbe essere portata al 70% nel 2030, mentre lo smaltimento in discarica, che ha un grande impatto ambientale, dovrebbe essere limitato al 5%, inoltre dovrebbe essere prevista una riduzione del 50% dei rifiuti alimentari entro il 2030.
Queste in sintesi le proposte degli europarlamentari che si sono occupati della materia.
Il Parlamento Europea crede nella transizione verso un'economia circolare, per questo ritiene che siano necessari obiettivi ambiziosi per il riciclaggio e la riduzione dello smaltimento in discarica, in linea con quanto la Commissione aveva inizialmente proposto nel 2014.
Secondo il Parlamento, sarebbe quindi opportuno che, entro il 2030, almeno il 70%, e non il 65% come proposto dalla Commissione, dei rifiuti urbani vengano riciclati o preparati per il riutilizzo (vale a dire controllati, puliti o riparati). Per i materiali di imballaggio, come carta e cartone, plastica, vetro, metallo e legno, gli europarlamentari propongono l'obiettivo dell'80% al 2030, con step intermedi per ogni materiale fissati al 2025.
Per quanto riguarda, invece, le discariche, il progetto di legge limita la quota di rifiuti urbani da smaltire in discarica al 10% entro il 2030, mentre gli europarlamentari propongono un limite più sfidante del 5%, anche se con una possibile proroga di cinque anni, a determinate condizioni, per gli Stati membri che conferiscono in discarica oltre il 65% del loro rifiuti urbani nel 2013. Si tratta di paesi come Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia, Malta e Romania, che conferiscono in discarica ancora più di tre quarti dei loro rifiuti urbani.
Infine, in merito alla produzione di rifiuti alimentari, stimata in circa 89 milioni di tonnellate, pari a 180 kg pro capite all'anno, gli europarlamentari sostengono un obiettivo UE di riduzione di questa tipologia di rifiuti del 30% entro il 2025 e del 50% entro il 2030, con riferimento ai dati del 2014.
 
fonte: www.arpat.toscana.it

Pesarsi, per pesare meno


















Riduzione dei rifiuti e creazione di una comunità consapevole e informata sulle tematiche di sostenibilità ed economia circolare sono gli obiettivi del progetto pilota ‘Famiglie Rifiuti Zero’ promosso dal Comune di Capannori (LU), Ascit e Centro di Ricerca Rifiuti Zero che prenderà il via martedì 17 gennaio.
L’avvio dell’innovativo progetto sarà preceduto lunedì 16 gennaio da un incontro in programma alle ore 21 nella sede del Centro di Ricerca Rifiuti Zero al polo tecnologico di Segromigno in Monte rivolto alle famiglie che su base volontaria hanno deciso di aderire al progetto sperimentale della durata di 12 mesi. Nel corso della serata, alla quale interverranno l’assessore all’ambiente Matteo Francesconi, Rossano Ercolini Goldman Environmental Prize 2013 e coordinatore del Centro di Ricerca Rifiuti Zero e Maurizio Gatti presidente di Ascit sarà consegnato il diario “Rifiuti Zero”, sul quale dovranno essere annotati tutti i dati circa le pesature e i conferimenti come previsto dal disciplinare del progetto.
Le famiglie – che in questa fase iniziale del progetto sono una ventina ma potrebbero aumentare poiché le adesioni sono ancora aperte – dovranno infatti auto-pesare i rifiuti differenziati (tale pesatura sarà oggetto di autodichiarazione): organico (ciò che non va in composter); multimateriale leggero; vetro; carta (facoltativo); annotare il numero di conferimenti di pannolini e pannoloni; portare gli ingombranti che possono essere riparati o riusati ai centri di riuso ‘Daccapo’ o conferire quelli irrimediabilmente rotti alle isole ecologiche. Sarà a carico del Centro di Ricerca Rifiuti Zero pesare ogni due mesi il rifiuto residuo (RUR) tramite apposita visita concordata con un membro autorizzato del team del Centro. Attraverso un attento sistema di monitoraggio della quantità di rifiuti prodotti e la realizzazione di buone pratiche relative al consumo critico e alle modalità di spesa con questo progetto sperimentale si mira a ridurre sensibilmente gli scarti generati dai nuclei familiari aderenti soprattutto per quanto riguarda l’ indifferenziato. Le famiglie aderenti avranno diritto ad uno sconto sulla quota variabile della TARI del 10% oltre ai già previsti sconti consentiti dal regolamento comunale.
Con questo progetto, che vuole essere anche un’azione di sensibilizzazione per tutta la comunità sull’importanza di ridurre i rifiuti prodotti, vogliamo avvicinarci ulteriormente al raggiungimento dello ‘zero’ nella generazione dei rifiuti – afferma l’assessore all’ambiente Matteo Francesconi -. Credo che adottando tutta una serie di comportamenti virtuosi, come, ad esempio, scegliere prodotti con imballaggi ridotti o acquistare prodotti alla spina, ci sia ancora margine per abbattere la quantità di residui prodotti sul nostro territorio. Ringrazio le famiglie che hanno aderito al progetto per aver accettato questa nuova scommessa”.
‘Famiglie Rifiuti Zero’ mette a punto in modo concreto e incisivo quello che il Centro di Ricerca fa attraverso l’analisi del rifiuto residuo, ossia vuole incidere su quel circa 20% di indifferenziata che ancora viene prodotta a Capannori, andando ad interagire direttamente con le abitudini di consumo della popolazione – spiega Rossano Ercolini, coordinatore del Centro di ricerca rifiuti zero -. L’obiettivo è diminuire ulteriormente la quantità di prodotti non riciclabili, nè compostabili, nè riutilizzabili insieme ai cittadini, che da sempre sono il vero motore per la realizzazione della strategia Rifiuti Zero in una comunità”.
I partecipanti al progetto e i volontari del centro di ricerca rifiuti zero faranno parte di una mailing list e di un gruppo whatsapp per facilitare la comunicazione tra tutti i soggetti interessati. Per informazioni centrorifiutizero@gmail.com , 348 0894509; 340 7212472; 333 4977274.

fonte: http://comunivirtuosi.org

Al via la campagna di sensibilizzazione del Centro di Ricerca Rifiuti Zero del Comune di Capannori



Comunicato stampa del Comune di Capannori
Tra i prodotti per cui si chiede un imballaggio riciclabile anche ‘Estahè’
Stilata una black list con 24 prodotti denominata “Quella sporca doppia dozzina’ che non risultano ‘digeribili’ dal sistema di di-gestione degli scarti.
Dagli studi condotti dal Centro Rifiuti Zero del Comune di Capannori sulla percentuale di rifiuto indifferenziato, che a Capannori si attesta sul 20%, è emerso che oltre la metà di questo residuo è il prodotto di errori di progettazione che non rendono differenziabili un lungo elenco di prodotti. Nella ‘black list’ dei prodotti che ad oggi non risultano ‘digeribili’ dal sistema di di-gestione degli scarti ce ne sono 24, chiamati quella ‘Doppia Sporca Dozzina’ inseriti in un documento di sensibilizzazione redatto dal Centro Ricerca Rifiuti Zero del Comune di Capannori insieme a Zero Waste Italy e ‘Ambiente e futuro’ cui seguiranno lettere che verranno inviate ai principali produttori dei “prodotti imputati” con una campagna chiamata ‘C’è posta per te’, non tanto per innescare sterili conflitti ma per caldeggiare processi di collaborazione finalizzati a migliorare le progettazioni oggetto di motivata critica. La campagna durerà un anno intero ed è finalizzata a connettere il “civismo” delle comunità chiamate a fare la differenza e la differenziata con la responsabilità dei produttori per coinvolgerli in un processo di responsabilizzazione rivolto a riprogettre il prodotto per renderlo ‘riciclabile sull’esempio di quanto già successo con il ‘caso studio’ a proposito delle capsule per il caffè.
Tra i prodotti ‘imputati’ ci sono pannolini e pannoloni usa e getta, prodotti in tessuto non tessuto, penne a sfera, rasoi usa e getta, nonché le ‘cicche’ di sigarette, i tubetti di dentifricio e gli spazzolini da denti. C’è poi anche il caso del bicchierino di Estathè prodotto di largo consumo soprattutto tra i giovani, che pur essendo conferibile nella raccolta differenziata della plastica o del multimateriale leggero è difficilmente riciclabile (è composto da polimero di polistirene C./PS90) e, tra l’altro, viene ritrovato abbandonato ovunque nei piazzali lungo le strade e di fronte alle scuole perché spesso consumato all’aperto. Anche il produttore di ‘Estathè’ sarà quindi interessato dalla campagna ‘C’é posta per te’.
“Il senso e il compito dei Centri di Ricerca Rifiuti Zero è studiare il rifiuto urbano residuo (RUR) per capirne le ‘patologie’ che ancora costringono i cittadini pur virtuosi a consegnarlo alla fase dello smaltimento – spiega Rossano Ercolini coordinatore del Centro Ricerca Rifiti Zeri e presidente di Zero Waste Italy -. Dagli studi da noi condotti sul campo abbiamo riscontrato che oltre la metà del 20% residuo presente a Capannori è il prodotto di errori di progettazione che non rendono differenziabili un lungo elenco di prodotti. In questo processo, dopo aver sensibilizzato e coinvolto i cittadini nelle raccolte porta a porta occorre ora coinvolgere i produttori. Questa fase, per la strategia Zero Waste si definisce ‘Coinvolgimento della Responsabilità Estesa dei Produttori’ chiamati a fare la loro parte rimpiazzando prodotti, e non solo imballaggi, non riciclabili o compostabili e non riusabili con altri ‘figli’ di una progettazione che miri ad allungare il ciclo di vita dei prodotto o perlomeno a renderlo riciclabile e quindi nuovamente inseribile in processi di Economia Circolare.
“Con questa importante iniziativa si apre una nuova e importante fase della strategia Rifiuti Zero – afferma il sindaco Luca Menesini -. Dopo aver coinvolto i cittadini nel realizzare la raccolta porta a porta con ottimi risultati, adesso si chiede alle aziende produttrici di fare la propria parte, affinché tutta una serie di prodotti che ancora oggi non sono né riciclabili, né compostabili e che quindi finiscono nel ‘sacco grigio’ vengano ripensati e progettati in modo da renderli recuperabili. Le aziende insomma vengono invitate a svolgere una progettazione che si faccia carico dell’intero ciclo di vita dei loro prodotti in una concezione che va “dalla culla alla culla” e che muove da assunti che legano strettamente sostenibilità ambientale, azzeramento dello spreco di risorse a processi economici basati sulla responsabilità e sulla efficienza per contribuire a trasformate un modello economico lineare in un modello economico circolare pensato per potersi rigenerare da solo”.
I 24 prodotti della black list: pannolini, pannoloni, assorbenti femminili; cotton fioc; accendini monouso; spazzolini da denti; tubetti di dentifricio; figurine ed adesivi; scontrini fiscali; capsule e cialde per il caffè monoporzionato; appendini in plastica; CD, floppy disk; chewingum; rasoi usa e getta; mozziconi di sigarette; stoviglie usa e getta (cucchiai, forchette, coltelli in plastica); penne a sfera, pennarelli, evidenziatori; guanti in lattice monouso; salviette umidificanti; cerotti per medicazioni; nastro adesivo; carta carbone, carta forno; carta plastificata (bicchieri, imballaggi non tetrapack), tovaglie, tovaglioli monouso in Tessuto non Tessuto (TNT); carte di credito scadute, bancomat, e tessere plastificate; lettiere sintetiche per gatti ed animali domestici.

fonte: http://www.zerowasteitaly.org

Zero Waste Europe inizia la Campagna per un obiettivo UE di minimizzazione del RUR

Con questo documento che abbiamo preparato come Zero Waste Europe comincia la campagna a livello Europeo per tabellare obiettivi in termini di minimizzazione del RUR (Rifiuti Urbani Residui) in kg/ab.anno (anziché solo i tassi di RD che dimenticano il tema della riduzione  e del contenimento della produzione complessiva di rifiuto). Anche EEB, l'associzione-ombrello  di tante ONG ambientaliste europee, ha sposato la proposta, e proporrà alla UE l'adozione di un obiettivo di minimizzazione del RUR nella discussione sul Pacchetto Economia Circolare, in ossequio a principi ed approccio RZ.




Impressionante e altamente evocativo il terzo ed ultimo grafico che vedete nel comunicato qui, e che mostra il balzo in avanti della Slovenia grazie alla adozione, sotto la nostra guida e supporto, della strategia RZ, mentre molti Paesi del Nord e Centro Europa sono fermi, impantanati, con buona pace di chi dice che non c'è contraddizione tra incenerimento e crescita della RD.
Dal primo grafico si vede anche che in termini di RUR l'Italia  sta molto, molto meglio (e nonostante tutto quello che rimane da fare) della Danimarca, portata a modello da chi propone l'incenerimento.

Enzo Favoino
Chair, Scientific Committee
Zero Waste Europe