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Coripet riduce il contributo di riciclo
CONAI riduce i contributi ambientali per acciaio, alluminio, plastica e vetro
Dal 1° gennaio 2022 scende a 12 €/tonnellata quello per l’acciaio, a 10 €/tonnellata quello per l’alluminio e a 33 €/tonnellata quello per il vetro. Plastica divisa in cinque fasce in base alla riciclabilità e ai costi di raccolta, selezione e riciclo: valori al ribasso per quattro, invariata una

Il Consiglio di amministrazione CONAI ha deliberato una diminuzione del contributo ambientale (o CAC)per quattro materiali di imballaggio: dopo carta e cartone – il cui CAC è stato ridotto lo scorso maggio con decorrenza dal 1° luglio, data in cui è entrato in vigore anche il nuovo CAC per la plastica biodegradabile e compostabile –, arriva ora la decisione di abbassare il contributo per gli imballaggi in acciaio, alluminio, plastica e vetro.
Quattro nuove variazioni, legate a valutazioni sullo scenario attuale della filiera del recupero e del riciclo degli imballaggi, in vigore a partire dal 1° gennaio 2022.
Il contesto favorevole, con listini dei materiali a riciclo in forte ascesa, si traduce così in una riduzione dei contributi ambientali: diretta conseguenza dell’introduzione del criterio economico come elemento di valutazione dei contributi stessi. Il sistema CONAI, infatti, si caratterizza proprio come modello capace di modulare interventi e costi in base alla capacità del mercato di far fronte alle esigenze ambientali. Le riduzioni fin qui approvate, carta compresa, porteranno per le aziende risparmi da CAC stimabili in circa 163 milioni di €.
Riduzione di 6 €/tonnellata per gli imballaggi in acciaio
Il valore del CAC per l’acciaio scenderà da 18 €/tonnellata a 12 €/tonnellata. Una variazione legata a un nuovo scenario economico che vede crescere il valore di mercato dei rottami: i suoi effetti sui ricavi da vendita dei materiali a riciclo sono decisamente positivi e rendono oggi possibile una diminuzione del contributo ambientale per i pack in questo materiale. Nel 2022, il risparmio previsto per gli utilizzatori di questo tipo di imballaggi dovrebbe risultare pari a quasi 3 milioni di €, su 500.000 tonnellate di immesso al consumo.
Riduzione di 5 €/tonnellata per gli imballaggi in alluminio
Il valore del CAC per l’alluminio si ridurrà da 15 €/tonnellata a 10 €/tonnellata. L’alluminio è un materiale che ha sempre mantenuto alti i suoi valori di mercato: l’attuale contesto economico, che ha impatti straordinariamente positivi sull’andamento del materiale da riciclo, rende possibile la nuova revisione al ribasso del contributo ambientale per gli imballaggi in questo materiale. Nel 2022, il risparmio previsto per gli utilizzatori di questo tipo di pack dovrebbe risultare pari a oltre 350.000 €, su oltre 70.000 tonnellate di immesso al consumo.
Riduzione di 4 €/tonnellata per gli imballaggi in vetro
Il valore del CAC per il vetro scenderà da 37 €/tonnellata a 33 €/tonnellata. La nuova situazione economica, infatti, autorizza a prevedere miglioramenti sia sul fronte dell’immesso al consumo di imballaggi in questo materiale sia su quello dei valori della materia da riciclo. Previsioni che rendono possibile una diminuzione del contributo ambientale. Nel 2022, il risparmio previsto per gli utilizzatori di questo tipo di pack dovrebbe risultare pari a oltre 11,5 milioni di €, su circa 2 milioni e 900.000 tonnellate di immesso al consumo.
Le riduzioni per gli imballaggi in plastica e la nuova diversificazione contributiva
Si passa da quattro a cinque fasce contributive: per quattro il CAC si riduce, per una resta invariato
Fasce contributive CAC in vigore a gennaio 2021
(€/t) CAC in vigore da gennaio 2022
(€/t) Variazione
2022-2021
A1 150,00 134,00 -11%
A2 150,00 150,00 0%
B1 208,00 192,00 -8%
B2 560,00 533,00 -5%
C 660,00 644,00 -2%
Già a settembre 2020 il Consiglio d’amministrazione CONAI si era impegnato a rivedere criteri e logiche della diversificazione contributiva per gli imballaggi in plastica per l’anno 2022, ossia la suddivisione di questi pack in diverse fasce a cui vengono applicati CAC differenti.
Un impegno preso sia alla luce di quanto in atto a livello europeo, sia con l’obiettivo di legare sempre più i valori del contributo ambientale plastica alla loro riciclabilità e al circuito di destinazione ma anche al deficit di catena, ossia ai costi/ricavidelle attività di raccolta, selezione e riciclo.
L’evoluzione 2022 del CAC diversificato per gli imballaggi in plastica prende le mosse dall’aggiunta di una nuova fascia contributiva. Dal 1° gennaio 2022 i pack in polimeri plastici saranno infatti divisi in cinque fasce.
La fascia A si sdoppierà, dividendosi in A1 e A2. Nella prima voce rimarranno tutti gli imballaggi ricompresi in precedenza nella fascia A, al netto dei pack flessibili in polietilene che passeranno in fascia A2; questi ultimi sono imballaggi flessibili con una filiera industriale di selezione e riciclo efficace e consolidata, in prevalenza da circuito commercio&industria ma sempre più presenti anche nella raccolta differenziata urbana, e di conseguenza con un deficit di catena maggiore. In questa fascia saranno inoltre tollerati gli imballaggi flessibili in polietilene espansocon spessori uguali o inferiori ai 2 millimetri (attualmente in fascia B2).
Per i pack in fascia A1, il CAC scenderà dagli attuali 150 €/tonnellata a 134 €/tonnellata.
Il CAC per gli imballaggi di fascia A2, nonostante il deficit di catena in crescita, rimarrà, ma solo in questa prima fase di prima applicazione, invariatorispetto a quello dell’attuale fascia A: 150 €/tonnellata.
La fascia B1 rimarrà dedicata agli imballaggi in prevalenza da circuito domestico con una filiera industriale di selezione e riciclo efficace e consolidata.
L’introduzione, in prima applicazione, del criterio economico porterà alla riduzione del CAC per i pack di questa fascia da 208 €/tonnellata a 192 €/tonnellata.
La fascia B2 raggrupperà tutti gli altri imballaggi selezionabili/riciclabili da circuito domestico e/o commercio&industria. Ossia quelli con diversi livelli di selezionabilità e riciclabilità; quelli riciclabili di recente introduzione sul mercato; quelli a riciclo oneroso e/o dai quali si ottengono rifiuti selezionati di minore qualità; quelli con filiere di riciclo in fase di consolidamento e sviluppo. In questa fascia saranno tollerati anche gli imballaggi in polietilene espanso con spessori superiori ai 2 millimetri (attualmente in fascia C) e gli strati barriera realizzati in EVOH, ma con limite al 5% del peso totale dell’imballaggio.
Il passaggio dalla fascia B2 alla fascia B1 dei tappi in plasticaconformi alla direttiva SUP, quindi progettati per rimanere solidali con il contenitore per bevande in plastica fino a 3 litri, sarà subordinato all’entrata in vigore della norma tecnica EN (in fase di definizione). Anche la fascia B2 vedrà il CAC ridursi: dagli attuali 560 €/tonnellata si scenderà a 533 €/tonnellata. Rimarranno in fascia C quei pack con attività sperimentali di selezione o riciclo in corso, e quelli non selezionabili/riciclabili allo stato delle tecnologie attuali.
Nonostante si tratti della fascia di imballaggi in plastica con maggiore impatto ambientale ed economico, anche questa fascia sarà interessata da una riduzione del contributo ambientale da 660 €/tonnellata a 644 €/tonnellata, grazie all’introduzione in prima applicazione del deficit di catena e quale effetto dell’ottimizzazione dei costi messa in atto dal consorzio Corepla. Dopo la pausa estiva è previsto un momento di verifica del deficit di catena che potrebbe determinare ulteriori interventi sul contributo ambientale, dal momento che il mercato della vendita all’asta degli imballaggi post consumo è in continua evoluzione.
Il Consiglio di amministrazione, infine, ha comunque deciso di proseguire il percorso di analisi per rafforzare ulteriormente la diversificazione contributiva, in particolare per legare in misura sempre più rilevante i valori del CAC di ogni fascia agli effettivi deficit di catena e prevedendo eventuali ulteriori segmentazioni e rivalutazioni. Nel 2022, il risparmio previsto per gli utilizzatori di imballaggi in plastica dovrebbe risultare pari a quasi 13 milioni di €, su oltre 1 milione e 850.000 tonnellate di immesso al consumo.
Procedure semplificate per l’import
Le riduzioni avranno effetti anche sulle procedure forfettarie/semplificate per importazione di imballaggi pieni, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2022. Le aliquote da applicare sul valore complessivo delle importazioni (in €) diminuiranno conseguentemente da 0,20 a 0,19% per i prodotti alimentari imballati e da 0,10 a 0,09% per i prodotti non alimentari imballati. Il contributo mediante il calcolo forfettario sul peso dei soli imballaggi (tara) delle merci importate (peso complessivo senza distinzione per materiale) scenderà dagli attuali 101 a 99 €/tonnellata.
fonte: www.rinnovabili.it
#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897. Grazie!

Il Consiglio di amministrazione CONAI ha deliberato una diminuzione del contributo ambientale (o CAC)per quattro materiali di imballaggio: dopo carta e cartone – il cui CAC è stato ridotto lo scorso maggio con decorrenza dal 1° luglio, data in cui è entrato in vigore anche il nuovo CAC per la plastica biodegradabile e compostabile –, arriva ora la decisione di abbassare il contributo per gli imballaggi in acciaio, alluminio, plastica e vetro.
Quattro nuove variazioni, legate a valutazioni sullo scenario attuale della filiera del recupero e del riciclo degli imballaggi, in vigore a partire dal 1° gennaio 2022.
Il contesto favorevole, con listini dei materiali a riciclo in forte ascesa, si traduce così in una riduzione dei contributi ambientali: diretta conseguenza dell’introduzione del criterio economico come elemento di valutazione dei contributi stessi. Il sistema CONAI, infatti, si caratterizza proprio come modello capace di modulare interventi e costi in base alla capacità del mercato di far fronte alle esigenze ambientali. Le riduzioni fin qui approvate, carta compresa, porteranno per le aziende risparmi da CAC stimabili in circa 163 milioni di €.
Riduzione di 6 €/tonnellata per gli imballaggi in acciaio
Il valore del CAC per l’acciaio scenderà da 18 €/tonnellata a 12 €/tonnellata. Una variazione legata a un nuovo scenario economico che vede crescere il valore di mercato dei rottami: i suoi effetti sui ricavi da vendita dei materiali a riciclo sono decisamente positivi e rendono oggi possibile una diminuzione del contributo ambientale per i pack in questo materiale. Nel 2022, il risparmio previsto per gli utilizzatori di questo tipo di imballaggi dovrebbe risultare pari a quasi 3 milioni di €, su 500.000 tonnellate di immesso al consumo.
Riduzione di 5 €/tonnellata per gli imballaggi in alluminio
Il valore del CAC per l’alluminio si ridurrà da 15 €/tonnellata a 10 €/tonnellata. L’alluminio è un materiale che ha sempre mantenuto alti i suoi valori di mercato: l’attuale contesto economico, che ha impatti straordinariamente positivi sull’andamento del materiale da riciclo, rende possibile la nuova revisione al ribasso del contributo ambientale per gli imballaggi in questo materiale. Nel 2022, il risparmio previsto per gli utilizzatori di questo tipo di pack dovrebbe risultare pari a oltre 350.000 €, su oltre 70.000 tonnellate di immesso al consumo.
Riduzione di 4 €/tonnellata per gli imballaggi in vetro
Il valore del CAC per il vetro scenderà da 37 €/tonnellata a 33 €/tonnellata. La nuova situazione economica, infatti, autorizza a prevedere miglioramenti sia sul fronte dell’immesso al consumo di imballaggi in questo materiale sia su quello dei valori della materia da riciclo. Previsioni che rendono possibile una diminuzione del contributo ambientale. Nel 2022, il risparmio previsto per gli utilizzatori di questo tipo di pack dovrebbe risultare pari a oltre 11,5 milioni di €, su circa 2 milioni e 900.000 tonnellate di immesso al consumo.
Le riduzioni per gli imballaggi in plastica e la nuova diversificazione contributiva
Si passa da quattro a cinque fasce contributive: per quattro il CAC si riduce, per una resta invariato
Fasce contributive CAC in vigore a gennaio 2021
(€/t) CAC in vigore da gennaio 2022
(€/t) Variazione
2022-2021
A1 150,00 134,00 -11%
A2 150,00 150,00 0%
B1 208,00 192,00 -8%
B2 560,00 533,00 -5%
C 660,00 644,00 -2%
Già a settembre 2020 il Consiglio d’amministrazione CONAI si era impegnato a rivedere criteri e logiche della diversificazione contributiva per gli imballaggi in plastica per l’anno 2022, ossia la suddivisione di questi pack in diverse fasce a cui vengono applicati CAC differenti.
Un impegno preso sia alla luce di quanto in atto a livello europeo, sia con l’obiettivo di legare sempre più i valori del contributo ambientale plastica alla loro riciclabilità e al circuito di destinazione ma anche al deficit di catena, ossia ai costi/ricavidelle attività di raccolta, selezione e riciclo.
L’evoluzione 2022 del CAC diversificato per gli imballaggi in plastica prende le mosse dall’aggiunta di una nuova fascia contributiva. Dal 1° gennaio 2022 i pack in polimeri plastici saranno infatti divisi in cinque fasce.
La fascia A si sdoppierà, dividendosi in A1 e A2. Nella prima voce rimarranno tutti gli imballaggi ricompresi in precedenza nella fascia A, al netto dei pack flessibili in polietilene che passeranno in fascia A2; questi ultimi sono imballaggi flessibili con una filiera industriale di selezione e riciclo efficace e consolidata, in prevalenza da circuito commercio&industria ma sempre più presenti anche nella raccolta differenziata urbana, e di conseguenza con un deficit di catena maggiore. In questa fascia saranno inoltre tollerati gli imballaggi flessibili in polietilene espansocon spessori uguali o inferiori ai 2 millimetri (attualmente in fascia B2).
Per i pack in fascia A1, il CAC scenderà dagli attuali 150 €/tonnellata a 134 €/tonnellata.
Il CAC per gli imballaggi di fascia A2, nonostante il deficit di catena in crescita, rimarrà, ma solo in questa prima fase di prima applicazione, invariatorispetto a quello dell’attuale fascia A: 150 €/tonnellata.
La fascia B1 rimarrà dedicata agli imballaggi in prevalenza da circuito domestico con una filiera industriale di selezione e riciclo efficace e consolidata.
L’introduzione, in prima applicazione, del criterio economico porterà alla riduzione del CAC per i pack di questa fascia da 208 €/tonnellata a 192 €/tonnellata.
La fascia B2 raggrupperà tutti gli altri imballaggi selezionabili/riciclabili da circuito domestico e/o commercio&industria. Ossia quelli con diversi livelli di selezionabilità e riciclabilità; quelli riciclabili di recente introduzione sul mercato; quelli a riciclo oneroso e/o dai quali si ottengono rifiuti selezionati di minore qualità; quelli con filiere di riciclo in fase di consolidamento e sviluppo. In questa fascia saranno tollerati anche gli imballaggi in polietilene espanso con spessori superiori ai 2 millimetri (attualmente in fascia C) e gli strati barriera realizzati in EVOH, ma con limite al 5% del peso totale dell’imballaggio.
Il passaggio dalla fascia B2 alla fascia B1 dei tappi in plasticaconformi alla direttiva SUP, quindi progettati per rimanere solidali con il contenitore per bevande in plastica fino a 3 litri, sarà subordinato all’entrata in vigore della norma tecnica EN (in fase di definizione). Anche la fascia B2 vedrà il CAC ridursi: dagli attuali 560 €/tonnellata si scenderà a 533 €/tonnellata. Rimarranno in fascia C quei pack con attività sperimentali di selezione o riciclo in corso, e quelli non selezionabili/riciclabili allo stato delle tecnologie attuali.
Nonostante si tratti della fascia di imballaggi in plastica con maggiore impatto ambientale ed economico, anche questa fascia sarà interessata da una riduzione del contributo ambientale da 660 €/tonnellata a 644 €/tonnellata, grazie all’introduzione in prima applicazione del deficit di catena e quale effetto dell’ottimizzazione dei costi messa in atto dal consorzio Corepla. Dopo la pausa estiva è previsto un momento di verifica del deficit di catena che potrebbe determinare ulteriori interventi sul contributo ambientale, dal momento che il mercato della vendita all’asta degli imballaggi post consumo è in continua evoluzione.
Il Consiglio di amministrazione, infine, ha comunque deciso di proseguire il percorso di analisi per rafforzare ulteriormente la diversificazione contributiva, in particolare per legare in misura sempre più rilevante i valori del CAC di ogni fascia agli effettivi deficit di catena e prevedendo eventuali ulteriori segmentazioni e rivalutazioni. Nel 2022, il risparmio previsto per gli utilizzatori di imballaggi in plastica dovrebbe risultare pari a quasi 13 milioni di €, su oltre 1 milione e 850.000 tonnellate di immesso al consumo.
Procedure semplificate per l’import
Le riduzioni avranno effetti anche sulle procedure forfettarie/semplificate per importazione di imballaggi pieni, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2022. Le aliquote da applicare sul valore complessivo delle importazioni (in €) diminuiranno conseguentemente da 0,20 a 0,19% per i prodotti alimentari imballati e da 0,10 a 0,09% per i prodotti non alimentari imballati. Il contributo mediante il calcolo forfettario sul peso dei soli imballaggi (tara) delle merci importate (peso complessivo senza distinzione per materiale) scenderà dagli attuali 101 a 99 €/tonnellata.
fonte: www.rinnovabili.it
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Rimodulato il CAC per i poliaccoppiati
Conai riduce il contributo per carta e cartone, con effetto anche per i poliaccoppiati a prevalenza carta. Dal 1° gennaio arriva il CAC differenziato per tutti i compositi.
Contestualmente, per i poliaccoppiati a prevalenza carta destinati al contenimento di liquidi, il contributo ambientale si ridurrà da 75 a 45 euro per tonnellata, essendo rimasto invariato il contributo aggiuntivo di 20 euro.
Inoltre, dal 1° gennaio 2022, il CAC differenziato in funzione della riciclabilità sarà applicato anche agli imballaggi compositi a base carta diversi dai contenitori per liquidi. Questi sono stati suddivisi in quattro tipologie in base al peso della componente carta sul totale.
Le prime due (A e B), con una componente carta superiore o uguale rispettivamente al 90% e all’80%, pagheranno semplicemente il CAC carta senza alcun contributo aggiuntivo.
La terza fascia (C) comprende invece gli imballaggi con percentuale di carta tra il 60% e l'80%, le cui operazioni di riciclo sono complesse e onerose: per questa ragione, dal 1° gennaio 2022 sarà applicato un extra-CAC di 110 euro per tonnellata, per un totale di 135 euro.
L'ultima tipologia (D) è quella degli imballaggi compositi in cui la componente carta è inferiore al 60% (o non indicata), percentuale che compromette la riciclabilità dell’imballaggio: il contributo extra sarà quindi di 240 euro a tonnellata, arrivando così a 265 euro per tonnellata.
Conai ricorda che, in questa prima fase, il criterio adottato per segmentare gli imballaggi compositi è quello del peso della componente carta. Più avanti verrà però adottato un criterio più preciso e scientifico: la prova di laboratorio norma UNI 11743, base per l’applicazione del sistema di valutazione Aticelca 501. Le aziende che verificheranno il livello di riciclabilità dei propri imballaggi utilizzando questo approccio potranno utilizzare il risultato per la classificazione in una delle quattro tipologie di diversificazione.

Contestualmente, per i poliaccoppiati a prevalenza carta destinati al contenimento di liquidi, il contributo ambientale si ridurrà da 75 a 45 euro per tonnellata, essendo rimasto invariato il contributo aggiuntivo di 20 euro.
Inoltre, dal 1° gennaio 2022, il CAC differenziato in funzione della riciclabilità sarà applicato anche agli imballaggi compositi a base carta diversi dai contenitori per liquidi. Questi sono stati suddivisi in quattro tipologie in base al peso della componente carta sul totale.
Le prime due (A e B), con una componente carta superiore o uguale rispettivamente al 90% e all’80%, pagheranno semplicemente il CAC carta senza alcun contributo aggiuntivo.
La terza fascia (C) comprende invece gli imballaggi con percentuale di carta tra il 60% e l'80%, le cui operazioni di riciclo sono complesse e onerose: per questa ragione, dal 1° gennaio 2022 sarà applicato un extra-CAC di 110 euro per tonnellata, per un totale di 135 euro.
L'ultima tipologia (D) è quella degli imballaggi compositi in cui la componente carta è inferiore al 60% (o non indicata), percentuale che compromette la riciclabilità dell’imballaggio: il contributo extra sarà quindi di 240 euro a tonnellata, arrivando così a 265 euro per tonnellata.
Conai ricorda che, in questa prima fase, il criterio adottato per segmentare gli imballaggi compositi è quello del peso della componente carta. Più avanti verrà però adottato un criterio più preciso e scientifico: la prova di laboratorio norma UNI 11743, base per l’applicazione del sistema di valutazione Aticelca 501. Le aziende che verificheranno il livello di riciclabilità dei propri imballaggi utilizzando questo approccio potranno utilizzare il risultato per la classificazione in una delle quattro tipologie di diversificazione.

fonte: www.polimerica.it
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CAC, nuove regole per poliaccoppiati e compostabili
Conai ha fatto il punto sulle ultime novità e gli aggiornamenti del Contributo Ambientale (CAC) che riguardano, in particolare, poliaccoppati in prevalenza carta, CAC plastica e Biorepack.
CAC PIÚ CARO PER LA PLASTICA. Come annunciato lo scorso ottobre da Conai, su richiesta del consorzio di filiera Corepla, il 1° gennaio scorso è stato compiuto un riallineamento verso l'alto del contributo ambientale per gli imballaggi in plastica, che ha colpito, in particolare, le due fasce considerate meno riciclabili: la B2 è infatti passata da 436 a 560 euro per tonnellata e la fascia C da 546 a 660 euro per tonnellata. Sono rimasti invece invariati i CAC per gli imballaggi di fascia A (150 euro/tonnellata) e di fascia B1 (208 euro/tonnellata).
Durante il webinar non sono state preannunciate ulteriori variazioni nel corso dell'anno, in particolare per adeguare i valori del contributo "non solo alla riciclabilità e al circuito di destinazione degli imballaggi, ma anche ai reali costi di raccolta e riciclo” (ma non vuol dire che i CAC non subiranno aggiornamenti).

CAC PIÚ CARO PER LA PLASTICA. Come annunciato lo scorso ottobre da Conai, su richiesta del consorzio di filiera Corepla, il 1° gennaio scorso è stato compiuto un riallineamento verso l'alto del contributo ambientale per gli imballaggi in plastica, che ha colpito, in particolare, le due fasce considerate meno riciclabili: la B2 è infatti passata da 436 a 560 euro per tonnellata e la fascia C da 546 a 660 euro per tonnellata. Sono rimasti invece invariati i CAC per gli imballaggi di fascia A (150 euro/tonnellata) e di fascia B1 (208 euro/tonnellata).
Durante il webinar non sono state preannunciate ulteriori variazioni nel corso dell'anno, in particolare per adeguare i valori del contributo "non solo alla riciclabilità e al circuito di destinazione degli imballaggi, ma anche ai reali costi di raccolta e riciclo” (ma non vuol dire che i CAC non subiranno aggiornamenti).

DIFFERENZIATO ANCHE PER LA CARTA. Dopo la plastica, anche la carta si muove sempre più verso il CAC differenziato, nonostante il sistema si trovi ancora in una fase sperimentale.
Si parte da poliaccoppiati a prevalenza carta suddivisi in quattro fasce a seconda del contenuto: A (peso di carta sul totale dell'imballo tra il 90% e 95%), B (tra 80% e 90%), C (tra 60% e 80%) e D, con contenuto di carta inferiore a 60% o non esplicitato. Questa classificazione non riguarda i CPL, imballaggi per liquidi costituiti in modo strutturale da due o più materiali non separabili manualmente, in cui il materiale prevalente in termini di peso è la carta e il peso del materiale non cellulosico è comunque superiore al 5% del peso complessivo dell’imballaggio.
Attualmente i poliaccoppiati continuano a pagare tutti un CAC di 55 euro a tonnellata, ma dal 1° ottobre sulle categorie ritenute meno riciclabili - con contenuto di carta inferiore all'80% - verrà applicato un "extra CAC" che sarà definito e comunicato almeno sei mesi prima. Secondo le prime valutazioni di Conai, il CAC aggiuntivo dovrebbe essere sostanzioso, compreso tra 80 e 100 euro/ton per la categoria C e tra 190 e 250 euro per i poliaccoppiati di categoria D.

Si parte da poliaccoppiati a prevalenza carta suddivisi in quattro fasce a seconda del contenuto: A (peso di carta sul totale dell'imballo tra il 90% e 95%), B (tra 80% e 90%), C (tra 60% e 80%) e D, con contenuto di carta inferiore a 60% o non esplicitato. Questa classificazione non riguarda i CPL, imballaggi per liquidi costituiti in modo strutturale da due o più materiali non separabili manualmente, in cui il materiale prevalente in termini di peso è la carta e il peso del materiale non cellulosico è comunque superiore al 5% del peso complessivo dell’imballaggio.
Attualmente i poliaccoppiati continuano a pagare tutti un CAC di 55 euro a tonnellata, ma dal 1° ottobre sulle categorie ritenute meno riciclabili - con contenuto di carta inferiore all'80% - verrà applicato un "extra CAC" che sarà definito e comunicato almeno sei mesi prima. Secondo le prime valutazioni di Conai, il CAC aggiuntivo dovrebbe essere sostanzioso, compreso tra 80 e 100 euro/ton per la categoria C e tra 190 e 250 euro per i poliaccoppiati di categoria D.

IMBALLAGGI COMPOSTABILI (BIOREPACK). Conai ha confermato oggi che nelle prossime settimane verranno definiti i CAC per gli imballaggi biodegradabili e compostabili afferenti al nuovo Consorzio Biorepack, operativo dal 1° gennaio scorso.
Nel frattempo, i contrubuti restano quelli degli imballaggi in plastica secondo le diverse fasce: ad esempio, shopper e sacchetti per ortofrutta in B2 (560 euro a tonnellata) e altri imballaggi in fascia C (660 euro/ton).
Sono già disponibili i moduli per l'iscrizione al nuovo consorzio e quelli per le dichiarazioni periodiche, che riportano le tipologie di imballaggi assoggettate a contributo.
Ricordiamo che a Biorepack devono iscriversi i produttori o importatori di bioplastiche compostabili (categoria Produttori) e i fabbricanti e trasformatori di imballaggi in bioplastica ( e relativi semilavorati), compresi gli importatori di imballaggi vuoti o semilavorati (categoria Trasformatori). Chi produce packaging in plastica convenzionale e bio, deve ovviamente aderire sia a Corepla che a Biorepack.
É anche ammessa l'iscrizione volontaria degli utilizzatori (commercianti, distributori, utenti, importatori di imballaggi pieni) e riciclatori, ovvero le imprese imprese che trattano a fine vita gli imballaggi compostabili conferiti con la frazione organica.
La Guida Conai 2021 può essere consultata ai seguenti link:
Vol. 1 (Adempimenti, procedure e schemi esemplificativi)
Vol. 2 (Modulistica)
fonte: www.polimerica.it
Nel frattempo, i contrubuti restano quelli degli imballaggi in plastica secondo le diverse fasce: ad esempio, shopper e sacchetti per ortofrutta in B2 (560 euro a tonnellata) e altri imballaggi in fascia C (660 euro/ton).
Sono già disponibili i moduli per l'iscrizione al nuovo consorzio e quelli per le dichiarazioni periodiche, che riportano le tipologie di imballaggi assoggettate a contributo.
Ricordiamo che a Biorepack devono iscriversi i produttori o importatori di bioplastiche compostabili (categoria Produttori) e i fabbricanti e trasformatori di imballaggi in bioplastica ( e relativi semilavorati), compresi gli importatori di imballaggi vuoti o semilavorati (categoria Trasformatori). Chi produce packaging in plastica convenzionale e bio, deve ovviamente aderire sia a Corepla che a Biorepack.
É anche ammessa l'iscrizione volontaria degli utilizzatori (commercianti, distributori, utenti, importatori di imballaggi pieni) e riciclatori, ovvero le imprese imprese che trattano a fine vita gli imballaggi compostabili conferiti con la frazione organica.
La Guida Conai 2021 può essere consultata ai seguenti link:
Vol. 1 (Adempimenti, procedure e schemi esemplificativi)
Vol. 2 (Modulistica)
fonte: www.polimerica.it
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CAC più caro per imballaggi in plastica meno riciclabili
Conai ha deliberato una rimodulazione del contributo che riguarderà, oltre agli imballaggi in plastica (fascia B2 e C), anche quelli in acciaio e vetro.
Su richiesta dei consorzi di filiera Corepla, Ricrea e Coreve il Consiglio di amministrazione di Conai ha deliberato un aumento del Contributo Ambientale (CAC) per gli imballaggi in acciaio, in plastica e in vetro, che entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2021.
Per quanto concerne il CAC plastica, saranno colpiti gli imballaggi ritenuti più difficili da riciclare: nella fascia B2 si passerà da 436 a 560 euro per tonnellata, mentre nella fascia C il contributo salirà da 546 a 660 euro per tonnellata. Resterà invece invariato il CAC per gli imballaggi di fascia A (oggi pari a 150 euro/tonnellata) e di fascia B1 (208 euro/tonnellata).
Nell’annunciare gli aumenti, Conai si impegna a revisionare e aggiornare criteri e logiche del CAC differenziato entro giugno 2021, confrontandosi anche con quanto avviene in Europa e legando i valori del contributo "non solo alla riciclabilità e al circuito di destinazione degli imballaggi, ma anche ai reali costi di raccolta e riciclo”.

Su richiesta dei consorzi di filiera Corepla, Ricrea e Coreve il Consiglio di amministrazione di Conai ha deliberato un aumento del Contributo Ambientale (CAC) per gli imballaggi in acciaio, in plastica e in vetro, che entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2021.
Per quanto concerne il CAC plastica, saranno colpiti gli imballaggi ritenuti più difficili da riciclare: nella fascia B2 si passerà da 436 a 560 euro per tonnellata, mentre nella fascia C il contributo salirà da 546 a 660 euro per tonnellata. Resterà invece invariato il CAC per gli imballaggi di fascia A (oggi pari a 150 euro/tonnellata) e di fascia B1 (208 euro/tonnellata).
Nell’annunciare gli aumenti, Conai si impegna a revisionare e aggiornare criteri e logiche del CAC differenziato entro giugno 2021, confrontandosi anche con quanto avviene in Europa e legando i valori del contributo "non solo alla riciclabilità e al circuito di destinazione degli imballaggi, ma anche ai reali costi di raccolta e riciclo”.

L’aumento - spiega Conai - è stato determinato da diversi fattori, alcuni legati specificatamente al settore, il principale dei quali è l’aumento dei conferimenti (+5% quest’anno) a fronte di una contestuale riduzione delle quantità assoggettate al contributo ambientale. Inoltre, occorre adeguarsi ai nuovi target di riciclo fissati da Bruxelles (50% dell’immesso al consumo entro il 2025), che impongono investimenti in ricerca e sviluppo e un più massiccio sostegno al riciclo meccanico per favorire l’avvio a riciclo di alcune frazioni merceologiche che i riciclatori non avrebbero altrimenti interesse a recuperare. Infine, segnala il Consorzio, va messo in conto il crollo della domanda di materiale da riciclo causato dal fermo delle attività in primavera per l'emergenza sanitaria, che ha dimezzato i ricavi delle aste, influenzati dalla minore richiesta di materiale.
Per quanto concerne motivazioni più generali, si segnala la crescita nella raccolta urbana, anche in questo caso dovuta all’effetto lockdown, oltre ad una generalizzata preferenza dei consumatori verso i prodotti imballati e del venir meno dei consumi fuori casa.
Per quanto concerne gli imballaggi in acciaio, il contributo ambientale aumenterà da 3 a 18 euro a tonnellata, tornando così sui livelli di cinque anni fa, prima di essere progressivamente ridotto. Destinato ad aumentare dall’anno prossimo anche il CAC vetro, da 31 a 37 euro per tonnellata.
fonte: www.polimerica.it
Per quanto concerne motivazioni più generali, si segnala la crescita nella raccolta urbana, anche in questo caso dovuta all’effetto lockdown, oltre ad una generalizzata preferenza dei consumatori verso i prodotti imballati e del venir meno dei consumi fuori casa.
Per quanto concerne gli imballaggi in acciaio, il contributo ambientale aumenterà da 3 a 18 euro a tonnellata, tornando così sui livelli di cinque anni fa, prima di essere progressivamente ridotto. Destinato ad aumentare dall’anno prossimo anche il CAC vetro, da 31 a 37 euro per tonnellata.
fonte: www.polimerica.it
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Rifiuti, contributo Conai verso il raddoppio entro il 2024?
Ref ricerche: «Il reale costo della raccolta e del trasporto dei rifiuti da imballaggio in Italia è un dato non noto»
Importanti novità in vista per il contributo Conai: le spiegano dal laboratorio Ref ricerche, analizzando il recepimento della direttiva Ue 852/2018 sugli imballaggi da parte del nostro Paese. Che imporrà ai produttori di “assicurare la copertura dei costi efficienti di raccolta e di gestione dei rifiuti”.
Il passaggio – spiegano i ricercatori – dai “maggiori costi” della raccolta (oggi motivazione dello stesso contributo Conai, ndr) alla responsabilità sui costi di raccolta e gestione avrà impatti rilevanti. Il Contributo Conai verrebbe chiamato a coprire i “costi efficienti di gestione” dei rifiuti da imballaggio (o in deroga almeno l’80% di detti costi), riconoscendo anche i costi di trattamento e di capitale. E se per qualcuno potrebbe sembrare una sfumatura, i numeri valgono più di molte parole: una prima stima indica che i “costi di gestione” dei rifiuti da imballaggio potrebbero aggirarsi intorno a 1 miliardo di euro l’anno, ovvero più del doppio di quanto oggi riconosciuto dal contributo Conai.
Ma che cos’è il contributo Conai? Sembra una domanda retorica, ma il Ref ricerche mostra assai bene come la risposta non sia affatto scontata, tanto che pone ben tre domande alle quali non c’è una risposta certa. Ovvero: è davvero garantita, ad oggi, la copertura dei “maggiori oneri” per la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio? Qual è la percentuale di copertura dei “costi efficienti” della raccolta differenziata degli imballaggi e del loro trasporto e trattamento? Quale sarà il costo in capo ai produttori e utilizzatori di imballaggi con l’entrata in vigore delle nuove regole?
Tutto questo perché “il versamento obbligatorio di un contributo economico annuale da parte delle aziende produttrici d’imballaggi al Conai – il consorzio nazionale appositamente creato nel 1997 a seguito del noto Decreto Ronchi – nasce per sostenere differenziata e riciclo”. Un ambito, quest’ultimo, “complesso e sul quale è sempre stato difficile avere certezze di ordine numerico”. Pur a distanza di tanti anni dalla promulgazione delle norme in materia ambientale (D.lgs 152/2006), eccoci a un punto chiave: “Il reale costo della raccolta e del trasporto dei rifiuti da imballaggio in Italia è un dato non noto”.
Alla luce di quest’affermazione, chi tra i lettori segue il dibattito su tariffa puntuale, raccolta rifiuti con tariffa premiante, ecc. può facilmente rendersi conto dell’impatto di quest’incertezza anche ovviamente rispetto a tutta la narrazione sui guadagni economici della raccolta differenziata (quelli ambientali, invece, sono sostanzialmente incontestabili). E non a caso, nelle conclusioni dell’analisi, i ricercatori spiegano che “il nostro Paese necessita in primo luogo di impianti, per trattare e valorizzare i rifiuti raccolti, e in secondo luogo di un sostegno all’industria del riciclo”. Questo perché, aggiungiamo noi, puoi fare la migliore raccolta differenziata a livello di qualità e quantità, ma anche sorvolando sul fatto che i relativi costi dell’operazione rimangono da verificare con esattezza, poi i rifiuti vanno avviati ad impianti industriali dedicati, per poi riavere prodotti che debbono essere reintrodotti sul mercato. Se un pezzo di questa filiera salta, non c’è economia circolare. E dentro ci stanno tutti i (tanti) scarti che la filiera, anche la più efficiente, comunque ha e che non possono essere ignorati.
Tornando ai costi, le informazioni a disposizione – si legge nel report – “sono poche e difficilmente confrontabili”. Ciò che manca, ed è una cosa enorme, è “una chiara contabilità dei costi” che “si ripercuote sulla poca trasparenza al riguardo delle valorizzazioni riconosciute ai Comuni e, per complemento, sull’onere che rimane in capo agli utenti (la tassa sui rifiuti Tari), oltre che sulla congruità del contributo pagato dai produttori (il cosiddetto Cac). Una valorizzazione che non dovrebbe essere lasciata alla negoziazione tra le parti, al potere contrattuale degli uni nei confronti degli altri, piuttosto oggetto di un confronto aperto, basato su dati verificabili e documentabili”. Da qui la richiesta di una risposta chiara e trasparente alle suddette tre domande.
Ed in un quadro di così grande incertezza, “piomba” il recepimento della direttiva Ue – limite temporale la fine del 2024 –, stabilendo che tutti gli Stati membri “dovranno istituire regimi di Epr (responsabilità estesa del produttore, ndr) per tutti gli imballaggi”. Questi dovranno garantire, quindi, “l’obbligo di copertura integrale dei costi o, in deroga, almeno dell’80% dei costi efficienti di gestione dei rifiuti di imballaggio: un’innovazione rilevante rispetto alla situazione attuale che pone in carico ai produttori ed utilizzatori di imballaggi, il corrispettivo per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali l’Autorità d’ambito richiede al Consorzio nazionale imballaggi (…) di procedere al ritiro”. Una dicitura, quella dei “maggiori oneri, di cui il legislatore non ha mai fornito una interpretazione autentica, e che è rimasta soggetta ad ampi margini di discrezionalità”.
Oggi, i rifiuti da imballaggio conferiti al circuito Conai sono circa 4 milioni di tonnellate: il 13,5% dei rifiuti urbani (e assimilati) raccolti in Italia, e il 24,3% di quelli raccolti in modo differenziato. Tenendo conto che la filiera degli imballaggi non è l’unica ad essere sottoposta a responsabilità estesa del produttore, ma che è di gran lunga quella più rilevante, appare evidente come il desiderio di “assicurare che ai produttori spetti la responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto”, sancito dal legislatore comunitario, investe una quota tutto sommato marginale dei rifiuti prodotti nel nostro Paese.
I ricercatori spiegano poi che “confrontando dati provenienti da fonti diverse, siamo arrivati a stimare un valore di 891 milioni di euro per i costi della raccolta dei rifiuti di imballaggio conferiti ai consorzi del sistema Conai”. Ad oggi il “contributo Conai versato ai Comuni italiani per la sola frazione imballaggi è pari a 478 milioni di euro: un importo che copre una percentuale compresa tra il 54 e il 90% dei maggiori oneri della raccolta dei rifiuti da imballaggio conferiti al Conai, a seconda della interpretazione dei maggiori oneri utilizzata”.
Come noto, i criteri di riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento del servizio integrato dei rifiuti per il periodo 2018-2021 sono stati approvati con delibera Arera 443/2019 che ha introdotto il nuovo metodo tariffario per il servizio integrato di gestione rifiuti (Mtr). L’applicazione di questo nuovo metodo rappresenta un decisivo passo in avanti sul piano della trasparenza perché consentirà di avere elementi utili per capire meglio l’annosa questione dei costi della raccolta e di gestione. La valorizzazione dei costi dovrà infatti riflettere i costi effettivamente sostenuti, come risultanti da documentazione contabile, e i costi del personale direttamente impegnato nella raccolta dovranno figurare tra i costi variabili del servizio.
Secondo lo studio del Ref ricerche bisognerà, comunque, attendere la definizione da parte dell’Autorità dei “criteri specifici per l’individuazione dei maggiori costi sostenuti dai Comuni per la raccolta differenziata dei rifiuti da imballaggio” e, auspicabilmente, dei criteri per la determinazione dei “costi efficienti di raccolta, trasporto e trattamento” introdotti dalla direttiva 851/2018 nell’ambito della riforma della disciplina in materia di Epr.
Tuttavia – concludono i ricercatori – la “liberalizzazione degli schemi di responsabilità estesa del produttore, da sola, non è sufficiente per raggiungere i target comunitari”.
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Importanti novità in vista per il contributo Conai: le spiegano dal laboratorio Ref ricerche, analizzando il recepimento della direttiva Ue 852/2018 sugli imballaggi da parte del nostro Paese. Che imporrà ai produttori di “assicurare la copertura dei costi efficienti di raccolta e di gestione dei rifiuti”.
Il passaggio – spiegano i ricercatori – dai “maggiori costi” della raccolta (oggi motivazione dello stesso contributo Conai, ndr) alla responsabilità sui costi di raccolta e gestione avrà impatti rilevanti. Il Contributo Conai verrebbe chiamato a coprire i “costi efficienti di gestione” dei rifiuti da imballaggio (o in deroga almeno l’80% di detti costi), riconoscendo anche i costi di trattamento e di capitale. E se per qualcuno potrebbe sembrare una sfumatura, i numeri valgono più di molte parole: una prima stima indica che i “costi di gestione” dei rifiuti da imballaggio potrebbero aggirarsi intorno a 1 miliardo di euro l’anno, ovvero più del doppio di quanto oggi riconosciuto dal contributo Conai.
Ma che cos’è il contributo Conai? Sembra una domanda retorica, ma il Ref ricerche mostra assai bene come la risposta non sia affatto scontata, tanto che pone ben tre domande alle quali non c’è una risposta certa. Ovvero: è davvero garantita, ad oggi, la copertura dei “maggiori oneri” per la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio? Qual è la percentuale di copertura dei “costi efficienti” della raccolta differenziata degli imballaggi e del loro trasporto e trattamento? Quale sarà il costo in capo ai produttori e utilizzatori di imballaggi con l’entrata in vigore delle nuove regole?
Tutto questo perché “il versamento obbligatorio di un contributo economico annuale da parte delle aziende produttrici d’imballaggi al Conai – il consorzio nazionale appositamente creato nel 1997 a seguito del noto Decreto Ronchi – nasce per sostenere differenziata e riciclo”. Un ambito, quest’ultimo, “complesso e sul quale è sempre stato difficile avere certezze di ordine numerico”. Pur a distanza di tanti anni dalla promulgazione delle norme in materia ambientale (D.lgs 152/2006), eccoci a un punto chiave: “Il reale costo della raccolta e del trasporto dei rifiuti da imballaggio in Italia è un dato non noto”.
Alla luce di quest’affermazione, chi tra i lettori segue il dibattito su tariffa puntuale, raccolta rifiuti con tariffa premiante, ecc. può facilmente rendersi conto dell’impatto di quest’incertezza anche ovviamente rispetto a tutta la narrazione sui guadagni economici della raccolta differenziata (quelli ambientali, invece, sono sostanzialmente incontestabili). E non a caso, nelle conclusioni dell’analisi, i ricercatori spiegano che “il nostro Paese necessita in primo luogo di impianti, per trattare e valorizzare i rifiuti raccolti, e in secondo luogo di un sostegno all’industria del riciclo”. Questo perché, aggiungiamo noi, puoi fare la migliore raccolta differenziata a livello di qualità e quantità, ma anche sorvolando sul fatto che i relativi costi dell’operazione rimangono da verificare con esattezza, poi i rifiuti vanno avviati ad impianti industriali dedicati, per poi riavere prodotti che debbono essere reintrodotti sul mercato. Se un pezzo di questa filiera salta, non c’è economia circolare. E dentro ci stanno tutti i (tanti) scarti che la filiera, anche la più efficiente, comunque ha e che non possono essere ignorati.
Tornando ai costi, le informazioni a disposizione – si legge nel report – “sono poche e difficilmente confrontabili”. Ciò che manca, ed è una cosa enorme, è “una chiara contabilità dei costi” che “si ripercuote sulla poca trasparenza al riguardo delle valorizzazioni riconosciute ai Comuni e, per complemento, sull’onere che rimane in capo agli utenti (la tassa sui rifiuti Tari), oltre che sulla congruità del contributo pagato dai produttori (il cosiddetto Cac). Una valorizzazione che non dovrebbe essere lasciata alla negoziazione tra le parti, al potere contrattuale degli uni nei confronti degli altri, piuttosto oggetto di un confronto aperto, basato su dati verificabili e documentabili”. Da qui la richiesta di una risposta chiara e trasparente alle suddette tre domande.
Ed in un quadro di così grande incertezza, “piomba” il recepimento della direttiva Ue – limite temporale la fine del 2024 –, stabilendo che tutti gli Stati membri “dovranno istituire regimi di Epr (responsabilità estesa del produttore, ndr) per tutti gli imballaggi”. Questi dovranno garantire, quindi, “l’obbligo di copertura integrale dei costi o, in deroga, almeno dell’80% dei costi efficienti di gestione dei rifiuti di imballaggio: un’innovazione rilevante rispetto alla situazione attuale che pone in carico ai produttori ed utilizzatori di imballaggi, il corrispettivo per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali l’Autorità d’ambito richiede al Consorzio nazionale imballaggi (…) di procedere al ritiro”. Una dicitura, quella dei “maggiori oneri, di cui il legislatore non ha mai fornito una interpretazione autentica, e che è rimasta soggetta ad ampi margini di discrezionalità”.
Oggi, i rifiuti da imballaggio conferiti al circuito Conai sono circa 4 milioni di tonnellate: il 13,5% dei rifiuti urbani (e assimilati) raccolti in Italia, e il 24,3% di quelli raccolti in modo differenziato. Tenendo conto che la filiera degli imballaggi non è l’unica ad essere sottoposta a responsabilità estesa del produttore, ma che è di gran lunga quella più rilevante, appare evidente come il desiderio di “assicurare che ai produttori spetti la responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto”, sancito dal legislatore comunitario, investe una quota tutto sommato marginale dei rifiuti prodotti nel nostro Paese.
I ricercatori spiegano poi che “confrontando dati provenienti da fonti diverse, siamo arrivati a stimare un valore di 891 milioni di euro per i costi della raccolta dei rifiuti di imballaggio conferiti ai consorzi del sistema Conai”. Ad oggi il “contributo Conai versato ai Comuni italiani per la sola frazione imballaggi è pari a 478 milioni di euro: un importo che copre una percentuale compresa tra il 54 e il 90% dei maggiori oneri della raccolta dei rifiuti da imballaggio conferiti al Conai, a seconda della interpretazione dei maggiori oneri utilizzata”.
Come noto, i criteri di riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento del servizio integrato dei rifiuti per il periodo 2018-2021 sono stati approvati con delibera Arera 443/2019 che ha introdotto il nuovo metodo tariffario per il servizio integrato di gestione rifiuti (Mtr). L’applicazione di questo nuovo metodo rappresenta un decisivo passo in avanti sul piano della trasparenza perché consentirà di avere elementi utili per capire meglio l’annosa questione dei costi della raccolta e di gestione. La valorizzazione dei costi dovrà infatti riflettere i costi effettivamente sostenuti, come risultanti da documentazione contabile, e i costi del personale direttamente impegnato nella raccolta dovranno figurare tra i costi variabili del servizio.
Secondo lo studio del Ref ricerche bisognerà, comunque, attendere la definizione da parte dell’Autorità dei “criteri specifici per l’individuazione dei maggiori costi sostenuti dai Comuni per la raccolta differenziata dei rifiuti da imballaggio” e, auspicabilmente, dei criteri per la determinazione dei “costi efficienti di raccolta, trasporto e trattamento” introdotti dalla direttiva 851/2018 nell’ambito della riforma della disciplina in materia di Epr.
Tuttavia – concludono i ricercatori – la “liberalizzazione degli schemi di responsabilità estesa del produttore, da sola, non è sufficiente per raggiungere i target comunitari”.
fonte: www.greenreport.it
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Rifiuti: la differenziata cresce in Italia, ma i materiali riciclati chi li compra?
Quagliolo (Conai): la domanda di materiale riciclato arranca, va incentivata. Altrimenti il cerchio non si chiude

Non va a gonfie vele, ma l’avvio a riciclo dei rifiuti di imballaggi in Italia è in costante crescita e nel 2019 ha segnato un +3,1%. A preoccupare semmai è la domanda di prodotti riciclati, che è debole, e che – è la richiesta esplicita del presidente del Consorzio Conai Giorgio Quagliuolo – : «Va incentivata».
Il riciclo ha toccato quota 70% e va subito ricordato che si tratta di imballaggi, che pagano il Cac e sono oggetto di raccolta differenziata, e che rappresentano il 25% del totale dei rifiuti urbani ma solo l’8% dei rifiuti totali compresi gli speciali. In peso il 70% vuol dire: 9 milioni e 560mila tonnellate sui 13 milioni e 655mila immessi al consumo. Un incremento del 3,1%, come indicato dal Conai, rispetto ai quantitativi del 2018, che aveva visto l’avvio a riciclo di 9 milioni e 270mila tonnellate. La crescita è trainata essenzialmente da un aumento del 6,2% nel riciclo dei rifiuti provenienti dalla raccolta urbana. Ma come ha detto Quagliuolo, ora è tempo di incentivare anche la domanda di materiali riciclati, altrimenti il sistema andrà gioco forza in crisi. I metodi posso essere diversi, tramite ad esempio l’Iva più bassa su prodotti da riciclo, crediti d’imposta ad hoc (quelli varati finora però non sono divenuti operativi a causa di mancanza dei decreti attuativi) e soprattutto attraverso un’effettiva applicazione degli acquisti verdi gpp (vessata quaestio di cui greenreport scrive da anni).
Il dato più negativo, se si leggono con attenzione i dati forniti dal consorzio, è che i rifiuti di imballaggio conferiti al sistema dai Comuni italiani sono cresciuti del 14,3% a causa soprattutto “del crollo dei listini del macero a fine 2019”. Questo significa che “avviare la carta a riciclo non era più profittevole”. E così, ha spiegato sempre Quagliolo, «abbiamo aperto finestre che hanno consentito a molti Comuni l’ingresso in convenzione con Comieco, il nostro consorzio che si occupa degli imballaggi in carta e cartone. Conai si è quindi fatto carico dei maggiori oneri per l’avvio a riciclo di questo materiale in un momento in cui il suo valore di mercato era negativo, dimostrando ancora una volta il suo ruolo di sussidiarietà al mercato nel considerare l’interesse ambientale superiore a quello economico».
Il consorzio segnala anche che se alle cifre del riciclo si sommano quelle del recupero energetico, i numeri lievitano: le tonnellate di rifiuti di imballaggio recuperate superano gli 11 milioni, quasi l’81% dell’immesso al consumo. Più di quattro imballaggi su cinque, insomma, evitano di finire in discarica.
«Il sistema nel suo complesso ha già superato gli obiettivi di riciclo che l’Europa chiede entro il 2025», commenta sempre il presidente del Consorzio Giorgio Quagliuolo. «L’economia circolare in Italia funziona e si impone per l’efficacia del suo modello. Anche i risultati per i sei materiali di imballaggio che Conai gestisce sono molto positivi: per quasi tutti gli obiettivi al 2025 sono stati superati. Manca solo la plastica, che però resta indietro di pochi punti percentuali, serenamente recuperabili nel corso dei prossimi cinque anni. Per questo è importante continuare a lavorare sia sulla strada dello sviluppo di nuove tecnologie per il riciclo sia su quella della prevenzione, incentivando eco design e design for recycling». Ovvero, come scrivevamo ieri, i prodotti devono essere progettati in modo tale da poter essere facilmente riciclati (e dovrebbero anche durare segnatamente di più).
Ma veniamo ai numeri: lo scorso anno l’Italia ha avviato a riciclo 399mila tonnellate di acciaio, 51mila di alluminio, 3 milioni e 989mila di carta, 1 milione e 997mila di legno, 1 milione e 54mila di plastica e 2 milioni e 69mila di vetro. In Italia sono oltre 58 milioni gli abitanti serviti grazie all’Accordo con Anci per il ritiro dei rifiuti di imballaggio in modo differenziato. A stipulare convenzioni con il sistema consortile, lo scorso anno, è stato più del 92% dei Comuni italiani.
Ma quanto ci costa? Per coprire i maggiori oneri della raccolta differenziata – quindi i costi maggior che genera questo tipo di raccolta – nel corso del 2019 Conai ha trasferito ai Comuni del nostro paese 648 milioni di euro. «Stiamo parlando di una percentuale significativa della spesa sostenuta per la raccolta differenziata degli imballaggi che, rispetto al totale dei rifiuti urbani, rappresentano una percentuale che oscilla fra il 25% e il 28%», spiega il presidente Quagliuolo. «Si tratta di risorse provenienti dalle 800.000 aziende che, aderendo al Consorzio, si fanno carico della responsabilità di una corretta gestione degli imballaggi che immettono sul mercato, quando questi diventano rifiuti». Altri 421 milioni di euro sono stati invece destinati da Conai alla copertura dei costi per attività di trattamento, riciclo e recupero.
Il costo complessivo, però, ce lo dice oggi Cispel: i costi effettivi della raccolta differenziata ammontano a oltre 2 miliardi di euro l’anno. Come noto, anche secondo l’indagine condotta dall’AgCom nel 2016 “il finanziamento da parte dei produttori (attraverso il sistema Conai) dei costi della raccolta differenziata non supera il 20% del totale, laddove invece, dovrebbe essere per intero a loro carico”.
In ogni caso, lo scorso anno i quantitativi di rifiuti di imballaggio conferiti al sistema dai Comuni italiani sono cresciuti del 14,3%. «Un incremento notevole», commenta Quagliuolo. «Una delle sue cause è sicuramente il crollo dei listini del macero a fine 2019: avviare la carta a riciclo non era più profittevole. Per questo abbiamo aperto finestre che hanno consentito a molti Comuni l’ingresso in convenzione con Comieco, il nostro consorzio che si occupa degli imballaggi in carta e cartone. Conai si è quindi fatto carico dei maggiori oneri per l’avvio a riciclo di questo materiale in un momento in cui il suo valore di mercato era negativo, dimostrando ancora una volta il suo ruolo di sussidiarietà al mercato nel considerare l’interesse ambientale superiore a quello economico».
A influenzare il +14,3% nei conferimenti al sistema Conai ha contribuito anche lo sprint delle macro-aree geografiche del Centro e del Sud, che hanno messo a segno rispettivamente un +16,4% e un +16% di raccolta in convenzione. Crescono in particolare la raccolta della plastica, che al Centro passa da 237mila a 268mila tonnellate e a Sud da 362mila a 442mila, e quella del vetro, che balza da 314mila a 364mila tonnellate nel Centro e da 472mila a 541mila tonnellate nelle Regioni del Sud.
fonte: www.greenreport.it
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Non va a gonfie vele, ma l’avvio a riciclo dei rifiuti di imballaggi in Italia è in costante crescita e nel 2019 ha segnato un +3,1%. A preoccupare semmai è la domanda di prodotti riciclati, che è debole, e che – è la richiesta esplicita del presidente del Consorzio Conai Giorgio Quagliuolo – : «Va incentivata».
Il riciclo ha toccato quota 70% e va subito ricordato che si tratta di imballaggi, che pagano il Cac e sono oggetto di raccolta differenziata, e che rappresentano il 25% del totale dei rifiuti urbani ma solo l’8% dei rifiuti totali compresi gli speciali. In peso il 70% vuol dire: 9 milioni e 560mila tonnellate sui 13 milioni e 655mila immessi al consumo. Un incremento del 3,1%, come indicato dal Conai, rispetto ai quantitativi del 2018, che aveva visto l’avvio a riciclo di 9 milioni e 270mila tonnellate. La crescita è trainata essenzialmente da un aumento del 6,2% nel riciclo dei rifiuti provenienti dalla raccolta urbana. Ma come ha detto Quagliuolo, ora è tempo di incentivare anche la domanda di materiali riciclati, altrimenti il sistema andrà gioco forza in crisi. I metodi posso essere diversi, tramite ad esempio l’Iva più bassa su prodotti da riciclo, crediti d’imposta ad hoc (quelli varati finora però non sono divenuti operativi a causa di mancanza dei decreti attuativi) e soprattutto attraverso un’effettiva applicazione degli acquisti verdi gpp (vessata quaestio di cui greenreport scrive da anni).
Il dato più negativo, se si leggono con attenzione i dati forniti dal consorzio, è che i rifiuti di imballaggio conferiti al sistema dai Comuni italiani sono cresciuti del 14,3% a causa soprattutto “del crollo dei listini del macero a fine 2019”. Questo significa che “avviare la carta a riciclo non era più profittevole”. E così, ha spiegato sempre Quagliolo, «abbiamo aperto finestre che hanno consentito a molti Comuni l’ingresso in convenzione con Comieco, il nostro consorzio che si occupa degli imballaggi in carta e cartone. Conai si è quindi fatto carico dei maggiori oneri per l’avvio a riciclo di questo materiale in un momento in cui il suo valore di mercato era negativo, dimostrando ancora una volta il suo ruolo di sussidiarietà al mercato nel considerare l’interesse ambientale superiore a quello economico».
Il consorzio segnala anche che se alle cifre del riciclo si sommano quelle del recupero energetico, i numeri lievitano: le tonnellate di rifiuti di imballaggio recuperate superano gli 11 milioni, quasi l’81% dell’immesso al consumo. Più di quattro imballaggi su cinque, insomma, evitano di finire in discarica.
«Il sistema nel suo complesso ha già superato gli obiettivi di riciclo che l’Europa chiede entro il 2025», commenta sempre il presidente del Consorzio Giorgio Quagliuolo. «L’economia circolare in Italia funziona e si impone per l’efficacia del suo modello. Anche i risultati per i sei materiali di imballaggio che Conai gestisce sono molto positivi: per quasi tutti gli obiettivi al 2025 sono stati superati. Manca solo la plastica, che però resta indietro di pochi punti percentuali, serenamente recuperabili nel corso dei prossimi cinque anni. Per questo è importante continuare a lavorare sia sulla strada dello sviluppo di nuove tecnologie per il riciclo sia su quella della prevenzione, incentivando eco design e design for recycling». Ovvero, come scrivevamo ieri, i prodotti devono essere progettati in modo tale da poter essere facilmente riciclati (e dovrebbero anche durare segnatamente di più).
Ma veniamo ai numeri: lo scorso anno l’Italia ha avviato a riciclo 399mila tonnellate di acciaio, 51mila di alluminio, 3 milioni e 989mila di carta, 1 milione e 997mila di legno, 1 milione e 54mila di plastica e 2 milioni e 69mila di vetro. In Italia sono oltre 58 milioni gli abitanti serviti grazie all’Accordo con Anci per il ritiro dei rifiuti di imballaggio in modo differenziato. A stipulare convenzioni con il sistema consortile, lo scorso anno, è stato più del 92% dei Comuni italiani.
Ma quanto ci costa? Per coprire i maggiori oneri della raccolta differenziata – quindi i costi maggior che genera questo tipo di raccolta – nel corso del 2019 Conai ha trasferito ai Comuni del nostro paese 648 milioni di euro. «Stiamo parlando di una percentuale significativa della spesa sostenuta per la raccolta differenziata degli imballaggi che, rispetto al totale dei rifiuti urbani, rappresentano una percentuale che oscilla fra il 25% e il 28%», spiega il presidente Quagliuolo. «Si tratta di risorse provenienti dalle 800.000 aziende che, aderendo al Consorzio, si fanno carico della responsabilità di una corretta gestione degli imballaggi che immettono sul mercato, quando questi diventano rifiuti». Altri 421 milioni di euro sono stati invece destinati da Conai alla copertura dei costi per attività di trattamento, riciclo e recupero.
Il costo complessivo, però, ce lo dice oggi Cispel: i costi effettivi della raccolta differenziata ammontano a oltre 2 miliardi di euro l’anno. Come noto, anche secondo l’indagine condotta dall’AgCom nel 2016 “il finanziamento da parte dei produttori (attraverso il sistema Conai) dei costi della raccolta differenziata non supera il 20% del totale, laddove invece, dovrebbe essere per intero a loro carico”.
In ogni caso, lo scorso anno i quantitativi di rifiuti di imballaggio conferiti al sistema dai Comuni italiani sono cresciuti del 14,3%. «Un incremento notevole», commenta Quagliuolo. «Una delle sue cause è sicuramente il crollo dei listini del macero a fine 2019: avviare la carta a riciclo non era più profittevole. Per questo abbiamo aperto finestre che hanno consentito a molti Comuni l’ingresso in convenzione con Comieco, il nostro consorzio che si occupa degli imballaggi in carta e cartone. Conai si è quindi fatto carico dei maggiori oneri per l’avvio a riciclo di questo materiale in un momento in cui il suo valore di mercato era negativo, dimostrando ancora una volta il suo ruolo di sussidiarietà al mercato nel considerare l’interesse ambientale superiore a quello economico».
A influenzare il +14,3% nei conferimenti al sistema Conai ha contribuito anche lo sprint delle macro-aree geografiche del Centro e del Sud, che hanno messo a segno rispettivamente un +16,4% e un +16% di raccolta in convenzione. Crescono in particolare la raccolta della plastica, che al Centro passa da 237mila a 268mila tonnellate e a Sud da 362mila a 442mila, e quella del vetro, che balza da 314mila a 364mila tonnellate nel Centro e da 472mila a 541mila tonnellate nelle Regioni del Sud.
fonte: www.greenreport.it
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Emergenza Coronavirus Covid19 e rifiuti in carta e cartone: la parola a Comieco
Il direttore generale, Carlo Montalbetti, intervistato da Eco dalle Città: "In questo momento c’è senza dubbio una maggiore richiesta di imballaggi, dovute alle necessità della catena alimentare e delle spedizioni. La filiera sta rispondendo a questo surplus di domanda che porta di conseguenza ad un aumento del consumo interno di carta da macero"
1) Questo periodo di “confinamento” casalingo potrebbe portare ad un aumento della produzione di rifiuti domestici: da parte vostra registrate già qualche effetto di questo periodo? Potreste fare una stima di quanto aumenterebbero i rifiuti in carta e cartone (anche in relazione all'aumento delle ordinazioni online)?
1) Questo periodo di “confinamento” casalingo potrebbe portare ad un aumento della produzione di rifiuti domestici: da parte vostra registrate già qualche effetto di questo periodo? Potreste fare una stima di quanto aumenterebbero i rifiuti in carta e cartone (anche in relazione all'aumento delle ordinazioni online)?
Nella situazione emergenziale che stiamo vivendo, trascorrendo molto più tempo in casa, è possibile un aumento dei rifiuti che ogni famiglia produce principalmente per due fattori: l’ecommerce (solo nell’ultima settimana di febbraio le vendite online dei prodotti di largo consumo sono aumentate dell’81% - fonte: Nielsen) e la grande distribuzione che nella prima settimana di marzo ha registrato una crescita del 10,6% degli acquisti, con punte al Sud del 20,5% (dati IRI riportati da PrimaComunicazione). La raccolta differenziata e il riciclo rappresentano in questo contesto uno sbocco strategico per garantire una gestione dei rifiuti efficiente, in termini economici ma anche ambientali. I numeri di oggi, però, sono ancora in chiaro scuro: complici le chiusure forzate e le restrizioni registriamo nelle ultime settimane un trend inferiore alle previsioni ma senza una stabilizzazione del contesto è difficile spingersi in valutazioni più complessive.
2) Le misure di contenimento dell'epidemia Coronavirus stanno producendo altri effetti lungo la filiera di carta e cartone? Questa situazione potrebbe portare a qualche cambiamento delle abitudini degli italiani in termini di raccolta differenziata?
In questo momento c’è senza dubbio una maggiore richiesta di imballaggi, dovute alle necessità della catena alimentare e delle spedizioni. La filiera sta rispondendo a questo surplus di domanda che porta di conseguenza ad un aumento del consumo interno di carta da macero (la filiera cartaria utilizza già per circa il 60% della produzione complessiva fibre da riciclo). In relazione allo scenario attuale, è lecito attendersi, una contrazione ulteriore della raccolta derivante dal circuito commerciale a favore di quella domestica.
3) Il mercato di carta e cartone stava affrontando un periodo di crisi dei prezzi: qual è la situazione attuale?
In questa fase, registriamo segnali di aumento dei prezzi del cartone, in particolare, dovuti alla crescita della domanda di imballaggi, a fronte di una disponibilità in calo in relazione alla contrazione della disponibilità del circuito non domestico.
4) C'è stato un ritorno dei Comuni all'interno dell'Accordo Quadro dovuto al crollo dei prezzi?
Nel 2019 il Consorzio ha fatto fronte a circa 600.000 tonnellate rientrate dal mercato che i Comuni italiani hanno preferito gestire tramite il sistema delle convenzioni. Le stime per il 2020 prevedono rientri per ulteriori 500.000 tonnellate. In termini economici questi quantitativi si traducono in un esborso verso il territorio di 50 milioni di euro, corrispettivi previsti dall’Accordo Anci/Conai. Questo meccanismo conferma e rafforza il ruolo sussidiario del sistema consortile, capace di garantire ai Comuni il ritiro della raccolta e l’avvio a riciclo, in qualsiasi condizione di mercato.
5) L'aumento del contributo ambientale potrà riequilibrare la situazione garantendo la sostenibilità del Sistema?
L’aumento del contributo serve proprio per far fronte all’incremento dei quantitativi gestiti dal Consorzio, con conseguenti aumenti dei costi di raccolta e trattamento. Bisognerà poi valutare in una fase successiva gli effetti da una parte della contrazione della raccolta in questo periodo e dall’altra delle riduzioni del gettito in relazione all’immesso al consumo nei prossimi mesi.
6) Dal punto di vista impiantistico ci sono novità in merito all'avvio delle nuove cartiere sul territorio italiano?
A Verzuolo e ad Avezzano Burgo Group ha avviato due cartiere e una terza cartiera è in attesa di poter far partire la produzione a Mantova. Un segnale importante che dimostra come il settore cartario italiano stia investendo aumentando la capacità interna di riciclo (queste tre cartiere infatti a regime possono assorbire 1,4 mln di ton di macero) per rendere il sistema completamente autosufficiente.
fonte: www.ecodallecitta.it
Stati generali della carta da macero: 'In crisi uno dei principali cardini dell’economia circolare italiana'
Si sono svolti il 22 gennaio a Bologna gli Stati generali della carta da macero organizzati da Unirima, Unione Nazionale Imprese Recupero e Riciclo Maceri. On line la nota stampa
Il settore del riciclo della carta è in crisi. Tra mercati saturi, esportazioni bloccate e carenza impiantistica (cartiere), il comparto rischia la paralisi completa. In Italia ogni anno si producono circa 6,6 milioni di tonnellate di carta da macero, oltre la metà di tale materia prima secondaria proviene dalle raccolte differenziate di carta e cartone delle attività commerciali, artigianali ed industriali, sono quindi rifiuti speciali, mentre il resto, pari a circa 3,5 milioni di tonnellate, proviene dai rifiuti urbani. Una parte della carta da macero prodotta è destinata alle cartiere italiane (circa 4,8 milioni di tonnellate) mentre il resto viene esportato. Da circa 15 anni, dunque, il nostro Paese è un esportatore netto di quei quantitativi di carta da macero che nel sistema economico nazionale rappresentano un “surplus” rispetto al fabbisogno interno delle cartiere.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un notevole incremento delle quantità di carta proveniente dalle raccolte differenziate (sia “speciali” che “urbani”), in linea con i target delle direttive europee, a cui non ha fatto seguito un pari incremento della capacità delle cartiere nazionali. Questo surplus, arrivato a circa 1,9 milioni di tonnellate nel 2018, è stato finora assorbito principalmente dalla Cina e da altri paesi asiatici. Ma il blocco delle importazioni da parte del governo cinese, connesso anche la guerra con gli Stati Uniti nonché all’incremento del loro sistema interno di raccolta, hanno di fatto portato al calo drastico delle nostre esportazioni di carta da macero. Basti pensare che, se negli anni 2015 e 2016 venivano esportate in Cina oltre un milione di tonnellate di carta da macero, nel 2019 le esportazioni sono scese sotto le 250.000 tonnellate. Inoltre, gran parte del materiale americano che veniva utilizzato nel mercato cinese, è stato dirottato su altri mercati causandone la completa saturazione.
La crisi del settore, però, interessa non solo l’Italia ma tutta l’Europa che ha un surplus di produzione di carta da macero rispetto alla capacità delle cartiere europee pari a circa 8 milioni di tonnellate. «Tutte le criticità segnalate – dichiara Fabio Montinaro, componente Consiglio Direttivo di Unirima - sono ancor più gravi se contestualizzate nei territori del mezzogiorno e delle isole, dove, a fronte di incrementi sempre più importanti nelle percentuali di raccolta differenziata, non sempre corrispondono livelli di qualità accettabili. A ciò si aggiunga la cronica penuria infrastrutturale e la maggiore distanza dai mercati di riferimento del settore rispetto al centro-nord».
L’assenza di uno sbocco sul mercato per la carta da macero ha causato un crollo netto dei prezzi, nel 2019 molte tipologie di carta da macero non trovano più una negoziazione o la trovano a valori residuali. Nel caso del cartone, ad esempio, il prezzo da gennaio a dicembre 2019 è sceso dell’88%, toccando il minimo da sempre.
Inoltre il Contributo Ambientale Conai (CAC), che nel 2014 era sceso a 4,00 € a tonnellata ed è rimasto tale fino al 2017, a causa di tale situazione dal 1 gennaio 2020 è passato a 35,00 € a tonnellata con un incremento del 40% rispetto al 2019 e del 250% rispetto al 2018.
«La filiera della carta – commenta il Vicepresidente di Unirima Pio Savoriti – e nello specifico la nostra attività di raccolta e recupero, sono sempre state una eccellenza. Siamo ormai da anni degli ottimi raccoglitori e recuperatori, in termini di quantità e soprattutto di qualità: la produzione di materia prima seconda "nostrana" ammonta a circa 13 ton/min. L’Italia ne ricicla circa 10 ton/min e attualmente c'è un surplus di 3 ton/min che in 1 anno fa oltre 1,5 milioni di tonnellate: abbiamo quindi bisogno di nuove cartiere e di export, in poche parole di sbocchi. Ne va delle tasche degli Italiani e delle imprese ma soprattutto dell'ambiente».
Unirima sta da mesi ponendo all’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica tale grave situazione del nostro comparto industriale, in ultimo il comunicato stampa del 25 novembre scorso. Cosa c’è da fare a medio lungo-termine lo abbiamo già scritto nel nostro Rapporto 2019 pubblicato a luglio con le nostre proposte di policy per una reale circular economy. Ma intanto il nostro comparto rischia adesso di essere schiacciato sia per la perdita di importanti quote di mercato, a causa dei sempre più frequenti casi di assimilazione di rifiuti speciali ai rifiuti urbani (spostamento della gestione dei flussi di rifiuti speciali con costi a carico del produttore verso gli urbani che ricevono i corrispettivi dei consorzi di filiera del Conai), sia per il rischio, sempre più concreto, di blocco totale degli impianti per mancanza di sbocco al materiale in uscita, a cui si aggiungono bilanci pesantemente intaccati con imprese che hanno già chiuso o sono sul punto di farlo con la conseguente perdita di migliaia posti di lavoro. Nel frattempo, la politica tace, malgrado tre audizioni parlamentari durante le quali abbiamo ampiamente esposto la problematica che sta impattando pesantemente sul nostro settore.
Se la politica industriale vuole veramente puntare sull’economia circolare e sulla sostenibilità dovrebbe supportare con più decisione il settore industriale del recupero di materia dai rifiuti. Spiega Giuliano Tarallo, Presidente di Unirima. L'industria italiana ed europea del recupero/riciclo non può più sopportare tali condizioni di mercato per un terzo anno consecutivo a cui si aggiungono barriere normative ed aumento dei costi di gestione connessi all’ eccesso di burocrazia. Nel breve termine, in attesa dell’incremento delle capacità annunciate dal settore cartiere, visto lo sviluppo notevole delle raccolte differenziate finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riciclo fissati dalle nuove direttive europee, urgono interventi urgenti e rapidi volti a favorire l’export e fermare l'applicazione di restrizioni commerciali per ripristinare un accesso libero ed equo ai mercati internazionali necessario per bilanciare domanda e offerta. Chiediamo inoltre un controllo ed una maggiore attenzione verso fenomeni di assimilazione di dubbia legittimità.
fonte: www.ecodallecitta.it
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Conai, dal 1/1/2020 aumenti contributo ambientale per carta, legno e plastica
Il Consiglio di amministrazione del Consorzio nazionale imballaggi (Conai) ha deciso l'aumento del contributo ambientale per gli imballaggi in carta, legno e plastica dal 1 gennaio 2020.
Il contributo per gli imballaggi in carta passa da 20 a 35 euro/tonnellata. Invariato il contributo aggiuntivo di 20 euro/tonnellata per i poliaccoppiati a prevalenza carta idonei al contenimento di liquidi, per i quali il contributo ambientale sarà quindi di 55 euro/tonnellata. Il contributo per gli imballaggi in legno aumenterà da 7 a 9 euro/tonnellata
Per quanto riguarda invece il contributo ambientale per la plastica sono confermate le <b>quattro diverse fasce contributive valide dal 1 gennaio 2019. Invariato il contributo ambientale per la fascia A (imballaggi con una filiera di selezione e riciclo efficace e consolidata da circuito commercio & industria) fermo a 150 euro/tonnellata, nonchè quello per la fascia B1 (imballaggi con una filiera di selezione e riciclo efficace e consolidata da circuito domestico) che rimane di 208 euro/tonnellata. La fascia B2 (imballaggi con una filiera di selezione e riciclo in fase di consolidamento e sviluppo, sia da circuito domestico sia da commercio & industria) pagherà un contributo ambientale sarà di 436 euro/tonnellata. Infine la fascia C (imballaggi non selezionabili o riciclabili allo stato delle tecnologie attuali) vedrà il contributo passare da 369 a 546 euro/tonnellata
fonte: http://www.reteambiente.it
Carta, qualcosa non torna nel Cac differenziato per migliorare la riciclabilità degli imballaggi
Nella guerra mediatica e dicotomica tra chi propone la moratoria assoluta degli inceneritori e chi invece ne vorrebbe fare a bizzeffe, magari uno per provincia (invece sappiamo bene che in media stat virtus: pochi inceneritori, moderni ed efficienti, servono ed anzi sono funzionali a garantire una corretta filiera del riciclo), ogni tanto spunta il vecchio saggio che dall’alto del suo piedistallo dichiara: il problema è a monte, in chi produce gli imballaggi.
L’affermazione è corretta, ma come sempre la soluzione non è così semplice. Ad esempio: per far cambiare idea a una piccola azienda che produce packaging infischiandosene se il suo imballaggio è riciclabile oppure no, probabilmente un incentivo/disincentivo economico è sufficiente. Per far desistere la Coca cola dal vendere miliardi di bottigliette dotate di etichetta coprente che spiega il suo nuovo mirabolante concorso a premi ma che, proprio a causa della sua etichetta coprente, impedisce la selezione e il riciclo della bottiglietta stessa, probabilmente il disincentivo economico non sarà sufficiente.
Comunque sia, questa piccola leva economica che potrebbe spingere un produttore di imballaggi a diventare più sostenibile esiste e si chiama Cac differenziato, ovvero si va a variare il contributo che ogni produttore di imballaggio versa al Conai per coprire i maggiori oneri della raccolta differenziata (attenzione, leggere bene: la raccolta differenziata costa di più rispetto a scavare buche e riempirle: guai a quei politici che per indorare la pillola del porta a porta vanno a dire ai cittadini che la raccolta differenziata si fa per riparmiare!) in base alla riciclabilità del materiale.
Tutto bene allora? Magari! Si è partiti con la plastica sbagliando e si prosegue ora con la carta, sbagliando nuovamente.
Il primo Cac differenziato infatti, quello della plastica, commetteva l’errore di considerare l’imballaggio e non il materiale con cui era fatto. Il risultato è che inizialmente la bottiglietta in Pet opaco (non riciclabile proprio a causa degli opacizzanti) e quella rivestita di un’etichetta coprente (non riciclabile perché il selettore automatico riconosce solo l’etichetta, che non è Pet, e lo scarta) hanno visto abbassarsi il loro contributo anche se non sono riciclabili, prima che l’errore fosse corretto. Mentre il vasetto dello yogurt (la maggior parte sono fatti in PP, una poliolefina riciclabilissima) è stato disincentivato con un Cac più alto.
Gli errori a volte capitano, servono ad imparare. Ma se si persevera siamo diabolici… o furbi?
Vediamo la carta, che inaugura il Cac differenziato dal primo gennaio. Qual è uno dei nodi irrisolti per questo materiale? L’imballaggio in poliaccoppiato carta, plastica (e a volte alluminio), che appunto è difficile da riciclare. Giusto quindi disincentivare questi imballaggi, ma… ecco la postilla: solo quelli che contengono liquidi. Ergo il cartone del latte d’ora in avanti pagherà di più, ma il sacchetto dei biscotti (non contenendo liquidi) pagherà la stessa cifra.
Ebbene la cosa stona ancor di più se si pensa che in realtà esiste una filiera di riciclo dei cartoni per bevande in grado di riciclare l’intera frazione cellulosica (circa il 75% in peso): questi imballaggi raccolti in modo differenziato nei vari Paesi del vecchio continente vanno a finire quasi tutti in soli due impianti, che sono i più grossi, uno in Francia e uno in Italia, in provincia di Lucca.
E i sacchetti dei biscotti? La maggior parte di essi finisce ancora nell’indifferenziata secondo quanto dichiara il consorzio nazionale Comieco, perché solo le aziende che hanno certificato i propri imballaggi con la prova Aticelca (volontaria) possono dichiarare che il loro sacchetto deve andare nella raccolta della carta. Nonostante questo i cartoni per bevande (riciclabili almeno al 75%) pagheranno di più, i sacchetti dei biscotti (in gran parte da mettere nell’indifferenziato), pagheranno di meno.
fonte: www.greenreport.it
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