“Negli ultimi 20 giorni sono 8 i bambini
morti di tumore. Questi bambini non riposeranno mai in pace. Per loro
non c’è giustizia”. Avevano tutti tra i 7 mesi e gli 11 anni. È questo
il grido di denuncia delle mamme aderenti al Comitato “Vittime della
Terra dei Fuochi”, lanciato lo scorso 6 febbraio davanti la Prefettura
di Napoli. L’occasione per far sentire la propria voce è coincisa con la
visita del ministro per il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti.
Lo scorso anno, l’ultimo aggiornamento dello studio Sentieri – dell’Istituto superiore di sanità (Iss) – ha evidenziato “
eccessi nel numero di bambini ricoverati nel primo anno di vita per tutti i tumori”, nelle province di Napoli e Caserta, ed “
eccessi di tumori del sistema nervoso centrale nel primo anno di vita e nella fascia di età 0-14 anni”. L’Iss ha rilevato “
un’elevata
prevalenza alla nascita di malformazioni congenite in aree
caratterizzate anche dalla presenza di siti di smaltimento illegale di
rifiuti pericolosi”, sottolineando come “
i bambini che vivono
in condizioni sociali avverse presentano infatti esposizioni multiple e
cumulative, sono più suscettibili ad una ampia varietà di sostanze
tossiche ambientali e spesso non hanno accesso a un’assistenza sanitaria
di qualità per ridurre gli effetti di fattori di rischio ambientali”.
Sono numeri e parole che colpiscono, più di un pugno nello stomaco. E
dilaniano la coscienza. Numeri e parole dietro cui si celano volti
teneri e innocenti, famiglie avvolte nel lutto più atroce, battaglie
disperate e cariche di dolore.
Il 5 dicembre scorso, ad Acerra, durante i funerali di Davide
Ricciardi – morto a soli 7 mesi – il vescovo Antonio Di Donna ha
condiviso una durissima omelia: “
Davide, fiore appena spuntato e già
reciso, è stato ucciso dall’inquinamento, da uno sviluppo sbagliato, e
da quegli assassini che per la loro avidità hanno contaminato le nostre
terre”. Il 29 gennaio Don Maurizio Patriciello – sacerdote in prima
fila nella denuncia della “Terra dei Fuochi” – ha inviato una lettera
aperta a Gaetano Vassallo, per anni imprenditore dei rifiuti legato al
clan dei Casalesi. Nella missiva il sacerdote ha ricordato “
Franco,
mio vicino di banco alle elementari, è morto a 35 anni di cancro;
Sossio, invece divenne ingegnere, ma la leucemia se lo portò via. Anche
Maurizio, l’amico della mia infanzia, quello dei carruoccioli è morto di
cancro, mentre Giovanni, mio fratello, di leucemia”. Quel che più “
fa male”, aggiunge don Maurizio, “
sono
le bare bianche in chiesa. Non ti nascondo che tanti funerali li
celebro con gli occhi chiusi. E mentre le mamme piangono, i figli
soffrono, i cimiteri si allargano”.
Erode sembra essere in piena attività e aggirarsi nelle due province,
strappando alla vita sempre più bambini, condannandoli a morte. L’Erode
che devasta e uccide nella “Terra dei Fuochi” non è senza volto, non è
sconosciuto. In realtà ne ha tanti, che attraversano gli anni e l’Italia
intera. Sono i camorristi, i colletti bianchi, gli imprenditori e i
politici collusi che negli anni hanno avvelenato le province di Napoli e
Caserta. Ma non solo. Il pentito di camorra Nunzio Perrella –
come abbiamo già raccontato in queste pagine – il 17 novembre 2016 aveva dichiarato, in un’intervista rilasciata a Nello Trocchia e trasmessa da Nemo (RaiDue), che “
la camorra è la manovalanza della politica”.
Parole confermate e ripetute successivamente da Perrella, le cui
rivelazioni sono contenute nel libro di Paolo Coltro “Oltre Gomorra. I
rifiuti d’Italia”, uscito nei primi giorni di quest’anno. Il pentito di
camorra nell’intervista rilasciata a Trocchia ripete che la camorra ha “
riempito” di rifiuti prima il Nord di rifiuti e, andando oltre, conferma scarichi illegali anche nella discarica di Malagrotta, “
prima con Italrifiuti e poi 3F-Ecologia come dimostrano i documenti in mio possesso.”
L’ultima rivelazione
Meno di un mese fa, nell’ambito del processo per l’omicidio di Salvatore
Barbaro – ucciso dalla camorra il 13 novembre 2009 – Ciro Gaudino ha
raccontato che dopo l’arresto ha permesso il ritrovamento di rifiuti
tossici interrati nel Parco nazionale del Vesuvio. Gaetano Vassallo già
in passato aveva indicato in alcune cave del Vesuvio centri per lo
smaltimento illecito di veleni provenienti dalle industrie del Nord. La
stessa rotta dei rifiuti finiti per anni nella
discarica Resit
e in molti altri luoghi della Campania e non solo. Il 14 febbraio il
nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza di Napoli ha
sequestrato 250 fabbricati, 68 terreni, 50 autoveicoli e automezzi
industriali, 3 elicotteri, 49 rapporti bancari – dislocati anche nelle
province di Roma, Bolzano, Salerno, Latina e Cosenza – per un valore
totale stimato in 200 milioni di euro. Il sequestro è avvenuto ai danni
dei fratelli Giovanni, Salvatore (ex maresciallo dei Carabinieri) e
Cuono Pellini di Acerra. I fratelli Pellini nel processo avvenuto a
seguito dell’operazione “Carosello Ultimo Atto” (2003), a distanza di 12
anni (2015), sono stati condannati in appello dalla IV sezione penale
di Napoli per disastro ambientale. Assolti, invece, dalle accuse di
falso e associazione a delinquere. Attualmente è pendente il giudizio in
Cassazione. Secondo l’accusa, rifiuti industriali del Nord – con
l’artificio del giro bolla (la sostituzione dei codici Cer e il cambio
di tipologia del rifiuto) – venivano declassificati in non pericolosi e
sversati nelle campagne dell’agro nolano e casertano come compost o
depositati in cave tra Acerra, Giugliano, Qualiano e l’area flegrea di
Bacoli. La sentenza di appello fu definita dal vescovo di Acerra,
Antonio Di Donna, “
dalla portata storica ma anche incompleta perché
se per la prima volta viene riconosciuto un disastro ambientale per
traffico di rifiuti tossici non individua gli industriali che lo hanno
commissionato.”
In “Io morto per dovere” (la biografia di Roberto Mancini) il
giornalista Nello Trocchia cita i fratelli Pellini ricostruendo le
indagini su Cipriano Chianese. Nel 2002 viene intercettata una
telefonata di Chianese con “
Biagio Ferraro, appartenente al Sisde,
che si rivolge a lui chiedendogli un intervento per ottenere la revoca
di un provvedimento di trasferimento”. In tribunale l’imprenditore affermò che “
questo mi fu presentato, mi sembra, o dal maresciallo Pellini o dal fratello”.
In questi anni il più attivo nel contrastare i fratelli Pellini – con
ripetute denunce – è stato Alessandro Cannavacciuolo. Residente ad
Acerra, nipote di Vincenzo (un pastore morto avvelenato dalla diossina a
59 anni nel 2007) e coraggioso attivista, ha denunciato di aver subito
negli anni varie minacce e intimidazioni. Nel 2008 le pecore della
famiglia sono state abbattute per l’eccessiva presenza di diossina nel
sangue. La mattina del 5 novembre 2015 Alessandro Cannavacciuolo trovò
morti avvelenati i suoi due pastori maremmani, Sergente e Belle.
fonte: http://www.terredifrontiera.info