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Parte la sperimentazione del bottle to bottle




















A Parma prenderà forma la prima sperimentazione territoriale in Italia, per allinearsi alla direttiva europea (SUP) che disciplina l’utilizzo della plastica monouso e che porterà le amministrazioni pubbliche ad intercettare bottiglie e contenitori in Pet destinati al beverage, per dare vita a nuove bottiglie. Si chiama bottle to bottle” e Parma sarà la prima città italiana ad avviarlo, con una collaborazione tra pubblico e privato.
Il progetto viene presentato cogliendo la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti 2019  dall’Assessore alla Sostenibilità Ambientale del Comune di Parma Tiziana Benassi, da Giovanni Albetti, Direttore Consorzio Coripet Antonio Manente Ufficio Stampa Iren Spa.
Efsa,  da tempo, ha sviluppato le linee guida per tracciare la filiera di recupero di questi materiali che verranno applicate al progetto e ATERSIR ha dato parere favorevole all’avvio della sperimentazione che durerà fino alla fine del 2020. Il recupero del Pet si svolgerà in collaborazione tra Comune, Iren Ambiente e Coripet. Caratteristica principale dell’iniziativa è l’installazione di eco-compattatori posizionati in aree strategiche della città, al fine di avviare a riciclo bottiglie PET per produrre nuove bottiglie in PET riciclato.
L’accordo che presentiamo oggi” ha sottolineato Tiziana Benassi va a toccare una necessità stringente: quella della riduzione dei rifiuti. Ridurre rifiuti vuol dire non solo inquinare meno e salvaguardare la qualità dell’ambiente in cui viviamo, ma anche diminuire i loro costi di gestione. Il progetto agisce sulla riduzione della quota di plastica. Applica una buona pratica, soluzioni concrete di economia circolare. La premialità che offre ai cittadini, insieme alle campagne educative che lo accompagneranno ne fortificherà la diffusione e la partecipazione a Parma. I cittadini e le cittadine troveranno gli eco-compattatori a portata di mano, vicini alle loro abitudini di vita e pronti a smaltire un rifiuto voluminoso, ma facilmente trasportabile, che, grazie alle nuove tecnologie arriverà ad un nuovo e completo ciclo vitale“.
I raccoglitori verranno installati a Parma in luoghi di elevato passaggio, nei pressi di centri commerciali, negli spazi di grandi aziende del territorio e presso gli uffici pubblici, al fine di intercettare le bottiglie utilizzate fuori casa. Si tratta di compattatori di ultima generazione che andranno a raccogliere agevolmente bottiglie in PET usate e a “premiare” (tramite l’utilizzo di una card ed una APP) chi le raccoglie con regolarità.
fonte: https://comunivirtuosi.org

Plastica, raccolta differenziata serve a poco: metà dei rifiuti separati va in inceneritore. “Soluzioni? Meno consumi e più riuso”

Il caso Parma, dove si scopre che il 65% del materiale, anche se separato, viene inviato all'inceneritore, riaccende i riflettori su limiti e inganni dell'industria del riciclo che si presenta come "green". Dalla pellicola del prosciutto alle plastiche per imballaggi, le percentuali di riuso sono basse e le promesse illusorie rispetto al vero antidoto: produrre meno e investire su materiali che durano di più e possono essere realmente riutilizzati














(NDR: In fondo riportiamo nota di Enzo Favoino)

L’interrogazione di un consigliere comunale di Parma sulla destinazione dei rifiuti differenziati porta alla luce l’amara verità: il 50-65% di quella che i residenti nella città emiliana selezionano viene in realtà portato all’inceneritore per essere bruciato. Rispetto alla media nazionale e considerando l’impegno dei cittadini, che ha permesso a Parma di arrivare all’80% di differenziata, la percentuale di rifiuti che finisce nell’inceneritore è alta, ma per gli addetti ai lavori non è una doccia fredda. Si tratta di un problema (non solo italiano), che ha diverse cause. Basti pensare alla polemica scatenata a settembre scorso, dopo le dichiarazioni di Alessia Scappini, amministratrice delegata di Alia, che in Toscana gestisce i rifiuti di 58 comuni. “Le bioplastiche negli impianti di compostaggio – ha detto – vengono scartate oppure finiscono in frammenti che contaminano il compost finale”.
Cosa succede? Diventano rifiuti indifferenziati e come tali vanno anche smaltiti. Insomma, si va nella direzione opposta a quella indicata dall’Ue. L’incenerimento dei rifiuti, sottolineano infatti gli esperti, non rientra nella regola delle tre ‘R’ (ridurre, riutilizzare e riciclare) su cui si basano le norme europee degli ultimi decenni. Secondo le stime, la produzione di plastica aumenterà del 40% nei prossimi dieci anni. “Per molto tempo ci è stato detto che il riciclo sarebbe stata la soluzione, ma di tutta la plastica prodotta a partire dagli anni 50′ solo il 9% è stato correttamente riciclato” spiega a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, secondo cui “riciclare è importante, ma non basterà a salvare il Pianeta”.
IL CASO PARMA – Nel frattempo, quello di Parma ha rischiato di diventare un caso politico nella città che il sindaco Federico Pizzarotti ha candidato a “Capitale green europea 2022”. Eppure, davanti all’interrogazione del consigliere centrista Fabrizio Pezzuto, l’assessore all’Ambiente Tiziana Benassi non ha potuto che rivelare i numeri: “Il 10-15% della plastica è scartato in una prima selezione e il 40-50% in una seconda”. Come riportato dal quotidiano La Verità in aula è sceso il gelo e, alla domanda di Pezzuto, che chiedeva che fine facesse quel 50-65% scartato, l’esponente della giunta ha risposto: “Viene portato all’inceneritore per essere bruciato”. È lo stesso impianto della multiutility Iren contro cui Pizzarotti si era schierato nel 2012, ai tempi della sua campagna elettorale, quando era ancora nelle file del Movimento 5 Stelle. Dopo mesi di polemiche, nel 2013 l’impianto è partito e il primo cittadino ha scritto ai cittadini: “Ho fatto tutto ciò che era possibile con i poteri di un sindaco”. Da allora Pizzarotti ha fondato il partito Italia in Comune e l’Iren oggi è un partner importante dell’amministrazione.
IL DATO NAZIONALE – Ma c’è davvero da meravigliarsi di fronte a queste percentuali? Effettivamente, rispetto ai dati nazionali, a Parma (dove sono applicati sistemi come ‘porta a porta’ e ‘tariffe puntuali’) le percentuali dei rifiuti raccolti ma non riciclabili sono più alte. “Quando si parla di una prima selezione – spiega a ilfattoquotidiano.it Antonello Ciotti, presidente di Corepla (Consorzio nazionale per la raccolta degli imballaggi in plastica) – si fa riferimento a ciò che non è imballaggio, come giocattoli, pantofole, bicchieri erroneamente differenziati”. Il cosiddetto ‘impuro’. La media nazionale è al 9%. La seconda quota scartata (a Parma siamo sul 40-50%) riguarda, invece, “quello che non è riciclabile – continua Ciotti – in modo meccanico, perché è impossibile separare le varie plastiche”. Esempi sono le vaschette per conservare il prosciutto, le bustine che contengono le merendine e contenitori complessi. Siamo al 40% come media nazionale, “di cui la metà viene utilizzata – aggiunge Ciotti – nei cementifici e sostituisce il carbon pet”. In Italia, dunque, viene avviato al riciclo il 51% della plastica che i cittadini raccolgono.
LA RACCOLTA FATTA MALE – È chiaro, dunque, che dietro la raccolta differenziata (che resta un obiettivo da perseguire) si nascondono delle insidie. “Quella della plastica è una raccolta a più flussi, perché non parliamo di un materiale unico – spiega a ilfattoquotidiano.it Laura Brambilla, responsabile nazionale della campagna ‘Puliamo il mondo’ di Legambiente – quindi, mentre all’occhio del comune mortale la plastica verrebbe messa tutta insieme, sono poche quelle che hanno un valore”. Le responsabilità sono dei cittadini? “Sì, ma i Comuni hanno diversi strumenti per accompagnarli in un percorso, intanto spiegando bene qual è il modo corretto di effettuare la raccolta. Per quanto riguarda le bioplastiche, vanno intanto riconosciute – sottolinea – e inserite nell’organico: se finiscono con la plastica, ne contaminano la qualità. Nel dubbio gettate nell’indifferenziata”. E poi ci sono verifiche e sanzioni “ma purtroppo, in Italia, viene poco applicato il principio ‘chi inquina paga’”.
NON TUTTO SI RICICLA – Il problema, però, non si esaurisce con l’impuro. “Non tutta la plastica da imballaggi oggi in commercio si ricicla anche se correttamente differenziata” spiega Ungherese. Le ragioni possono essere molteplici. “Le plastiche eterogenee miste (film, pellicole e plastiche monostrato) – aggiunge – possono rappresentare una quota consistente dello scarto della raccolta degli imballaggi (tra il 20 e il 50% a seconda della piattaforma di selezione). Solo in rari casi vengono avviate a riciclo “ma la maggior parte delle volte finiscono in discarica o negli inceneritori, molto spesso non per l’impossibilità tecnica nel riciclarle quanto per l’assenza di richiesta del mercato” come documentato da un recente rapporto Ocse. “Spesso, infatti – aggiunge Ungherese – in base al prezzo del petrolio, la plastica vergine può essere molto più conveniente rispetto a quella riciclata”. Ci sono poi numerosi problemi legati al riciclo degli imballaggi compositi poliaccoppiati, costituiti da più materiali, come plastica e metallo. Due esempi: la confezione grigia che contiene il caffè sottovuoto della nostra moka e la stragrande maggioranza dei tubetti di dentifricio in commercio. C’è poi il fenomeno del downcycling: “La plastica da imballaggi, invece di essere utilizzata per nuovi imballaggi in plastica riciclata, viene riprocessata per creare prodotti di qualità inferiore difficilmente riciclabili”.

I LIMITI DEL RICICLO – Tutto ciò ha delle conseguenze. “Se metà della plastica che conferisco all’impianto non è riciclabile, deve essere poi scartata e lo smaltimento ha un costo per i Comuni, perché devo mandarla all’inceneritore” spiega Laura Brambilla. Ecco perché, ad oggi, raccogliere plastica di ottima qualità dal punto di vista del riciclo è un obiettivo da perseguire almeno quanto quello delle quote di differenziata. L’Unione Europea ha imposto un target minimo di raccolta del 65%, al netto degli scarti. Il riciclo, però, non risolve il problema, come sottolinea Enzo Favoino, coordinatore scientifico di Zero Waste Europe e ricercatore alla Scuola Agraria del Parco di Monza, che ha curato il rapporto Plastica: il riciclo non basta commissionato da Greenpeace. La ‘Plastic Strategy’ adottata nel 2018 dall’Ue che include anche la recente Direttiva sulle Plastiche Monouso, prevede un mix di misure per aumentare l’efficienza della filiera del riciclo. “Meccanismi come la Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) o la possibile introduzione di sistemi di deposito cauzionale – spiega – potranno contribuire a incrementare il riciclo, ma non a colmare la differenza tra quanto immesso al consumo e le tonnellate riciclate”. Le soluzioni, secondo Favoino, non possono che essere “la riduzione del consumo di plastica e un impegno da parte dell’industria affinché progettino imballaggi che, oltre che al riciclo, puntino a durevolezza e riutilizzo”.

fonte: www.ilfattoquotidiano.it

NOTA DI ENZO FAVOINO


L'articolo stamane mi ha rovinato la giornata.

Avevo speso, su richiesta di Greenpeace che me lo aveva raccomandato, ben 3 ore al telefono con la giornalista (in 2 differenti interviste, una il Sabato!) raccomandando soprattutto di rimarcare un concetto: ossia, che è vero che il riciclo della plastica ha larghissime imperfezioni (penso che chi legge qui non lo scopra oggi, e l'interesse giornalistico dl dibatto in Consiglio Comunale a Parma era più che altro dovuto ad una interpretazione in eccesso dei numeri relativi agli scarti, numeri che poi io stesso avevo emendato). Ma la RD va fatta comunque, perché per la plastica - come per qualunque imballaggio - vale il principio (stabilito dalla EPR) che non si differenzia solo quello che si ricicla bene, ma tutto l'imballaggio. E lo si fa proprio per "restituire il problema" a chi l'ha generato.

Peraltro
  1. se non si differenziasse, il costo di smaltimento di quel materiale rimarrebbe in capo al Comune come RUR, mentre differenziando, si prendono i contributi CONAI (che sono bassi, ma almeno non sono un costo) 
  2. differenziando, la Comunità fa il suo dovere, poi sta ai consorzi di filiera, in cui sono riuniti i produttori di imballaggi, indirizzare le scelte verso imballaggi sempre più riusabili e riciclabili. Senza RD, il meccanismo non funziona.
Avevo detto, ripetuto e raccomandato tutto questo alla giornalista. Le ho anche mandato una proposta di modifica della bozza della parte in cui ero citato per accentuare la cosa.

Niente, di tutto questo non c'è traccia nell'articolo. Sarà stato per sciatteria o per intenzione, non lo so. Un articolo che dall'inizio alla fine dice "il riciclo non basta" (grazie, lo diciamo da sempre) fino alla nausea. Ma da nessuna parte c'è il concetto che la differenziata va comunque fatta, perché quel problema deve essere dei produttori di imballaggi, non delle comunità


Mi ha rovinato la giornata, un altro clamoroso esempio di "asimmetria informativa" e delle rendite di posizione di cui si abusa per pigrizia, sciatteria o altro, nel mondo del giornalismo. Poi noi dobbiamo passare tempo (anche durante i weekend e le notti) a rimettere a posto le cose. 



PS - i numeri sono grossomodo veri. Ma non è una scoperta. Ne parlai già 2 anni fa in questo post

https://www.facebook.com/enzo.favoino.3/posts/1791468947553505

Progetto RiVending a Parma




















Parma è il primo Comune italiano ad aderire al Progetto RiVending, un circuito virtuoso di recupero e di riciclo della plastica di bicchierini e palette del caffè promosso da CONFIDA (Associazione Italiana Distribuzione Automatica), COREPLA, (Consorzio Nazionale per la Raccolta e il Recupero degli Imballaggi in Plastica) e UNIONPLAST (Unione Nazionale Industrie Trasformatrici Materie Plastiche – Federazione Gomma Plastica).

Il progetto nasce con l’idea di creare un “ciclo chiuso” di raccolta e riciclo dei bicchieri di plastica utilizzati nei distributori automatici di caffè la cui plastica, recuperata attraverso degli speciali cestini, viene reimmessa nella produzione di nuovi bicchieri creando così un’efficiente economia circolare conforme alle richieste dell’Unione Europea.

Dopo la fase di test – realizzata grazie alla collaborazione del Gruppo Iren e coordinata da Flo Spa – il progetto entra nel vivo con il coinvolgimento di 20 tra le più grandi aziende del parmense. Tra queste Barilla, Cerve, Sidel, Casappa e Flo, oltre all’Università degli Studi di Parma, la Gazzetta di Parma, gli uffici del Comune e dell’Unione Parmense degli Industriali per un totale di oltre 40 mila caffè al giorno consumati da circa 33 mila cittadini che saranno coinvolti in un progetto di recupero della plastica.

Il progetto coinvolge inoltre quattro tra le più importanti aziende di gestione della distribuzione automatica: Buonristoro, Ge.S.a., IVS e Argenta.

“Il progetto Riveding è un ottimo esempio di economia circolare a cui Parma ha aderito con piacere – ha dichiarato l’assessore alle Politiche di Sostenibilità Ambientale Tiziana Benassi. I bicchieri e le palette del caffè, quelle in plastica che usiamo quotidianamente ai distributori automatici, vengono recuperati e riciclati attraverso un processo di raccolta e lavorazione dedicato, che ne garantisce un’altissima percentuale di recupero. Un’iniziativa concreta verso il “plastic free”, per la riduzione della plastica attraverso il riciclo dei materiali.”

Ma come funziona il RiVending? A fianco del distributore automatico viene posizionato uno speciale cestino dove gettare bicchieri e palette in plastica dopo l’uso. Il coperchio presenta fori grandi quanto il diametro dei bicchieri, oltre a un foro per le palette. Tubi rigidi presenti al suo interno favoriscono l’impilamento dei bicchieri uno dentro l’altro così da ridurre il volume di bicchieri raccolti di oltre il 150% rispetto alla raccolta nella plastica generica. Il contenitore RiVending ha al suo interno un sacchetto di colore verde e blu che viene ritirato dalla stessa società che gestisce i rifiuti (Iren) insieme al resto della raccolta differenziata che, dopo una semplice selezione dei sacchi, è in grado di conferirli direttamente a COREPLA che li avvia al riciclo.

Bicchierini e palette del vending sono entrambi realizzati in un unico tipo di plastica (il polistirolo compatto) e sono facilmente lavabili: i residui di caffè, latte, tè o bevande similari sono infatti liquidi acquosi facilmente eliminabili, senza alcun pericolo di contaminazione, prima del riciclo meccanico che li riporterà ad essere scaglie o granuli di plastica che verranno reimmessi nella produzione per la produzione di nuovi bicchieri.

fonte: https://comunivirtuosi.org

Spot #sbloccaitaliagameover


























Ecco il link dello SPOT radiofonico, da diffondere a manetta sulle RADIO LOCALI
e la locandina finale con la sintesi dei CONTENUTI a cui chiederemo a tutti, oltre a rappresentare le situazioni locali, di dare un contributo ideale e di mobilitazione per la campagna #sbloccaitaliagameover.



Massimo Piras
Coordinatore nazionale

Movimento Legge Rifiuti Zero
per l'Economia Circolare

Sede in Roma piazza V. Emanuele II n. 2

Campagna #SbloccaItaliagameover Evento a PARMA - 6 ottobre 2018




“Comuni e Comunità contro gli inceneritori si incontrano.

L'Economia Circolare parte dai territori”.

L'evento è organizzato dal nostro Movimento e dai tanti soggetti aderenti alla Campagna nazionale, con il supporto della dott.ssa Patrizia Gentilini per ISDE Italia e con l'adesione del movimento politico ItaliainComune, come incontro tra amministratori e comunità che vivono o subiscono gli effetti dei 40 inceneritori sia per sostenere il percorso del ricorso presso la Corte di giustizia europea che per elaborare un programma nazionale di pratiche alternative per l'avvio di una vera Economia Circolare locale.

Siete invitati a confermare la vostra presenza ed ad estendere l'invito a comitati - associazioni - amministratori - sindaci - aziende virtuose del vostro territorio e di farci avere un report per l'adesione all'evento e la presenza di una delegazione.

Movimento Legge Rifiuti Zero
per l'Economia Circolare

Sede in Roma piazza V. Emanuele II n. 2

Si moltiplicano le “food coop”: a Parma un nuovo supermercato sostenibile e partecipativo

Nello storico quartiere dell’Oltretorrente nasce OLTREfood per iniziativa di alcuni gasisti e insegnanti. “La costruzione di una cooperativa di consumo con prodotti da filiere sostenibili e del territorio ha un’alta valenza educativa”, dicono i promotori. Intanto l’emporio di comunità “Camilla” di Bologna compie un anno


















Ha compiuto un anno questo sabato, 26 maggio, il progetto “Camilla” del Gas Alchemilla di Bologna, la prima esperienza di emporio di comunità avviata in Italia, a partire dalla suggestione venuta da alcuni progetti simili in corso tra Stati Uniti (Park Slope a New York), Francia (La Louve a Parigi) e Belgio (Bees a Schaerbeek) -come avevamo scritto su Altreconomia 199.
E un primo obiettivo -quello di diffondere il modello “food coop”, affinché queste esperienze cooperative si moltiplichino sui territori- è già stato raggiunto. A Parma, nello storico quartiere Oltretorrente, anche grazie alla condivisione con Camilla, da alcuni mesi è in costruzione un’esperienza simile: “OLTREFood”.
“Siamo amici di Camilla: le nostre esperienze sono nate in modo indipendente e poi ci siamo conosciuti. Ora stiamo condividendo un percorso e spesso ci confrontiamo per affrontare insieme dubbi e problemi”, racconta Carlotta Taddei, dell’associazione OLTREfood. Carlotta è insegnante, come molti dei soci di questa nuova avventura: “Pensiamo, infatti, che la costruzione di una cooperativa di consumo con prodotti da filiere sostenibili e del territorio abbia un’alta valenza educativa”, dice Carlotta.
Proporre un’idea di consumo responsabile, che metta “al centro le persone”, è uno degli obiettivi che si è data l’associazione, nata da alcuni amici che partecipano a un Gruppo d’acquisto solidale della città e dalla conoscenza diretta che una di loro ha avuto de La louve parigina. “Abbiamo scritto un progetto sul modello food coop e abbiamo partecipato a un bando di Legacoop a sostegno startup innovative. Inaspettatamente, lo scorso marzo abbiamo saputo di aver vinto 15mila euro che ci saranno erogati quando fonderemo la cooperativa di consumo”. Un piccolo fondo che aiuterà il progetto a partire, che pure “è stato costruito per avere una sua sostenibilità economica indipendente”, sottolinea Carlotta.
Così, il 4 giugno, alle ore 21.00 al Laboratorio famiglia dell’Oltretorrente (vicolo Grossardi 4, a Parma) si terranno gli “stati generali di OLTREfood”, come li chiama Carlotta: “Sarà la prima assemblea generale, aperta a tutti gli interessati, nella quale ci divideremo in tavoli di lavoro per avviare il percorso partecipativo di costruzione della cooperativa”.
Serviranno almeno 100 soci per far partire il progetto: ciascuno metterà una quota iniziale di 100 euro e tre ore al mese per tenere aperto il “supermercato cooperativo”. L’obiettivo è riuscire a fondare la cooperativa in autunno, per aprire prima di Natale il punto vendita -che dovrebbe generare un paio di posti di lavoro part-time– nel quartiere Oltretorrente. “La nostra destinazione è chiara: questo quartiere ha una storia importante e oggi sta vivendo un momento di trasformazione e integrazione impegnativa tra culture diverse -dice Carlotta-. Si stanno mettendo in campo diverse iniziative di rigenerazione urbana e costruzione di comunità, perché questo processo abbia un buon esito e anche noi pensiamo di poterne far parte, diffondendo precise scelte per un’altra economia e di consumo critico”.
In modo simile a Camilla Bologna, nel negozio di OLTREfood si troveranno “prodotti green, non solo certificati biologici, ma comunque da filiere naturali e locali -spiega Carlotta-. L’equità è un altro criterio fondamentale che ci siamo dati: ogni prodotto deve essere pagato il giusto al fornitore. Speriamo di rendere trasparenti le filiere del lavoro che stanno dietro a ogni acquisto. Ma non abbiamo ancora fissato dei criteri precisi, perché la loro definizione verrà dai gruppi di lavoro di costruzione della cooperativa”. Da OLTREfood ci saranno i prodotti “votati dai soci”, ma sempre nel rispetto dei valori di un’economia equa e attenta alla terra.
fonte: altraeconomia.it

Gli effetti positivi della tariffazione puntuale

























Il caso di Parma a confronto con Reggio Emilia e Piacenza.
Un recente rapporto del Servizio Politiche Territoriali della UIL ha messo in evidenza l’evoluzione delle bollette TARI delle famiglie italiane degli ultimi 4 anni mettendo a confronto 100 capoluoghi di provincia prendendo come campione una famiglia tipo di 4 persone occupanti un appartamento di 80 mq.
Il contesto nazionale, che vede spesso declinati in ambito locale differenti specificità tra una regione e l’altra, non consente confronti omogenei e correttamente paragonabili visti i differenti criteri di assimilazione, costi di smaltimento, conformazione urbanistica, abitudini delle famiglie, etc. che fanno sì che una migliore analisi di confronto rispetto alle politiche adottate dalle amministrazioni comunali si ottenga paragonando ambiti con caratteristiche simili.
In questa ottica, con i dati in nostro possesso, è utile confrontare le performance di risultato tra i capoluoghi dell’Emilia-Romagna e con particolare efficacia paragonare i 3 capoluoghi dell’Emilia occidentale (Piacenza, Parma e Reggio Emilia) visto la condivisione di uno stesso gestore della raccolta rifiuti (Iren Ambiente), la recente adozione di un’unica tariffa di smaltimento di bacino ma con scelte strategiche differenti operate dalle singole amministrazioni comunali per quanto riguarda i modelli di raccolta applicati sul territorio.
Vediamo dunque come su Parma, dove è stato introdotto a partire dal 2012 un modello di raccolta differenziata porta a porta con tariffazione puntuale, i benefici dell’adozione di queste politiche virtuose abbiano dato i loro frutti non solo dal punto di vista dei risultati (% di raccolta differenziata, riduzione del rifiuto residuo procapite, % di effettivo recupero – Vedi Tabella 1) ma anche per quanto riguarda gli impatti sulla bolletta delle famiglie.


Tabella 1 – Modelli di Raccolta e risultati (dati ARPA 2016)


Piacenza Parma Reggio Emilia
Abitanti 102.499 193.315 171.714
Modello di raccolta prevalente (al 2016) Raccolta stradale per plastica, metalli, vegetale e vetro. Porta a porta per carta/cartone, residuo e organico (in alcuni quartieri per queste ultime 2 frazioni raccolta stradale) Raccolta porta a porta a 4 frazioni con tariffazione puntuale (Carta/cartone, Plastica/metalli, organico, residuo). Raccolta stradale di Vetro e Vegetale Raccolta stradale a 5 frazioni (Carta/cartone, Plastica, Vetro/metalli, Organico, Residuo). Raccolta domiciliare del vegetale
Centri di raccolta 3 4 6
% RD 56,9% 75,9% 58,6%
% RD a recupero (dati Atersir riferiti al 2014) 56,4% 65,7% 59,3%
RU totale procapite (kg) 741 554 709
Residuo procapite (kg) 244 108 262
Organico procapite (kg) 49 103 40
Vegetale procapite (kg) 43 77 115

Piacenza e Reggio, che vedono nel periodo considerato modelli di raccolta differenziata con prevalenza di contenitori stradali a libero accesso, sono ancora lontane dagli obiettivi del Piano Regionale di Gestione Rifiuti che ha stabilito al 2020 il raggiungimento del 70% di raccolta differenziata per i comuni capoluogo, la riduzione del 20-25% della produzione pro-capite e l’obiettivo di effettivo riciclo del 70%. Parma invece, già oggi all’80% di raccolta differenziata grazie al percorso avviato dall’amministrazione Pizzarotti, ha sostanzialmente già raggiunto e in alcuni casi oltrepassato questi obiettivi fatto salvo quello della produzione totale procapite che, dopo una discesa nei primi 2 anni, ha poi visto risalire l’indicatore probabilmente per effetto della ripresa dei consumi per l’incremento dei flussi turistici registrati in città (+25% di presenze tra il 2012 e il 2017).


Grafico 1




Dal punto di vista economico, considerando il quadriennio 2014-2017, la ricerca UIL (vedi tabella 2) evidenzia come la bolletta TARI della famiglia tipo di Parma sia l’unica a calare in Emilia-Romagna (-3,1%) con Piacenza e Reggio Emilia che invece incrementano il costo rispettivamente dell’8,5% e del 9,7% (quest’ultimo incremento più marcato in regione tra i 9 capoluoghi).
Tabella 2 – Rapporto TARI capoluoghi 2017 – Uil Servizio Politiche Territoriali
Esempio di una famiglia di 4 persone con una casa di 80 metri quadri ed un reddito Isee di 17.812 euro (Le tariffe sono comprensiva del tributo provinciale ambientale)
CITTA’ Tari 2014 in euro Tari 2015 in euro Tari 2016 in euro Tari 2017 in euro Differenza percentuale 2016-2017 Differenza percentuale 2014-2017
Bologna 221,76 228,5 228,5 228,5 0,0% 3,0%
Ferrara 305,65 305,65 305,65 305,65 0,0% 0,0%
Forlì 281,31 276,03 281,97 286,9 1,7% 2,0%
Modena 267,7 274,12 276,33 280,75 1,6% 4,9%
Parma 272 282,26 265,1 263,45 -0,6% -3,1%
Piacenza 252,15 252,15 274,05 273,55 -0,2% 8,5%
Ravenna 254,3 254,3 256,64 259,75 1,2% 2,1%
Reggio Emilia 287,4 300,85 306,23 315,17 2,9% 9,7%
Rimini 233,5 252,46 252,46 254,08 0,6% 8,8%

In realtà i dati su Parma sono ancora migliori rispetto a quanto evidenziato nella ricerca se si considera che con lo sconto massimo ottenibile grazie alla tariffazione puntuale (max 30 svuotamenti/anno per la famiglia di 4 persone) la tariffa 2017 scende a Euro 257,53 contro il valore medio di Euro 263,45 considerato nel rapporto UIL (vedi Tabella 3). Un obiettivo, quello di ottenere il massimo sconto restando all’interno degli svuotamenti minimi, che da un’analisi fatta da Iren nell’ultimo semestre 2015, è stato raggiunto dall’80% delle famiglie parmigiane con una sostanziale conferma della tendenza anche nei mesi successivi. Differenze che diventano tangibili nel bilancio famigliare (quasi 60 Euro di differenza tra la famiglia tipo parmigiana e quella reggiana) e che dimostrano anche ai più scettici che il modello di raccolta porta a porta abbinato alla tariffazione puntuale non è necessariamente il più costoso rispetto alla raccolta stradale, come spesso viene ripetuto per scoraggiare gli amministratori virtuosi ad intraprendere strade diverse dal “business as usual”.

Tabella 3 – Come tabella 2, ma tenendo conto del massimo sconto ottenibile a Parma con tariffazione puntuale (famiglia 4 persone, max 30 svuotamenti/anno)
CITTA’ Tari 2014 in euro Tari 2015 in euro Tari 2016 in euro Tari 2017 in euro Differenza percentuale 2016-2017 Differenza percentuale 2014-2017
Bologna 221,76 228,5 228,5 228,5 0,0% 3,0%
Ferrara 305,65 305,65 305,65 305,65 0,0% 0,0%
Forlì 281,31 276,03 281,97 286,9 1,7% 2,0%
Modena 267,7 274,12 276,33 280,75 1,6% 4,9%
Parma 272 282,26 265,1 257,53 -2,9% -5,3%
Piacenza 252,15 252,15 274,05 273,55 -0,2% 8,5%
Ravenna 254,3 254,3 256,64 259,75 1,2% 2,1%
Reggio Emilia 287,4 300,85 306,23 315,17 2,9% 9,7%
Rimini 233,5 252,46 252,46 254,08 0,6% 8,8%

Volendo sintetizzare gli elementi che hanno contribuito ad ottenere questi risultati positivi possiamo dire che questi sono stati i macro-fattori determinanti nel contesto parmigiano:
  • drastica riduzione dei costi di smaltimento che tra il 2012 e il 2016 sono passati da 8,5 milioni di Euro a 2,7 milioni
  • incremento dei corrispettivi Conai grazie alle maggiori quantità e qualità dei materiali recuperati (da 580k Euro a 1,5 milioni tra il 2012 e il 2016)
  • incentivi riversati a riduzione del costo del servizio ottenuti grazie alla legge regionale nr. 16 del 2015 che ha istituito un meccanismo premiante che riversa contributi economici ai comuni virtuosi sulla base della riduzione del rifiuto residuo procapite (500k Euro nel 2016 e 700k Euro nel 2017)
Di seguito in tabella 4 la progressione della raccolta delle principali frazioni raccolte e la produzione totale di rifiuto urbano nel corso del periodo 2012-2016

Tabella 4 – Principali flussi di raccolta differenziata
Kg procapite/anno 2012 2013 2014 2015 2016 Diff. 2016 vs 2012
Carta/Cartone 68,61 69,09 74,34 88,97 98,15 +43%
Plastica/Barattolame/Vetro * 64,54 66,78 79,97 79,15 82,99 +29%
Organico 52,67 62,69 90,50 99,11 103,00 +96%
Vegetale 55,55 59,50 62,22 82,92 77,00 +39%
Secco residuo 248,62 220,87 143,52 117,43 108,00 -57%
Totale RU procapite 537,84 534,58 511,29 540,35 553,84 3%
  * La raccolta di plastica, barattolame e vetro che inizialmente veniva fatta in un unico flusso (multi-materiale pesante) è stata progressivamente separata in 2 flussi: plastica/barattolame (multi-materiale leggero) e vetro

Possiamo dunque concludere che, con una forte volontà politica vista la prerogativa rimasta in capo ai singoli comuni di avviare percorsi di cambiamento e con un condivisione delle scelte con i cittadini, si possono ottenere risultati impensabili fino a qualche anno fa per contesti urbani complessi.
I tempi sono infatti ormai maturi per orientare le politiche di gestione rifiuti decisamente verso l’economia circolare tant’è che anche le grandi metropoli (New York, Parigi e Barcellona tra le altre hanno guardato con interesse ai modelli virtuosi italiani) si stanno ponendo seriamente il problema di un cambio di passo rispetto alla gestione basata su smaltimento in discariche e inceneritori.

fonte: http://comunivirtuosi.org

Folli: 'Potenziare Banca dati ANCI-CONAI in modo da rendere fruibili tutti i dati disponibili'

Riceviamo e pubblichiamo una lettera di Gabriele Folli, Assessore Ambiente e Mobilità Comune di Parma e Membro della Commissione Ambiente ANCI 














Lo scorso martedì 5 aprile, nell’ambito del convegno organizzato da Legambiente e Corepla a Roma presso il Centro Studi Americani su raccolta plastica ed economia circolare, ha avuto luogo una tavola rotonda che ha messo insieme vari livelli di competenze e responsabilità nel ciclo di gestione dei materiali post-consumo.
Alla tavola rotonda hanno partecipato il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, il presidente della Commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci, il vicepresidente di Anci Federico Pizzarotti, il presidente Conai Roberto De Santis, il presidente Unionplast Giorgio Quagliuolo, il presidente della fondazione per lo sviluppo sostenibile Edo Ronchi e la presidente nazionale di Legambiente Rossella Muroni.
Uno dei temi di dibattito ricorrente (a volte anche acceso) tra ANCI e CONAI è quello sulla congruità dei corrispettivi erogati ai Comuni che con il contributo ambientale (CAC) pagato dai produttori di imballaggi dovrebbe sostenere i maggiori oneri della raccolta differenziata.
Spesso su questo argomento vi sono posizioni diametralmente opposte che vedono i Comuni lamentare insufficienza di risorse per avviare politiche serie di raccolta differenziata che permettano di fare il salto di qualità e rispettare gli obiettivi europei ed i consorzi degli imballaggi che snocciolano cifre importanti a sostegno della tesi che il sistema si regge grazie a loro.
Personalmente non ho la verità in tasca ma credo che per andare oltre la contrapposizione che c’è stata fino ad oggi basti semplicemente giocare a carte scoperte mettendo a sistema e fattor comune tutte quelle informazioni che derivano dai piani finanziari dei comuni e dai bilanci dei consorzi che ad oggi non sono facilmente fruibili in un contesto che permetta analisi comparative almeno a tutti gli attori del settore.
Facciamo dunque noi il primo passo mettendo in chiaro le informazioni che ben conosciamo avendo lavorato 5 anni a Parma per lo sviluppo di un sistema di raccolta domiciliare con tariffazione puntuale che ci ha permesso di raggiungere percentuali di raccolta differenziata che ormai sfiorano l’80% con una drastica riduzione del rifiuto residuo pro capite ormai prossimo a scendere sotto i 100 kg/abitante/anno, risultati questi di tutto rilievo perchè ottenuti in una città che conta quasi 200.000 abitanti con importanti flussi turistici, presenza di universitari fuori sede ed attività commerciali ed industriali .

Analizzando dunque questa prima tabella (in alto NdA) derivata dal Piano Economico Finanziario del 2016 del Comune di Parma possiamo vedere come i costi della raccolta differenziata del multimateriale leggero (Plastica e barattolame raccolti settimanalmente con sacco a perdere da 80 lt) sono poco più di 3,4 milioni di Euro (Prezziario Atersir per la provincia di Parma)
 
Ipotizziamo quindi di trattare lo stesso materiale (circa 7.700 tonnellate di plastica e barattolame) come se fosse indifferenziato con i conseguenti costi di raccolta e smaltimento e vediamo in tabella 2 come il costo sarebbe di poco meno di 1,5 milioni con un differenziale di maggiori oneri di circa 2 milioni di Euro rispetto all’attuale situazione.
Ad oggi i corrispettivi ricevuti dal Comune di Parma per questi flussi di materiali dai consorzi Corepla e Cial, secondo quanto previsto dal prezzario Atersir, ammontano a poco più di 800.000 Euro (tabella 3) con una copertura dei maggiori oneri che arriva al 42% (tabella 4) e quindi di molto inferiore a quanto prevede l’accordo ANCI-CONAI. 
Ovviamente si tratta di un’analisi parziale riferita ad un caso singolo e quindi suscettibile di critiche ed obiezioni ma proprio perchè la completezza delle informazioni potrebbe dare un contributo importante alla discussione ritengo fondamentale mettere in chiaro e disponibili a tutti i soggetti interessati i dati dei comuni e dei consorzi.
Un importante contributo in questo senso lo può dare una spinta in avanti all’evoluzione della Banca Dati ANCI-CONAI se potenziata in modo da rendere fruibili, interpretabili ed analizzabili tutte le informazioni disponibili. Penso ad una banca dati che non si limiti all’emissione di un report annuale ma che abbia la forma di database online con tutti i costi, ricavi ed i dati di raccolta dei singoli comuni consultabili senza vincoli.
Sarebbe un passo importante verso la trasparenza di un sistema centrale per la crescita delle comunità locali e del paese intero che potrebbe essere gestito con il contributo di un organo terzo super partes che fornisca garanzie di imparzialità a tutti i soggetti coinvolti.
Gabriele Folli
Assessore Ambiente e Mobilità Comune di Parma
Membro della Commissione Ambiente ANCI

fonte: www.ecodallecitta.it

Sotto il muro dei 100 kg: Comuni Verso Rifiuti Zero

Importante riconoscimento per il Comune di Parma che, nei giorni scorsi, ha ricevuto il premio: “Sotto il muro dei 100 kg: Comuni Verso Rifiuti Zero”, edizione 2016.

 













Il presidente del consiglio comunale, Marco Vagnozzi, lo ha ritirato a Forlì, in rappresentanza del Comune di Parma, in quanto l'assessore all'ambiente Gabriele Folli era impegnato a Parma in occasione del premio “Comuni Virtuosi 2016”.
Il Comune di Parma, con 152,4 Kg pro capite per abitante residente, pur eccedendo la soglia dei 150 Kg, si conferma comunque Primo Capoluogo di Provincia a livello regionale che hanno generato la minor quantità di “rifiuti non inviati a riciclo”.
L’evento è stato promosso dalla Rete Rifiuti Zero Emilia-Romagna ed è stato organizzato in collaborazione con l’EcoIstituto di Faenza, il WWF e Legambiente regionale e il Comune di Forlì.
E’ stata stilata una rigorosa e scientifica classifica generale che include quelle comunità locali che hanno raggiunto una produzione pro capite inferiore ai 100 Kg per abitante di “rifiuti non inviati a riciclo” e quelle che rientrano negli obiettivi di legge al 2020 (produzione al di sotto dei 150 Kg procapite).
La graduatoria regionale ha evidenziato che i Comuni emiliani risultano essere quelli più virtuosi nella gestione degli sprechi.
E' anche il segno di una sensibilità civile già orientata verso la riduzione dei rifiuti e il recupero, il riuso e il riciclo di beni e materiali che vengono valorizzati come risorse economiche e sociali.
I comuni romagnoli purtroppo segnano ancora il passo.
Sotto il “muro dei 100 kg pro capite per abitante residente” emergono ben 10 Comuni che “non inviano a riciclo” i propri “rifiuti urbani”.
Sul podio, Soliera, Novi e Medolla, in Provincia di Modena, i Comuni che hanno generato la minor quantità di “rifiuti non inviati a riciclo”.
Il Comune di Soliera con 58.8 kg procapite per abitante residente, emergere sulla graduatoria regionale ed è il primo fra i Comuni con una popolazione compresa tra 5.000 e 20.000 abitanti.
Masi Torello è il primo fra i comuni sotto i 5.000 abitanti.
Seguono a ruota Monte San Pietro (BO), Nonantola, Medesano, Montechiarugolo e Sorbolo in Provincia di Modena, Masi Torello (FE) e, sulla base del parametro di calcolo incentrato sugli “abitanti equivalenti”, il Comune di Sala Baganza (PR).
Sempre in base agli “abitanti equivalenti” sono da segnalare per efficienza anche i Comuni di Torrile (PR), Podenzano (PC) e Brescello (RE).
Dall’undicesima posizione alla 53esima troviamo il Comune di Fidenza (PR) con 106 Kg pro capite di “rifiuti urbani non inviati a riciclo” che risulta primo fra le comunità locali tra 20.000 e 50.000 abitanti oltre al Comune di Carpi (MO) primo fra quelli con oltre 50.000 abitanti.
Il momento è stato utile per affrontare i temi delle modalità e delle esperienze pratiche orientate alla riduzione dei rifiuti e ad incentivare forme e metodi di “economia circolare”: dalle tipologie di raccolta più efficienti: dalla tariffazione puntuale alla riduzione degli sprechi alimentari; dal compostaggio di comunità alla pratica del compost che produce energia pulita; dalle scelte socio-politiche agli atti amministrativi per far diventare le comunità locali “Comuni a Rifiuti Zero”.

fonte: http://www.comune.parma.it

Altrogiro. Apre il Centro del riuso a Parma

Aperto sette giorni su sette, il servizio è a disposizione di tutti i cittadini. Non un mercato dell'usato, ma anche uno spazio dove gli oggetti dismessi trovano una seconda vita. Ci raccontano come funziona i resposabili della struttura.



PARMAREPORT

Aldo Caffagnini: “La raccolta differenziata di Parma brilla a livello nazionale. Non esistono sacchi neri a pifferai magici”



Se fosse così facile come nelle fiabe, non saremmo qui a parlarne un giorno sì e l’altro pure.
Non esiste il pifferaio suadente che ammaestri i sacchi dei rifiuti o, meglio ancora, i latori degli stessi, convincendoli al rispetto delle regole.
Nella raccolta differenziata, Parma brilla a livello nazionale per i risultati sorprendenti del suo sistema (oltre il 75% di RD), tali da richiamare commissioni internazionali interessate a simili percentuali e da rinvigorire tutto il Movimento sostenitore della strategia “Rifiuti Zero”, che oggi l’Europa reclama a gran voce, promuovendo al tempo stesso l’economia circolare: ogni genere di rifiuto rappresenta un errore di progettazione e non un destino ineluttabile; ogni oggetto deve poter essere recuperato e reimmesso al consumo attraverso le operazioni ormai note della riparazione, riuso, riciclo.
E’ la lezione partita molti anni fa da Capannori (Lucca) e che oggi coinvolge 224 comuni italiani (4,7 milioni di abitanti) di tutti gli schieramenti politici, riuniti in Zero Waste, il movimento guidato da protagonisti assoluti come Rossano Ercolini, Paul Connett, Enzo Favoino, Patrizia Lo Sciuto.
Ma, ovviamente, non esistono sistemi perfetti e occorre tempo per raggiungere l’eccellenza (un valore prossimo al 100% di riciclo effettivo), considerato che senza il contributo legislativo nazionale e regionale, il traguardo non sarà facilmente raggiungibile nel breve periodo.
Va anche sottolineato che da quando a Parma è stato attivato il Porta a Porta sono stati introdotti diversi aggiustamenti per far fronte alle criticità emerse ed adattare il sistema alle esigenze dei cittadini dei vari quartieri (vedi ad esempio le eco station o i ritiri più frequenti in centro).
Il Porta a Porta (con tariffazione puntuale) è l’unico strumento davvero vincente se lo scopo concreto delle amministrazioni locali è quello di azzerare i rifiuti.
Il Porta a Porta affida la prima differenziazione dei rifiuti ai cittadini, che diventano “esperti di rifiuti”, o meglio di materiali da scartare, indirizzando ogni oggetto e materiale al suo flusso specifico.
Una ricetta semplice che porta con sé 3 risultati eclatanti: si incrementa il tasso di riciclo, cala in modo drastico il rifiuto residuo, si verificano importanti benefici ambientali, oltre ad una sensibile riduzione dell’importo della Tari.
L’incremento dei materiali riciclati ha come diretta conseguenza maggiori introiti nelle casse comunali: i materiali prodotti dal Porta a porta hanno molto valore, perché sono più puliti e di conseguenza più pagati dai Consorzi del riciclo (Co.Re.Pla., Co.Re.Ve., etc.).
Il calo del rifiuto residuo fa risparmiare tanti soldi, perché diminuiscono in modo importante i conferimenti in discariche ed inceneritori e l’ambiente tira letteralmente un sospiro di sollievo, poichè si riducono gli inquinanti prodotti sia dall’una che dagli altri.
Ma nel Porta a Porta i pifferai non sono certo previsti. Se un cittadino non rispetta le regole il sistema ovviamente ne risente.
Il sacco abbandonato, come i mozziconi buttati a terra o i rifiuti gettati dai finestrini sono gesti di inciviltà dei singoli, non imputabili al sistema adottato. Con pazienza certosina va intercettato chi per motivi vari (per es.,utenti evasori) ostinandosi a non rispettare le regole, fa pagare alla collettività la propria personale indifferenza. In materia di rifiuti oltre che richiamare la responsabilità dei produttori di imballaggi e beni di consumo, sicuramente occorre rimarcare il senso di responsabilità civica di ognuno di noi.
E per gli irriducibili del degrado nessun magico pifferaio, ma solo salate sanzioni.
Aldo Caffagnini

fonte: http://www.parmadaily.it

Applausi a sacco aperto

Il rifiuto rifiutato

E' ancora scontro aperto con i nostri rifiuti.
Siamo noi a produrli ma vorremmo che fossero altri ad occuparsene.
Sostengono alcuni: “Paghiamo salato il servizio, ci pensino loro”.
Trattiamo i nostri rifiuti ancora con un vecchio metro di giudizio.
Ciò che scartiamo diventa seduta stante sporco, puzzolente, intoccabile.
Come uno di famiglia che ha frequentato casa fino a pochi istanti prima di essere considerato un paria.

Piace molto criticare il sistema di gestione dei rifiuti.
Perché fa audience, raccoglie con certezza adesioni, al di là delle posizioni politiche.
Criticare il sistema di gestione dei rifiuti è sparare sulla croce rossa: centro garantito.
Basta proporre un unico enorme cassonetto stradale, dove poter gettare qualunque cosa vogliamo scartare, a qualunque ora del giorno e della notte.
Applausi a sacco aperto.
Soffermandosi sulle notizie da nord a da sud, si lamenta chi non ha la differenziata e chi ce l'ha, chi ha il porta a porta e chi non ce l'ha, chi è al 10% di differenziata come chi è all'80%.
Perché, come detto sopra, siamo ancora in una cultura di rifiuto del rifiuto, di errata identificazione dell'oggetto.
Il rifiuto un attimo prima dell'averlo scartato era cibo, profumato e fragrante sulle nostre tavole.
Il rifiuto appena scartato era un imballaggio, proteggeva i nostri acquisti, ne permetteva l'uso e la conservazione.
Il rifiuto appena scartato era un arredo, un giocattolo, un flacone di profumo, un cd.
Il rifiuto non era rifiuto e neanche lo diventa.
Il rifiuto rimane quello che era: plastica, carta, cartone, materia organica, vetro, tetrapack.
Può essere ancora utilizzato, mantenendo il suo valore intrinseco.
Basta separarlo in mucchi omogenei in modo che raggiunga la piattaforma corretta di riciclo.
Se attribuiamo il corretto valore agli scarti smettiamo di considerarli spazzatura e cambiamo completamente atteggiamento, vedendoli finalmente per quello che sono.
Perché il modo di gestire gli scarti incide direttamente sulla bolletta che la nostra amministrazione locale sarà tenuta a pagare al gestore dei rifiuti.
Se gestisco correttamente i miei scarti la bolletta sarà positiva, altrimenti il mio comune dovrà pagare il conto, che poi farà pagare a noi contribuenti.
I cittadini hanno l'opportunità quindi di scegliere se perdere o guadagnare dalla gestione dei rifiuti.
Una democrazia diretta senza eguali.
Osserviamo ogni giorno lo sperpero di denaro pubblico, quindi nostro.
Ai lati delle strade fioriscono rifiuti di ogni genere, che automobilisti senza dignità hanno provveduto a lanciare dai finestrini.
Davanti alle tabaccherie molti fumatori si liberano con gesto naturale di plastiche a cartine che imballavano il loro pacchetto di sigarette. Gli stessi cultori del tabacco riempiono l'ambiente di cicche inquinanti, ricche di sostanze chimiche, che inquineranno i terreni per anni.
Guardate i fossi, le spiagge, i fiumi e i mari, e le loro collezioni di porcherie.
Camini di impianti obsoleti bruciano sena tregua materiali riciclabili, rilasciando in atmosfera migliaia di sostanze inquinanti.
Si bruciano perfino le munizioni.

E il pianeta non ringrazia.
 
fonte: http://aldocaffagnini.blogspot.it

Parma, prima in regione

Un risultato al limite dell'imbarazzo

Sono usciti i dati ufficiali di gestione della raccolta differenziata 2015, a cura di Arpa regionale.
Parma svetta sopra tutti gli altri capoluoghi di provincia con un 74% (+6,3%) di raccolta differenziata, la seconda città, Forlì, si ferma al 64%. La peggiore è Bologna con il 45%.


In termini da formula uno Parma ha doppiato gli avversari.
Osservando il dato più importante, quello del rifiuto residuo pro capite, i rifiuti da smaltire insomma, la città ducale fa segnare 139 kg, ed anche qui non c'è gara.
Le seconde città capoluogo più virtuose sono in ex equo Modena e Forlì con 270 kg, un quantitativo doppio rispetto a Parma, che surclassa i centri emiliano romagnoli con numeri eclatanti.
Siamo al limite dell'imbarazzo.
Perché non è nemmeno possibile un confronto.



I parmigiani si dimostrano i migliori riciclatori della regione e il sistema di raccolta differenziata cittadino quello che ha dato la svolta ambientale al sistema, con una ricaduta economica importante, quei 700 mila euro che la nuova legge regionale ha assegnato nel 2016 proprio a Parma, in virtù dei sorprendenti numeri espressi.
Non possono che gioire gli amministratori pentastellati con in testa l'assessore all'ambiente Gabriele Folli: Parma esempio a livello italiano, ma anche caso europeo studiato e premiato.
E pensare che si può ancora migliorare.
Attaccando quel 25% di residuo anche ancora resiste.
Sono le micro discariche attorno ai cestini stradali, le ancora migliorabili prestazioni delle imprese (bar e ristoranti in cima alla lista), la differenziata nei parchi e durante le feste di quartiere, l'ampliamento della differenziata alle plastiche miste.
Vediamo ancora troppe persone gettare mozziconi e cartacce, liberarsi sulla strada di ciò che non serve più.
Ma anche sul fronte legislativo la strada è ancora lunga.
Ci sono troppi imballaggi di difficile o impossibile riciclo, troppi materiali non inclusi nel contributo Conai per il riciclo, troppi scarti che finiscono nella fauci degli inceneritori o nelle profondità delle discariche, ancora troppo usa e getta e oggetti di insufficiente durata e riparabilità.

Parma ha dimostrato come sia possibile anche nelle grandi città applicare una corretta gestione dei rifiuti e trasformare in risorsa quello che generalmente viene considerato un irrisolvibile problema.
 
Aldo Caffagnini
 
fonte: http://aldocaffagnini.blogspot.it