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Rifiuti urbani, Arera: “Governance troppo frammentata”

Troppi i comuni che gestiscono il servizio rifiuti urbani in forma autonoma, mentre solo il 2,4% delle gestioni risulta integrato su tutte le attività del ciclo. I ritardi del sistema italiano sottolineati da Arera nella relazione annuale sull’attività di regolazione


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Micropolis: il Coordinamento Regionale Umbria Rifiuti Zero di Anna Rita Guarducci

 


fonte: Micropolis

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Rifiuti, Ecco Il Nuovo Metodo Tariffario Di Arera















Incentivare il miglioramento dei servizi di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti, omogeneizzare le condizioni nel Paese, garantire trasparenza delle informazioni agli utenti. Sono questi i principi basilari del metodo tariffario servizio integrato di gestione dei rifiuti varato oggi dall’Autorità di regolazione dell’energia e dell’ambiente che ha anche fissato gli obblighi di trasparenza verso gli utenti. Le nuove regole, definite con un ampio processo di consultazione che ha coinvolto tutti gli attori del settore, definiscono i corrispettivi TARI da applicare agli utenti nel 2020-2021, i criteri per i costi riconosciuti nel biennio in corso 2018-2019 e gli obblighi di comunicazione.
Un quadro di regole comune, certo e condiviso ora a disposizione dei gestori, dei Comuni e degli altri Enti territorialmente competenti, per uno sviluppo strutturato di un settore che parte da condizioni molto diversificate nel Paese, sia a livello industriale che di governance territoriale. Eventuali variazioni tariffarie in futuro dovranno essere giustificate solo in presenza di miglioramenti di qualità del servizio o per l’attivazione di servizi aggiuntivi per i cittadini, contemplando sempre la sostenibilità sociale delle tariffe e la sostenibilità ambientale del ciclo industriale, nel rispetto degli equilibri della finanza pubblica locale.
I gestori dovranno attivare tutti gli strumenti necessari per rendere accessibili e comprensibili i documenti e le informazioni agli utenti, come la Carta della qualità del servizio o i documenti di riscossione della tariffa. Il nuovo metodo – che prevede limiti tariffari e quattro diversi schemi adottabili dagli enti locali e dai gestori in relazione agli obiettivi di miglioramento del servizio – regola, in particolare, queste fasi: spazzamento e lavaggio strade, raccolta e trasporto, trattamento e recupero, trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani, gestione tariffe e rapporti con gli utenti.
Su queste fasi il Metodo Tariffario impone una stretta coerenza tra il costo e la qualità del servizio “consentendo ad un sistema più efficiente – afferma Stefano Besseghini, presidente di Arera – di contrastare le zone d’ombra. Dobbiamo arrivare ad avere le stesse regole per tutti i cittadini, trasparenza dei flussi economici e delle competenze, riduzione drastica dell’evasione che – oltre a creare disparità tra i consumatori – toglie risorse indispensabili al ciclo dei rifiuti. I rifiuti non sono l’emergenza di un particolare comune o di una regione, ma un sistema da integrare e gestire in modo organico in tutto il Paese”.
fonte: http://www.riciclanews.it/

Rifiuti, al via il nuovo corso targato ARERA

Regolazione e controllo del ciclo dei rifiuti sono ora assegnati all’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente. Tra le novità il monitoraggio delle tariffe e gli obblighi relativi all’anagrafica operatori


















Prende ufficialmente il via il nuovo corso della regolazione e del controllo del ciclo dei rifiuti urbani targato ARERA. Tante le novità previste, dal monitoraggio delle tariffe all’anagrafe degli operatori. Ma andiamo con ordine.
ARERA, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, si è vista attribuire competenze di regolazione e controllo sul ciclo dei rifiuti urbani. Con la nuova assegnazione, ARERA ha anche nel settore dei rifiuti la totalità delle attribuzioni previste dalla propria legge istitutiva n. 481/95 e dovrà esercitarle in coerenza con le specifiche finalità e principi espressamente individuati dalla legge, nonché in base alle ulteriori attribuzioni e finalità previste. Il nuovo corso è stato voluto dal legislatore per garantire per il ciclo integrato dei rifiuti un assetto regolatorio centralizzato, imperniato sulla presenza di un’amministrazione tecnica indipendente, con consolidata esperienza in altri settori.
In virtù di questa novità, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente ha dato avvio a un procedimento per istituire un sistema di monitoraggio delle tariffe per il servizio integrato di gestione dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati, e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione per gli anni 2018 e 2019 (il riferimento è la delibera 715/2018/R/rif).
Nel concreto, tutti coloro che operano nel ciclo di gestione dei rifiuti saranno tenuti a trasmettere i costi sostenuti e le relative fonti contabili obbligatorie che certifichino gli elementi di costo e investimento. In contemporanea, i dati dovranno essere inviati anche all’Ente di governo d’ambito o, se mancante o non operativo, a un’altra autorità territorialmente competente, per essere validati. Sono inoltre previsti specifichi obblighi di accreditamento all’anagrafica operatori.
Tra le novità del nuovo anno c’è anche la pubblicazione del primo documento per la consultazione in materia regolazione tariffaria per il ciclo di gestione dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati(713/2018/R/rif). Il testo contiene gli orientamenti iniziali di ARERA in materia di criteri per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione (servizio di raccolta e trasporto e servizi di trattamento dei rifiuti). Tali criteri  tengono conto degli obiettivi di natura ambientale previsti dalla nuova disciplina europea (il cosiddetto Pacchetto economia circolare).

E c’è il via libera anche alla procedura per la raccolta di informazioni rivolta a chi fornisce i servizi di trattamento dei rifiuti. Nel dettaglio, la richiesta di dati e documenti è rivolta ai gestori di impianti di trattamento meccanico-biologico, di incenerimento e di discariche. Lo scopo dell’operazione è disporre di elementi funzionali sia alla definizione della regolazione delle condizioni di accesso ai suddetti impianti, sia all’espletamento delle funzioni di controllo intestate all’Autorità dalla legge istitutiva, con particolare riferimento ai prezzi praticati dai gestori degli impianti agli utenti dei servizi.

fonte: www.rinnovabili.it

Senza tracciabilità e controlli, la guerra dei rifiuti non si può vincere

Troppe norme negli anni hanno cancellato strumenti fondamentali al controllo del flusso dei rifiuti. Un favore ai criminali e un danno economico per la collettività


















Dal primo gennaio 2019 verrà soppresso il sistema di controllo e tracciabilità dei rifiuti, il cosiddetto SISTRI che avrebbe dovuto informatizzare la gestione del flusso dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani della Regione Campania.
Uno strumento semplice ma partito a singhiozzo

Già nel 2000 la Agenzia Ambientale nazionale (ANPA), poi non a caso abolita dal governo Berlusconi, aveva brevettato “CheckRif“, strumento semplice (paragonabile al POS per i Bancomat) che il Comandante dei NOE portò come contributo italiano al G20 ‘Polizie’.



Schermata di accesso al sistema SISTRI



Tale sistema, connesso ai Catasti Regionali Rifiuti e all’Albo Nazionale Gestori, in tempo reale verificava i passaggi dal produttore del rifiuto al trasportatore fini allo smaltitore finale: ogni mese le imprese, anziché dover compilare registri cartacei, avrebbero ricevuto il proprio “estratto conto” circa la movimentazione ed il destino dei propri rifiuti.



Lista delle registrazioni cronologiche SISTRI che evidenziano in tempo reale le operazione di carico e di scarico rifiuti. Ognuna di queste deve essere confermata e firmata dal delegato dell’azienda trasportatrice.
L’abrogazione, attraverso il Decreto “Semplificazioni”, del Sistri, strumento partito a singhiozzo, tra polemiche, ritardi e costi assai elevati, solo tra il 2013 e il 2014, non deve tradursi in resa dello Stato rispetto all’obiettivo prioritario della tracciabilitá dei flussi di rifiuto nella patria delle ecomafie, delle terre dei fuochi e del turismo dei rifiuti.
Si pensi solo al governo e controllo dei flussi di smaltimento dei rifiuti speciali in Italia e all’estero, 4 volte superiori a quelli urbani: 130,6 milioni di tonnellate provenienti dal circuito industriale e produttivo, a fronte di 30 milioni di tonnellate, ogni anno.
Un’abrogazione che fa felice molti
C’è chi plaude all’abrogazione, dopo aver fatto di tutto per non vedere mai entrare in funzione il sistema. Il colonnello Sergio De Caprio (noto ai più come “Capitano Ultimo”) ricorda bene l’aggressione con centinaia di migliaia di accessi telematici il giorno dell’avvio sperimentale del sistema, per farlo collassare, così come il generale Mario Morelli, all’epoca a capo del Comando Logistico Sud dell’Esercito presso le cui officine si montavano gli apparati per il controllo remoto sui camion destinati al trasporto dei rifiuti campani, ricorda bene come in poche ore quegli apparati venissero distrutti a martellate.
A maggior ragione oggi, in piena #guerradeirifiuti, dovrebbe essere evidente, da nord a sud, che non è possibile sconfiggere la sfida allo Stato da parte di ecomafie e tangentari vecchi e nuovi anelanti a profitti criminali da finte emergenze rifiuti, ricorrendo alle proprie discariche illegali, agli obsoleti inceneritori, al giro vorticoso del turismo dei rifiuti, senza un vero sistema di tracciabilità per i rifiuti urbani e speciali.
Il controllo delle banche dati e il controllo del territorio sono la prima arma contro i mali che affliggono la gestione dei rifiuti in Italia: corruzione, ecomafie, crimine d’impresa. Non sostituire nulla ai documenti cartacei che permettono il “giro bolla” e la sostituzione o falsificazione dei codici CER accertata da centinaia di inchieste della magistratura non è un passo avanti nella lotta all’illegalità.


Un business superiore alla cocaina

Intanto, continuano ad andare a fuoco le piattaforme di raccolta dei rifiuti al nord come al sud, dalla Lombardia alla Campania fino alla Capitale.
Il Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero De Raho aveva già confermato a Valori, alla presentazione del rapporto Ecomafia di Legambiente che, nel 2018, «i rifiuti rappresentano ancora il maggior business per le mafie, più della cocaina».
Ma tanto rimane da fare, ad ogni livello, se come ha fatto notare la relazione della Commissione Bicamerale sul Ciclo dei Rifiuti,«nell’ambito dei procedimenti penali instaurati, potrebbe risultare di particolare utilità la condivisione di protocolli investigativi, con diffusione su base nazionale delle migliori prassi e omogeneità negli accertamenti e nell’esercizio dell’azione penale».
Concetto ribadito a Valori proprio dal procuratore nazionale della DNA: Il sistema del “crimine d’impresa” è sceso a patti, da nord a sud, con la malavita organizzata, facendo cartello e vincendo appalti, in ogni parte dello Stivale.


Servono intelligence e cittadini attivi

La guerra dei rifiuti si combatte, quindi, con la partecipazione attiva dei cittadini e con l’intelligence, incrociando tutte le banche dati non solo ambientali, ma anche quelle giudiziarie, con i controlli sui quantitativi che vengono strappati al circuito della differenziata e delle sue inefficienze.
Occorrerebbe più trasparenza anche su ciò che entra e ciò che esce dagli inceneritori: le multiutility che gestiscono il maggior numero di impianti in Italia (A2A, Hera, Iren, Acea) per le loro caratteristiche societarie sono escluse, ad esempio, dalla normativa per il Freedom Information Act, la legge che tutela il diritto di accesso agli atti amministrativi.


La guerra dei rifiuti, un costo per le tasche delle famiglie

Tutto questo, oltre che avere ricadute sull’ambiente e sulla salute delle popolazioni, ha forti ripercussioni sul portafoglio dei cittadini, tanto che nel giro di tre anni, ben tre Authority hanno indagato accertando inefficienze e illeciti nella filiera.
La lievitazione dei costi e di appalti truccati ha indotto l’Autorità Nazionale Anticorruzione a introdurre nel Codice degli Appalti un nuovo capitolo interamente dedicato alla gestione dei rifiuti, a breve in Gazzetta Ufficiale.
Arera, la nuova Autorità di regolazione per energia e reti e ambiente, ha in corso l’indagine nazionale per definire «un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti» facendo seguito alla precedente dell’Antitrust del 2016, che già aveva denunciato inefficienze del sistema nella prima indagine conoscitiva sui rifiuti solidi urbani.


Il sistema è ancora troppo complesso

Intanto con l’articolo 206 bis del Testo Unico dell’ambiente sono stati aboliti gli osservatori rifiuti regionali e le funzioni di vigilanza sono state trasferite al Ministero dell’Ambiente, mentre spetta a Ispra e alle Agenzie regionali per l’Ambiente intensificare i controlli grazie all’applicazione delle legge 132/2016. Così come è Ispra, con la sezione Catasto Rifiuti a monitorare e raccogliere in un’unica banca dati le informazioni provenienti da comuni, agenzie per l’ambiente e consorzi di riciclo.
Sempre secondo il Collegato ambientale, all’articolo 199, sono le Regioni che devono pubblicare i piani regionali e il loro stato di attuazione, a partire dalla informazione circa produzione totale e pro capite dei rifiuti solidi urbani suddivisa per ambito territoriale ottimale, se costituito, ovvero per ogni Comune.
Tutta questa mole di dati è raccolta in una sezione del sito del Ministero dell’Ambiente, anche perché la mancata applicazione dei piani regionali è soggetta all’applicazione delle procedure di infrazione dell’Unione Europea.
Monitoraggio dei piani regionali rifiutiUn sistema ancora troppo complicato, che continua a permettere troppi varchi dove malavita, ecomafie e trafficanti possono infiltrarsi. Una cosa è certa: stando così le cose chi perde la guerra dei rifiuti sono lo Stato e i suoi cittadini. In termini economici, di salute e di tutela dell’ambiente.


Walter Ganapini e Rosy Battaglia


fonte: www.valori.it

L’economia dei rifiuti, ancora poco circolare: intervento di Agata Fortunato

Dal turismo dei rifiuti, a politiche di prevenzione assenti o poco efficienti, sono diversi gli aspetti che rendono l’economia dei rifiuti ancora poco circolare. Cosa fare evitando di “buttare via il bambino insieme all'acqua sporca”?





Dal turismo dei rifiuti, a politiche di prevenzione assenti o poco efficienti, sono diversi gli aspetti che rendono l’economia dei rifiuti ancora poco circolare. Cosa fare evitando di “buttare via il bambino insieme all'acqua sporca”? Di seguito il punto di vista di Agata Fortunato, responsabile Ufficio Ciclo Integrato dei Rifiuti della Città Metropolitana di Torino:

La carenza di impianti in Italia è un problema annosissimo, strettamente correlato alla non sempre diffusa conoscenza da parte delle comunità locali delle tecnologie disponibili e degli effettivi impatti, ma anche dei casi di cattiva gestione, che portano troppo spesso all’opposizione alla realizzazione di nuovi impianti senza entrare nel merito dei singoli interventi; questo ha come conseguenza cercare soluzioni semplici a problemi complessi.
Normalmente la soluzione più semplice è non scegliere, non decidere e spostare il problema da qualche altra parte. Lo dimostra plasticamente l’indagine riportata da ilfattoquotidiano.it, che documenta, in completo spregio ai tanto decantati criteri di prossimità, i “tour dei rifiuti” in lungo e in largo nella nostra penisola. Questa analisi dovrebbe far riflettere su due aspetti altrettanto importanti: la quantità e la tipologia dei rifiuti prodotti ogni anno e la necessità di trattamento che ne deriva.
Senza dimenticare la quantità, su cui ce lo diciamo da anni è necessario mettere in campo sforzi, che devo dire al momento appaiono molto limitati e soprattutto disorganici, non è più procrastinabile riprogettare beni e imballaggi, affinché una volta diventati rifiuti possano effettivamente essere riciclati, invece che essere inceneriti o smaltiti in discarica.
Al tempo stesso però i territori che oggi più “esportano” rifiuti non possono continuare a far finta di nulla. Certo, la pianificazione e localizzazione di impianti per la gestione dei rifiuti è spesso impopolare e difficile, ma evidentemente necessaria.
Ritornando al concetto di prevenzione dei rifiuti, che in modo estensivo possiamo sia interpretare come mera riduzione della quantità assoluta, ma anche come riduzione della quantità avviata a recupero energetico o smaltimento, spiace notare che negli scorsi anni, a fronte di pur interessanti elenchi di iniziative proponibili (e in parte anche attuate dalle comunità locali), non sia stata attivata una politica organica. Per i rifiuti di imballaggio, che costituiscono la gran parte dei rifiuti prodotti quotidianamente dalle famiglie italiane, i piani di prevenzione sono demandati direttamente ai consorzi di produttori e forse, questo potrebbe non essere la scelta migliore quanto ad incisività.
Certo quando si acquista qualcosa ci si aspetta che l’imballaggio “faccia il suo mestiere”, ma negli ultimi anni la progettazione degli imballaggi ha quasi esclusivamente guardato alla performance tecnica e all’appeal nei confronti del consumatore. Inoltre sono cresciuti a dismisura i prodotti venduti con uno o più imballi, anche quelli non “lavorati” come la verdura fresca. Una recente rilevazione di ISMEA, riportata da IlSole24ore, afferma una sostanziale sostituzione dell’ortofrutta imballata a scapito dello sfuso e collega il fenomeno con l’introduzione dei sacchetti ultraleggeri in bioplastica e a pagamento. Non so se questa lettura sia corretta (nel qual caso l’obiettivo della legge sarebbe stato profondamente disatteso), ma è un fatto che nei supermercati gli spazi per i prodotti freschi e sfusi (ortofrutta, salumeria, macelleria, pescheria) si sono drasticamente ridotti nell’ultimo decennio a favore di una maggiore offerta di analoghi referenze preconfezionate.
Questo sembrerebbe accadere (lo dico da consumatrice non avendo a riguardo dati a supporto di questa tesi) soprattutto nelle grandi città, proprio laddove l’estensione degli orari di apertura (ormai è diffusa la presenza di supermercati 7/24) dovrebbe indurre i consumi in una direzione opposta, ovvero comprare solo quello e nel momento in cui è necessario. E questo è solo un esempio.
Manca una risposta organica ai tanti appelli sulla riduzione degli imballaggi e più in generale dell’usa e getta che, diciamocelo in tranquillità, non sempre è necessario (il caso emblematico sono le cannucce in plastica).
Il grosso rischio a mio avviso è quello non solo di non veder ridurre la produzione di rifiuti, ma addirittura di assistere ad una contrazione del riciclo visto il proliferare di imballaggi e prodotti usa e getta realizzati in materiali oggi non riciclabili.


fonte: www.ecodallecitta.it

Bio-Distretto della Via Amerina e delle Forre: Che cos’è un Bio-Distretto

















Che cos’è un Bio-Distretto

È un’area geografica naturalmente vocata al biologico dove agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni stringono un accordo per la gestione sostenibile delle risorse, partendo proprio dal modello biologico di produzione e consumo (filiera corta, gruppi di acquisto, mense pubbliche bio). Nel Bio-Distretto la promozione dei prodotti biologici si coniuga indissolubilmente con la promozione del territorio e delle sue peculiarità al fine di raggiungere un pieno sviluppo delle proprie potenzialità economiche, sociali e culturali con la partecipazione diretta dei cittadini.
I comuni del biodistretto sono impegnati a realizzare obiettivi e strategie nel campo del ciclo dei rifiuti, dell’uso dei fitofarmaci, del risanamento delle cave, delle risorse energetiche e della manifattura in coerenza con uno sviluppo sostenibile del territorio. Infatti tra le priorità del Bio-Distretto oltre allo sviluppo agricolo acquista rilevante importanza l’implementare politiche a livello locale che sappiamo potenziare progetti e attività volte ad un riutilizzo dei rifiuti, alla creazione di energie alternative, alla riconversione delle attività industriali coerentemente con un’azione di protezione e riqualificazione del territorio.

Gli impegni ed i vantaggi

Con la nascita di un Bio-Distretto sono messe in rete le risorse naturali, culturali e produttive di un territorio con l’obiettivo di valorizzare quelle politiche locali che sono orientate alla salvaguardia dell’ambiente, alla valorizzazione delle tradizioni e dei saperi locali e a uno sviluppo che abbia al centro la salute dei cittadini e la coesione socialeLa spinta propulsiva alla costituzione di un Bio-Distretto proviene in primo luogo dagli agricoltori biologici che ricercano mercati locali in grado di apprezzare le loro produzioni, dai cittadini, sempre più interessati alla qualità dei prodotti agricoli e un’ambiente non inquinato, e da tutti quegli operatori economici che possono trarre opportunità e vantaggi da una valorizzazione delle risorse naturali, storiche e culturali del territorio.
Altri, ancora, i sono i soggetti e le organizzazioni che partecipano alla costruzione e alla gestione di un Bio-Distretto, a partire dalle pubbliche amministrazioni e dalle scuole che, con le loro attività e le loro scelte sempre più “verdi”, possono orientare le abitudini dei consumatori e dei mercati locali. Così come gli operatori turistici che a loro volta, attraverso gli eco-itinerari ed il turismo rurale, possono puntare alla riqualificazione ed alla destagionalizzazione dell’offerta turistica.

Perché il Bio-Distretto della Via Amerina e delle Forre

I comuni dell’area che interessa il Bio-Distretto costituiscono un territorio rurale in cui l’agricoltura biologica rappresenta una scelta strategica condotta già da molti produttori locali in modo consapevole. L’agricoltura biologica è un metodo di coltivazione e di allevamento che permette di sviluppare un modello di produzione che eviti lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell’acqua e dell’aria, utilizzando invece tali risorse all’interno di un modello di sviluppo che possa durare nel tempo.Nell’area del Bio-Distretto della Via Amerina e delle Forre si contano, ad oggi, diverse centinaia di produttori agricoli impegnati nelle filiere ortofrutticole, vinicole, zootecniche e di trasformazione di altri prodotti di eccellenza. La loro offerta si rivolge al mercato interno, tuttavia per alcune produzioni, come olio d’oliva e vino, i mercati più accessibili sono quelli esteri.
Il patrimonio dei Comuni dell’area si caratterizza anche per l’esistenza di beni ambientali e paesaggistici. Nella sola area di Corchiano, ad esempio, sussistono il Monumento Naturale delle Forre, che si estende su 44 ettari, e il Monumento Naturale Pian Sant’Angelo, che si sviluppa su 262 ettari. A Calcata invece, per citare solo un secondo e ultimo esempio, è di straordinaria importanza e unicità il Parco Regionale della Valle del Trejia. L’area della Via Amerina e delle Forre si connota poi fortemente per le scelte responsabili di gestione delle risorse idriche e nelle gestione integrata dei rifiuti.Il progetto Bio-Distretto si inserisce perfettamente nell’esperienza del “Comprensorio della VIA AMERINA e delle FORRE” nella quale erano già protagonisti diversi comuni della zona (Civita Castellana, Castel Sant’Elia, Corchiano, Fabrica di Roma, Faleria, Gallese, Nepi, Orte, Vasanello, Calcata, Vignanello, Vallerano e Canepina). L’idea del Bio-Distretto è inclusiva nei confronti di altri comuni dell’area che decidessero di aderire al progetto, da qui l’importanza dell’adesione nel 2017 di tre comuni dei monti Cimini : Canepina, Vallerano e Vignanello.



fonte: http://biodistrettoamerina.com

Come funziona davvero il ciclo integrato dei rifiuti? Ri-creazione lo spiega a scuola

Torna per il terzo anno il progetto formativo offerto (gratis) da Sei Toscana nelle scuole di 105 comuni della Toscana del sud: l’anno scorso coinvolti oltre 7mila studenti





















Con l’arrivo di settembre la riapertura delle scuole è questione di giorni, ma non solo per alunni ed insegnanti: anche per questo anno Sei Toscana mette in campo la sua “Ri-creazione. Da oggetto a rifiuto …e ritorno. La via delle 4 R”, ossia il progetto di educazione ambientale promosso dal gestore dei rifiuti della Toscana del sud e rivolto alle scuole primarie e secondarie di primo grado dei 105 comuni serviti.
Si tratta di un’esperienza giunta al terzo anno, accompagnata da un crescendo di successi; l’ultima edizione è riuscita a coinvolgere oltre 7.000 studenti (contro i 5.000 raggiunti 2015-2016), con gli educatori ambientali selezionati da Sei Toscana che sono stati in grado di proporre un’offerta formativa molto articolata per approfondire il ciclo integrato dei rifiuti, vero fiore all’occhiello anche in questo terzo anno di Ri-creazione.
Come spiegano da Sei Toscana, per le classi I e II della scuola primaria, il percorso “Ogni cosa al suo posto – La natura non rifiuta” prevede di far apprendere agli alunni il concetto di rifiuto, a far riconoscere le varie tipologie di rifiuto e quindi come differenziarlo, a seconda delle principali caratteristiche che possiede. Alle ultime tre classi della primaria invece (III, IV e V) vengono proposti due percorsi didattici: uno, “Chi l’ha detto che non serve più – Riduzione, Riutilizzo”, finalizzato a far comprendere soprattutto l’importanza del concetto del Riutilizzo. La consapevolezza che alcuni oggetti possono essere riutilizzati in altro modo, prima di farli diventare rifiuti, aiuterà gli alunni a riflettere sullo spreco (alimentare e non solo) che caratterizza la nostra società dei consumi. L’altro “Il ciclo del riciclo – Riduzione, Riciclo” che servirà a far conoscere soprattutto la filiera del riciclo partendo dall’osservazione di cosa avviene in natura, le diverse tipologie dei rifiuti e organizzare una buona raccolta differenziata così da poter garantire ai materiali di essere riciclati.
Tre invece i percorsi formativi rivolti agli alunni delle scuole secondarie di I grado. “Meno è meglio – Riduzione”, dove sarà posto l’accento sull’importanza dei comportamenti virtuosi individuali e collettivi, a scuola o in famiglia, per ridurre la produzione dei rifiuti, con i ragazzi che verranno coinvolti nell’osservazione degli acquisti effettuati nel loro ambito familiare o nella classe e nell’individuazione di possibili azioni di cambiamento, monitorando i risultati di riduzione dei rifiuti alla fine del percorso. “Da cosa rinasce cosa – Riduzione, Riciclo” che servirà a far conoscere la filiera del riciclo partendo dall’osservazione di cosa avviene in natura, dove grazie al ciclo produttori-consumatori-decompositori non vengono prodotti rifiuti ma avviene una trasformazione della materia. La nostra società ha invece bisogno di attività industriali per garantire il riciclo dei materiali e il percorso servirà a far conoscere queste attività. “La risorsa nascosta – Riduzione, Recupero”, improntato alla conoscenza della possibilità di recuperare materia ed energia dai rifiuti per ridurre anche i quantitativi da smaltire in discarica.

Si tratta di un’offerta formativa di qualità e strutturata in relazione alle varie fasce d’età degli alunni, che viene proposta a tutti gli istituti scolastici dei 105 comuni della Toscana del sud in forma totalmente gratuita: per partecipare alla terza edizione di “Ri-Creazione”, le classi interessate dovranno presentare – con il termine ultimo di adesione fissato per il prossimo 15 ottobre – la richiesta compilando l’apposito modulo allegato alla presentazione del progetto che sarà inviato a tutti gli istituti scolastici la prossima settimana e inviarlo a scuola@seitoscana.it. A partire dalla metà di settembre, inoltre, le schede del progetto e il modulo di adesione saranno scaricabili anche dall’apposita sezione del sito di Sei Toscana.

fonte: www.greenreport.it