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IsdeUmbria: AUDIZ I° COMMIS lg CARISSIMI



IsdeUmbria


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IsdeUmbria: "Rendere piu semplice produrre rischi. Il disegno di legge regionale del Consigliere Carissimi (Lega)

 














ISDE Umbria ha illustrato di fronte alla Ia Commissione consiliare lunedì 29 marzo una serie di osservazioni critiche sul disegno di legge che il Consigliere ternano della Lega, Carissimi, ha presentato in Consiglio Regionale, entrando nel merito degli impatti attesi per la salute degli umbri per effetto delle principali modificazioni che introduce:

1) Semplificazione delle procedure autorizzative. Il DdL Carissimi:

- limita e spossessa i cittadini, gli esposti involontari, le associazioni ambientaliste e gli enti preposti alla tutela del patrimonio e dell'interesse pubblico del diritto sancito da norme nazionali sia a partecipare che ad istruire appropriatamente i procedimenti autorizzativi;

- incoraggia i produttori di rischio a predare i commons aria, acqua e suolo e ad immettervi ulteriori quantità di inquinanti oltre a quelli già presenti;

- comporta ingenti costi aggiuntivi per la collettività, legati alle numerose esternalità negative che l'approvazione della norma produrrebbe;

- declina un'applicazione del principio di precauzione funzionale ai produttori di rischio

- presenta vistosi profili di incostituzionalità in quanto peggiorativa di norme nazionali in materia di protezione dell'ambiente, una competenza che non è stata assegnata alle Regioni problema che peraltro il Cons. Carissimi vuole risolvere proponendo come Lega una semplificazione delle procedure di VIA a livello nazionale, date le sue entrature politiche nel sedicente Ministero della Transizione Ecologica.

2) Semplificazione nella circolazione di categorie di rifiuti di cui all'Elenco Verde della normativa europea sulla regolamentazione del trasporto di definite categorie di rifiuti. Il DdL:

- rafforza la libertà' di circolazione dei rifiuti, in una Regione che ha visto numerosi e recenti episodi di circolazione e smaltimento illegale di rifiuti tossici e nocivi;

- pur non riguardando il CSS combustibile facilita la disponibilità di CSS e di altre categorie di rifiuti di cui già ora è previsto l'incenerimento in cementifici e inceneritori umbri;

- declina una accezione “estrattivista “ dell'economia circolare che ne nega i presupposti fondativi, rendendola inefficace (es.: il cemento che si produrrà a Gubbio non ha nulla di circolare perche' non essendo progettato “dalla culla alla culla” diffonderà sostanze tossiche.)

3) Potenziale conflitto di interessi e carenze nell'analisi del contesto :

- il DdL presenta potenziali e consistenti conflitti di interesse vista l'attività di consulente ambientale svolta dal consigliere stesso verso molte aziende: manca al riguardo una dichiarazione verificabile di assenza di conflitto di interessi che darebbe alla assemblea legislativa un basilare elemento di valutazione sull'atto in discussione. Peraltro la normativa italiana sulla trasparenza nella pubblica amministrazione prevede che anche la Regione Umbria definisca, applichi e verifichi i potenziali conflitti di interesse presenti nella sua struttura tecnica e soprattutto in quella politica.

- il DdL non tiene conto della situazione epidemiologica, dei dati di caratterizzazione ambientale delle matrici in Umbria e del ruolo protettivo svolto dalla partecipazione dei cittadini e dalla appropriata istruzione dei processi autorizzativi che richiede tempi, competenze e pluralità di punti di vista da soppesare vista la complessità dei temi ambiente e salute, su cui la relazione interviene ricordando sia le basi scientifiche su cui poggia la posizione di ISDE Umbria sul Ddl Carissimi, sia la criticità' della situazione ambientale, dove i risultati dei bio monitoraggi, effettuati anche in Umbria, depongono per una diffusa e pericolosa presenza di miscele di inquinanti nei liquidi biologici e nel corpo umano per effetto della contaminazione delle matrici ambientali, mentre valutazioni del rischio condotte nella nostra regione depongono per l'insufficienza dei procedimenti AIA e piu' in generale del vigente modello di prevenzione primaria territoriale nel tutelare adeguatamente la salute umana.

Il testo, che riporta in allegato le osservazioni del Comitato NO CSS di Gubbio che non ha potuto partecipare all'audizione, e' corredato da una serie di “Raccomandazioni” che si chiudono con l'auspicio che il DdL Carissimi sia lasciato “alla critica rodente dei topi”.


Osservazioni di ISDE Umbria al disegno di legge Carissimi


Carlo Romagnoli

Presidente ISDE Umbria

surfcasting.dakhla@gmail.com



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Comunicato stampa - Umbria, il turismo dell'immondizia

 





COMITATO NO CSS NELLE CEMENTERIE DI GUBBIO | COMITATO GUBBIO SALUTE AMBIENTE |COMITATO NO ANTENNA | COMITATO PER LA TUTELA AMBIENTALE DELLA CONCA EUGUBINA | ISDE UMBRIA | COMITATO PER LA TUTELA DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO GUBBIO | WORLD WILDLIFE FUND PERUGIA


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Cercasi esperti Via-Vas, avviso pubblico del Ministero dell’ambiente


















Il Ministero dell’ambiente, della tutela di territorio e del mare ha pubblicato un avviso pubblico per la manifestazione d’interesse alla nomina a componente della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS (art. 18, comma 2 Dlgs 152/2006 e successive modifiche). 40 le figure da selezionare, in diverse materie (25 esperti in Area ambientale, 4 in Area economica, 8 in Area giuridica, 3 Area salute pubblica); la manifestazione di interesse deve pervenire a mezzo Pec entro il 10 dicembreVai al bando >

fonte: http://www.snpambiente.it/

Comunicato Stampa Il “Riccio” interviene sulla Nuova Vetreria Piegarese


Il Gruppo Ecologista “Il Riccio”, Associazione di Volontariato di matrice ambientale, con sede a Città della Pieve, è venuto da poco a conoscenza della volontà, da parte della Vetreria Cooperativa Piegarese (VCP), già proprietaria di due ciminiere attive, di investire in un nuovo impianto industriale, che si vorrebbe realizzare a soli 2000 mt circa dalla fabbrica esistente, ubicata nei pressi di Piegaro.



L'Associazione sente il dovere di esprimere un proprio parere in merito e di richiamare l'attenzione delle Istituzioni tutte sulla vicenda, poiché la nuova fabbrica si andrebbe ad inserire in un territorio, la Valnestore, già fortemente provato in materia di inquinamento ambientale. L'inchiesta della Magistratura, che indaga nell'area della vecchia centrale Enel, e che non si è ancora conclusa, ci suggerisce una criticità ambientale ormai accertata, causata da fumi ed interramenti inquinanti che si sono protratti per decenni e che oggi richiedono un delicato intervento di bonifica dell'area; ben 255 ettari sono sotto sequestro del NOE di Perugia su ordine della Procura della Repubblica.
Perfino il fiume Nestore, da cui la vallata prende il nome, non gode di buona salute, gli ultimi monitoraggi effettuati dall’Arpa evidenziano forti alterazioni sia a carico delle comunità biologiche che dei parametri chimico-fisici di base, in netto contrasto con la Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60 CE. Senza dimenticare l’inquinamento scaturito dal traffico veicolare indotto, si tratterebbe di 114 camion al giorno solo tra la vetreria esistente e quella in progetto.





La seconda vetreria si stima possa portare 80 posti di lavoro, ma a quale prezzo?
Una quarta ciminiera nella vallata, l’incremento delle emissioni da traffico pesante, le acque di raccolta indirizzate nel fiume Nestore, con le dovute incognite, ed un laghetto naturale, alimentato direttamente dalla falda con una capacità di 15.000 mc, che sarà invece destinato al raffreddamento dei circuiti chiusi dei nuovi impianti.
La situazione complessiva desta non poca apprensione e ci chiediamo pertanto se attivare un’ulteriore industria, potenzialmente impattante, sia la scelta migliore per la salute pubblica, attualmente invalidata da un preoccupante tasso di incidenza tumorale, che pone la Valnestore, e Piegaro in particolare, ai primi posti in Umbria.
L'area individuata per la nuova vetreria è la zona industriale della Potassa, peraltro adiacente il centro abitato di Tavernelle, luogo di interramento di ceneri industriali, come denunciato da Comitati e Associazioni ambientaliste, e che si dimostra, anche per questo motivo, area poco indicata ad ospitare una quarta ciminiera. Tra l'altro, come noto ormai da decenni, il posizionamento di ciminiere nelle valli, a causa della scarsa ventilazione, impedisce un’adeguata dispersione dei fumi, che per forza di cose andrebbero a ricadere nel raggio di pochi chilometri, ovvero su tutte le località limitrofe.



Non trascurabile è lo stesso impatto visivo, già decisamente compromesso da vecchi capannoni industriali di privati e dai nuovi depositi della stessa VCP, di recente costruzione, e, a nostro avviso, non adeguatamente camuffati, ai quali la nuova ciminiera e corpo di fabbrica, darebbe maggiore risalto. Già oggi la visione dalle alture e dai preziosi Borghi del territorio, che si affacciano sulla valle, non è delle migliori, anche a causa di un’incomprensibile distribuzione di aree industriali, a macchia di leopardo, intorno al centro abitato di Tavernelle, talune abbandonate e consolidate, con il
passar del tempo, come simboli eretti al degrado urbano.
Echeggiano ancora nitide le voci delle Istituzioni Comunali e non solo, che hanno promesso ai cittadini, ed alla Valnestore, martoriata dalle vicende giudiziarie, che il territorio in questione ha già dato e mai più si sarebbero costruite ciminiere nella valle, anche per questo, la notizia ci copre di sconcerto lasciandoci attoniti.
Autorizzare il progetto della Vetreria Cooperativa Piegarese, sarebbe un modo piuttosto atipico e discutibile scientificamente, per Regione e Comuni interessati, di ripristinare la salubrità, di mettere in sicurezza l'area e di iniziare il necessario percorso di bonifica.
Concludendo si chiede ai Comuni di Panicale e Piegaro ma anche e soprattutto alla Regione Umbria, incaricata proprio in questi giorni di vagliare il progetto e di valutarne la VIA, di tenere debitamente in considerazione che il sistema economico si trova all’interno di un più ampio sistema ecologico e, pur usufruendo delle sue risorse naturali e dei suoi servizi eco-sistemici, deve rispettarne regole di funzionamento e limiti fisici, biologici e climatici, di ponderare adeguatamente il caso, dimostrando sensibilità ed interesse per un territorio compromesso, la cui tutela e l’attuazione del Principio di Precauzione è, a nostro avviso, un obbligo.
Il Gruppo Ecologista pievese, ovviamente, non rimarrà inerte e verificherà il procedere della vicenda.

Il Gruppo Ecologista “Il Riccio”


Villa Pitignano. Agriflor: la Ditta dei rifiuti lavora, ma non potrebbe



















A Villa Pitignano, nel centro abitato, la ditta che lavora 54.000 tonnellate all’anno di rifiuti, che crea miasmi pestilenziali, specialmente in estate, ed altre emissioni inquinanti per il transito dei mezzi di trasporto sulla viabilità principale, continua a chiedere autorizzazioni alla Regione per rimanere là dove è stata autorizzata, nonostante l’incompatibilità urbanistica e ambientale. 
Il “Comitato Spontaneo  Antipuzza Villa Pitignano  Ponte Felcino Bosco e Ramazzano ”, infuriato,  chiede da anni alle istituzioni di delocalizzare questa attività insalubre fuori dal centro abitato, come prevede la normativa sanitaria. Il WWF, per il tramite dell’Avv. Valeria Passeri,  sostiene questa legittima naturale richiesta.
Studiate le carte, emergono fin da subito numerose falle e incongruenze, tutte denunciate alla Procura della Repubblica, che ha pure rinviato a giudizio più funzionari, tecnici e privati, per i reati di falso, abuso edilizio, abuso d’ufficio.
Questa Ditta infatti non avrebbe mai potuto avviare ivi la lavorazione dei rifiuti, insistendo in area agricola di pregio, con vincolo paesaggistico, idrogeologico ed esondabile.
Lo stesso Comune di Perugia ha oggi reso parere negato sulla proposta di variante al Piano Regolatore, presentata dalla Ditta, rispetto al progetto transitorio di riduzione del tonnellaggio di rifiuti a 27.000 tonnellate all’anno, in attesa che l’impianto si adegui alle migliori tecniche disponibili e venga compiuta la valutazione d’impatto ambientale.
Pertanto, Agriflor oggi non  dovrebbe lavorare né avrebbe potuto farlo fin dall’inizio, in quanto autorizzata in area agricola di pregio da PRG vigente, non adeguata alle migliori tecniche disponibili e mai sottoposta a valutazione d’impatto ambientale a garanzia di salute e ambiente.
A nulla  valgano le proposte e la disponibilità di Agriflor di diminuire le quantità del materiale lavorabile da 54.000 a 27.000 tonnellate all’anno, non è un problema di quantità,  ma di legittimità.
Una Ditta, priva della compatibilità ambientale e urbanistica, non può continuare a lavorare ed invece, oggi, presenta il progetto di adeguamento per lavorare al chiuso e chiede la valutazione d’impatto ambientale alla Regione Umbria. A quella stessa Regione che, allo stato dei luoghi e degli atti, dovrebbe negare ogni autorizzazione e revocare quella illegittimamente concessa.
I cittadini del Comitato e  il WWF restano sul piede di guerra.
Certo è che quel dirigente regionale che dovesse firmare un nuovo provvedimento autorizzativo non lo farebbe serenamente, perché concesso contravvenendo alla stessa volontà del Consiglio Comunale che si è  espresso, all’unanimità, negativamente sulla compatibilità urbanistica dell’impianto.
Il WWF invita quindi la Regione Umbria a revocare l’autorizzazione integrata ambientale concessa e a non rilasciare altre autorizzazioni, riservandosi, in difetto, di ricorrere all’Autorità Giudiziaria a fianco dei cittadini.

Sauro Presenzini 

Presidente WWF Perugia



Via, la check-list per valutare l'impatto di modifiche ai progetti
















Dal MinAmbiente è arrivata la check-list per chiedere la valutazione preliminare di modifiche che migliorano il rendimento ambientale di progetti soggetti a valutazione di impatto ambientale per individuare il procedimento da applicare.
Il decreto direttoriale 3 agosto 2017, n. 239 è frutto di una delle novità del restyling della disciplina della valutazione di impatto ambientale del Dlgs 104/2017 che ha introdotto il comma 9 nell'articolo 6 del Dlgs 152/2006. La disciplina prevede che quando occorre effettuare modifiche, estensioni adeguamenti tecnici finalizzati a migliorare il rendimento e le prestazioni ambientali di un progetto, il proponente presumendo l'assenza di impatti ambientali delle suddette modifiche, può usare una
apposita check-list da trasmettere all'Autorità competente al fine di ottenere una valutazione preliminare per individuare l'eventuale procedimento da applicare. Entro 30 giorni l'Autorità competente risponde segnalando se il progetto va sottoposto a "screening", a Via o a nessuna valutazione.
Col decreto direttoriale in parola è stata predisposta una prima lista di controllo applicabile a tutti i progetti sottoposti a Via o "screening" (allegati II, II-bis, III e IV alla Parte Seconda del Dlgs 152/2006). In seguito il Ministero dell'ambiente con successivi decreti individuerà i le check-list da applicare a specifiche tipologie progettuali.



documenti di riferimento


Area Normativa / Via/Vas / Normativa Vigente
Decreto direttoriale MinAmbiente 3 agosto 2017, n. 239
Valutazione di impatto ambientale - Modulistica necessaria per la presentazione delle liste di controllo per la
valutazione preliminare ai fini della procedura da avviare per modifiche, estensioni adeguamenti tecnici finalizzati a
migliorare il rendimento e le prestazioni ambientali dei progetti - Articolo 6, comma 9, Dlgs 152/2006, articolo 25,
comma 1, Dlgs 104/2017


Area Normativa / Via/Vas / Commenti e Approfondimenti
Via, Vas, Aia/Ippc, il quadro normativo nazionale ed europeo
Area Normativa / Via/Vas / Normativa Vigente
Dlgs 3 aprile 2006, n. 152
Norme in materia ambientale - Stralcio - Parte II - Procedure per la Via, la Vas e l'Ippc


Area Normativa / Via/Vas / Normativa Vigente
Dlgs 16 giugno 2017, n. 104
Valutazione d'impatto ambientale - Modifiche e integrazioni alla Parte II del Dlgs 152/2006 - Attuazione della
direttiva 2014/52/Ue




fonte: www.reteambiente.it

Nuove linee guida per la Valutazione Ambientale Strategica

A due anni di distanza dalle “Indicazioni operative” vedono la luce le "Linee guida" che hanno l’intento di contribuire ad analisi di contesto più funzionali per la VAS


  


Sono state recentemente pubblicate da ISPRA  le “Linee guida per l’analisi e la caratterizzazione delle componenti ambientali a supporto della valutazione e redazione dei documenti della VAS”, elaborate da un gruppo di lavoro interagenziale (GdLI) coordinato da ISPRA, a cui hanno partecipato le ARPA di Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania e Sicilia.
ISPRA e le Agenzie ambientali hanno maturato negli ultimi anni una significativa esperienza nell'ambito della Valutazione ambientale strategica (VAS), partecipando sistematicamente, in qualità di Soggetto competente in materia ambientale, a VAS statali e regionali e in alcuni casi fornendo supporto tecnico alle Autorità competenti o contribuendo alla redazione dei documenti inerenti.
Sulla base dell’esperienza maturata, il GdLI ha svolto, all’inizio delle attività, una riflessione sulle principali carenze rilevate nei percorsi valutativi che accompagnano la stesura dei piani/programmi e quindi nell'impostazione e nei contenuti dei documenti della VAS. A tale riflessione era seguita l'elaborazione delle “Indicazioni operative a supporto della valutazione e della redazione dei documenti della VAS”.


paesaggio antropizzato


Con l’intento di dare un ulteriore contributo al superamento di tali carenze e concorrere all’obiettivo di armonizzare le modalità operative adottate dal Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (SNPA) in riferimento alle applicazioni di VAS, il GdLI ha elaborato queste linee guida con cui si forniscono indicazioni di base utili per la caratterizzazione delle componenti ambientali nell’ambito delle analisi di contesto previste nelle VAS di piani e programmi di diversi settori e scale territoriali.
In particolare, il documento è stato elaborato con l’intento di contribuire ad analisi di contesto che siano più funzionali alla valutazione ambientale del piano/programma, ossia in grado di far emergere le condizioni di criticità e di rilevanza ambientale, culturale e paesaggistica, con riferimento agli obiettivi di sostenibilità generali, presenti nell’area che potrebbe essere significativamente interessata dall’attuazione dello stesso p/p, da tenere in considerazione nelle fasi della valutazione.
Le indicazioni fornite non hanno la pretesa di essere esaustive, anche perché i contenuti dei documenti della VAS e il loro livello di dettaglio dipendono strettamente dalla tipologia di p/p e dall’area territoriale interessata. In funzione dei singoli casi, determinati argomenti devono essere trattati in modo più o meno approfondito, come anche la scelta e la scala di studio degli indicatori deve essere correlata al livello di dettaglio delle analisi e alle tematiche/problematiche peculiari per il territorio interessato dagli effetti del p/p.
Le indicazioni sono a supporto sia della formulazione delle osservazioni sui documenti di VAS in consultazione che della redazione dei documenti stessi e sono organizzate per componenti ambientali, più una parte che, per la pianificazione urbanistica comunale e intercomunale, riporta indicazioni integrative più strettamente pertinenti la scala comunale.


Piana di Bientina


Le componenti prese in considerazione nella linee guida sono: acqua, aria, biodiversità, fattori climatici, paesaggio e beni culturali, suolo.
Per ciascuna componente sono fornite le seguenti indicazioni:
  • la pianificazione di riferimento per la componente e per i settori antropici pertinenti dalla quale possono essere tratte informazioni utili per la caratterizzazione;
  • i sistemi di tutela e/o vincoli ambientali e paesaggistici da tenere in particolare considerazione nella caratterizzazione;
  • gli aspetti principali da considerare per caratterizzare lo stato della componente, compresi gli eventuali elementi sensibili e vulnerabili, a causa delle speciali caratteristiche naturali e del valore ambientale e culturale;
  • gli aspetti dei settori antropici che possono maggiormente influenzare lo stato della componente;
  • le questioni ambientali attinenti la componente;
  • gli indicatori, dati, informazioni disponibili che possono supportare la caratterizzazione.
I Settori antropici considerati sono individuati con riferimento all’art. 6 del D. Lgs. 152/2006: rifiuti, caccia, pesca, turismo, trasporti, industria, attività produttive e servizi, energia, gestione delle acque, assetto territoriale, agricoltura e zootecnia, gestione delle foreste, telecomunicazioni.
Le questioni ambientali pertinenti al p/p, che derivano dalla interazione tra i settori antropici e gli aspetti dello stato della componente, costituiscono la chiave di lettura della caratterizzazione, peculiare della VAS, in quanto permettono di evidenziare le criticità e/o “questioni” specifiche per l'ambito territoriale di influenza del p/p sulle quali lo stesso potrebbe incidere agendo sui fattori d’impatto oltreché direttamente sulla qualità ambientale, tenendo sempre in riferimento i principali obiettivi ambientali.
Tutte le informazioni, e in particolare quelle relative alla pianificazione di riferimento e agli indicatori, dati, informazioni disponibili, possono essere integrate con informazioni specifiche relative alle diverse realtà regionali.
Gli indicatori riportati per ciascuna componente sono indicatori individuati a livello nazionale, non sempre aggiornati regolarmente e disponibili disaggregati. Di questo si deve tener conto quando si scelgono gli indicatori per la caratterizzazione del p/p in valutazione.
Inoltre i set di indicatori riportati nelle presenti Linee guida non devono essere considerati esaustivi ma devono essere integrati da ulteriori indicatori in funzione del tipo di p/p e delle caratteristiche dell’area interessata.
Testo a cura di Gloria Giovannoni, Carmela D'Aiutolo e Alessandro Franchi


L’inattività delle piattaforme italiane nella crisi petrolifera

Nei mari nazionali risiedono siti di estrazione deserti per i quali non è più conveniente estrarre petrolio, ma le compagnie prelevano quantità minimali per mantenere attiva la licenza. Serve la volontà politica per superare la crisi globale di un sistema al collasso.
L’inattività delle piattaforme italiane nella crisi petrolifera 
Le fiamme dei post-bruciatori divampano nell'aria. Devono ridurre le sostanze inquinanti, e poco importa se emettono nell'atmosfera una quantità di zolfo che probabilmente sarebbe fuori norma in qualsiasi impianto industriale di terra. L'odore è così intenso da rendere difficile la respirazione, mentre un suono sinistro e incessante si diffonde lungo la costa e accompagna le notti dei pescatori. Così si presenta una piattaforma petrolifera a chiunque dovesse ritrovarsi nei paraggi durante la sua piena attività.
Ma le superfici delle piattaforme sono deserte. Operare sul sito sarebbe eccessivamente rischioso e, d’altronde, l’industria petrolifera è uno dei settori con la più bassa intensità di lavoro e la più alta intensità di capitale. Ad agire sono solo pochi tecnici iper-specializzati perché in gioco c’è un processo estrattivo molto delicato: il petrolio viene asportato insieme a grandissime quantità di acque di strato - acqua fossile a contatto con idrocarburi e vari materiali radioattivi - le quali, per la loro natura altamente inquinante, secondo il ddl 152/2006, devono essere re-iniettate e, ove non fosse possibile, salvo una deroga motivata e sostenibile, imbarcate e gestite a terra in apposite discariche.
Tuttavia, “trattare in modo specifico acque e rifiuti costerebbe così tanto che per un’azienda non sarebbe più fruttuoso rimanere operativa” – spiega il giornalista e filmaker Marcello Brecciaroli presso il Festival Tascabile di Geopolitica tenutosi a Milano alla presenza di Nonsoloambiente – “così quasi il 70% riversa le sostanze in mare”. In Italia, le piattaforme attive sono oltre un centinaio, ma per la maggior parte di esse la produzione è quasi completamente scomparsa. “I giacimenti sono arrivati a un livello talmente basso che non è più conveniente estrarre petrolio. Nonostante questo, le aziende continuano a estrarre quantità minimali in modo da mantenere attiva la licenza. Se interrompessero l’attività, dovrebbero smantellare gli impianti e i costi sarebbero elevati”.
In tal modo, in virtù di ragioni meramente economiche, si perpetua un meccanismo poco efficiente, ma ad alto danno ambientale, secondo cui le piattaforme potranno continuare a operare all’infinito, a spese del mare, senza apportare alcun contributo significativo di sviluppo. È il punto a cui i sostenitori del recente referendum hanno cercato di porre rimedio: se un’azienda avesse dovuto ri-sottoporsi a una costosa procedura di valutazione dell’impatto ambientale, al fine di rinnovare una concessione, una volta giunta la scadenza successiva avrebbe scelto di optare per lo smantellamento.
Lo scenario globale ha rivelato e continuerà a rivelare scoperte di nuovi giacimenti, e gli Stati che prima erano costretti a un esborso economico per importare il petrolio ora sono diventati anch’essi produttori. Ogni governo mira a mantenere la propria fetta di mercato: lo Stato italiano, i cui fondali non sono così appetibili, ha ridotto i vincoli ambientali per incentivare le compagnie petrolifere a scegliere l’Italia – per esempio tramite il decreto Sblocca Italia, che ne ha accentrato la capacità decisionale. Ma a fronte del diffuso aumento dell’offerta, i costi di produzione sono diminuiti fino al 75% e il prezzo del petrolio è crollato.
"Ci hanno cresciuti dicendoci che il petrolio sarebbe finito, ma attualmente di petrolio ce n'è oltre 10 volte tanto rispetto a 20 anni fa. Fare una piattaforma oggi costa un quarto di quanto si sarebbe dovuto investire negli anni '70. Il petrolio non finirà mai”, prosegue Brecciaroli, co-autore del documentario d’inchiesta Italian Offshore presentato il 25 giugno ai DIG Awards di Riccione. A fronte di tali proiezioni di aumento incondizionato, non vi sarà alcuna spinta economica che possa far cambiare rotta verso fonti di energia più sostenibili. Perché si arrivi a una svolta, e all’investimento in soluzioni conciliabili con la salvaguardia ambientale, è necessario che si imponga la volontà politica dei singoli Stati, ancor meglio se parte di un’azione congiunta. Ma al momento l’Italia – e non solo - non sembra orientata a intraprendere una strada diversa dal petrolio.

fonte: http://nonsoloambiente.it

Industria cemento Giovanni Rossi - assoggettata a VIA!

Una prima battaglia è stata vinta!

Infatti la commissione VIA della Provincia ha decretato ieri che la richiesta presentata dall'Industria Cemento Giovanni Rossi Spa di Pederobba (Tv) di ampliare la categoria merceologica a tutte le plastiche e gomme e non più soltanto pneumatici com'era fino ad oggi è da assoggettare alla VIA!

Per noi rappresenta una prima vittoria in quanto i tempi si allungano  e abbiamo così modo di fare ulteriori integrazioni.

La provincia nelle sue conclusioni ha evidenziato varie criticità alla faccia della ditta che sosteneva che non si trattava di modifiche sostanziali, che il loro non era un forno ma un reattore chimico e che quindi a prescindere da come viene alimentato le emissioni non variano e che in ogni caso tutto viene inglobato nel cemento.

Volevo ringraziare tutti coloro che in questi mesi ci hanno aiutato fornendoci materiale e idee per le osservazioni. Non è stato facile ma a quanto pare siamo riusciti a convincere i membri della commissione VIA.


Un grande grazie da parte mia e di tutta l'associazione Arianova!

Daniela

Ps:
Le motivazioni le trovate qui nel caso potessero interessare:
http://ecologia.provincia.treviso.it/Engine/RAServePG.php/P/559510190300/M/530010190303/T/INDUSTRIA-CEMENTI-GIOVANNI-ROSSI-SpA

WWF: Trivelle, 42 piattaforme offshore «non sono state sottoposte a valutazione ambientale»

Wwf: l’età media è 35 anni, in 8 sono già non operative. Perché non sono state smantellate?

referendum trivelle
Ben 42 piattaforme (il 47,7%) delle 88 localizzate nella fascia off-limits delle 12 miglia – rientranti dunque nell’oggetto del referendum sulle trivelle atteso il prossimo 17 aprile – non hanno «mai passato la procedura di Valutazione di impatto ambientale», con il governo che ha inoltre «stralciato il Piano delle aree impedendo lo svolgimento della Valutazione ambientale strategica».
È quanto sottolinea il Wwf, all’avvinarsi della consultazione referendaria, nell’e-book “Trivelle insostenibili – Come far uscire l’Italia dall’oscurantismo energetico”, presentato stamani alla Sapienza di Roma. Nella stessa occasione il Panda ha inoltre precisato che l’età media delle piattaforme offshore entro le 12 miglia è di 35 anni, e che ben il 48% delle piattaforme supera i 40 anni di attività. «Di queste, 8 (tutte dell’Eni) sono classificate come “non operanti” e ben 31 (il 35% del totale delle 88 piattaforme) sono classificate come “non eroganti”». Perché dunque – chiedono gli ambientalisti – il ministero dello Sviluppo economico e quello dell’Ambiente non hanno chiesto «alle aziende estrattive di procedere allo smantellamento e al ripristino dei luoghi per le 8 piattaforme “non operative”». E perché non è mai «stata condotta un’indagine accurata sulle piattaforme “non eroganti” per stabilire se in molte di queste non si nascondano in realtà strutture che devono essere smantellate?».
Il Wwf torna poi a concentrarsi sui privilegi che fanno dell’Italia un “paradiso fiscale” per i petrolieri, come il valore risibile delle concessioni o il sistema di esenzioni che non fa pagare le prime 50mila tonnellate di petrolio estratte all’anno a mare e i primi 80 milioni di Smc di gas.
Stimoli di riflessione in una campagna in cui si preferisce troppo spesso il rumore ai pensieri, perdendo tra l’altro di vista l’orizzonte più ampio in cui è inserita l’Italia: l’Unione europea.
Proprio quest’anno, infatti, l’Ue inizia la revisione completa della sua politica energetica, dalle regole su rinnovabili ed efficienza energetica, alla definizione dell’Unione per l’energia, alle conseguenze per l’Ue dell’Accordo di Parigi. È dunque evidente l’importanza di ritrovare in ogni Paese membro un indirizzo politico che sostenga concretamente politiche di sostenibilità. L’Italia rientra in questo quadro?
«In questo momento – risponde Monica Frassoni, Co-Presidente del Partito Verde Europeo – la posizione dell’Italia in questa fondamentale partita è dalla parte di chi crede ancora che futuro, innovazione e lavoro siano ‘fossili’. Noi auspichiamo che questo referendum possa invece rappresentare una potente spinta per cambiare strada e riportare l’Italia su posizioni più utili ad una transizione energetica ‘verde’, possibile e conveniente».

fonte: www.greenreport.it