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A che punto è la bonifica delle discariche abusive per le quali l’Ue ha condannato l’Italia

La sanzione europea semestrale è passata da 42 milioni di euro agli attuali 9,6. Ma finora abbiamo pagato oltre 200 milioni di euro




Le discariche legali rappresentano l’ultimo ma pur sempre necessario step individuato dalla gerarchia europea per la gestione integrata dei rifiuti, dove conferire in sicurezza gli scarti residuali dai quali non è possibile recuperare materia e/o energia. Le discariche illegali sono invece un flagello per l’ambiente e la salute ma anche per le casse pubbliche: a causa di due sentenze (nel 2007 e nel 2014) della Corte europea di giustizia l’Italia – per le violazioni alla direttiva discariche e gestione dei rifiuti – è stata infatti condannata a pagare una sanzione forfettaria di circa 40 milioni di euro e di una penalità semestrale di oltre 42 milioni di euro da pagare fino all’esecuzione completa della sentenza.

La sentenza di condanna ha riguardato originariamente 200 discariche, di cui 198 non conformi alle direttive 75/442 (rifiuti) e 91/689 (rifiuti pericolosi) e 2 non conformi alla direttiva 1999/31 (discariche). Lo stato dell’arte delle sanzioni pagate, aggiornato allo scorso ottobre, mostra un conto salatissimo: 214 milioni di euro di risorse pubbliche spesi in multe anziché, magari, per investimenti in economia circolare.

Il lavoro della Struttura di missione per la bonifica della discariche abusive, voluta dalla presidenza del Consiglio dei ministri nel 2017, sta però dando i suoi frutti. Dopo tre anni di lavoro, su 81 discariche consegnate nelle mani del commissario – il generale di brigata dei Carabinieri Giuseppe Vadalà – 41 sono state espunte dalla procedura di infrazione Europea: 12 in Abruzzo, 8 in Calabria, 7 in Campania, 6 in Sicilia, 4 in Lazio, 2 in Veneto, 1 in Puglia e 1 in Toscana.

«Regioni, Comuni, Agenzie regionali per l’ambiente – ha dichiarato oggi il commissario nel corso della V relazione semestrale – hanno risposto senza esitazione all’invito di questo commissariato a recuperare porzioni di territorio. Così gli organismi scientifici di primo piano a livello nazionale nonché i soggetti sociali sui singoli territori (professionisti e associazioni di cittadini) sono stati attori partecipativi in questo nostro lavorare d’insieme, infatti gli obiettivi di risanamento e bonifica possono essere raggiunti solo con una sinergia d’intenti e che stabilisca gli obiettivi, le tempistiche e i procedimenti da attuare».

Dal punto di vista economico il risultato è che la sanzione europea semestrale è passata da 42 milioni di euro agli attuali 9,6 (da ridurre ulteriormente a 8,6 al termine del vaglio dei dossier di espunzione proposti alla commissione Ue nel dicembre 2019); per ciascun semestre post sentenza, la Commissione europea ha infatti stralciato dal calcolo della penalità le discariche che nel tempo sono state bonificate/messe in sicurezza/regolarizzate. Dunque dal 24 marzo 2017 ad oggi il commissario e la sua task-force di carabinieri hanno fatto risparmiare alle casse dello Stato 16,4 milioni di euro oltre a mettere in regola 41 territori del nostro Paese.

«In tre anni più della metà delle discariche sono fuori dalla procedura di infrazione europea con benefici all’ambiente, alla salute dei cittadini ed un importante risparmio economico per il Paese: 41 siti usciti dalla procedura di infrazione comunitaria e un risparmio di 34 milioni di euro in 36 mesi sono un grande risultato, per il quale ringrazio il generale Vadalà e la sua Struttura di missione. L’obiettivo comune – commenta il sottosegretario al ministero dell’Ambiente, Roberto Morassut – è quello di proteggere la salute e l’ambiente in cui viviamo, restituendo i siti inquinati agli usi propri e ai cittadini e per farlo sono in campo le migliori risorse dello Stato. Più in generale, sul tema delle bonifiche occorre spingere il piede sull’acceleratore. Al ministero abbiamo istituito una Direzione ad hoc e stiamo lavorando nella predisposizione di una norma, da inviare in Parlamento, per superare lentezze burocratiche e snellire le procedure. I suoli bonificati – conclude– potranno essere una risorsa per nuovi insediamenti industriali, per aree rinaturalizzate e per impianti di produzione di energia pulita e rinnovabile».

fonte: www.greenreport.it


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Lotta al mozzicone: posacenere e drink gratuiti a Firenze

IL PREMIO - RECIPIENTI PER LA CENERE A DOMICILIO, CONTRO I TAPPETI DI SIGARETTE LASCIATE IN STRADA. IN RIVA ALL’ARNO LA RICOMPENSA VINCE SUL CASTIGO: 80 MILA FUMATORI RICEVERANNO UN REGALO




La “c” è aspirata ma il risultato non cambia. A Firenze, come in altre città d’Italia, i mozziconi (o “mozzihoni”) di sigaretta stanno diventando un problema soprattutto con l’invasione estiva di turisti per le vie del centro. E per questo il Comune ha deciso di correre ai ripari. Ma, a differenza di altre città, non con le sanzioni per gli incivili che gettano i filtri per le vie più belle del centro: quelle ci sono già da tempo.

La strategia è diversa e innovativa: a fine agosto agli 80 mila fumatori fiorentini (12/13 sigarette al giorno è la media cittadina) saranno consegnati altrettanti posacenere portatili così da non inquinare e non creare la tentazione di gettare il mozzicone per strada in mancanza di cestini che lo includano. L’annuncio è arrivato nei giorni scorsi da parte dell’assessore all’ambiente di Palazzo Vecchio, Alessia Bettini, rispondendo ad un’interrogazione in consiglio comunale: “Non possiamo mettere un cestino con un posacenere ad ogni angolo della città – ha spiegato – perché ha dei costi e non è possibile farlo”. E allora? A fine agosto il Comune organizzerà una giornata in cui gli studenti delle università americane cittadine e gli “Angeli del Bello” (il movimento di volontari per il decoro e la cura di Firenze) consegneranno ai fumatori fiorentini i posacenere portatili. Lo stesso farà nelle prossime settimane Alia, la municipalizzata del Comune che si occupa di raccolta dei rifiuti. “Il tema è chiedere ai fumatori che non smettono di fumare di munirsi di un posacenere – conclude Bettini – e noi li regalaremo. Poi ovviamente aumenteremo anche le sanzioni per chi continuerà a gettare i mozziconi per strada”. Ma Palazzo Vecchio non si sta muovendo solo in questa direzione, per combattere l’abbandono di sigarette per strada: presto il Comune incontrerà i responsabili dei locali della movida (e non solo) per incentivare il mantenimento del decoro urbano legato al fumo.

L’idea è quella di ottenere un impegno serio da parte dei locali cittadini: questi dovranno offrire un drink analcolico ai clienti che raccolgono in un bicchiere i mozziconi abbandonati per strada. La campagna del Comune di Firenze contro i mozziconi di sigarette è il risultato di una nuova consapevolezza emersa negli ultimi mesi, soprattutto da quando (un anno fa) il rapporto di Nbc News ha messo in evidenza come i filtri dei 5,6 mila miliardi di sigarette prodotte ogni anno nel mondo impieghino dai dieci anni in su per decomporsi (sono fatti di acetato di cellulosa).

La battaglia contro i mozziconi abbandonati per strada del Comune di Firenze segue quella relativa al verde pubblico: negli ultimi cinque anni in città sono stati piantati 13mila nuovi alberi e nati nove tra nuovi parchi e giardini. Per “avvicinare i fiorentini ai loro alberi” Palazzo Vecchio ha deciso anche di dedicare, con una targhetta, le piante cittadine a chi si ama o a una persona cara.

fonte: www.ilfattoquotidiano.it


Rifiuti: Pagati 548 Milioni In Sanzioni Ue

Al 31 dicembre 2018 l'Italia risultava aver pagato oltre 548 milioni di euro in sanzioni per le procedure d'infrazione europee in materia di tutela dell'ambiente: discariche abusive, emergenza rifiuti in Campania e mancato trattamento delle acque reflue le tre voci principali del conto.












fonte: https://www.ricicla.tv

Multa al condominio per la raccolta differenziata, quando il tribunale respinge il ricorso

La vicenda a Milano, dove un condominio si oppone all'ingiunzione di pagamento notificata per non aver raccolto correttamente la carta. Il giudice respinge il ricorso dicendo che "essendo rimasto ignoto il trasgressore il condominio è responsabile solidale



















Un altro caso di multa ad un condominio che non fa bene la raccolta differenziata, ma questa volta il ricorso degli abitanti è stato respinto a differenza di quanto successo nel comune di Rivoli.
La vicenda, riportata dal portale condominioweb.com, è accaduta qualche mese fa a Milano, dove un condominio si è opposto all'ingiunzione di pagamento notificatagli dal comune per violazione dell'articolo 4 del Regolamento che disciplina “il decoro urbano e per l'inosservanza dell'ordinanza sindacale in ordine alle modalità ed orari di conferimento della raccolta differenziata della carta”.
Il condominio contesta la sanzione, eccependo come prima cosa l'impossibilità di addebitargli la violazione poiché “soggetto privo di autonoma personalità”, sostenendo inoltre che non poteva essergli contestata una “responsabilità solidale con il trasgressore” (cioè il singolo condòmino) per “assenza di prova in ordine alla riconducibilità, nei suoi confronti, della condotta colposa e della violazione”.
Il giudice di pace passa le carte al Tribunale di Milano che a febbraio respinge il ricorso soffermandosi invece proprio sulla “responsabilità solidale gravante sul condominio” che giustifica, quindi, la sanzione amministrativa. Il provvedimento puntualizza che la sanzione sia stata erogata al condominio "…non tanto in qualità di trasgressore persona fisica quanto piuttosto, essendo rimasto ignoto il trasgressore persona fisica, quale responsabile solidale ex art. 6 della legge 689/1981".
Il tribunale di Torino nel caso di Rivoli aveva affermato sostanzialmente il contrario, sostenendo che il condominio non ha alcun onere di verificare quello che viene conferito nei bidoni e quindi annullando la multa.
Riguardo alla mancata identificazione dell'autore materiale della violazione, la sentenza di Milano, come riporta condominio.web, rimanda ad un principio già espresso della giurisprudenza di legittimità secondo cui "in tema di sanzioni amministrative, l'identificazione e l'indicazione dell'autore materiale della violazione non costituiscono requisito di validità dell'ordinanza-ingiunzione emessa nei confronti dell'obbligato solidale, in quanto la ratio della responsabilità di questi non è quella di far fronte a situazioni di insolvenza dell'autore della trasgressione, bensì quella di evitare che l'illecito resti impunito quando sia impossibile identificare tale ultimo soggetto e sia, invece, facilmente identificabile il soggetto obbligato solidalmente a norma dell'art. 6, primo comma, della legge 689/1981" (Cass.civ. sez.II 13.5.2010 n. 11643)
fonte: www.ecodallecitta.it

Acque reflue, l’Italia ora rischia una multa Ue da 347mila euro al giorno

Il “persistente inadempimento” da parte del nostro Paese dura ormai da 18 anni, e non è stato sanato neanche dopo la sentenza del 2012




















La direttiva europea 91/271 concerne la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane, nonché il trattamento e lo scarico delle acque reflue originate da alcuni settori industriali: prevede che ogni città di almeno 15mila abitanti sia provvista di reti fognarie per le acque reflue urbane, e che queste  siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario (in genere un trattamento biologico). Obblighi rispetto ai quali tutti gli Stati membri avrebbero dovuto mettersi in regola entro il 31 dicembre 2000, ma l’Italia non l’ha fatto.
Per questo la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia nel 2009, giunta a una sentenza da parte della Corte di giustizia europea nel 19 luglio 2012. Allora la Corte affermò chela Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi discendenti dalla direttiva in quanto ha omesso di prendere le disposizioni necessarie a garantire:
  • che vari agglomerati urbani nominativamente indicati siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane;
  • che in vari agglomerati urbani nominativamente indicati le acque reflue urbane confluenti in reti fognarie siano sottoposte a trattamento;
  • che in vari agglomerati urbani nominativamente indicati la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e che la progettazione degli impianti tenga conto delle variazioni stagionali di carico.
Il peggio è che – come informa oggi direttamente la Corte Ue – si è tenuta una nuova udienza sul tema, a causa del  “persistente inadempimento dell’Italia in materia di trattamento e scarico delle acque reflue urbane e industriali”: «A seguito di nuove verifiche, la Commissione ritiene che persista, quantomeno in parte, l’inadempimento dell’Italia accertato dalla citata sentenza. Pertanto, la Commissione si è nuovamente rivolta alla Corte, questa volta per far condannare l’Italia al pagamento di sanzioni pecuniarie (346.922,40 EUR al giorno per il futuro e 39.113,80 EUR al giorno, con un importo totale minimo di 62.699.421,40 EUR, per il passato)». Ovvero circa 347mila euro di multa per ogni giorno a partire dalla sentenza che sarà pronunciata nelle presente causa, e altri 39mila euro (sempre al giorno) dalla sentenza del 2012 sino alla sentenza che sarà pronunciata nella presente causa.

fonte: www.greenreport.it

Assoambiente contro il littering












Il littering è un problema diffuso ed è indice di un degrado non solo ambientale ma anche, e forse soprattutto, culturale. L'abbandono dei rifiuti è un problema di coscienza della relazione con l'ambiente in cui viviamo. Per questo Assoambiente lancia la campagna #NoLittering, Non abbandonare i rifiuti!
L’Associazione non è nuova a iniziative di educazione ambientale: da anni porta avanti, in collaborazione con Libri Progetti Educativi, la campagna Tutto si trasforma. I rifiuti sotto una nuova luce. L’iniziativa è rivolta alle classi della scuola secondaria di primo grado, IV e V elementare di tutto il territorio nazionale, per sensibilizzare i ragazzi e le loro famiglie sul tema della gestione dei rifiuti.
Per quanto concerne la tematica del littering, FISE Assoambiente è partner di “Keep Clean and Run”, l’eco-trail che nel 2017 ha visto l’eco-runner Roberto Cavallo - accompagnato da numerosi altri testimonial sportivi di fama nazionale – percorrere oltre 350 km di strade e sentieri attraverso Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia compiendo azioni di pulizia dai rifiuti abbandonati lungo il percorso. La sola manifestazione Keep Clean and Run ha consentito di raccogliere 206 kg di rifiuti abbandonati lungo il percorso e 15.210 kg di rifiuti nelle oltre 30 azioni di pulizia che hanno accompagnato la corsa.
FISE Assoambiente ha anche promosso, in collaborazione con il Comune di Castel Gandolfo, un’attività di pulizia straordinaria nell’ambito della campagna europea Let’s Clean Up Europe. La campagna ha riguardato nello specifico la pulizia delle coste del Lago di Albano, uno dei siti Natura 2000, e mirerà anche a rafforzare l’impegno nella raccolta differenziata dei rifiuti del comune di Castel Gandolfo, residenza papale e uno tra i Borghi più belli d’Italia, che ha raggiunto il ragguardevole tasso del 76,5% di raccolta differenziata.















Littering e turismo
L’Italia è da sempre meta privilegiata per le vacanze. Immenso è il nostro patrimonio culturale e le bellezze paesaggistiche non sono certo da meno.
Secondo il rapporto 2017 del World Economic Forum, «Travel & Tourism Competitiveness Report», l’Italia deve però accontentarsi di un non brillantissimo ottavo posto. Al primo c’è la Spagna seguita da Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Australia, e solo dopo veniamo noi. Certo è che:
  • Nessuno vuole andare in vacanza o affacciarsi alla finestra per guardare una montagna di rifiuti, o andare a fare una passeggiata tra i mozziconi di sigaretta e le bottiglie di plastica, calpestando le chewing gum a terra.
  • Un luogo rovinato dal littering perde di attrattiva, nonostante le sue bellezze naturali e culturali.
Qualche numero sul littering
In Europa e nel mondo:
  • Sulle strade d’Europa il littering produce 14 milioni di tonnellate l’anno di rifiuti abbandonati
  • Il 32% degli oggetti in plastica sfugge alla raccolta differenziata e finisce nell'ambiente
  • Risolvere il problema costerebbe all’Unione Europea 13 miliardi di euro all’anno
  • Secondo uno studio del World Economic Forum viene riversata ogni minuto nei mari una quantità pari a quella di quattro camion zeppi di spazzatura
  • Tra i 700.000 e un milione di uccelli marini rimangono ogni anno uccisi per soffocamento o intrappolamento da litter
In Italia:
I dati dell’indagine Beach Litter 2017 condotta da Legambiente confermano anche quest’anno una situazione critica: su 62 spiagge italiane, per un totale di oltre 200mila metri quadri pari a quasi 170 piscine olimpioniche, sono stati trovati una media di 670 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia.
Materiali raccolti:
  • I posto: plastica (84% degli oggetti rinvenuti)
  • II posto: vetro/ceramica (4,4% degli oggetti rinvenuti),
  • III posto: metallo (4% degli oggetti rinvenuti)
  • IV posto: carta e cartone (3% degli oggetti rinvenuti).
Top ten degli oggetti raccolti:
  •   I posto: reti per la coltivazione dei mitili(11%).
  •   II posto: tappi e coperchi (9,6%)
  •   III posto: frammenti di oggetti fatti di plastica (9,3%) minori di 50 cm.
  •   IV posto: mozziconi di sigaretta (8,5%),
  •   V posto: le bottiglie e i contenitori di plastica per bevande (7,7%),
  •   VI posto: i cotton fioc (6,1%);
  •   VII posto: stoviglie usa getta (4,4%),
  •   VIII posto: polistirolo (4,4%)
  •   IX posto: bottiglie e contenitori di plastica non per bevande (2,9%)
  •   X posto: altri oggetti di plastica (2,8%).
Una menzione speciale va riservata alla presenza dei sacchetti di plastica, shopper e buste, che rappresentano l’undicesimo oggetto più frequente sulle spiagge italiane (il 2%).
-  Secondo l’Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e consumatori) in Italia rimuovere 1 gomma da masticare dall’asfalto costa 1 euro e il tempo richiesto dall’operazione è pari a 2 minuti.
In Italia consumiamo circa 23 mila tonnellate di gomme da masticare, se tutti adottassero comportamenti incivili il costo per la collettività arriverebbe alla iperbolica cifra di 23 miliardi di euro.
-  In italia si consumano 72 miliardi di sigarette all'anno
1 solo mozzicone è in grado di inquinare 500 litri d’acqua - Un mozzicone in mare necessita di un tempo compreso fra i 2 e i 5 anni per degradarsi.
 
Sanzioni per chi abbandona i rifiuti di piccole dimensioni
Dall’entrata in vigore del “Collegato Ambientale” si prevedono sanzioni per chi abbandona sul suolo, nelle acque, nelle caditoie e negli scarichi rifiuti di piccolissime dimensioni (ad es. mozziconi, scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare).
La sanzione va da trenta a centocinquanta euro per l’abbandono di piccoli rifiuti e se l'abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo la sanzione è aumentata fino al doppio (fino a trecento euro!)

fonte: http://www.assoambiente.org

Fermare l’incendio planetario

L’amministrazione Trump non è mai stata divisa tra quelli che volevano stracciare l’Accordo di Parigi e quelli che volevano rispettarlo. È stata divisa tra quelli che volevano stracciarlo e quello che volevano restarvi ma ignorarlo del tutto. Cosa possiamo fare ora? Un appello maturato tra i movimenti sociali di tutto il mondo propone di applicare sanzioni economiche di fronte al vandalismo climatico di Trump. Ma i governi non sono i soli che possono imporre penali economiche per un comportamento letale e immorale: i movimenti possono farlo direttamente sotto forma di campagne di boicottaggio e disinvestimenti mirate contro governi e imprese


















Ora che pare virtualmente certo che Donald Trump ritirerà gli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima e che il movimento sul clima si sta molto giustamente mobilitando di fronte a questo più recente sbandamento, è ora di essere concreti riguardo a una cosa: praticamente tutto ciò che è debole, deludente e inadeguato riguardo a tale accordo è il risultato dell’attività di pressione statunitense a partire dal 2009.
Il fatto che l’accordo impegni unicamente i governi a mantenere il riscaldamento al di sotto di un aumento di due gradi, piuttosto che di un obiettivo molto più sicuro di 1,5 gradi, è stato forzato e ottenuto dagli Stati Uniti.
Il fatto che l’accordo ha lasciato alle singole nazioni decidere quanto sono disposte a fare per raggiungere quella temperatura obiettivo, consentendo loro di venire a Parigi con impegni che collettivamente ci pongono su una via più disastrosa di un riscaldamento di tre gradi, è stato forzato e ottenuto dagli Stati Uniti.
Il fatto che l’accordo tratti persino questi impegni inadeguati come non vincolanti, il che significa che i governi non hanno nulla da temere se ignorano i loro impegni, è un’altra cosa che è stata forzata e ottenuta dagli Stati Uniti.
Il fatto che l’accordo vieti specificamente ai paesi poveri di pretendere i danni per i costi dei disastri climatici è stato forzato e ottenuto dagli Stati Uniti.
Il fatto che si tratti di un “accordo” o “intesa” e non di un trattato – esattamente ciò che rende possibile a Trump mettere in scena il film d’azione al rallentatore del suo ritiro, con il mondo in fiamme dietro di lui – è stato forzato e ottenuto dagli Stati Uniti.
Potrei continuare. E continuare. Spesso gli Stati Uniti hanno avuto, in questo bullismo dietro le quinte, l’aiuto di illustri petro-stati quali l’Arabia Saudita. Quando hanno aggressivamente esercitato pressioni per indebolire l’accordo di Parigi, i negoziatori statunitensi hanno solitamente sostenuto che qualsiasi impegno maggiore sarebbe stato bloccato dalla Camera e dal Senato controllati dai Repubblicani. E ciò era probabilmente vero. Ma parte dell’indebolimento – in particolare le misure concentrare sull’equità tra nazioni ricche e povere – è stato perseguito principalmente per abitudine, perché preoccuparsi degli interessi delle industrie e ciò che gli Stati Uniti fanno nei negoziati internazionali.
Quali che siano le ragioni, il risultato finale è stato un accordo che ha un obiettivo decente riguardo alla temperatura, e un piano dolorosamente debole e meschino per raggiungerlo. Ed è questo il motivo per il quale, quando è stato rivelato per la prima volta, James Hansen, verosimilmente il più rispettato scienziato del clima al mondo, ha definito l’accordo “una frode, davvero, un falso”, poiché “non c’è nessuna azione, solo promesse”.
Ma debole non è sinonimo di inutile. Il potere dell’Accordo di Parigi è sempre stato riposto in quanto i movimenti sociali hanno deciso di farne. Avere un chiaro impegno a mantenere il riscaldamento sotto i due gradi Celsius, perseguendo contemporaneamente “sforzi per limitare l’aumento della temperatura d 1,5 gradi” significa che non rimane spazio perché il bilancio globale del carbonio sfrutti nuove riserve di combustibili fossili.
Tale semplice fatto, anche senza un vincolo legale a sostenerlo, è stato un potente strumento nelle mani dei movimenti contro nuovi oleodotti, campi di fratturazione idraulica e miniere di carbone, nonché nelle mani di alcuni giovani coraggiosi che hanno portato in tribunale il governo statunitense per proteggere il loro diritto a un futuro sicuro. E in molti paesi, inclusi gli Stati Uniti fino a molto di recente, il fatto che i governi abbiano dato almeno un’adesione di facciata a tale obiettivo della temperatura li ha lasciati vulnerabili a quel tipo di pressione morale e popolare. Come ha detto il giornalista e fondatore di 350.org Bill McKibben il giorno in cui è stato rivelato l’accordo di Parigi, i leader mondiali hanno fissato “un obiettivo di 1,5 gradi e poco ma sicuro che glielo faremo rispettare”.
In molti paesi tale strategia prosegue, indipendentemente da Trump. Alcune settimane fa, ad esempio, una delegazione di nazioni isolane del Pacifico poco sopra il livello  del mare si è recata presso le sabbie bituminose di Alberta per chiedere che il primo ministro Justin Trudeau smetta di espandere la produzione di quella fonte di combustibile ad alta emissione di carbonio, sostenendo che se egli non lo farà violerà lo spirito delle sua belle parole e promesse a Parigi.
E questo è sempre stato il compito del movimento globale per la giustizia climatica quando si è trattato di Parigi: cercare di vincolare i governi al forte spirito, piuttosto che alla debole lettera, dell’accordo. Il problema è che non appena Trump è salito alla Casa Bianca è stato perfettamente chiaro che Washington non era più suscettibile a quel genere di pressione. Il che rende piuttosto sconcertati alcuni degli istrioni di fronte alla notizia che Trump pare ritirarsi ufficialmente. Comunque vada la decisione sull’Accordo di Parigi, tutti già sapevamo che sotto Trump era nelle carte un ritorno al peccato riguardo al clima. Lo abbiamo saputo non appena egli ha nominato Rex Tillerson a capo del Dipartimento di Stato e Scott Pruitt a capo dell’Epa. Ne abbiamo avuto conferma quando nella prima settimana in carica ha firmato i suoi decreti presidenziali sul Keystone XL e sulla Dakota Access Pipeline.
Per mesi abbiamo sentito parlare delle presunte lotte di potere tra quelli che volevano restare nell’accordo (Ivanka, Tillerson) e quelli a favore di abbandonarlo (Pruitt, il capo stratega Steve Banno, lo stesso Trump). Ma il fatto stesso che Tillerson abbia potuto essere la voce del campo del “restiamo” avrebbe dovuto rivelare l’assurdità di questa totale farsa.
Sono state le compagnie petrolifere come quella per la quale Tillerson ha lavorato per 41 anni a esercitare pressioni che hanno contribuito a garantire che gli impegni presi a Parigi fossero privi di qualsiasi meccanismo di imposizione. È per questo che un mese dopo la negoziazione dell’accordo la Exxon Mobil, con Tillerson ancora al timone, se n’è uscita con un rapporto che affermava “ci aspettiamo che petrolio, gas naturale e carbone continueranno a soddisfare circa l’ottanta per cento della domanda globale “ tra ora e il 2040. Era una sfrontata manifestazione di arroganza da parte dei sostenitori del “non è successo niente”. La Exxon sa benissimo che se vogliamo una decente opportunità di mantenere il riscaldamento sotto 1,5 – 2 gradi, l’obiettivo dichiarato dell’Accordo di Parigi, l’economia globale deve abbandonare virtualmente tutti i combustibili fossili entro la metà del secolo. Ma la Exxon ha potuto offrire tali assicurazioni ai suoi investitori – e anche affermare che appoggiava l’accordo – perché sapeva che l’accordo di Parigi non aveva forza vincolante.
È lo stesso motivo per cui la fazione di Tillerson nell’amministrazione Trump ha ritenuto di poter conciliare l’essere a Parigi e contemporaneamente smantellare il nucleo centrale dell’impegno statunitense in base all’accordo, il Pianto Energia Pulita. Tillerson, meglio di chiunque altro sul pianeta, sa quanto legalmente debole è l’accordo. Da amministratore delegato della Exxon ha contribuito ad assicurare che lo fosse.
Così quando cerchiamo di dare un senso a quest’ultima commedia, non sbagliamoci: l’amministrazione Trump non è mai stata divisa tra quelli che volevano stracciare l’Accordo di Parigi e quelli che volevano rispettarlo. È stata divisa tra quelli che volevano stracciarlo e quello che volevano restarvi ma ignorarlo del tutto. La differenza è di ottica; in un modo o nell’altro viene emessa la stessa quantità di carbonio.
Alcuni dicono che non è quello il punto, che il rischio vero del ritiro degli Stati Uniti è che incoraggerà tutti gli altri a ridurre le loro ambizioni e presto tutti abbandoneranno Parigi. Forse, ma non necessariamente. Proprio come il disastro di Trump riguardo all’assistenza sanitaria sta incoraggiando stati a considerare un’assicurazione unica più seriamente di quanto abbiano fatto da decenni, l’incendio climatico di Trump ha sinora alimentato unicamente l’ambizione climatica in stati come la California e New York. Anziché gettare la spugna, coalizioni come New York Renews, che sta premendo con forza perché lo stato passi interamente all’energia rinnovabile entro il 2050, stanno diventando ogni giorno più forti e più audaci.
Anche fuori dagli Stati Uniti i segnali non sono malvagi. La transizione alle energie rinnovabili sta già procedendo così rapidamente in Germania e in Cina, e i prezzi stanno calando così notevolmente, che forze di gran lunga maggiori di Trump stanno oggi stanno spingendo la svolta. Ovviamente è ancora possibile che il ritiro di Trump provochi un ritorno all’indietro globale. Ma è anche possibile che accada l’opposto, che altri paesi, sotto la pressione delle loro popolazioni arrabbiate per le azioni di Trump praticamente a ogni livello, diventino più ambiziosi se gli Stati Uniti tralignano. Potrebbero persino decidere di rinforzare l’accordo senza negoziatori statunitensi che li rallentino ogni momento.
E c’è ancora un altro appello che sempre più si sente da movimenti sociali di tutto il mondo: a sanzioni economiche di fronte al vandalismo climatico di Trump. Poiché ecco l’idea folle: che sia o no scritto nell’Accordo di Parigi, quando si decide unilateralmente di bruciare il mondo, dovrebbe esserci un prezzo da pagare. E ciò dovrebbe valere sia che si tratti del governo degli Stati Uniti, della Exxon Mobil o di qualche fusione alla Frankenstein dei due.

Un anno fa nei circoli dirigenziali si rideva del suggerimento che gli Stati Uniti dovessero subire una punizione tangibile per il fatto di mettere a rischio il resto dell’umanità: certamente nessuno avrebbe messo in pericolo le proprie relazioni commerciali per qualcosa di così frivolo come un pianeta vivibile. Ma giusto questa settimana Martin Wolf, scrivendo sul Financial Times ha dichiarato: “Se gli Stati Uniti si ritirassero dall’accordo di Parigi il resto del mondo dovrebbe prendere in considerazione sanzioni”.
Probabilmente siamo ben lungi da un passo simile da parte di partner commerciali degli Stati Uniti, ma i governi non sono i soli che possono imporre penali economiche per un comportamento letale e immorale. I movimenti possono farlo direttamente sotto forma di campagne di boicottaggio e disinvestimenti mirate contro governi e imprese, sul modello sudafricano. E non soltanto le imprese dei combustibili fossili ma anche l’impero di marca Trump. La persuasione morale non funziona con Trump. La pressione economica potrebbe riuscirci. È arrivata l’ora delle sanzioni popolari.

Naomi Klein

fonte: http://comune-info.net 

Materiali in plastica per alimentari, da aprile 2017 in vigore sanzioni














Sono in vigore dal 2/4/2017 le sanzioni per le violazioni della disciplina sui materiali e oggetti destinati a venire in contatto con gli alimentari ex regolamento 1935/2004/Ce e norme Ue connesse.
Il Dlgs 10 febbraio 2017, n. 29 inquadra in un unico provvedimento le sanzioni per la violazione delle disposizioni in materia di prodotti destinati al contatto con gli alimenti: il regolamento sugli oggetti destinati a venire a contatto con alimenti (regolamento 1935/2004/Ce), il regolamento sulle buone pratiche di fabbricazione (regolamento 2023/2006/Ce) nonché il regolamento sugli oggetti di plastica riciclata che vengono a contatto con gli alimenti (282/2008/Ce), quello sui materiali attivi e
intelligenti destinati a venire a contatto con gli alimenti (450/2009/Ce), quello sui materiali in plastica destinati al contatto con alimenti (10/2011/Ce) e il regolamento 1895/2005/Ce sull'uso di alcuni derivati epossidici in materiali e oggetti destinati al contatto con prodotti alimentari.
Le sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione dei citati regolamenti europei arrivano fino a un massimo di 80mila euro e riguardano produttori e distributori, coinvolgendo tutte le fasi della filiera, dalla produzione secondo buone pratiche di fabbricazione, all'etichettatura, alla pubblicità che non deve essere ingannevole per i consumatori.

documenti di riferimento

Area Normativa / Imballaggi / Normativa Vigente
Regolamento Commissione Ue 10/2011/Ue
Materiali e oggetti in plastica - Imballaggi per prodotti alimentari
Area Normativa / Rifiuti / Normativa Vigente
Regolamento Commissione Ce 282/2008/Ce
Materiali e oggetti di plastica riciclata destinati al contatto con gli alimenti
Area Normativa / Imballaggi / Normativa Vigente
Regolamento Par lamento europeo e Consiglio Ue 1935/2004/Ce
Materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari


fonte: http://www.reteambiente.it

Gettare rifiuti dal finestrino dell'auto? Multe fino a 400 euro

Le sanzioni amministrative previste dal Codice della Strada e dal Collegato ambientale per chi imbratta l'ambiente gettando rifiuti o oggetti dai veicoli in sosta o in movimento
Tutti sanno che gettare rifiuti dal finestrino dell'auto è un comportamento incivile, nonché pericoloso: ciononostante, un italiano su tre non si fa scrupoli a gettare dall'auto mozziconi di sigarette, fazzoletti usati, cartacce, avanzi di cibo e bottiglie e lattine. Sono questi i rifiuti più gettonati, come ha precisato un sondaggio condotto dal Centro Studi e Documentazione di Direct Line, la prima società al mondo di assicurazioni online.


A sorprendere, tuttavia, non è solo il dato che mostra la scarsa importanza attribuita ad un gesto che arreca danno all'ambiente e all'economia, giacché la rimozione ha costi davvero elevati, ma la circostanza che non si rispetti una normativa chiara la cui violazione può comportare multe severe. 

L'art. 15 del Codice della Strada inserisce, tra gli atti vietati, "depositare rifiuti o materie di qualsiasi specie, insudiciare e imbrattare comunque la strada e le sue pertinenze" nonché "insozzare la strada o le sue pertinenze gettando rifiuti o oggetti dai veicoli in sosta o in movimento".
Chiunque viola uno di questi divieti è soggetto, rispettivamente, alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 25 a euro 99 oppure a quella da euro 105 a euro 422 per il getto di rifiuti dal veicolo.

Una punizione esemplare per chi insozza le strade con rifiuti di ogni genere, peggiorando l'ambiente e la qualità della vita, con ripercussioni anche sulla concentrazione alla guida degli altri utenti della strada che potrebbero provocare incidenti. La posizione è stata aggravata dall'entrata in vigore della legge n. 221/2015, meglio nota come "collegato ambientale" (per approfondimenti: Da oggi fino a 300 euro di multa per chi sporca per terra).

La legge prevede che chi verrà beccato ad abbandonare per strada scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare, sarà soggetto ad una multa da 30 a 150 euro: invece, chi trasgredisce il divieto di abbandonare mozziconi di sigaretta sul suolo dovrà rassegnarsi a pagare una sanzione aumentata fino al doppio, e cioè fino a 300 euro.
L'obiettivo è quello di contrastare il fenomeno dell'abbandono di prodotti da fumo e di altri rifiuti di piccolissime dimensioni (scontrini, fazzoletti di carta, gomme da masticare, ecc…).

Meglio quindi pensarci due volte prima di abbassare il finestrino e lanciare incautamente rifiuti dall'abitacolo, non solo per timore di una sanzione, ma soprattutto per essere i primi portatori di civiltà, per il nostro bene, per quello altrui e per quello dell'ambiente in cui quotidianamente ci troviamo a vivere.

A Olbia nove denunciati per abbandono immondizia

Rifiuti: scatta a Olbia operazione
La città di Olbia dichiara guerra agli incivili e al degrado urbano. Sono nove i trasgressori identificati dalle telecamere e denunciati, che ora dovranno pagare una sanzione di 500 euro per aver gettato dei sacchetti dell'immondizia, senza aver fatto la raccolta differenziata, abbandonandoli in zone centralissime della città, come viale Aldo Moro. L'operazione "Un sacco di inciviltà", condotta dal comando della Polizia municipale di Olbia, è stata illustrata questa mattina nel corso di una conferenza stampa dal comandante Gianni Serra che ha lanciato un monito agli amministratori di condominio. "In caso non venissero identificati i trasgressori, per "culpa in vigilando" sarà chiamato l'amministratore di condominio a rispondere della denuncia e della sanzione amministrativa". L'operazione ha portato ad identificare, attraverso le telecamere e documenti (come ricevute bancarie) abbandonati all'interno dei sacchetti, nove individui, dai 27 ai 55 anni, che in un condominio di viale Aldo Moro e in via Latina abbandonavano ripetutamente, in totale violazione delle norme di conferimento dei rifiuti e incuranti del degrado causato allo stesso condominio in cui abitavano, sacchi di indifferenziata. L'operazione è stata avviata sul territorio comunale anche in seguito alle numerose segnalazioni della popolazione e degli stessi operatori della De Vizia, la ditta che in città assicura la raccolta differenziata.

fonte: http://www.ansa.it

La carta d'intenti di Parigi

Il 22 aprile 2016, a New York, le Nazioni Unite iniziano a raccogliere le firme dei Paesi in calce all'Accordo sul clima, frutto della Cop21 di Parigi. La conferenza ha aperto un piccolo spiraglio, anche se nel testo restano numerose ambiguità, che riguardano, ad esempio, la tutela dei Paesi più colpiti dal cambiamento climatico e della sicurezza alimentare. Scrive Roberto Mancini: "La coscienza ecologica transnazionale si è diffusa e rafforzata, rendendo impossibile ai governi l’opzione che porta semplicemente a ignorarla"

 
Un piccolo spiraglio e tanta ambiguità. Così mi pare che si possa leggere l’esito della conferenza di Parigi convocata per stabilire coralmente un limite alle pratiche che provocano il surriscaldamento climatico del pianeta. Partiamo dalle ambiguità, dalle reticenze e dalle resistenze a una svolta vera. I limiti maggiori, anzitutto, stanno nel fatto che non ci sono sanzioni per le nazioni che non rispetteranno l’accordo, né si spiega quali provvedimenti concreti saranno presi per attuarlo.
Tutto questo rischia di fare del testo varato a Parigi una carta d’intenti che ogni nazione tenderà a ritenere vincolante per le altre ma non per sé. Ognuno crede sempre di avere buone ragioni per stabilire un’eccezione a proprio vantaggio. Inoltre, è un brutto segno, rispetto ai reali rapporti di forza che si nascondo dietro le enunciazioni di principio, che l’uso delle energie fossili non sia stato apertamente criticato e che non si dica nulla di concreto sulla scelta del ricorso alle energie rinnovabili.

Per giunta, dalla conferenza di Parigi non viene alcuna indicazione chiara per tutelare i Paesi più colpiti dal cambiamento climatico. Analogamente, mancano i riferimenti sia al processo necessario a tutelare la sicurezza alimentare di tutti, riscattando quanti oggi sono alla fame dalla loro situazione di oppressione e di sfruttamento, sia più in generale al rispetto concreto dei diritti umani, Paese per Paese. Non sono temi laterali o fuori luogo: non ci vuole molto a capire che la tutela ecologica del pianeta è intrecciata essenzialmente con il rispetto delle persone e dei popoli. Le due cose procedono, o regrediscono, insieme. Tale mancanza di riferimenti è l’indizio di un difetto di fondo: molti tra i rappresentanti politici riuniti a Parigi o non hanno la minima consapevolezza critica dell’urgenza di costruire un modello economico inedito, molto più equo e affidabile di quello della globalizzazione capitalista e della sua devastante finanziarizzazione, oppure sono direttamente in malafede e invece di superarlo lo vogliono rafforzare ulteriormente.
Dal complesso di questi segnali si delinea un quadro poco rassicurante, che lascia trasparire una logica non molto diversa da quella tipica dei nazionalismi e del caos sistemico oggi predominante nello scenario delle relazioni internazionali.

Dov’è allora lo spiraglio? Mi sembra che vada cercato soprattutto in due fattori. Il primo è quello per cui la coscienza ecologica transnazionale si è diffusa e rafforzata, rendendo impossibile ai governi l’opzione che porta semplicemente a ignorarla. Il secondo è dato dall’aver istituito un canale e un luogo di confronto internazionale, dopo anni nei quali la prassi del dialogo e delle decisioni comuni è stata semplicemente cancellata. Come si vede sono due fattori importanti ma aggirabili (soprattutto il secondo) non solo dai governi, ma soprattutto da quelle oligarchie globali (finanziarie, industriali, politiche, mediatiche) che non hanno alcun interesse a mettersi sulla via della salvaguardia del pianeta e della democratizzazione della società mondiale.

La fragilità dei passi avanti registrati a Parigi evidenzia una volta di più la necessità vitale dell’attivazione dei cittadini organizzati tanto in movimenti di respiro internazionale, quanto nelle istituzioni locali e nazionali. Infatti se ogni singolo Paese della terra sviluppa la propria fisionomia autenticamente democratica, nonviolenta ed ecologica, allora diventa un concreto co-soggetto per il processo che porterà a un sistema alternativo, l’unico che possa garantire la sorte dei popoli e della natura. Da questo punto di vista guardare al profilo dei governi e dei partiti, in particolare in Europa, è sconsolante per la mediocrità dei soggetti emergenti, per la povertà etica e culturale di queste organizzazioni, per l’accecamento ideologico che fa del neoliberismo il dogma indiscusso che avvolge, come una nebbia mortale, le istituzioni e la mentalità prevalente. Siamo nella condizione di considerare già un grande successo se si riesce ad arrestare l’avanzata delle forze neofasciste. In una situazione così i cittadini più consapevoli devono organizzarsi meglio, allestendo le basi culturali, le buone abitudini, le idee, le forme di rappresentanza necessarie a riparare, anzi a rigenerare, lo strumento della politica istituzionale, che oggi è fuori uso e si presta soltanto ad assecondare la prepotenza delle oligarchie


fonte: www.altraeconomia.it