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Luca Mercalli: La terra sfregiata

L’acqua alta sempre più frequente a Venezia e i devastanti incendi dei mesi scorsi in Australia dimostrano che ormai non possiamo più tornare indietro, ma soltanto cercare di contenere i danni provocati dal cambiamento climatico. Il vero problema, ricorda Luca Mercalli, è che non siamo pronti ad affrontare la crescita delle temperature, quella che, ad esempio, nell’estate del 2003 in Europa ha fatto 70.000 morti












Gli incendi devastanti dell’Australia nel giro di un paio di mesi (tra il 2019 e il 2020, ndr) hanno bruciato qualcosa come 100 mila chilometri quadrati di territorio, praticamente quanto l’intero Nord Italia. Ed è solo uno dei tanti fenomeni naturali che devastano i territori. Poi c’è Venezia, con un altro tipo di fenomeno, più continuo, più impercettibile all’inizio, ma poi inesorabile: l’aumento del livello del mare. Il 12 novembre del 2019 Venezia ha sperimentato la seconda acqua alta più alta della sua storia (la prima è stata quella del 1966). Ma quel che conta ancora di più è la frequenza del fenomeno. Noi abbiamo dati misurati perfettamente a Venezia dal 1870. Se andiamo a vedere la frequenza delle acque alte, quelle distruttive, notiamo che l’ultimo decennio ne ha totalizzate novantacinque sopra un metro e dieci, mentre se andiamo più indietro nel tempo, prima degli anni Sessanta, c’erano non più di tre-cinque episodi per decennio. Cioè da cinque episodi siamo passati a novantacinque. Vuol dire che prima avevamo un episodio ogni due anni e adesso ne abbiamo nove all’anno!

È un fenomeno globale, il livello del mare si sta alzando in tutto il mondo a causa della fusione dei grandi ghiacciai, soprattutto della Groenlandia e in parte anche dell’Antartide. Parallelamente le acque oceaniche si riscaldano e aumentano di volume. I due fenomeni connessi provocano già oggi – secondo dati misurati da satellite – un aumento del livello dei mari di tre millimetri e mezzo. Come sempre la gente aspetta spettacoli hollywoodiani e, per prendere coscienza del cambiamento, avrebbe bisogno di vedere un aumento di trenta centimetri all’anno. Ma a quel punto saremmo perduti. Tre millimetri e mezzo di aumento annuo sono forse pochi per percepirne il pericolo a vista, ma sono tantissimi per erodere le nostre spiagge e minacciare le nostre zone portuali. Essi fanno sì che Venezia abbia oggi quindici centimetri di mare in più rispetto a un secolo fa. Questo vuol dire che d’ora in poi tutte le acque alte saranno quindici centimetri più alte di cent’anni fa. E a fine secolo? Se si applicasse l’accordo di Parigi del 2015 (che fissa, per il 2100, il limite di 2°C di aumento della temperatura), si ritiene di poter mantenere l’innalzamento del mare entro mezzo metro, ma se non si fa nulla si potrà superare il metro. Ciò vorrebbe dire, per Venezia, l’acqua alta tutti i giorni dell’anno, e un metro in più durante le acque alte “cattive”, quelle in cui lo scirocco si combina con la marea. Allora, invece di sfiorare i due metri, arriveremo a tre. Ma cosa vuol dire tre metri di mare a Venezia? Vuol dire il mai visto, vuol dire qualcosa a cui la città non può far fronte, vuol dire avere l’acqua ai primi piani delle case.

E poi pensiamo alle ondate di calore estivo. Anche qui siamo in un settore in cui potremmo pagare un prezzo molto elevato. Attualmente nella Pianura padana la temperatura massima mai misurata appartiene a Forlì: 43°C il 4 agosto del 2017. Nel giugno del 2019 in Francia, in Provenza, abbiamo toccato i 46°C. Ora, da qui ad arrivare ai 50°C il passo è breve. Noi climatologi ci aspettiamo che entro i prossimi dieci o venti anni vedremo nelle città italiane del nord – Milano, Bologna etc. – delle temperature massime superiori ai 45°C e prossime ai 50°C. Sono temperature da Pakistan, da India. Temperature che noi non siamo pronti ad affrontare. Qualcuno dirà: «Mi chiudo in un ufficio con il condizionatore a manetta», ma lo puoi fare per un giorno, non se questi fenomeni diventano sistematici per un periodo lungo dell’estate. Il costo di ciò si calcola in termini di vite umane, di vittime, ed è la popolazione anziana e malata la prima a soccombere: l’estate del 2003 in Europa ha fatto 70.000 morti! Ma è un prezzo che si calcola anche in termini energetici, perché è chiaro che se tutti, per sopravvivere, metteranno i condizionatori al massimo, i consumi di energia (e le bollette) aumenteranno in modo esponenziale. Pagheremo un prezzo in tutte le attività che hanno a che fare con l’ambiente esterno, dall’edilizia all’agricoltura: i lavoratori che oggi lavorano fuori non potranno continuare a farlo in quelle condizioni, senza rischiare la vita. In questo senso le nostre città diventeranno un luogo di grande vulnerabilità climatica per le ondate di calore. […]

Non possiamo tornare indietro, possiamo soltanto cercare di contenere il danno, di evitare lo scenario peggiore. Anche nella ipotesi migliore, cioè quella di un aumento della temperatura di soli 2°C e dell’innalzamento del mare di solo mezzo metro, i cambiamenti che ho descritto ci saranno. Solo saranno, sperabilmente, a un livello più “maneggevole” rispetto allo scenario peggiore, quello della mancata applicazione dell’Accordo di Parigi, che porterebbe, a fine secolo, a un aumento della temperatura di 5°C o 6°C in più e a un innalzamento dei mari di un metro e venti. Allora, se leggiamo con gli occhi giusti i segnali di quello che già sta avvenendo nel mondo, tra aumento della temperatura, fusione dei ghiacci dell’Oceano Artico e dei ghiacciai delle nostre montagne, ondate di calore, eventi estremi più intensi (più alluvioni e più uragani), capiamo che dovremmo fare di tutto, da un lato, per adottare stili di vita meno invasivi nei confronti dell’ambiente e, dall’altro, per prepararci ad affrontare eventi che ormai sono in canna, e rispetto ai quali non possiamo tornare indietro…

Ormai siamo condannati a vivere con un clima malato, quello che possiamo decidere è quanto può essere grave l’entità di questa malattia.

Estratto da La terra sfregiata. Conversazioni su vero e falso ambientalismo, di Luca Mercalli con Daniele Pepino (Edizioni Gruppo Abele, 2020), pubblicato su Volerelaluna.

fonte: www.comune-info.net


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WWF: l'Amazzonia è a rischio "estinzione"

WWF: "In 10 anni abbiamo perso una superficie di foresta amazzonica pari all’Italia e a luglio 2020, solo nell’Amazzonia brasiliana, gli incendi sono aumentati del 28% rispetto allo stesso periodo del 2019".



Con l’attenzione dell’opinione pubblica concentrata sulla gravissima pandemia provocata dal Covid 19 rischia di passare in secondo piano un’altra grave emergenza, quella dei grandi incendi forestali, oggi sempre più frequenti e che sembrano destinare il 2020 ad una nuova stagione di fiamme e roghi, ancora più lunga e terribile rispetto a quella vissuta lo scorso anno.
A dimostrarlo è il nuovo report "Fuochi, foreste e futuro: Una crisi fuori controllo?" realizzato dal WWF, insieme al Boston Consulting Group (BCG), dove si scopre che già ad aprile, il numero di incendi segnalati in tutto il mondo- dall’Amazzonia all’Australia passando per la Russia - era aumentato del 13% rispetto allo scorso anno. I fattori principali sono il clima sempre più caldo e secco, dovuto al cambiamento climatico, e la deforestazione, quest’ultima causata principalmente dalla conversione dei terreni per l'agricoltura. L'espansione dell'agricoltura, la conversione delle foreste in piantagioni di alberi e in pascoli, la deforestazione illegale, infatti, continuano a guidare la conversione e il degrado degli ecosistemi naturali, aumentando così il rischio di incendi, che per il 75% sono responsabilità dell’uomo.
Ma per l’Amazzonia in particolare questo non sarà solo un altro anno di incendi. Negli ultimi 10 anni, sono stati persi circa 300.000 chilometri quadrati di foresta amazzonica, pari all’intera superficie dell’Italia. Nello steso arco di tempo sono stati tagliati, andati in fumo o degradati oltre 170.000 km quadrati di foresta primaria, quella più preziosa e ricca di biodiversità, la maggior parte della quale in Brasile. Il 2019 è stato l’anno horribilis degli incendi nel mondo, con 12 milioni di ettari (120.000 chilometri quadrati) di foresta amazzonica andati in fumo. Il tasso di deforestazione, però, è ancora in costante aumento nell'Amazzonia brasiliana, dove da agosto 2019 a luglio 2020 è stato registrato un numero di alert superiore del 33% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Gli ultimi dati, poi, mostrano che nel 2020, gli incendi nell'Amazzonia brasiliana superano di oltre il 52% la media decennale, e di quasi un quarto (del 24%) quelli degli ultimi tre anni. Nel mese di luglio, l'Istituto brasiliano di ricerca spaziale (INPE), ha registrato nella sola Amazzonia brasiliana, un aumento del 28% del numero di incendi rispetto allo stesso periodo del 2019 (6.803 incendi registrati rispetto ai 5.318 roghi di luglio 2019), principalmente causati dall'impennata dei livelli di deforestazione illegale.
La foresta ridotta e degradata è più soggetta ad incendi, alla perdita di biodiversità e perde la capacità di fornirci quei servizi irrinunciabili che ci fornisce. La foresta amazzonica genera infatti piogge, raffredda la Terra, assorbe gas serra, immagazzina carbonio, custodisce il 10% della biodiversità mondiale, contrasta la desertificazione, produce acqua, cibo e medicine; oltre a custodire ancora comunità indigene senza le quali, spesso, molte aree della foresta amazzonia non sarebbero protette e custodite.
Il WWF chiede l'attuazione di misure urgenti per far fronte all’emergenza e che fra queste venga immediatamente realizzata una conferenza internazionale per proteggere la foresta Amazzonica, bene imprescindibile dell’umanità.

fonte: www.greencity.it


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Gli incendi boschivi in australia dimostrano che la malvagia idiozia auto-distruttiva del negazionismo climatico deve cessare



























Questo è il  titolo di un articolo pubblicato sulla rivista TIME in data 
15 gennaio 2020 scritto da Malcolm Turnball che è stato Primo Ministro 
dell'Australia dal 2015 al 2018.

Nell'articolo raccontano che i recenti incendi boschivi australiani sono 
senza precedenti per la loro distruttività immensa e che sono "la feroce 
ma inevitabile realtà del riscaldamento globale. Un clima più secco, più 
caldo vuol dire che ci saranno siccità più prolungate e un numero 
maggiore di incendi più violenti". L'ex Primo Ministro si chiede, se 
l'Australia è sul fronte della crisi climatica perchè non siamo anche 
leader mondiali per le azioni di contrasto al cambiamento climatico? 
"Nella maggior parte dei paesi domandare alle persone se credono nella 
scienza del cambiamento climatico è come come domandargli se credono 
nella (legge di) gravità. E' una semplice questione di fisica. Più gas 
serra ci sono in atmosfera, più caldo diventerà il nostro clima.

Ma in Australia come anche negli Stati Uniti questa questione è stata 
monopolizzata da un'alleanza tossica, negazionista sul clima di politica 
e mass media (in gran parte appartenente a Rupert Murdoch) di destra, 
come pure da (chi ha) interessi commerciali particolari, specialmente 
nell'industria del carbone."

"Tragicamente in Australia la destra  negazionista sul clima ha 
trasformato ciò che dovrebbe essere una questione pratica su come 
rispondere ad una vera minaccia fisica in una questione di valori e 
credenze.

Con le devastazioni degli incendi boschivi in corso le reti televisive 
ed i giornali della Murdoch News Corp. sono state attivamente impegnate 
ad affermare che le vere cause degli incendi sono i piromani e la 
mancanza di incendi controllati . Questo è stato recisamente  confutato 
dal capo del servizio incendi del(lo Stato) New South Wales, ma la 
campagna di disinformazione continua sia sui media tradizionali che sui 
social.

Malcolm Turnball racconta che la sua sconfitta elettorale  da parte di 
una minoranza di destra sostenuta da alleati nei mass media ha sabotato 
la  normativa NEG (National Energy Guarantee = Garanzia nazionale per 
l'energia) che era riuscito con larghe maggioranze a introdurre in 
Australia,   detta NEG  avrebbe portato a graduali riduzioni delle 
emissioni nel settore elettricità mantendo una affidabilità nella 
fornitura. Più avanti Turnball scrive che l'Australia ha "formidabili 
risorse eoliche e solari che possono consentirci di generare tutta la 
nostra elettricità da fonti rinnovabili e allo stesso tempo avere 
elettricità a minor costo. Le risorse rinnovabili sono già  le fonti 
nuove di elettricità a minor costi in Australia e nuovi sviluppi nelle 
tecnologie di immagazzinamento rendono le rinnovabili affidabili 24/7."

Nadia Simonini
Rete Nazionale Rifiuti Zero
https://time.com/5765603/australia-bushfires-prime-minister-essay/

Il bel tempo? Un disastro, non c’è più neve sull’Appennino. Mercalli: “Rischio incendi devastanti”

Temperature alte, sole splendente, pochissima neve sulle montagne e a quote sempre più alte. Quello che spesso viene descritto come “bel tempo” è invece un disastro causato dal riscaldamento globale. Ne abbiamo parlato con il climatologo Luca Mercalli: “Senza un radicale cambiamento del nostro modello di sviluppo le conseguenze per l’umanità saranno catastrofiche. Città sommerse, migrazioni di massa, siccità e alluvioni”.

















“Il Gran Sasso si eleva maestoso tra gli splendidi paesaggi dell’Appennino Centrale”. L’ha scritto l’astronauta italiano Luca Parmitano il 15 gennaio, pubblicando sulle sue pagine social una fotografia scattata dallo spazio sulla Majella: è vero, il paesaggio dell’appennino abruzzese è splendido, ma a ben guardare è un altro il dettaglio che dovrebbe catturare l’attenzione e preoccupare non poco. Il 15 gennaio, infatti, solo la cima del massiccio della Majella – con i suoi 2.793 metri sul livello del mare – è coperta di neve. Tutto il resto no: il paesaggio fotografato dall’alto appare quasi primaverile, e così è per la gran parte della catena appenninica, dalla Calabria alla Liguria. C’è poca neve anche sul Gran Sasso D’Italia, la cima più alta con i suoi 2.912 metri. Quasi nulla sul Monte Vettore, quarta vetta tra Umbria e Marche. La situazione non è delle miglior sulle Alpi, dove pur essendoci neve negli ultimi giorni lo zero termico è stato toccato solo oltre i tremila metri di quota.

Le alte temperature delle ultime settimane, le giornate soleggiate che molti meteorologi hanno definito “bel tempo”, sono però un campanello d'allarme. Poca neve sui monti significa alto rischio siccità tra qualche mese; le scarse piogge significano maggiori probabilità la prossima estate di dover fronteggiare incendi devastanti. I danni per l’agricoltura saranno importanti, e sul lungo periodo le conseguenze investiranno migliaia di città costiere (come Venezia) e centinaia di milioni di persone. Insomma, lo chiamiamo “bel tempo” ma è un disastro di cui rischiamo di subire ben presto le conseguenze. E’ di questo che abbiamo parlato con il professor Luca Mercalli, climatologo, divulgatore scientifico e presidente della Società meteorologica italiana.



L'astronauta Luca Parmitano due giorni fa ha pubblicato una fotografia della Majella e dell’Appennino abruzzese. Non c’è neve sui monti. E’ un segnale preoccupante?


Quella foto è un simbolo. Non è sulla base di una singola immagine che è possibile sviluppare una teoria climatica e la scarsa neve potrebbe rappresentare un evento casuale. Certo, però, quell'immagine pone degli interrogativi e attira molto l'attenzione. Molti satelliti fotografano il pianeta ogni giorno da trent'anni e dimostrano che in tutto il mondo si stanno alzando le temperature: la neve dura molto meno e si alza di quota, e il 2019 è stato il secondo anno più caldo della storia dopo il 2016. Montagne che in questo periodo dovrebbero essere coperte di neve oggi ricevono solo pioggia e questo fenomeno è molto evidente soprattutto alle quote medie, ad esempio sugli Appennini. Tutte le stazioni meteo dimostrano un calo dell'innevamento e sotto i 1.500 metri abbiamo perso il 30 per cento della neve.




C’è una ragione scientifica? 

La colpa è dell’aumento della temperatura globale: è questo il fatto fondamentale. La comunità scientifica denuncia questo problema da decenni, ma non siamo ancora stati in grado di cambiare radicalmente modello di sviluppo abbandonando le fonti fossili per le energie rinnovabili. Le conseguenze sono già sotto i nostri occhi: gli incendi in Australia e l'acqua alta a Venezia, ad esempio.

Quali saranno le conseguenze sul breve e sul lungo periodo? 

Le conseguenze saranno catastrofiche. Di questo siamo ormai certi. Dobbiamo immaginare che gli eventi disastrosi ai quali abbiamo assistito negli ultimi anni raddoppieranno o triplicheranno di intensità: parlo delle alluvioni, degli uragani, dei periodi di siccità, di incendi devastanti come quelli in Australia. A causa della fusione dei ghiacciai i livelli dei mari aumentano ogni anno di 3,5 millimetri: questo porterà a fenomeni di acqua alta come quelli dello scorso novembre a Venezia. Entro la fine del secolo il livello degli oceani aumenterà di un metro: intere città verranno sommerse e centinaia di milioni di persone saranno obbligate a emigrare. Naturalmente ci saranno danni enormi anche per l'economia: l'agricoltura sarà il primo comparto a entrare in crisi a causa di siccità e alluvioni. I danni ammonteranno solo nel nostro paese a centinaia di milioni di euro, senza contare le possibili vittime. Le estati saranno caldissime, e già nel 2019 abbiamo avuto un'anteprima di quello che accadrà in futuro: il 26 giugno in Provenza sono stati registrati 46 gradi. A ottobre 2017 molti boschi delle Alpi sono stati distrutti dagli incendi; in quel periodo invece sarebbe dovuta cadere la prima neve.




Cosa pensa dei blocchi del traffico imposti in questi giorni?

Non aiutano a risolvere il problema. E' come dare l'aspirina a un malato di cancro. I blocchi del traffico sono un tentativo disperato di affrontare una situazione che ci sta sfuggendo di mano, ma quello di cui c'è veramente bisogno è di una riforma complessiva dell’uso delle risorse del pianeta, abbandonando i combustibili fossili in tutti i settori: nei trasporti come nell'industria.

Lei ha detto spesso che abbiamo superato il punto di non ritorno. Cosa possiamo fare per mitigare i danni?

E' vero. La comunità scientifica è concorde sul fatto che abbiamo superato il punto di non ritorno circa 40 anni fa. La metafora più giusta è quella di un fumatore: anche se decide di smettere dopo decenni i suoi polmoni non torneranno mai come nuovi. Il riscaldamento globale porterà comunque a eventi estremi come quelli che ho descritto: sappiamo che come minimo acquisteremo due gradi entro la fine del secolo, anche se applicassimo i migliori protocolli internazionali. Se, invece, non faremo niente potremmo arrivare a un aumento di 7 gradi. Sarebbe una catastrofe per l'umanità. Non possiamo tornare a un clima sano, ma possiamo diminuire il danno.




Come mai, di fronte a queste evidenze, ancora molti scienziati negano il cambiamento climatico?

Definirli scienziati è sbagliato: non è scienza negare più di cento anni di studi su questo argomento. Il primo a sollevare il problema fu, nel 1896, il premio Nobel per la chimica Svante August Arrhenius. Chi oggi nega il riscaldamento globale non è uno scienziato, oppure non lo è  nel settore del clima: spesso si tratta di personaggi pagati dalle lobby dell'industria fossile, altre volte negano decenni di studi per ragioni esclusivamente ideologiche. Sovente vengono poi interpellati studiosi che, semplicemente, fanno altri mestieri, ad esempio medici e fisici delle particelle che non hanno mai studiato approfonditamente il clima. Oggi la comunità scientifica è unanime nell'affermare che il le attività umane sono all'origine del cambiamento climatico. Se non cambieremo radicalmente modello di sviluppo le conseguenze saranno catastrofiche.

fonte: https://www.fanpage.it/

Global warming: Cosa accadrebbe all’Italia con 2°C in più?

Il centro comune di ricerca europeo ha valutato gli impatti del riscaldamento globale in Europa. La regione meridionale sarà la più colpita

















Che cosa dovremo aspettarci se la temperatura mondiale aumentasse oltre 2°C sopra i livelli pre-industriali? A detta della quasi totalità del consesso scientifico è questa la soglia che ci avvicinerebbe al “tipping point climatico”, un punto di non ritorno oltre il quale una serie di eventi a catena esaspererebbe il global warming in maniera esponenziale. Si parla in generale di elementi come lo scioglimento delle calotte glaciali, il collasso della circolazione oceanica nordatlantica o il potenziale rilascio del metano attualmente sequestrato nel permafrost siberiano.
La forzatura dei meccanismi su cui si basa l’equilibrio climatico ha conseguenze di cui il pianeta sta già sperimentando le prime avvisaglie.  Il Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea ha cercato di valutare questi effetti sul Vecchio Continente. Nello studio “Climate impacts in Europe”, frutto del progetto PESETA III, gli scienziati hanno analizzato l’influenza dei cambiamenti climatici su economia, società e ambiente per uno scenario di riscaldamento elevato, ossia sopra i 2° C.


L’analisi si è focalizzata su 11 diverse categorie di impatto: inondazioni costiere, inondazioni fluviali, siccità, agricoltura, energia, trasporti, risorse idriche, perdita di habitat, incendi boschivi, produttività del lavoro e mortalità correlata al calore. Uno dei primi elementi che salta all’occhio è la netta divisione geografica tra nord e sud: i paesi dell’Europa meridionale e in particolare quelli l’area mediterranea (dunque, Italia compresa), saranno i più colpiti dal global warming rispetto a quelli del nord. Ciò significa un numero maggiore di decessi legati alle ondate di calore, impatti sulle risorse idriche, perdita di habitat, un aumento della domanda di energia per il raffrescamento e la climatizzazione e un incremento degli incendi boschivi.

Nel complesso il rapporto mostra risultati prevedibili ma non per questo meno sconfortanti. L’aumento delle temperature e dei periodi caldi potrebbero comportare ben 132.000 vittime annuali, mentre la produttività del lavoro potrebbe diminuire del 10-15% in alcuni paesi dell’Europa del sud. Si assisterebbe a cambiamenti nella fioritura dei fiori e delle piante, che assieme allo stravolgimento del contenuto idrico del suolo influenzerà la produttività agricola e l’idoneità degli habitat, con un potenziale raddoppiamento della zona climatica arida. Secondo gli scienziati i livelli del mare cresceranno lungo le coste europee, con un conseguente aumento di 5 volte dei danni provocati dalle alluvioni costiere; sempre più persone, inoltre, saranno esposte al rischio delle inondazioni i cui danni verrebbero a costare fino a 17,5 miliardi di euro l’anno. E, ovviamente, in un clima sempre più caldo la richiesta di energia per il riscaldamento diminuirà, mentre il fabbisogno per il raffreddamento aumenterà rapidamente (leggi anche Saranno i condizionatori a far crescere la domanda elettrica mondiale).

fonte: www.rinnovabili.it

Terra dei fuochi. Fumo nero su Caivano, rifiuti e interessi criminali ci uccidono




















Mercoledì, tarda mattinata. Un’immensa nuvola di fumo nero oscura il cielo di Caivano e paesi limitrofi. Si vede da Napoli, da Caserta, dall’autostrada. Qualcosa di grave sta succedendo, qualcosa che da anni si ripete in questo nostro territorio martoriato. La gente, per intuito, si chiude in casa, mette al riparo i figli: l’aria in breve tempo si è fatta irrespirabile. 


Mercoledì, tarda mattinata. Un’immensa nuvola di fumo nero oscura il cielo di Caivano e paesi limitrofi. Si vede da Napoli, da Caserta, dall’autostrada. Qualcosa di grave sta succedendo, qualcosa che da anni si ripete in questo nostro territorio martoriato. La gente, per intuito, si chiude in casa, mette al riparo i figli: l’aria in breve tempo si è fatta irrespirabile. 
L'intervento è davvero difficile (Ansa)
L'intervento è davvero difficile (Ansa)
Sui social compaiono le prime foto. Il rogo è enorme. È andata in fiamme un’azienda che lavora al riciclo della carta e della plastica. In questi ultimi due anni sono centinaia queste aziende che vanno prendendo fuoco. Nessuno può dire se si tratti di un incendio doloso o di un incidente.
Una cosa è certa: l’immondizia, in un modo o in un altro, ci sta rendendo invivibile la vita. Che cosa sta accadendo? Parlando di se stesso, un camorrista dice: faccio parte del “sistema”. Ecco, il sistema. C’è un sistema, un ingranaggio, un modo di ragionare, di agire cui ho aderito. Credo che anche per quanto riguarda la raccolta, lo smaltimento, il trattamento, il riciclo dei rifiuti siamo entrati in una sorta di sistema maledetto che mette al riparo il singolo industriale e rovina l’esistenza a una folla di persone di cui è impossibile sapere il numero.
Che effetti avrà la diossina sprigionatosi per tutto il pomeriggio di mercoledì dalla zona industriale di Caivano? Una volta spento il rogo tutto passerà nel dimenticatoio. Ci sono azioni cattive che vengono punite, altre che resteranno per sempre in una sorta di limbo legale. Io non so se questo ennesimo incendio sia doloso, non sta a me dirlo, dico solo che mi viene sempre più difficile credere, in questi casi, che si tratti di incidenti. 
Le operazioni per spengere le fiamme sono andate avanti a lungo (Kontrolab)
Le operazioni per spengere le fiamme sono andate avanti a lungo (Kontrolab)
La recente legge sugli ecoreati infatti punisce severamente chi appicca i roghi, ma non prevede alcuna punizione se a bruciare sono rifiuti plastici ammassati in quantità enormi, in modo dissennato, in aziende legali in attesa di essere smaltiti o trattati. Per cui viene il sospetto che ai roghi piccoli - che bruciavano all’aperto – si siano sostituiti i roghi giganti, incredibilmente e dolorosamente “legali”. In questa tristissima storia dei rifiuti c’è sempre qualcosa che non torna, una sorta di anello mancante.
L’incendio che ci ha rapinato l’aria e la gioia di vivere mercoledì scorso, se ancora ce ne fosse bisogno, è l’ennesima prova che “Terra dei fuochi” non è più solo un luogo ma un fenomeno che riesce sempre di più ad uscire dalla macchia e ammantarsi di legalità. E non c’è niente di più terribile per il popolo indifeso che essere colpiti e affondati da un nemico “legale”.
Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, conosce molto bene questo meccanismo perverso. Da lui ci apettiamo molto. Dove c’è la “monnezza”, in un modo o in un altro, c’entra la camorra. Per impaurire, per affossare, per consigliare. A volte degli industriali è nemica e pretende il pizzo, altre volte diventa loro buona amica e il pizzo lo incassa senza far rumore, altre volte ancora arriva ad essere loro socia in affari. 
Il fumo si vede da molto lontano (Kontrolab)
Il fumo si vede da molto lontano (Kontrolab)
Questo nostro popolo ne ha subito tante. È stanco, amareggiato, deluso. È arrabbiato. Ha paura. C’è bisogno di più Stato. O, meglio, c’è bisogno che lo Stato in “Terra dei fuochi” si decida a fare lo Stato. Uno Stato attento, vicino, che sa ascoltare e al momento intervenire. Che punisce severamente chi deve essere punito e si fa custode attento dei suoi cittadini. La domanda è sulla bocca di tutti: come è possibile ammassare tonnellate e tonnellate di materiali altamente infiammabili in un sito senza prevedere un sistema antincendio funzionante e all’avanguardia? I Vigili del fuoco non stanno dietro la porta e le autobotti in questi casi somigliano a minuscoli secchi d’acqua. Occorre bloccare il sistema. È un sistema disumano, che uccide. Ingiusto. Un sistema che premia gli scaltri e abbatte gli onesti.

Don Maurizio Patriciello

fonte: www.avvenire.it

Analisi dei suoli: confronto tra valori di fondo e valori eventi


















La conoscenza del contenuto di diossine, furani, policlorobifenili e idrocarburi policiclici aromatici nei suoli e la definizione di valori di riferimento da utilizzare per la valutazione degli impatti di incendi di impianti o depositi sono alcuni degli obiettivi dello studio di Arpa Veneto
L’accumulo nei terreni di questi composti può avvenire in modi diversi, tra cui i più importanti sono la deposizione atmosferica di emissioni da impianti o da traffico e la distribuzione nelle attività agricole di sostanze fertilizzanti o antiparassitarie. La conoscenza del contenuto di inquinanti organici nel suolo può quindi fornire informazioni utili sul livello di inquinamento diffuso e sugli elementi per valutare eventuali rischi connessi alla gestione dei suoli sia agricoli che urbani.
Alcuni dati e risultati del monitoraggio
Il monitoraggio è iniziato nel 2011. I campionamenti sono stati eseguiti in parte in prossimità di particolari fonti di pressioni ambientali legate a processi di combustione (fonderie, cementifici, inceneritori, ecc.), mentre nel restante territorio regionale i punti sono stati distribuiti secondo una griglia con densità di circa 1 campione per 100 km2. Il campionamento è avvenuto attraverso l’individuazione di aree il più omogenee possibile per le caratteristiche pedologiche e di coltivazione. All’interno di ciascun sito selezionato, è stato effettuato un campionamento sistematico su un’area di circa 4000 metri quadrati.
La profondità di campionamento è stata diversa in relazione all’uso del suolo e alla possibile miscelazione dell’orizzonte superficiale dovuto all’aratura in area agricola. Tutti i campioni sono stati analizzati dal laboratorio ARPAV.
Per il parametro Diossine e Furani sono stati campionati e analizzati 129 siti, e solo in un caso si è riscontrato un valore superiore al limite previsto per le aree residenziali (10 ng I-TE/ kg). Circa il 50% dei campioni raccolti all’interno del progetto hanno concentrazioni inferiori a 0,5 ng I-TE/kg un valore vicino al limite di rilevabilità. Alcuni valori determinati nei campioni raccolti sono degni di attenzione, perché sebbene al di sotto dei limiti di legge, presentano concentrazioni anomale rispetto alla popolazione dell’intero database. L’elaborazione statistica dei dati ha permesso di individuare valori di riferimento per i suoli delle aree agricole (1,1 ng/kg) e urbane (3,1).
Per il parametro Policlorobifenili (PCB) sono stati campionati 113 siti. La maggior parte dei dati è inferiore a 0,005 mg/kg che significa molto vicino al limite di rilevabilità, tutti i dati sono inferiori a 0,03 mg/kg(il limite di legge per la zona residenziale è 0,06 mg/kg). L’elaborazione statistica dei dati ha permesso di individuare valori di riferimento per i suoli delle aree agricole (4 microg/kg) e urbane (13,2).
Per il parametro Idrocarburi aromatici policiclici (IPA) sono stati campionati 131 siti. Non è stato osservato alcun superamento del limite di legge (10 mg / kg). L’85% dei campioni prelevati ha presentato concentrazioni inferiori al limite di rilevabilità, tanto che non è stato possibile applicare l’elaborazione statistica per la definizione di valori di riferimento.
Dal confronto tra i dati raccolti nel corso del monitoraggio e quelli rilevati dall’analisi dei terreni prelevati in prossimità di incendi rilevanti verificatisi nel territorio veneto, si è potuto concludere che:
  • diossine/IPA/PCB nei terreni analizzati in prossimità di incendi sono presenti a livelli normali, cioè sempre ben al di sotto dei valori di riferimento individuati
  • eventuali concentrazioni rilevate al di sopra di tali valori sono dovute a cause diverse dall’incendio
  • gli apporti di Diossine/IPA/PC a seguito di un incendio non sono in grado di modificare la concentrazione presente nei suoli
la sezione web dedicata sul sito Arpav
a cura di: Servizio Osservatorio Suolo e Bonifiche
fonte: https://ambienteinforma-snpa.it

Cosa c’è dietro agli incendi negli impianti di smaltimento rifiuti















Dall’inizio dell’anno si sono verificate decine di incendi in impianti di smaltimento rifiuti in tutta Italia. Tra questi roghi, quasi sempre di natura dolosa, potrebbe esserci un filo conduttore: il divieto di importazione di scarti plastici da riciclare recentemente varato dalla Cina, che avrebbe “ingolfato” il sistema di smaltimento in Italia e non solo. A gennaio ne abbiamo parlato con Chiara Braga, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti nella scorsa legislatura, e con Claudia Mannino, deputata del gruppo misto, che da anni segue il tema.

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L’impennata

Secondo i dati raccolti dal partito dei Verdi e dal quotidiano La Stampa, negli ultimi tre anni sono scoppiati in totale 250 incendi in discariche, di cui 110 solo nel 2017. Se teniamo per buone entrambe le informazioni, significa che nel 2015 e nel 2016 si sono verificati in totale 140 incendi, per una media annuale di 5.84 incendi al mese, mentre nel 2017 la media annuale sale a 9.17.
Il fenomeno inizia una decisa crescita a partire da inizio 2018, facendo registrare a gennaio 12 incendi, a febbraio il doppio, 24, e a marzo 32 (fino a giovedì 29).




La mappa

L’onorevole Claudia Mannino cura un blog in cui pubblica spiegazioni, osservazioni, critiche e denunce sulla gestione dei rifiuti in Italia, e aggiorna una Google Map che riporta tutti gli incendi verificatisi nelle discariche e nei centri di riciclaggio a partire da maggio 2017.


L’elenco

Le notizie dei roghi, nella maggior parte dei casi, non superano il recinto della stampa locale. Stiamo cercando di tenerne traccia su Hello, World!, la nostra rassegna stampa mattutina (che è anche una newsletter). Qui di seguito quanto abbiamo raccolto finora.

Aprile

1/04: qualcuno ha dato fuoco a rifiuti di vario genere in un campo nomadi a Pontina (Latina), vicino a Pomezia, località critica per i roghi di rifiuti. (Il Corriere della Città)
1/04: nel quartiere San Giovanni Galermo a Catania qualcuno ha appiccato fuoco ai cassonetti dell’immondizia urbana. (Giornale di Sicilia)
1/04: ad Ascoli Piceno è scoppiato un incendio in un centro di trattamento rifiuti organici. (Corriere Adriatico)
1/04: a Trana (Torino) un incendio ha completamente distrutto un’azienda in difficoltà economiche che si occupa di stoccaggio di attrezzature industriali. (Torino Today)
3/04: un camion che trasportava rifiuti solidi urbani ha preso fuoco mentre viaggiava nei pressi di Furore (Salerno). (Salerno Today)
3/04: qualcuno ha appiccato fuoco ad un capannone abbandonato vicino all’ospedale Sacco di Milano. Al suo interno è stata ritrovata una gigantesca quantità di rifiuti. (La Stampa)
4/04: il rogo di un cumulo di rifiuti ammucchiati all’uscita di emergenza della stazione Museo di Napoli ha provocato il blocca della linea 1 della metropolitana. (Fanpage)
4/04: a Cassino (Frosinone) qualcuno ha appiccato fuoco a dei rifiuti accatastati nel cantiere dove sono in corso i lavori di una rotatoria. (Radio Cassino Stereo)
6/04: un vasto incendio è divampato all’interno dello Stir dei rifiuti di Casalduni (Benevento). Secondo una prima ricostruzione sarebbe stato appiccato fuoco alle ecoballe stoccate nell’impianto. (Otto pagine)
6/04: un vasto incendio è divampato all’interno dello Stir dei rifiuti di Casalduni (Benevento). Secondo una prima ricostruzione sarebbe stato appiccato fuoco alle ecoballe stoccate nell’impianto. (Otto pagine)
6/04: a Gerenzano (Varese) dei rifiuti hanno preso fuoco all’interno del cortile di una palazzina. Le autorità stanno accertando le cause dell’incendio. (Il Saronno)
7/04: si è verificato un rogo di rifiuti ammassati nei pressi di uno svincolo stradale a Casoria (Napoli). (Tele Club Italia)
7/04: a Marsala (Trapani) ignoti hanno dato alle fiamme alcune infrastrutture dell’isola ecologica vicino al porto. Il 5 aprile si era verificato un incendio anche alla casa di riposo locale. (TP24)
7/04: una stanza piena di abiti e rifiuti dell’ecomostro di Torvaianica (Roma) è stata divorata dalle fiamme. (Corriere della Città)
11/04: i carabinieri hanno colto sul fatto e arrestato un uomo di Torre Chianca (Lecce) mentre dava fuoco a dei rifiuti speciali nel giardino di casa propria. L’arresto ha portato alla scoperta di una discarica abusiva nelle vicinanze. (Lecce News24)
12/04: a Gela si sono verificati almeno 6 roghi di rifiuti in diversi punti della città. (Quotidiano di Gela)
12/04: a Modica qualcuno ha appiccato fuoco ai cassonetti urbani. Secondo le fonti locali si tratta soltanto di “una bravata.” (Corriere di Ragusa)
L’11il 12 e il 13 e il 14 aprile a Palermo si sono verificati diversi casi di roghi di rifiuti in tutte le periferie. (la Repubblica / Nuovo Sud / Live Sicilia /Giornale di Sicilia)
La città sta vivendo una crisi di rifiuti a dir poco allarmante: gli operatori non fanno in tempo a posizionare i raccoglitori della spazzatura che l’area tutta intorno viene riempita di immondizia. (la Repubblica)
12/04: è scoppiato un incendio nel capannone dell’ex-consorzio agrario di Cagliari. (l’Unione Sarda)
12/04: è scoppiato un incendio nell’isola ecologica di Isola Capo Rizzuto (Crotone). (Quotidiano del Sud)
12/04: qualcuno ha dato alle fiamme l’atrio di uno stabile dismesso nella zona industriale Lecce-Surbo. (Telerama News)
14/04: è scoppiato un incendio in prossimità dell’isola ecologica di Aversa (Caserta). (La Rampa)
14/04: qualcuno ha appiccato fuoco a dei cumuli di spazzatura ammassati nella periferia di Corato (Bari).
(Corato Viva)
15/04: è andato fuoco un capannone industriale di una ditta che gestisce rifiuti a Povegliano Veronese (Verona). Le autorità hanno chiesto ai cittadini di non uscire di casa. (la Gazzetta di Mantova)
15/04: è scoppiato un incendio in uno stabile abbandonato nei pressi del porto di Terracina (Latina). Il materiale bruciato sarebbe prevalentemente carta. (h24 notizie)
15/04: le autorità hanno sequestrato 14 aziende nel parco del Vesuvio in cui erano stoccate in totale 250 tonnellate di materiale tessile di cui una parte destinato ad essere bruciato in modo illecito. (la Repubblica)
16/04: sono andati a fuoco dei cumuli di rifiuti abbandonati a Torre Annunziata(Napoli). (Il gazzettino vesuviano)
17/04: a Villaseta (Agrigento) un incendio appiccato a dei cumuli di rifiuti ha bruciato anche alcune automobili. (Agrigento Notizie)
18/04: a Gela si è verificata un’altra ondata di roghi di rifiuti in diversi punti della città, soprattutto in zona Scavone. (Quotidiano di Gela)
18/04: è andato a fuoco un capannone della zona industriale fra Bitonto e Modugno (Bari), dentro vi erano stoccati rifiuti e materiale di scarto: plastica, carta e rame. (Corriere del Mezzogiorno)
18/04: i carabinieri hanno colto sul fatto e arrestato un abitante di Rossano (Cosenza) che si era recato nel bosco per bruciare dei rifiuti di plastica. (Quotidiano del Sud)
19/04: a Modena è andato a fuoco un edificio abbandonato contenente suppellettili e rifiuti. (Gazzetta di Modena)
19/04: a Milano è andato a fuoco un camion dell’AMSA. Ancora ignote le cause dell’incendio. (Il Giornale)
19/04: è scoppiato un incendio alla foce del fiume Trigno, a Montenero di Bisaccia (Campobasso). Qualcuno avrebbe appiccato fuoco agli ammassi di rifiuti scaricati illegalmente lungo il litorale. (Primo numero)
20/04: è andata a fuoco una delle tante discariche abusive disseminate nella campagna di Virgilio (Mantova). (la voce di Mantova)
20/04: a Copertino (Lecce) ignoti hanno appiccato fuoco ad un cumulo di pneumatici di autocarro nella proprietà di un residente. (il paese nuovo)
20/04: a La Loggia (Torino) è andato a fuoco un casolare colmo di rifiuti. (la Stampa)
21/04: a Vallermosa (Cagliari) ignoti hanno dato alle fiamme tre automezzi parcheggiati nel piazzale di una ditta di raccolta rifiuti. (Sardinia Post)
21/04: Qualcuno ha scaricato diverse tonnellate di rifiuti speciali tra cui amianto nel parco del Vesuvio, vicino a Torre del greco (Napoli). I tutori del parco denunciano una situazione drammatica. (Napoli Today)
22/04: all’alba due esplosioni e un incendio hanno distrutto un capannone industriale pieno di rifiuti a Cisano sul Neva (Savona). (la Stampa)
22/04: quattro ragazzi tra i 20 e i 30 anni sono stati arrestati dai carabinieri per aver dato fuoco a quintali di scarti di rame ammassati nella campagna di Termini Imerese (Palermo) (Blog Sicilia)

Marzo (37)

3/03: un imprenditore trevigiano 52enne del consiglio di amministrazione di un’impresa di Zero Branco (Treviso), dedita al recupero di rifiuti non pericolosi, è stato segnalato alla Procura della Repubblica per il reato di gestione illecita di rifiuti. (Treviso Today)
4/03: un grosso incendio si è sviluppato a Belpasso (Catania) in un magazzino dov’erano stoccati rottami e rifiuti imgombranti. (Newsicilia)
5/03: stando alla relazione del perito della Procura di Treviso, il rogo che il 18 agosto 2017 devastò l’azienda di trattamento rifiuti a Vidor (Treviso) fu doloso. (Tribuna Treviso)
6/03: nella notte è scoppiato un grande incendio in un capannone di una azienda di rivendita e riparazione pneumatici. Nel maggio del 2017 sempre a Pomezia si era verificato un altro grosso incendio all’impianto di trattamento rifiuti Eco-X. (Roma Today)
6/03: sono bruciati quattro autocompattatori dei rifiuti nell’isola ecologica di Siniscola, in provincia di Nuoro. (La Nuova Sardegna)
7/03: un incendio ha interessato un impianto di riciclaggio nella zona industriale di Catania. La federazione provinciale Metalmeccanici ha più volte denunciato la presenza di capannoni diventati nel tempo ricettacolo di immondizia di ogni genere. (la Repubblica)
7/03: qualcuno ha dato fuoco ai rifiuti giacenti lungo la SP 174 nei pressi di Andria (provincia di Barletta-Andria-Trani). (Andriaviva)
8/03: a Carovigno (Brindisi) due grossi autocompattatori sono andati in fiamme nel deposito della ditta che gestisce il servizio comunale di raccolta rifiuti. (Brindisi Report)
9/03: un insolito movimento di camion di rifiuti ha portato i carabinieri forestali di Milano alla scoperta di due capannoni abusivi e un terreno agricolo a Pogliano Milanese in cui erano stoccati scarti di plastica, dispositivi elettronici, legno, solventi, vernici, olii e metalli. (Milano Today)
11/03: a Canicattì (Agrigento) qualcuno continua ad appiccare fuoco ai cassonetti urbani. (Giornale di Sicilia)
11/03: un incendio ha divorato una cartiera di Cologno Monzese (Milano) in cui erano stoccati scarti di carta, legno e plastica. Le fiamme hanno provocato anche il crollo del tetto che possedeva un isolamento di amianto. Per il momento secondo Arpa Lombardia “tutti i rilevamenti (ndr. di sostanze tossiche) sono risultati nei limiti.” (Rai News)
12/03: a Roma qualcuno ha dato fuoco a dei cassonetti in via Marco Valerio Corvo. Secondo un residente sarebbe almeno il terzo episodio questo mese. (Roma Today)
12/03: ignoti hanno scavalcato la recinzione di un centro raccolta rifiuti di Foggia e incendiato alcuni cassonetti della carta e della plastica. (Foggia Today)
13/03: a Pavia un camion che trasportava rifiuti ha preso fuoco. I pompieri sono riusciti a domare le fiamme prima che bruciassero l’automezzo. (La Provincia Pavese)
15/03: un piromane ha dato fuoco a dei cassonetti urbani nel centro città di Chieti. (Chieti Today)
15/03: al quartiere portuense di Roma si è verificato un altro episodio di cassonetti urbani dati alle fiamme. (Roma Today)
15/03: le autorità hanno sequestrato una discarica di Como dopo aver sorpreso i proprietari a stoccare diverse migliaia di metri cubi di rifiuti in più rispetto a quanto consentito dalla legge. (Il Giorno)
15/03: a Lodrone (Trento) un incendio in un’isola dei rifiuti ha distrutto un cassone e danneggiato le strutture circostanti. Per la Polizia Locale però l’origine del rogo è colposa. (Il quotidiano delle Giudicarie)
16/03: cinque operai sono stati arrestati a Ravanusa (Agrigento) per aver bruciato i rifiuti di un lavoro edile in una scuola. (Catania Today)
19/03: a Novacchio (Pisa) la Procura locale ha posto sotto sequestro uno stabile dove un’enorme quantità di rifiuti era ammassata senza autorizzazione. Dalle indagini emergono contatti tra il proprietario dello stabile e il prestanome di una società di trattamento rifiuti in contatto con quasi cento aziende cinesi dell’area pratese. (il Tirreno)
20/03: decine di cittadini di Andria (Barletta-Andria-Trani) hanno denunciato un odore nauseabondo probabilmente connesso a qualche sversamento illecito di rifiuti, soprattutto alla luce degli incendi che si sono verificati in città qualche settimana fa. (Video Andria / the Submarine)
20/03: ignoti hanno appiccato fuoco a decine di cassonetti urbani a BariCampobasso e Reggio Calabria. (Borderline24 / Termoli online / Il Quotidiano del Sud)
23/03: a Roma nel giro di qualche mese centinaia di cassonetti urbani sono stati dati alle fiamme. Secondo la sindaca Raggi potrebbe trattarsi di un’intimidazione. (Fanpage)
23/03: i carabinieri del NOE di Caserta hanno sequestrato tre aziende che bruciavano rifiuti a ridosso dei campi da pascolo. (Otto pagine)
23/03: a Collegno (Torino) un camion della raccolta rifiuti ha preso improvvisamente fuoco mentre si trovava nell’autolavaggio. Ancora ignote le cause dell’incendio. (Torino Today)
25/03: a Pianezza (Torino) è scoppiato un incendio in una ditta di trattamento e recupero imballaggi plastici. Lo scorso giugno se n’era verificato un altro nella stessa zona. (la Stampa)
28/03: qualcuno ha dato alle fiamme un cumulo di gomme e rifiuti abbandonati nei pressi della stazione ferroviaria Mungivacca, alla periferia di Bari. (Bari Today)
27/02: a Gramignano (Torino) i carabinieri hanno arrestato un uomo nell’atto di dar fuoco ad un cumulo di rifiuti in un campo nomadi. (Torino Oggi)
29/03: a Santa Flavia (Palermo) la guardia costiera ha arrestato un cinquantanovenne mentre dava fuoco ad un cumulo di rifiuti speciali nei pressi del porto. (Palermo Today)
30/03: a Oltrona San Memette (Como) è andata in fiamme una ex tessitura che qualcuno aveva riempito con rifiuti di vario genere. Il capannone era sotto sequestro da febbraio. (Qui Como)
30/03: ad Albano Laziale (Roma) un capannone dov’erano stoccate ferramenta e oggetti da giardinaggio è stato distrutto dalle fiamme. Il luogo dell’incendio si trova a circa 10 km da Pomezia, dove meno di un mese fa si è verificato un rogo di rifiuti. (Roma Today / the Submarine)
30/03: “un piromane” ha dato fuoco ai cassonetti di via Agricola a Roma. Negli ultimi 5 mesi i cassonetti dati alle fiamme nella capitale sono 180. (Roma Today)
31/03: ad Apollosa (Benevento) un incendio di origine dolosa ha divorato un’azienda specializzata nello smaltimento di carta e cartone. (Otto pagine)
31/03: due aziende in provincia di Treviso sono state denunciate per gestione illecita di materiale plastico di scarto. (Tribuna Treviso)

Febbraio (24)

1/02: la notte dell’1 febbraio a Palermo, in via Giovanni Grasso, ignoti hanno incendiato diversi sacchetti colmi di rifiuti. “Le palazzine limitrofe all’incendio – racconta un testimone – erano al buio oltre che invase dal fumo.” (PalermoToday)
1/02: la stessa notte, un incendio ha distrutto diversi cassonetti e tre automezzi impiegati nella raccolta dei rifiuti a San Donaci (Brindisi). (Gazzetta del Mezzogiorno)
2/02: un incendio ha completamente distrutto la cartiera di Pomezia Deodati Ecocar, poco distante dal deposito EcoX, divorato anch’esso dalle fiamme il 5 maggio 2017. (Fanpage e Repubblica)
2/02: a Giulianova (Teramo) i vigili del fuoco sono dovuti intervenire per estinguere un focolaio che si stava sviluppando nello stesso capannone che aveva preso fuoco il 31 gennaio. Nell’impianto mancherebbe un adeguato piano di sicurezza antincendio. Due giorni prima i Carabinieri avevano scoperto che la discarica era abusiva e avevano registrato livelli altissimi di monossido di carbonio. (City Rumors)
2/02: nella tendopoli di Rosarno (Reggio Calabria), andata a fuoco una settimana fa, sono bruciati anche rifiuti tra cui plastica e lastre di eternit. Ora i migranti sono esposti a livelli di diossina altissimi. (Avvenire)
2/02: i vigili del fuoco hanno rinvenuto resti bruciati di eternit e rifiuti urbani nei pressi dell’ex pizzeria galleggiante di Castelmassa (Rovigo), divorata dalle fiamme la sera di Natale del 2017. (La Voce di Rovigo)
7/02: si è verificata un’esplosione in un’azienda di Bulgarograsso (Como) specializzata nel trattamento dei rifiutilegati all’industria dei solventi. Si contano 9 feriti, di cui 3 gravi. Le rilevazioni di ARPA indicano che al momento non ci sono sostanze tossiche disperse in atmosfera. Le cause dell’incendio al momento non sono note. (Today)
10/02: è scoppiato un incendio in un impianto di smaltimento rifiuti a Gracignano d’Aversa nord, nel Casertano. Diverse tonnellate di plastica, pellame e carta sono andate a fuoco sprigionando una nuvola di fumo nero dall’odore acre. (Fanpage)
12/02: è scoppiato un incendio nel centro rifiuti AMSA di via Zama a Milano. Non si registrano feriti o intossicati. (Fanpage)
15/02: a Villasor (Cagliari) un incendio ha distrutto dei compattatori e danneggiato gravemente un trattore stradale utilizzato per il traino di un semirimorchio per i rifiuti. (Cagliaripad)
16/02: a Santa Marinella (Roma) ignoti hanno appiccato fuoco a diversi cassonetti. (Roma Today)
17/02: un vasto incendio ha interessato una discarica a cielo aperto nel quartiere Valle degli Angeli di Messina. (Strettoweb)
17/02: a Boffalora (Milano) è andato a fuoco un cassone di rifiuti situato all’interno di un centro di smaltimento. (Settegiorni)
18/02: è scoppiato un incendio nella discarica di Mariano Comense (Como), che era già stata vittima delle fiamme il 3 febbraio scorso. (Quicomo)
A Castelfranco di Sotto già il 26 gennaio scorso qualcuno aveva appiccato fuoco alle ecoballe sotto il cavalcavia della superstrada FI-PI-LI all’uscita di Montopoli. (Pisa Today)
19/02: è scoppiato un incendio in una ditta di Rovigo che si occupa di riciclare i rifiuti organici. (La voce di Rovigo)
19/02: a Pioltello (Milano) è scoppiato un incendio in un deposito di scarti ferrosi. Data la natura pericolosa dei materiali bruciati è intervenuto il reparto NBCR dei vigili del fuoco. (Milano Today)
20/02: il pomeriggio del 20 gennaio a Montone (Perugia) sono andati a fuoco dei copertoni in un impianto di smaltimento rifiuti. (City Journal)
21/02: a Torino si è sprigionato un gigantesco incendio in un capannone adibito allo stoccaggio di materiale plastico. (Torino Today)
23/02: il titolare di un’azienda della zona industriale di Ottana (Nuoro) è stato sorpreso dai carabinieri ad appiccare il fuoco a dei cumuli di rifiuti tossici. Tra le sostanze andate a fuoco vi sono lana, plastica, fieno, imballaggi ed altri materiali vari. (Sardinia Post)
23/02: a Civitavecchia (Roma) si è verificato il terzo episodio di cassonetti dati alle fiamme nel giro di una settimana. (Roma Today)

Gennaio (18)

3/01: a Corteleone (Pavia) va a fuoco un capannone pieno di rifiuti stoccati abusivamente.
7/01: a Cairo Montenotte (Savona) scoppia un incendio in un deposito di un’azienda che si occupa di riciclo.
12/01: un tir che trasportava rifiuti speciali ha preso fuoco sulla A12 all’altezza di Tarquinia (Roma). (Roma Today)

13/01: si è sviluppato un incendio all’inceneritore di Forlì. Ancora ignote le cause. (Forlì Today)
18/01: a Termoli sono andati a fuoco materiali di scarto tra cui scatole di latta e buste di plastica ammassate nel capannone dismesso di una vecchia industria. (Primonumero)
18/01: Ostra (Ancona).
19/01: un compattatore di rifiuti di Lamezia Terme ha preso fuoco mentre si trovava parcheggiato nel piazzale della discarica. (Il Lametino)
19/01: Baranzate (Milano).
21/01: a Belgioioso (Pavia) le autorità hanno posto sotto sequestro un impianto per gestione illecita di rifiuti di plastica e smaltimento illecito di fanghi di depurazione. (Latina Corriere)
23/01 Un camion che trasportava rifiuti pericolosi ha preso fuoco mentre percorreva la Variante Aurelia, all’altezza di Castiglioncello (Livorno). (Arpa Toscana)
25/01 Cumuli di cartacce e rifiuti hanno preso fuoco vicino ad uno stabile abbandonato a Bologna. (Bologna Today)
26/01 Gruppi di persone con il volto coperto da bandane e passamontagna sono giunti in sella a degli scooter in un cantiere sotto sequestro a Napoli, e hanno appiccato fuoco a dei cumuli di rifiuti già presenti. L’area era sotto sequestro proprio perché in precedenza era già stata bersaglio di uno sversamento illecito di rifiuti. (Napolitan)

29/01: materiale plastico e di scarto è andato a fuoco nell’ecocentro di Vaticano a La Maddalena. Secondo gli investigatori l’incendio sarebbe di origine dolosa. (Gallura Oggi)
28/01: un incendio ha devastato un sito di stoccaggio rifiuti a San Felice di Cancello, nel Casertano. (Cronaca Caserta)
31/01: nel campo nomadi di Scordovillo (Lamezia Terme) le fiamme hanno divorato cataste di pneumatici e rifiuti di vario genere. (il Lametino)
31/01: a Notaresco (Teramo) un incendio ha bruciato diverse tonnellate di rifiuti organici ammucchiati in un capannone già posto sotto sequestro dalle autorità. (il Martino)

Per approfondire

La 5a parte dell’inchiesta “Bloody Money” di Fanpage spiega bene in che modo i rifiuti vengono fatti arrivare nei capannoni che vengono poi dati alle fiamme. L’inchiesta rivela inoltre l’esistenza di una filiera di smaltimento rifiuti totalmente corrotta, dove praticamente tutti i soggetti operanti sono sempre pronti a infrangere la legge e a trattare con la criminalità organizzata. (Fanpage)

A cura di Tommaso Sansone.

fonte: http://thesubmarine.it